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Autore: saffyj    25/06/2015    1 recensioni
Seguendo i dialoghi e la storia originale... vi racconterò New Moon vissuto nei panni di Edward Cullen e soprattutto cosa è successo nei mesi passati lontano da Bella!
E' il mio primo libro ... Mi auguro vi piaccia.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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Il mio umore rischiò di essere rovinato dal limite di velocità a cui il Chevy mi costringeva. Il motore cigolava per lo sforzo a cui lo stavo obbligando. Premevo il pedale dell’acceleratore al massimo, ma non voleva saperne di superare gli ottanta km/h. Vibrava in modo impressionante e sentivo le lamiere che gemevano per lo sforzo, ma ero impaziente di arrivare alla festa. Se fossimo stati con la mia auto saremmo già arrivati a destinazione. Perché non si convinceva a mandare in pensione quel rottame ed accettava che le regalassi una macchina silenziosa e veloce?
“Vacci piano!” mi rimproverò come una madre premurosa che parla del proprio figlio.
“Sai cosa farebbe per te? Una bella Audi coupé. Silenziosa e potentissima …” così non avrei più dovuto sopportare la fiacca e il rumore di quel vecchietto. Con i miei sensi da vampiro il tutto era amplificato e assolutamente irritante.
“Il mio pick up è perfetto” - certo per lei quei rumori non erano assordanti come per me - “A proposito di oggetti costosi e superflui, se avessi un po’ di buonsenso non spenderesti un soldo in regali di compleanno” il buonsenso era mandare in pensione quel pick up, e comunque la sua frase riuscì a ridarmi il buon umore, Alice non mi aveva fatto spendere nemmeno un soldo per il suo regalo.
“Nemmeno un centesimo” le assicurai, senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Bene”
“Mi fai un favore?”
“Dipende dal favore”
Presi un bel respiro e la guardai intensamente negli occhi cercando di farle capire l’importanza del piacere che le stavo chiedevo.
 “Bella, l’ultimo di noi a festeggiare un vero compleanno è stato Emmett, nel 1935. Cerca di capirci, e questa sera non fare troppo la difficile. Sono tutti su di giri.”
E quando dicevo tutti su di giri, intendevo proprio tutti. Rosalie aveva obbligato Emmett a tornare dal loro viaggio in Africa, per poter festeggiare quel compleanno. Avevo intravisto i pensieri di Rosalie e mi aveva sorpreso, per la prima volta era felice di vedere Bella, ovviamente l’astio per lei non era diminuito, ma oggi era un’occasione veramente unica e umana, e sapevo quanto ci tenesse mia sorella a queste cose.
“D’accordo, mi comporterò bene” mi assicurò
“Forse dovrei metterti in guardia…”
“Ti prego, fallo”
“Quando dico che sono tutti su di giri … intendo proprio tutti!”
“Tutti?” il suo cuore iniziò a battere a ritmo irregolare, il sangue affluì sul suo viso e gli occhi le si spalancarono dallo stupore, e con un filo di timore dichiarò “Pensavo che Emmett e Rosalie fossero in Africa”
“Emmett ci teneva” sapevo che Bella era affezionata ad Emmett, per lei era il fratello maggiore che non aveva mai avuto, e il sentimento era ricambiato dal mio fratello orso, non volevo mentirle, ma in quel momento era già confusa per la notizia del ritorno dei miei fratelli, non volevo aggiungere benzina sul fuoco, dicendole che Rosalie voleva festeggiare un evento umano, senza tener conto di chi fosse il festeggiato. L’avversione di Bella per le attenzioni che una festa in onore portava, non poteva essere mitigata dall’egoismo e dalla ricerca di eventi umani di mia sorella.
“E… Rosalie?”
“Lo so, Bella. Farà del suo meglio.” Ne ero certo, Rosalie non avrebbe rovinato quel suo privato momento da umana.
Cercai di cambiare discorso, volevo che Bella arrivasse alla festa con un’aria più serena e tranquilla.
“Allora, se non ti va bene l’Audi, che altro regalo vuoi?” Un libro nuovo, un bracciale, un viaggio in capo al mondo…
“Sai bene cosa voglio” disse in un sussurro. Mi rabbuiai, come poteva chiedermi la dannazione come regalo di compleanno? Cercai di rimanere calmo, era una serata importante, se non per lei, per la mia famiglia. Erano tutti emozionati e fremevano per quell’evento. Non le avrei permesso di rovinarlo.
“Non stasera, Bella” riuscii solo a rispondere a denti stretti.
“Bè, allora sarà Alice a darmi quello che voglio” non riuscivo a capire perché si doveva ostinare, perché doveva a tutti i costi rovinare quella serata, non era pronta, e il fatto che pensasse potesse essere un regalo era un’altra conferma che la mia decisione era giusta, non l’avrei trasformata e non avrei permesso a nessuno della mia famiglia di farlo. Mi sfuggì un ringhio profondo e minaccioso.
“Questo non sarà il tuo ultimo compleanno, Bella!” puntualizzai sperando che il discorso fosse chiuso.
“Non è giusto”
Digrignai i denti, stava riuscendo a farmi perdere la pazienza. Comprendevo che per lei il compleanno fosse un giorno non particolarmente felice, anche se non ero ancora riuscito a capirne il motivo. Ma non comprendevo perché si sforzasse così tanto a renderlo un giorno orribile anche a me ed alla mia famiglia. Volevo solo festeggiare un compleanno vero, con la mia amata e con la mia famiglia, volevo festeggiarlo in modo impeccabile, ed ero certo che Alice era riuscita a fare un ottimo lavoro, ma lei sembrava intenzionata a rovinare tutto.
