Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: saffyj    28/06/2015    2 recensioni
Seguendo i dialoghi e la storia originale... vi racconterò New Moon vissuto nei panni di Edward Cullen e soprattutto cosa è successo nei mesi passati lontano da Bella!
E' il mio primo libro ... Mi auguro vi piaccia.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic Arrivammo sotto casa sua, spensi il motore ed attesi che scendesse dall’auto. Mantenni stretta la presa sul volante. Tenere qualcosa tra le mani mi dava l’impressione che mi tenesse il cervello ancora ancorato alla realtà e lontano dalla pazzia.
“Resti con me stanotte?”
“E’ meglio che torni a casa”, dissi freddamente, ma non convinto. Sapevo che dovevo tornare a casa, ma non volevo starle lontano, volevo stare con lei, assicurarmi che stesse bene e godere della sua vicinanza.
“E’ il mio compleanno!” Anche se arrabbiato, rimasi stupito dalla sua risposta. Odiava il suo compleanno e pur di stare con me, stava usando quella scusa.
“Non puoi fare i capricci … vuoi o no che tutti fingano di non saperlo? Delle due l’una” dissi leggermente meno serio, ma con decisione.
“Ok, ho deciso che non voglio che tu faccia finta di niente. Ci vediamo di sopra”
Si allungò e prese velocemente i regali. Il suo cambio di atteggiamento verso il compleanno mi stupì.
“Non sei obbligata a prenderli”
“Li voglio” disse convinta.
“Invece no. Carlisle ed Esme hanno speso dei soldi per i tuoi regali” volevo aver conferma che volesse veramente i regali e non che li prendesse solo per rendermi felice.
“Sopravvivrò” disse sbattendo la portiera della macchina alle sue spalle per evitare una mia replica.
Il suo fare deciso ed un po’ goffo, mi strappò un sorriso. Uscii veloce dall’auto e mi avvinai.
“Almeno lasciameli portare” le dissi togliendoglieli di mano. “Ci vediamo in camera tua.”
Sorrise di un sorriso vero, sia la bocca che gli occhi sorridevano. “Grazie”
“Buon compleanno” le sussurrai e mi chinai per sfiorarle con un bacio le labbra. Lei si allungò per prolungare quel momento, ma non ero ancora pronto per quel tipo di contatto, dovevo ancora riprendermi da tutte le emozioni che avevo provato nelle ultime ore, e mi allontanai.
Corsi sul retro ed entrai velocemente in camera sua. Il suo odore mi piombò addosso. Il demone fece segno di non essere ancora completamente addormentato. Strinsi i pugni e cercai di ricacciare tutti i cattivi pensieri dalla mia testa.
La sentii parlare con suo padre, aveva notato la fasciatura ed io rividi il momento dello schianto del suo corpo sul tavolo. La rabbia mi assalì, anche quando volevo salvarla riuscivo a metterla in pericolo.
Non venne subito in camera, ma si fiondò in bagno. Sentii l’acqua scorrere, lo spazzolino che le sfregava i denti, l’asciugamano che accarezzava la sua pelle asciugandola. I vestiti che cadevano a terra, e il rumore dei suoi denti quando li strinse, forse per il dolore al braccio.
Ero seduto sul suo letto, giocherellavo con il regalo che io ed Alice le avevamo fatto.
Doveva essere un momento perfetto, prima di conoscere Bella, la musica e il pianoforte erano stati i miei compagni, condividevo con loro le mie giornate e sfogavo le mie emozioni, era il regalo perfetto. Le compagne di una vita vuota, nelle mani della compagna che la riempì. Invece proprio quel regalo traditore aveva rovinato tutto.
Ero perso in quei pensieri quando entrò nella stanza, mi salutò e si avvicinò al letto.
Mi tolse il regalo dalle mani e mi si sedette in braccio disinvolta.
Si raggomitolò contro il mio duro petto e chiese spontanea.
“Adesso posso aprire i regali?”
“Com’è che ti è tornato l’entusiasmo?” la punzecchiai
“Mi hai incuriosita” rispose come se fosse una cosa scontata e prese il pacchetto rettangolare e piatto, avvolto nella carta d’argento, il dono di Carlisle ed Esme.
“Lascia fare a me” le dissi togliendoglielo di mano e strappando la carta che lo avvolgeva, non volevo rischiare altri tagli, i miei nervi erano troppo tesi ed il demone ancora troppo sveglio. Le consegnai la scatola scartata e lei mi canzonò
“Secondo te il coperchio riesco a sollevarlo da sola?”