Finalmente giungemmo a casa Cullen.
Alice aveva dato il meglio di sé. Non si era assolutamente trattenuta. La visione di casa mia e dell’aria di festa che emanava riuscì a migliorarmi l’umore.
Le finestre dei primi due piani erano tutte accese. Appesa alla veranda spiccava una fila di lanterne giapponesi, il cui bagliore si rifletteva delicato sugli enormi cedri che circondavano l’edificio. Grossi vasi di fiori colmi di rose rosa decoravano la scalinata di fronte alla porta centrale.
Feci qualche respiro profondo per calmarmi e allontanare completamente la rabbia. Tutta la mia famiglia attendeva questa festa e non volevo assolutamente rovinarla. Forse Bella non ne capiva l’importanza, ma ero certo che il suo altruismo avrebbe vinto sulla sua testardaggine.
“E’ una festa. Cerca di fare la brava.” Le ribadii
“Certo” mi rispose, la guardai negli occhi ed ebbi la conferma che aveva compreso l’importanza che aveva per noi quella serata. Più rilassato, andai ad aprirle la portiera e le offrii la mano.
“Ho una domanda” disse pietrificandomi. “Se sviluppo questo rullino, vi si vedrà nelle fotografie?” tutta la mia rabbia di pochi attimi prima svanì, scoppiai in una fragorosa risata, la mia Bella riusciva sempre a stupirmi, nella sua ingenuità e nella sua dolcezza. Mi immaginai le foto che ritraevano solo lei che abbracciava il nulla e quell’immagine mi fece continuare a ridere per tutto il vialetto fino alla porta di ingresso.
Le aprii la porta e scoppiò un
“Buon Compleanno, Bella!”
I miei famigliari erano tutti riuniti nella grande sala bianca che dava all’ingresso, ed erano tutti emozionati come bambini.
Poverina, l’abbiamo fatta arrossire mi fece notare Esme
L’abbiamo proprio presa alla sprovvista pensò felice Alice
Il pavimento era ricoperto di petali di rosa, dozzine di vasi di cristallo colmi con centinaia di rose rosa e candele in tinta, erano posizionati in più punti del salotto. Su un tavolo, vicino al pianoforte a coda, sopra una tovaglia bianca, spiccavano una torta di compleanno al gusto di fragola, tantissimi altri fiori ed una pila di piatti in vetro. Vicino erano stati posizionati i regali avvolti in carta argentata. Nell’aria un intenso profumo di fiori freschi. Ogni soprammobile, tessuto e tappeto era stato sostituito per essere in tinta con le rose rosa. Tutto era impeccabile, nulla era stato lasciato al caso, Alice si era data veramente da fare per quella festa e guardandola vidi i suoi occhi sprizzare di gioia. Sembrava la festeggiata!
Credi che ho esagerato?
Feci un sorriso e scossi leggermente il capo, senza farmi notare da Bella, assicurando alla mia esuberante sorellina che tutto era perfetto.
Sentii Bella irrigidirsi ed il suo cuore iniziò a correre, era a disagio, troppe attenzioni, la incoraggiai stringendole leggermente il braccio e baciandola delicatamente sul capo.
Esme la cinse con cautela tra le sue braccia e le sfiorò il viso con i morbidi capelli color caramello mentre la baciava sulla fronte.
Senti come batte forte il suo cuore, sicuro che non abbiamo esagerato? pensò apprensiva Esme, mentre mi guardava furtivamente. Scossi il capo e sorrisi anche a lei per rassicurarla.
Carlisle abbracciò delicatamente Bella dicendole: “Mi dispiace, Bella. Ma non siamo riusciti a trattenere Alice”
Rosalie ed Emmett erano dietro ai miei genitori. Rosalie era tranquilla quasi felice, ma fece bene attenzione a nascondere la sua felicità a Bella.
Questi eventi mi fanno sentire umana, mi rendono entusiasta, ma non per questo deve starmi per forza simpatica mi precisò
Esci con una più grande! Forte!
Mi canzonò felice Emmett. Il suo sorriso era illuminato, era sinceramente contento di rivedere Bella, nel breve periodo che avevano passato insieme lui si era affezionato tantissimo a lei, e trovava veramente spassosa la sua goffaggine.
Mi è mancata questa ragazzina, guarda come è diventata rossa, vediamo se riesco a farla arrossire di più …
“Non sei cambiata per niente” disse fingendosi deluso “Mi aspettavo di trovarti cambiata ed invece eccoti qui, con le guance rosse di sempre”
“Grazie mille Emmett” rispose arrossendo ancora di più
Ah, ah, ah … sghignazzò felice di essere riuscito nell’intento
“Devo uscire un attimo” guardò Alice e le fece l’occhiolino scoppiando a ridere “non combinare guai, mentre sono via” e in un secondo svanì dalla sala. Lo sentii aprire lo sportello del pick up e ridere del catorcio che era parcheggiato nello spiazzo davanti a casa.
“Ma come fa ad essere ancora in piedi questo rottame? Ma questa autoradio è più vecchia di me!” Ringraziando Bella non aveva il mio udito, non sarebbe stata sicuramente contenta di sentire i commenti di Emmett sul suo Chevy.