Lo aprì e ci mise un attimo a capire, poi i suoi occhi si illuminarono ed il cuore iniziò ad accelerare.
“Andiamo a Jacksonville?”
“L’idea è quella”
“Non posso crederci. Renée impazzirà! Non è un problema per te, vero? C’è il sole, ti toccherà restare al chiuso tutto il giorno!”
“Penso di potercela fare” pensai a come sarebbero stati felici i miei genitori a vedere la sua reazione, era veramente contenta del dono
“Se avessi immaginato la tua reazione a questo regalo, ti avrei chiesto di aprirlo davanti a Carlisle ed Esme. Temevo che avresti avuto da ridire”
“Bè, certo, è troppo. Ma tu verrai con me.” Non so perché ma preferii cambiare discorso
“Adesso inizio a pentirmi di non aver speso qualche soldo per il tuo compleanno. Non credevo potessi sfoderare tutto questo buon senso” le dissi curvando gli angoli delle labbra in un sorriso.
Prese il mio regalo, ma io glielo tolsi di mano e lo scartai.
“Cos’è?” chiese perplessa.
Non le risposi. Presi il CD e andai ad inserirlo nel lettore sul comodino. Schiacciai Play e le note della Ninna Nanna, che lei mi aveva ispirato il giorno in cui ci rivolgemmo per la prima volta la parola, riempirono la stanza. La guardai per vedere se il regalo le piaceva.
Era immobile sul letto, ammagliata, rapita dalle note suonate dalle mie mani, le note che esprimevano il mio amore per lei.
Aveva gli occhi lucidi ed il corpo era pietrificato, tratteneva il respiro, come per non perdere neanche una nota. Ero felice, il mio cuore fece cenno di risvegliarsi ed il mio corpo sembrò riscaldarsi.
“Ti fa male il braccio?” le chiesi per rompere quel silenzio ed aver conferma che piangesse per le mie note e non per il dolore al braccio.
“No. Non è il braccio. E’ bellissimo, Edward. Non avresti potuto regalarmi niente di più prezioso. Non posso crederci” fui felice, completo e tutti i pensieri, i tormenti, della sera svanirono in un soffio.
“Immagino che non mi avresti lasciato portare qui un piano per suonartela di persona” le dissi, rapito dal suo sguardo e dalla felicità che irradiava.
“Hai proprio ragione” disse ancora incantata dalla melodia. Mi avvicinai e la presi tra le braccia. La appoggiai al mio petto e con le mani iniziai a accarezzarle delicatamente la vellutata pelle del braccio. Sfiorai involontariamente la benda ed un lieve fremito attraversò il suo fragile corpo, “Come va il braccio?” le chiesi preoccupato.
“Benino” mentì
“Ti prendo un po’ di Tylenol”
“Non ce n’è bisogno” protestò, ma non le diedi ascolto. La feci scivolare giù dalle mie ginocchia e mi avviai alla porta
“Charlie” sibilò.
Scossi la testa, non doveva preoccuparsi, ero silenzioso e veloce, non si sarebbe accorto di me.
“Non si accorgerà di me” la tranquillizzai. Corsi in bagno a prendere la medicina ed il bicchiere di acqua, tornando in camera prima che la porta si richiudesse.
“E’ tardi” le feci notare. La sollevai dal letto con un braccio e con l’altro afferrai la coperta. Le posai la testa sul cuscino e la avvolsi nella trapunta. Mi sdraiai accanto a lei, sopra le lenzuola per non raffreddarle il corpo e la abbracciai.
Mi posò la testa sulla spalla e sospirò felice
“Grazie ancora” mi disse sognante
“Prego”
Per un minuto interminabile restammo in silenzio, mentre le ultime note della ninna nanna riempivano la stanza. Ripensai alla serata, alla rabbia provata, alla sete che bruciava la mia gola, a Jasper, alla mia famiglia, alla scelta di andare via ed all’amore che mi tratteneva. Non riuscivo a venirne a capo. Cosa era giusto fare?
“A cosa pensi?”
“Ecco, pensavo a cosa è giusto e cosa sbagliato” la sentii tremare sotto le mie braccia
“Ricordi che ho deciso di non volere che ignorassi il mio compleanno?”
“Sì” le risposi con cautela
“Bè, pensavo che, visto che è ancora il mio compleanno, mi piacerebbe ricevere un altro bacio!”