Alice lasciò la mano di Jasper e si avvicinò a Bella, il sorriso sfavillante e gli occhi accesi dalla felicità. Anche Jasper sorrideva, mantenendo le distanze. Rimase appoggiato al corrimano della scala. Scusa fratello, non mi sento ancora pronto ad avvicinarmi di più a lei.
Sapevo che era felice di festeggiare Bella, e che l’entusiasmo spropositato di Alice lo aveva contagiato, ma questo non negava che il profumo di Bella lo metteva a disagio, non era ancora ben allenato come noi, aveva passato la maggior parte della sua non-vita a nutrirsi di sangue umano e la dieta della famiglia Cullen, di cibarsi di solo sangue animale, non lo rendeva mai completamente sazio, quindi potevo comprendere la sua decisione.
Ascoltò anche la mia richiesta di non utilizzare il suo potere di influenzare le emozioni fin quando non si fosse reso necessario, cioè solo se Bella non fosse riuscita assolutamente a rilassarsi e a godersi il suo momento. Sapevo che era agitata per la festa, ma ero curioso di vedere le sue reali reazioni al compleanno mi fossero di aiuto per capire il motivo della sua avversione.
“E’ ora di aprire i regali!” dichiarò Alice
La prese a braccetto e la trascinò fino al tavolo con la torta ed i pacchetti luccicanti.
Bella sfoderò la sua miglior espressione da martire, ma essendo una pessima attrice, riuscii a cogliere un leggere entusiasmo nei suoi occhi.
“Alice, ti avevo detto che non volevo nulla…”
“Ed io non ti ho ascoltata … Apri” le disse sfacciata. Le tolse di mano la macchina fotografica e la rimpiazzò con una grossa e quadrata scatola argentata.
Era il regalo di Emmett, Jasper e Rosalie. Ovviamente era una scatola vuota, Emmett stava già montando il suo regalo, così era certo che non avrebbe potuto rifiutarlo.
Il suo volto, quando stracciò la carta, era buffo, rigirava tra le mani la scatola vuota con fare interrogativo, si vedeva benissimo che non capiva cosa fosse, ma in modo gentile disse “Ehm… grazie”
A Rosalie scappò un sorriso e Jasper sghignazzò.
Alice le spiegò “E’ un’autoradio per il tuo pick up, Emmett è andato subito a installarla, così non potrai rifiutare”
“Jasper, Rosalie … grazie” disse con un sorriso, e con la coda dell’occhio mi guardò, aveva capito le mie lamentele del pomeriggio, quella luce nei suoi occhi di quando capiva che la prendevo in giro, mi fece girare la testa, era adorabile.
“Grazie Emmett” gridò
Si sentirono le risate tonanti rimbombare dal pick up
“Il prossimo anno sicuramente una macchina nuova, qui cade tutto a pezzi …” le rispose Emmett, e nuovamente ringraziai che non avesse il nostro udito fino.
“Adesso apri quello mio e di Edward” disse Alice così entusiasta che la sua voce somigliava ad un trillo acutissimo. Le sporse impaziente l’involucro, quadrato e piatto. Anche io ero emozionato, finalmente avrebbe avuto qualcosa di mio che le ricordasse sempre il mio amore per lei. Cercai di rimanere impassibile, ma se avessi avuto un cuore vivo adesso mi sarebbe uscito dal petto.
Mi guardò con sguardo inceneritore “Avevi promesso” io la ricambiai con sguardo innocente, non riuscivo a trattenermi dal ridere, ero emozionato come un bambino, e poi non avevo infranto nessuna promessa, non le avevo acquistato niente.
Emmett entrò salvandomi, “Appena in tempo” disse, spingendo Jasper più vicino a Bella per vedere meglio i regali.
“Non ho speso un centesimo” le dissi emozionato e le scostai una ciocca di capelli dal viso, sentii un fremito del suo corpo ed il mio si riscaldò, avrei voluto stringerla tra le mie braccia, unire le mie labbra alle sue e farlo per un tempo infinito, ma mi trattenni per rispetto nei confronti dei presenti e le cinsi solo la vita con un braccio perdendomi in quei profondi occhi castani.
“Dammi” disse rassegnata a Alice continuando a perdersi nel mio sguardo. Prese il pacchetto e con il dito cercò di strappare il nastro.
“Oh! Cavolo” disse portando l’indice all’altezza degli occhi. Una goccia di sangue fece capolino dal taglietto.
Successe tutto in un secondo.
Il suo profumo mi colpì come un ariete. Non c’è immagine abbastanza violenta per descrivere la forza di ciò che mi accadde in quel momento. Il demone si era risvegliato, la sete mi bruciava la gola, lo stomaco si attorcigliava… cercai di concentrarmi, di riprendere il controllo, ma il demone era libero dalle catene e desideroso di assaggiare quel sangue che per troppo tempo gli avevo negato.
Lei è la preda, ed io sono il predatore …
Vidi il suo collo e sentii il sangue che fluiva nella gola placando il bruciore … ma non ero io, era Jasper. Il suo desiderio era così forte da eruttare nei miei pensieri come se fossero miei.
“NO” ruggii e scagliai Bella dall’altra parte del tavolo, che cadendo rovesciò la torta, i regali, i piatti di vetro, i vasi …
Bloccai Jasper, i suoi occhi erano impazziti e vuoti, non vedevano nulla se non l’oggetto del suo desiderio.