“Sei avida stasera” le dissi con un sorriso. Sentii il mio corpo protestare, anche lui voleva un altro bacio, voleva assaporare le sue labbra, voleva sentirla vicina, calda, viva.
“Sì, lo sono ma per favore, non farlo se non lo desideri davvero” aggiunse piccata
“Non sia mai detto che io faccia qualcosa controvoglia” dissi sospirando, la volevo con tutto me stesso, forse la volevo troppo, e non sarei stato capace di fare le scelte giuste. Le presi delicatamente il mento e avvicinai il mio viso al suo.
Cercai di rimanere nei limiti che mi ero imposto, sentivo le sue labbra modellarsi con le mie, il suo cuore battere forte e il suo calore aumentare. Avrei voluto che quel momento durasse in eterno, volevo sentirla vicino, ancora più vicino, ebbi la sensazione che si stesse allontanando e senza pensarci, le misi la mano tra i capelli per trattenerla, non volevo che si allontanasse dal mio corpo, da me, sentivo che se mi avesse lasciato sarei stato diviso a metà. Avvicinai di più il suo viso al mio, potevo sentirne il calore, potevo assaporarne il profumo e le mie labbra erano bramose di continuare a sentire le sue. Mi sentivo ancora troppo distante, avvicinai il mio corpo freddo contro il suo, anche attraverso le coperte potevo sentire il suo calore, era meraviglioso, mi sentivo in paradiso. Tutto intorno a me sentivo la sua presenza, eravamo diventati un corpo unico e non volevo che fosse diverso. Mi lasciai andare a quell’estasi, il cervello si svuotò per permettermi di assaporare quel momento in ogni sua sfaccettatura, per memorizzare ogni singolo momento, ogni singolo gesto, ogni singola emozione, tutto il mondo era scomparso, tutti i timori, la rabbia, la paura era svanita. C’eravamo solo più noi due.
Il demone strappò una catena ed il veleno mi riempì la bocca.
Interruppi il bacio bruscamente e la allontanai con dolcezza e decisione. Crollò sul cuscino, col fiato corto ed il cuore impazzito.
“Scusa” le dissi senza fiato, avevo un turbinio di emozioni nella testa e nel corpo. Mi sentivo completamente umano, era come se non avessi più fiato e del sangue nelle vene. “Ho esagerato”
“Non mi importa”
Aggrottai le sopracciglia.
“Cerca di dormire, Bella”
“No, voglio che mi baci ancora”
“Sopravvaluti il mio autocontrollo”
“Cosa ti tenta di più: il mio sangue o il mio corpo?”
“L’uno e l’altro” sorrisi, tutto di lei mi tentava. Aveva risvegliato l’umano ed il vampiro, ma io non potevo permettermi di lasciarmi andare, il vampiro avrebbe vinto. “Ora, perché non smetti di sfidare la sorte e ti metti a dormire?”
“Va bene” rispose rannicchiandosi contro di me. Era esausta, il suo corpo ebbe un fremito e i suoi muscoli si tirarono leggermente. Le faceva male il braccio, potei avvertire il sollievo che provò quando lo appoggiò alla mia pelle fredda.
Il suo cuore ricominciò a battere normalmente ed il respiro si fece rilassato.
Le rimasi accanto, continuai ad accarezzarle i capelli e riempii i miei polmoni con il suo profumo.
Ripensai alla serata, alla tragedia mancata per un soffio.
Rividi come in un film tutti i momenti con lei. Il nostro primo incontro, l’odio che mi assaliva e la sete che mi bruciava la gola quando il suo odore mi colpì nella classe di biologia. Il terrore che provai quando un furgoncino impazzito nel parcheggio della scuola le scivolava addosso e la sua testa che batteva contro l’asfalto quando la spingevo in salvo. Quando la seguii a Port Angeles per sorvegliarla, ed in un attimo di distrazione l’avevo persa, rischiando di farla finire tra le braccia di quei miserabili con cattive intenzioni. La prima volta che vide la mia pelle luccicante al sole nella valletta e il momento in cui il demone si impossessò di me e dovetti allontanarmi per non morderla. La sera della partita di Baseball con la mia famiglia dove l’avevo resa la preda preferita di un vampiro sadico. A Phoenix, quando cercavo di succhiare via il veleno di James, rischiando di ucciderla per il piacere che provavo nel bere il suo sangue… ogni volta che stavo con lei la mettevo in pericolo. Mi ero eletto suo angelo custode, ma forse il destino crudele che la metteva in pericolo e che volevo distruggere, ero io.
Dovevo andare via, non potevo starle vicino e augurarle una lunga vita felice.
“Edward, no … non mi lasciare! Io ti amo”
Bella parlò nel sonno, come se avesse letto nei miei pensieri, e appoggiò la testa sul mio petto e con un braccio mi allacciò il fianco. Rimasi di pietra, ricordai la prima volta che mi disse inconsciamente nel sonno di amarmi, mi ricordai perfettamente la sensazione che aveva invaso il mio corpo, ed era la stessa che stavo provando quel momento.
Non volevo lasciarla, volevo stare con lei, in fondo ero un essere spregevole ed egoista, ed il dolore che provavo al solo pensiero di allontanarmi da lei era insopportabile. La parte egoista iniziò ad avere il sopravvento e a trovare le scusanti:
La prima volta che l’hai vista, sei riuscito a resistere alla tentazione. Il furgoncino l’avrebbe schiacciata contro l’asfalto se non fossi intervenuto. A Port Angeles poteva finire in tragedia, ma sei arrivato in tempo. Nella valletta hai avuto una piccola défaillance, ma dopo sei riuscito a baciarla ed è ancora viva. Se James avesse trovato Bella per strada poteva comunque farle del male … continuava a trovare scuse per farmi restare, per non farmi allontanare da lei.
Dovevo uscire da quella stanza, dovevo riuscire a capire cosa era giusto per lei.
La baciai sulla fronte e fuggii dalla finestra correndo verso casa.
Le luci erano accese. Ma non vidi nessuno nel salone, iniziai a salire le scale quando un’immagine mi attraversò la mente:
Bella in spiaggia, la stessa spiaggia che avevo visto la sera prima nella visione di Alice, e di nuovo una forma confusa, indistinta. La teneva per mano e passeggiavano sul bagno asciuga.
Il dolore mi trafisse.
“Ah” ringhiai
La visione cambiò, era Jasper felice sul divano del clan di Denali, i nostri cugini che abitavano in Alaska ed avevano la nostra stessa condotta di vita.
Oh, scusa Edward, non ti avevo sentito arrivare.
Era Alice, seduta in un angolo buio fuori casa, si teneva le gambe abbracciate al petto e la testa appoggiata al muro. Aveva lo sguardo triste e la posa di chi ha ceduto.
“Cosa succede?” le chiesi in allarme
“Nulla! Stavo cercando di capire cosa succederà, ma è tutto offuscato …”
Mi stava nascondendo qualcosa.
“Cosa mi stai nascondendo? Non ho più la forza di combattere e sono confuso, ti prego, se hai visto qualcosa che mi possa aiutare nella scelta, dimmelo!” le chiesi quasi implorante.
Ci fu una visione, un flash veloce. Bella immortale.
E’ l’unica visione nitida che riesco ad avere pensò scusandosi. E si prese la testa fra le mani.
Le gambe mi cedettero e un vortice mi fece salire la nausea.
Non era possibile. Avevo perso la mia battaglia.
Volevo smettere di esistere, volevo non essere mai esistito. Come avevo potuto condannare così Bella?
Alice si alzò e mi abbracciò.
Non è l’unico futuro possibile, c’è anche l’altra visione, ma non riesco a metterla a fuoco, mi dispiace.
Aumentò l’abbraccio, come se cercasse di contenere i pezzi di me che si stavano sgretolando come gesso sotto una pressa. Mi accarezzò i capelli e rimanemmo abbracciati per un tempo indefinito.
“Credo che sia meglio per noi partire subito, c’è un aereo che parte tra poche ore, e non vorrei perderlo.” La voce di Rosalie mi risvegliò da quell’incubo di vuoto.
Con grande sforzo mi alzai e sorreggendomi a Alice feci le scale che portavano all’ingresso.
Entrai in casa, l’odore di ammoniaca era nauseante, e la sala era già stata completamente sistemata, come se la sera prima non fosse mai esistita se non solo nella mia immaginazione.
Sei tornato!!!!
Esme volò giù dalla scalinata e mi stritolò in un forte abbraccio. Iniziò a baciarmi il viso ed ad accarezzarmi le braccia, il petto, la schiena, come se volesse assicurarsi che non fossi una visione.
Carlisle entrò con un sorriso nel salone e con passo calmo mi si avvicinò.
Tutto bene?
Non riuscii a mentirgli e guardai verso il pavimento per non fargli vedere la sofferenza nei miei occhi.
“Aggiusteremo tutto!” disse a voce alta per assicurarsi che sentissi e accettassi.