Lasciatemi stare, devo averla, devo placare questo bruciore …
Cercò di sfuggirmi mordendo l’aria in direzione di Bella
Vili, lasciatemi andare, è mia e nessuno la può toccare, lasciatemi … il suo sangue è troppo invitante …
Immagini del collo di Bella vicino alla bocca, la sensazione della sua soffice carne lacerata sotto i denti, ed il gusto del suo dolce e dissetante sangue che scendeva nella gola placando il bruciore, la sete, la fame … continuavano a turbinarmi nella testa. Cercai di chiudere fuori i pensieri di Jasper, ma erano troppo forti, e l’odore del sangue non aiutava a riportare in catene il demone che cercavo con tutto me stesso di imprigionare, anche una parte di me stava desiderando le stesse cose di Jasper, solo la certezza del dolore che avrei provato se l’avessi uccisa riuscì a trattenere i miei istinti e mi permise di trattenere il demone furioso.
Emmett arrivò in mio soccorso e lo bloccò nella sua presa d’acciaio afferrandolo da dietro.
Adesso l’odore era diventato molto forte, molto invitante, sembrava cantasse una melodia che incatenava i miei sensi e mi attirava ad assaggiare quel elisir. Il demone continuava a tirare le catene e stava riuscendo a liberarsi. La frenesia si stava impadronendo di me, cercai di non pensarci concentrandomi sulla mia famiglia, ma vidi che anche i miei fratelli e mia madre stavano faticando a tenere a freno i loro demoni, e osservavano affamati nel punto in cui avevo scagliato Bella.
Mi girai verso di lei, era a terra, disorientata, del delizioso e dissetante sangue sgorgava da un taglio netto che correva dal polso al gomito. Smisi di respirare.
L’unico a restare calmo fu Carlisle, che con voce tranquilla e carismatica ci ordinò:
“Emmett, Rose, portate fuori Jasper”
Emmett annuì, con occhi famelici puntati su Bella, e ringhiò “Andiamo” cercando di trascinare Jasper fuori dalla stanza.
Jasper cercò di liberarsi dalla morsa invincibile di Emmett, dimenandosi e tentando di colpire il fratello con i denti in bella mostra, lo sguardo ancora folle.
Rosalie stava lottando contro l’istino, ma il sangue che scorreva di Bella non era un richiamo fortissimo, l’odio che provava era forse più pericoloso.
L’avevo detto che avrebbe solo portato disgrazie, dovevamo ucciderla il primo giorno…
Sfrecciai al fianco di Bella e mi rannicchiai in posizione di difesa. Mostrai i denti serrati e ringhiai come avvertimento. Continuavo a trattenere il respiro per evitare la tentazione. Non avrei permesso a nessuno di torcerle un capello. Nemmeno a me stesso.
Rosalie, con aria compiaciuta, si portò davanti a Jasper restando a distanza di sicurezza dai suoi denti ed aiutò Emmett a trascinarlo a forza attraverso la porta a vetri che Esme teneva aperta con una mano, mentre con l’altra si tappava bocca e naso.
Scusa Edward, mi dispiace ma non riesco a resistere
E rivolgendosi verso Bella, con aria imbarazzata, ma con occhi famelici disse:
“Mi dispiace davvero, Bella” e seguì gli altri in giardino dispiaciuta per la poco forza di volontà che stava dimostrando.
“Lascia fare Edward” mi disse mio padre inginocchiandosi al fianco di Bella per esaminarle il braccio.
Lo ascoltai e annuendo lasciai la posizione di difesa, cercando di rilassare i muscoli contratti e ricacciando il veleno che mi aveva invaso la bocca.
Bella era pietrificata dalla paura, il suo cuore batteva fortissimo, chiamandomi come una sirena. Quel suono invitante e dissetante continuava impavido a stuzzicarmi.
“Ecco Carlisle” disse Alice offrendogli un asciugamano.
“Troppo vetro nella ferita”. Si allungò verso la tovaglia bianca e ne strappò un lungo lembo che annodò attorno al gomito di Bella come un laccio emostatico.
Continuai a non respirare per poter dominare quel poco autocontrollo che mi rimaneva, mentre la visioni di Alice tornò prepotente nella mia mente. I miei occhi rossi pieni del sangue di Bella, mentre i suoi erano spenti con ancora una traccia dell’orrore che aveva appena subito. Li allontanai, ma il bruciore nella gola e la sinfonia del suo sangue continuavano a tener sveglio il demone. Rimaneva in attesa di un mio passo falso, nella speranza che la visione diventasse reale.
“Bella” disse Carlisle “Vuoi che ti porti all’ospedale, o preferisci che me ne occupi io, qui?”
“Qui, per favore” sussurrò imbarazzata.
“Prendo la tua borsa” disse prontamente Alice, che a differenza del resto della mia famiglia riusciva a non farsi sopraffare dall’istinto. Era lucida, voleva aiutare Bella, e si sentiva in colpa perché credeva di essere la causa del disastro appena accaduto. Pensava a Jasper, era preoccupata per lui, per i sensi di colpa che sicuramente in quel momento stavano angosciando mio fratello. Era preoccupata per me e si sentiva tremendamente in colpa per aver organizzato quella festa e per non esser riuscita a vedere correttamente il futuro. Era dispiaciuta per Bella, si stava rendendo conto che la loro amicizia era impossibile, troppo pericolosa finché lei fosse rimasta umana.
“Portiamola sul tavolo in cucina” mi propose Carlisle con lo sguardo pieno di pietà
Non è colpa tua, so che sei forte riuscirai a resistere…
Mi avvicinai a lei, tenendo gli occhi bassi, avevo il cervello svuotato, troppi pensieri contrastanti insieme, me lo facevano percepire completamente vuoto. La sollevai tenendola il più possibile lontano dal mio torace, avevo paura di cedere al desiderio se il suo corpo mi avesse toccato.
“Come va, Bella?” le chiese dolcemente mio padre.
“Sto bene” rispose mentendo. Il suo viso era pallido e gli occhi non erano ancora stati abbandonati dalla paura. Aveva la voce ferma, ma non bastò per ingannarci.
Ero pietrificato, odiavo me stesso ed in questo momento odiavo anche lei. Il suo sangue continuava a cantare per me, voleva essere assaggiato, il mio lato predatore continuava a far capolino nei miei pensieri, mentre il mio lato umano continuava ad urlare perché avevo messo in pericolo la mia amata, la persona più importante che avessi al mondo.
L’altruismo di Bella peggiorava il mio umore perché mi faceva vergognare di me stesso. Diceva che stava bene, ma come poteva dirlo? Pochi istanti prima aveva rischiato di diventare il nostro pasto, e il suo braccio aveva riportato una ferita che non si sarebbe più rimarginata definitivamente.
Alice ricomparve. La borsa nera di Carlisle era già sul tavolo assieme ad una piccola e luminosa lampada da lettura.
Scusami Edward, avessi saputo, o avessi anche solo immaginato tutto questo, non mi sarei mai intestardita di farle la festa
Feci accomodare Bella su una sedia e mio padre si sedette di fronte e lei per poterla medicare.
Restai immobile, anche se la sete mi stava bruciando la gola e il palato attendeva impaziente, il pensiero che quel sangue potesse attirare altri predatori mi impose di starle vicino, l’avrei protetta con tutto me stesso.
“Se vuoi, vai, Edward” sospirò Bella che si era accorta della mia staticità
“Posso farcela” dissi a denti stretti. Potevo farcela, dovevo farcela. La ragione domina gli istinti. Continuai a ripetermelo per convincermene.
“Non occorre che ti comporti da eroe. Carlisle può curarmi anche senza il tuo aiuto. Esci a prendere un po’ d’aria” stava cercando di allontanarmi, aveva paura di me, aveva visto i miei occhi bruciare per l’intensità della sete. C’era un tempo in cui avevo sperato che comprendesse il mostro che ero, ma non volevo che lo capisse adesso, e non volevo lasciarla da sola in una casa piena di vampiri che pochi minuti prima l’avevano guardata assetati. Volevo cercare di contenere gli errori della serata, volevo starle vicino.
Edward, ascoltala, non ti fa bene stare qui, prenditi una boccata d’aria, ti aiuterà a tornare lucido
Pensò mio padre mentre iniziava a ricucirle la ferita.
“Io resto” non volevo essere un codardo, non sarei scappato.
“Perché sei così masochista?” mi chiese Bella
“Edward, forse è meglio che tu vada a cercare Jasper, prima che ne faccia una tragedia. Ce l’avrà a morte con se stesso e immagino che al momento non voglia parlare con nessuno tranne te” la sostenne Carlisle
“Si, vai a cercare Jasper” aggiunse svelta Bella, nella speranza di potermi allontanare. L’avevo persa, aveva capito chi ero veramente ed adesso non voleva che le stessi vicino.
“Potresti anche renderti utile” aggiunse Alice.
Jasper è disperato, e anche gli altri sono mortificati, solo tu puoi tranquillizzarli. Esme sta’ soffrendo tantissimo. Vai da loro. Per piacere.
Ero solo contro tutti, li fulminai con lo sguardo, non mi importava dei miei fratelli adesso. Volevo solo stare con lei, anche se mi odiava. Non volevo lasciarla, volevo stare in quella stanza e soffrire per il bruciore alla gola, come penitenza alla mia natura.
Edward, ti prego. Fai la cosa giusta. Pensò mio padre con affetto e pietà
Annuii e infuriato sfrecciai verso la porta di servizio della cucina.
Appena uscii dalla casa invasa dall’odore del sangue di Bella, e lontano dalla sua melodia che mi attirava, l’aria fresca, umida e pulita della pioggia mi aiutò a ritrovare la lucidità. Benché ricordassi con assoluta precisione l’attrazione che avevo provato per il suo sangue nel salone, respirare aria pulita era come disinfettare il mio corpo dall’interno.
Ero di nuovo sano. In grado di pensare. Ero pronto ad affrontare i miei famigliari.
Feci il giro della casa e trovai Emmett, Esme e Rosalie in giardino.
Mi dispiace Edward! Bella sta’ bene? Mi chiese apprensivo Emmett, quando mi scorse entrare nel giardino.
Te lo avevo detto che sarebbe stata una piaga. Non dovevi portarla in casa nostra.
Rosalie non aspettò che facessi altri passi e mi attaccò urlando “Lo sapevo che portare quell’umana in casa nostra avrebbe solo portato problemi. Sapevi che poteva succedere, che un piccolo incidente domestico avrebbe fatto sgorgare il suo sangue, come pensavi che avrebbe potuto reagire il povero Jasper? Adesso è scomparso, il rimorso per quello che è successo è fortissimo in lui. Sei un idiota.” E’ tutta colpa tua e del tuo egoismo!
Mi sfuggì un ringhio rabbioso, il veleno mi inondò la bocca e mi accovacciai pronto ad attaccarla. Stavo per azzannarla alla gola, quando Emmett le si parò davanti e mi bloccò tenendomi per il collo con una presa salda.
“Edward calmati! E tu Rose, smettila!”
Mi guardava negli occhi, ma non era uno sguardo arrabbiato, era più uno sguardo preoccupato. E con calma e circospezione mollò la presa.
“Siamo tutti scossi per quello che è successo stasera. Ma non è il momento di litigare tra di noi.
Rosalie, tieni per te i tuoi pensieri, e per una volta cerca di pensare anche ai sentimenti degli altri. Edward è scosso, sai benissimo quanto gli sia costato trattenersi dal profumo di Bella, e stasera, per poco, non siamo andati contro i nostri principi cibandoci della ragazza che lui ama.”
La sorpresa per il discorso serio, e senza traccia di ironia, che aveva appena fatto mio fratello, mi bloccò. Emmett per la prima volta dopo decenni, si era permesso di dare contro a Rosalie apertamente, ed era stato carismatico come Carlisle.
Il mio mondo era alla rovescia, i pensieri ritornarono confusi e se avessi potuto, sarei scoppiato in lacrime.
“Dobbiamo trovare Jasper!” disse Esme, la sua voce non riusciva a nascondere l’ansia che la stava attanagliando.
Emmett e Rosalie, alle parole di mia madre, scomparirono nel bosco che circondava la casa. Come se non vedessero l’ora di togliermi dalla loro vista.
Mi tremarono le gambe e mi sedetti sul terreno umido, tenendo la testa tra le mani, sembrava volesse esplodere, mi sentivo più debole di un mortale.
Avevo rovinato tutto. Avevo perso Bella e non sapevo dove fosse mio fratello.
Ero diviso in due. Amavo la mia famiglia, amavo i miei fratelli e sapevo che non avrebbero mai fatto del male intenzionalmente a Bella, ma dall’altra parte li odiavo, li odiavo come odiavo me stesso, odiavo la nostra natura perché aveva rischiato di ucciderla. Ma soprattutto odiavo me stesso.
Avrei dovuto capire che il nostro amore non era possibile, che io non ero abbastanza forte per cambiare il futuro che Alice aveva visto. Quel futuro che era già stato scritto ancor prima che mi accorgessi dell’amore che provavo per Bella.
Cercai di ascoltare Carlisle per assicurarmi che Bella stesse bene. Stavano parlando della mia anima, delle congetture di Carlisle che per la nostra non tutto era perduto.
Dopo quello che era successo, credevo ancor meno di possedere un’anima. Se avessi posseduto un’anima, non mi sarei mai avvicinato a Bella. L’avrei amata nel modo corretto. Avrei sofferto, l’avrei vista proseguire nella sua vita senza la mia interferenza, avrei continuato con l’ignorarla, seguendola solo nei pensieri degli altri. Non mi sarei avvicinato così tanto a lei. Non l’avrei fatta innamorare. Non avevo un’anima, ero solo un egoista.
Capii cosa dovevo fare. Dovevo andarmene. Era doloroso, ma era l’unica soluzione. Avrei sopportato la mia dannazione da solo, non avrei coinvolto ancora la mia famiglia, e non mi sarei più permesso di mettere in pericolo la donna più dolce e sensibile che avessi mai incontrato nella mia esistenza.
Alice arrivò di corsa in giardino e si sedette con sguardo pieno di compassione e rimorso vicino a me.
Non è giusto che te ne vada per un errore che ho commesso io.
“Tu non hai commesso nessun errore” in quel momento Alice era l’unica che non riuscivo ad odiare, lei era riuscita a resistere all’istinto, il suo amore per Bella era più forte della sua natura, più forte del mio.
Devi rimanere, porterò Jasper per un po’ a Denali, così potrai continuare a vederla e non si ripeterà più ciò che è successo stasera. Lei ti ama, e tu sei abbastanza forte da cambiare il futuro. Non è scritto che tu la uccida
E mi fece vedere i suoi pensieri.
Bella era in camera sua, il suo sangue scorreva nelle vene, aveva ancora i suoi bellissimi occhi color cioccolato, e la sua pelle era ancora di porcellana con un lieve colorito rosa.
“Non significa niente”
Non puoi dare retta solo alle visioni che ti fanno comodo. E’ una visione reale come quella di lei che diventa una di noi.
“Lei ha paura di me, non voleva che le stessi vicino”
Sono stata in cucina mentre Carlisle la ricuciva e ti posso assicurare che non ha compreso a pieno il pericolo che ha corso. Era imbarazzata per quello che è successo ed è dispiaciuta per te. Non era spaventata. Devi aprire gli occhi alla realtà. Non l’hai persa, lei ti ama.
“Stasera ho rischiato di perderla. Ho rischiato che tutti noi non mantenessimo le nostre scelte di vita. Non abbiamo idea di dove sia Jasper e non riesco a sentire i suoi pensieri. Non voglio essere la causa di tutte queste sciagure.”
“Jasper sta bene. Deve stare un attimo da solo. Deve ricomporsi e prendere il coraggio di affrontare te e Carlisle. Non vuole nemmeno la mia compagnia adesso, si vergogna troppo. Ma dagli un po’ di tempo e vedrai che tornerà.”
 “Alice, non mi merito tutta questa comprensione.” Ero disgustato da me stesso, e non riuscivo a confessarle cosa più di tutto mi aveva sconvolto nella serata: la mia incapacità di trattenere gli istinti, la mia voglia irrefrenabile di saziarmi del suo sangue.
Esme si sedette vicino a noi, mi guardò con sguardo materno e accarezzandomi il viso disse:
“Sei mio figlio. E sono felice che tu abbia trovato la persona giusta per te. Non farti questo, e non farlo a noi. Quello che è successo stasera non è grave. Abbiamo superato situazioni molto più difficili. Jasper tornerà e Bella starà bene. Non infliggerti tormenti inutili, siamo insieme e nessuno si è fatto male.”
“Carlisle sta’ ricucendo una ferita sul braccio di Bella che le ho causato io quando l’ho spinta sul tavolo. Jasper è disperso e si contrae nel rimorso della sua reazione al sangue dell’umana che ho deciso di portare in casa. Come puoi dire che nessuno si è fatto male?”
“Sai cosa intendo. Ti prego Edward, non farti questo”
Carlisle aveva finito di curare Bella. Era il momento di ritornare in cucina e riaccompagnarla a casa.
Posai la mano sul viso di mia madre e le baciai i capelli. Sapevo quanto mi amava, e sapevo che ogni mio errore lo avrebbe perdonato, non l’avrei fatta soffrire, ma non avrei più permesso che la situazione di quella sera si ripetesse.
Aiutai Alice ad alzarsi “Accompagno a casa Bella e torno per chiarire con Jasper. Digli che non ce l’ho con lui. Che la colpa è solo mia.”
Sei testardo! Comunque contaci, glielo dirò …  E scusa ancora per stasera.
Mi feci forza ed entrai in casa, il timore che Bella mi guardasse impaurita era come una corda che mi tratteneva in giardino. Esme mi superò e corse a pulire la macchia di sangue sul pavimento. Credeva che fosse quell’odore a rendermi restio ad entrare.
Mio padre e Bella stavano parlando di mia madre e della sua richiesta di salvarmi rendendomi un immortale.
Se non fosse stata una situazione tragica, avrei riso, lei voleva salvarmi rendendomi un mostro. Lo aveva fatto con l’amore più puro che esista al mondo, l’amore di una madre per il proprio figlio. Ma inconsapevolmente mi aveva dannato. E proprio quella sera la mia dannazione calò su di me come una mannaia. Una vita eterna senza la possibilità di amare, conoscendo ogni sfaccettatura dell’amore.
“Forse è meglio che ti porti a casa” disse Carlisle a Bella mentre l’aiutava ad alzarsi
“Ci penso io” dissi attraversando a passo lento la sala da pranzo buia. Non avevo fretta di vedere la paura in Bella, non ero sicuro che Alice avesse capito correttamente le sue emozioni.
Cercai di mantenere un’espressione composta, mentre mi avvicinavo.
Come ti senti? Stai bene?
“Posso andare con Carlisle” disse Bella, e in quel momento una morsa strinse la pietra che avevo al posto del cuore. Volevo poterla accompagnare a casa. Non ero più assetato, il demone era incatenato ed io avevo bisogno di sentirla vicina, anche se per l’ultima volta, avevo bisogno di lei e della conferma che non mi odiasse.
“Sto bene” la voce mi uscì fredda. Non era esattamente il tono che volevo, io volevo essere dolce, avvolgerla con le mie braccia, sentire per l’ultima volta il suo profumo, accarezzarle la pelle e strofinare il mio viso nei suoi capelli. Ma il mio corpo non voleva saperne di rispondere, aveva preso la sua decisione, dovevo allontanarla. Cercai di prendere tempo per ricompormi.
Le guardai la maglietta sporca di sangue “Però devi cambiarti. Se Charlie ti vede così, gli verrà un infarto. Chiedo ad Alice di procurarti qualcosa.” E sfrecciai fuori dalla cucina alla ricerca di mia sorella.
“E’ molto arrabbiato?” le sentii chiedere a Carlisle. Si ero arrabbiato, ero arrabbiato con me stesso ed il mio egoismo. Ed adesso ero ancora più furioso perché non riuscivo a nasconderglielo.
Trovai Alice in giardino, stava cercando di vedere nel futuro cosa sarebbe successo tra me e Bella.
Vidi Bella, ed a differenza delle prime visioni, che vedevano me nella valletta, dove mi nascondevo dagli occhi umani nei giorni di sole, insieme a una persona non riconoscibile perché non ancora certa, adesso era lei, su una spiaggia, accompagnata da una sagoma sfuocata.
Quando si accorse di me, cambiò i pensieri velocemente e mi fece vedere Jasper a casa, in camera loro, era infelice, arrabbiato con se stesso, ma risoluto a farsi perdonare ...
 Ero contento per Jasper, ma l’immagine di Bella mi torturò. Non avevo visto bene, non avevo capito, ma volevo portare a casa Bella e pensare da solo prima di continuare a torturarmi.
“Per favore hai una maglietta simile a quella di Bella? Non posso portarla a casa così mal ridotta” le chiesi con voce piatta
Lei scattò in piedi e insieme entrammo in cucina. I suoi pensieri erano tutti rivolti a Jasper, teneva i denti serrati e i suoi pensieri erano sforzati, lo faceva sempre quando voleva tenermi all’oscuro di qualcosa, ma in quel momento non ero interessato a sapere, volevo solo riportare Bella a casa, nel suo letto sana e salva.
Corse svelta al fianco di Bella, invece io restai sull’entrata, immobilizzato dal pensiero di sentire da vicino il suo sangue così esposto sulla maglietta.
“Su” disse Alice “Cerchiamo dei vestiti meno macabri” e la accompagnò in camera di Esme.
Non devi torturarti così. Non è colpa tua
Sapevo le buone intenzioni di mio padre, ma ero ancora troppo scosso e confuso per poterlo rassicurare
Sta bene. Non è successo niente. Riusciremo a superare anche questo. Nessuno si è fatto male!
Parlava come Esme, erano così in sintonia che avevano i pensieri in simbiosi; anche questo non aiutò il mio umore.
Sentii Bella chiedere a Alice se ero arrabbiato, il suo unico timore era il mio umore. Forse aveva capito giusto Alice, lei non era spaventata da me, era preoccupata per me. Un po’ di calore mi attraversò il corpo e mi sentii meno indolenzito. Mi amava e mi accettava sopra ogni cosa. Ma era la cosa giusta per lei?
Quando scese le scale, le aprii la porta senza proferir parola. Ero troppo confuso.
“Le tue cose” gridò Alice recuperando i suoi regali dal pianoforte e la macchina fotografica. “Mi ringrazierai dopo, quando li avrai aperti”
Esme e Carlisle la salutarono augurandole una serena notte.
Ti aspettiamo a casa. Non fare sciocchezze. Lei sta’ bene. Non è successo nulla.
Rimasi impassibile, non volevo dare false speranze. Non sapevo ancora cosa avrei fatto.
Camminai a fianco di Bella in silenzio. Aprii la portiera del passeggero e la feci accomodare.
Mentre mi dirigevo verso la parte del guidatore, vidi Bella strappare l’enorme fiocco rosso dalla nuova autoradio e nasconderlo sotto il sedile. Sperava che potesse aiutare a migliore il mio umore, ma così non fu.
Non riuscii a guardarla, volevo solo portarla a casa. Diedi vita al motore del rottame e mi allontanai il più velocemente possibile da casa mia. Come se mettendo chilometri tra me e quelle quattro mura, fossi riuscito a dimenticare la serata. Tantissime immagini invasero la mia mente: Bella con le guance arrossate, Bella vampira, Jasper innamorato perso negli occhi di Alice, Jasper sul corpo di Bella con gli occhi colorati dal suo sangue, Carlisle ottimista e fiducioso che mi sorrideva, Carlisle preoccupato per me, Alice entusiasta per la festa, Alice infelice per la mia partenza, Emmett sorridente mentre combatteva contro un grizzly, Emmett ansioso per Bella …, il mio istinto umano che voleva avvolgerla tra le braccia e sentire il suo calore, la vicinanza che risvegliava il demone che pretendeva il suo sangue, la melodia che mi ipnotizzava … il mio mondo che cadeva in piccoli pezzetti …
“Dì qualcosa” mi implorò, risvegliandomi da quei pensieri
“Cosa vuoi che dica?” le chiesi distaccato
“Che mi perdoni”
La rabbia mia assalì. Cosa voleva dire? Perché il suo cervello continuava a ragionare al contrario? Lei era stata una potenziale vittima della nostra sete, e mi chiedeva di perdonarla?
“Perdonarti? Di cosa?”
“Se fossi stata più attenta non sarebbe successo niente”
“Bella, ti sei tagliata un dito con della carta … non credo che sarai condannata a morte”
“Comunque è colpa mia” disse testarda e con quella frase, fece breccia tra i miei pensieri, sentii tutte le barriere crollare, tutte le paure di spaventarla erano svanite e le parole iniziarono ad uscire senza più contenimento.
“Colpa tua? Se ti fossi tagliata a casa di Mike Newton, assieme a Jessica, Angela e gli altri tuoi amici normali, cosa avresti rischiato? Di non trovare le bende? Se fossi inciampata e crollata su una pila di piatti di vetro da sola, senza che qualcuno ti ci avesse scaraventato, anche in quel caso, cosa avresti rischiato? Di sporcare i sedili dell’auto mentre ti portavano al pronto soccorso? Magari Mike ti avrebbe tenuta per mano mentre ti ricucivano, e sarebbe rimasto là senza essere costretto a combattere contro l’istinto di ucciderti. Non pensare che sia colpa tua, Bella. Non faresti altro che rendermi più nauseato da me stesso!”
“Che diavolo c’entra Mike Newton con questo discorso?”
“Mike Newton c’entra perché sarebbe molto più salutare, per te, stare con uno come lui” e la consapevolezza che erano vere le mie parole, e che quel superficiale di Mike fosse meglio di me per lei, mi fece ringhiare di rabbia e squarciò completamente il mio cuore.
“Preferirei morire piuttosto che stare con Mike Newton. Piuttosto che stare con chiunque non fossi tu.”
Il pensiero del suo amore, ero più forte degli altri pensieri tristi, e lo sentii come una doccia fresca che rilassava i miei nervi, i miei pensieri. Mi crogiolai in quella sensazione, ma il mio buon senso mi fece rinsavire. Non era giusto che mi amasse. Non dopo quella sera.
“Non fare la melodrammatica, per favore”
“E allora non essere ridicolo” Ridicolo? Guardai la notte al di là del parabrezza, ero nero di rabbia.
I miei nervi non reggevano più, il mio cervello non riusciva più a contenere tutti i pensieri contrapposti che vi frullavano. Ridicolo? Si forse sì, ero ridicolo. Come avevo potuto pensare che potesse realmente funzionare tra me e lei? La amavo sopra ogni cosa, ma lei era umana ed io ero un assassino che si cibava di sangue.
   
 
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