Ciao fratello! Bella sta’ bene?
Emmett entrò nella sala, con il suo solito sorriso sulle labbra e lo sguardo allegro, non c’era traccia sul suo volto di cosa era successo alla festa.
Si avvicinò e mi diede una pacca sulla schiena, come quando giocavamo a baseball ed era il mio turno alla battuta.
Mi fece sentire meno pesante, mi diede quel minimo di forza che mi serviva per strapparmi dal mutismo.
“Ho sentito che partite subito” dissi con tono piatto
“Si, alla fine siamo fortunati c’è un aereo che parte tra poche ore. Kenya aspettaci, stiamo arrivando! Mi hanno detto che i leoni sono buoni quanto gli orsi, e pure più divertenti! E poi Rosalie può cibarsi delle sue linci, le migliora visibilmente l’umore” Sghignazzò
Speravo di partire prima che arrivasse
Rosalie si era affacciata sulle scale, con la faccia stizzita mi guardava dall’alto, ma non mi importava. Poteva andare dall’altra parte del mondo, non ne avrei sentito la mancanza, in particolar modo in quel momento, ma separarmi dal mio fratellone non era facile, avevo bisogno di qualcuno che rendesse più leggero quel momento, e nessuno era meglio di lui.
“Buon viaggio” riuscii a dire mentre mi dirigevo verso la mia camera.
Salendo le scale passai davanti alla camera di Alice e Jasper. Jasper era seduto per terra, con le gambe allungate di fronte a lui e la testa appoggiata alla parete di fronte alla finestra. Lo sguardo assorto e le mani abbandonate ai fianchi.
Come faccio ad essere così debole. Come ho potuto mettere in pericolo l’amore di Edward e l’amica di Alice … se fosse successo qualcosa a Bella non sarei riuscito a vivere nel rimorso…
Bussai. Con un sussulto tornò con i pensieri nella stanza e mi guardò con aria mortificata.
“Non sono arrabbiato con te. Non fartene una colpa.” Lo anticipai. Cercai di parlare con un tono amichevole, ma l’amarezza che regnava nel mio corpo non mi aiutò e la frase uscì come una bugia.
“Mi dispiace. Non capisco come posso essere così debole. Ho combattuto contro orde di vampiri, contro neonati affamati ed indisciplinati, ma non riesco a combattere contro il demone che ho in me” e rivolse gli occhi fuori dalla finestra come per cercare una risposta alla sua domanda.
Mi sedetti vicino a lui. Allungai le gambe davanti a me e appoggiai la testa alla parete, nella sua stessa posizione guardando nello stesso punto, come se aiutasse a trovare la soluzione ai nostri quesiti.
Passò poco tempo, che Alice si unì a noi. Si sedette vicino a Jasper dopo avergli rivolto un caldo sorriso. Gli prese la mano e iniziò a guardare anche lei fuori dalla finestra. Dopo pochi secondi la sua indole euforica e sempre attiva ebbe la meglio e si inginocchiò di fronte a noi con un sorriso smagliante e la sua voce cristallina ci ridestò:
“Forza ragazzi, su con la vita. Non è morto nessuno, se mi permettete la battuta, ma se continuate su questa via, tra un po’ sarò io a morire di noia!”
Mi scappò un sorriso ed anche a Jasper.
Ci guardammo e ci stringemmo la mano. Era mio fratello e gli volevo bene. Non avrei permesso che la tragedia scampata della sera prima ci potesse allontanare.
Grazie fratello per il tuo perdono e la tua comprensione
Gli diedi una pacca sulla spalla e mi alzai. Tutti e tre insieme andammo nella sala da pranzo dove ci stavano aspettando Carlisle e Esme.
La sala da pranzo veniva utilizzata solo per le riunioni, per prendere le decisioni sulle sorti della nostra famiglia o per decidere su come affrontare le complicazioni che si presentavano.
Le pareti della stanza erano bianche ed i soffitti erano alti, al centro, sotto un lampadario che pendeva basso, era posizionato un tavolo ovale in mogano, circondato da otto sedie. Sulla sedia centrale sedeva Carlisle e alla sua destra Esme.
Finalmente! Pensò mia madre vedendo me e Jasper insieme.
Alice ci superò ed andò a sedersi vicino a mio padre, in attesa che parlassi.
“Sei libero di dire cosa pensi, siamo la tua famiglia ed ogni decisione che prenderai sai che ti appoggeremo” disse Carlisle cercando di diminuire il mio imbarazzo.
“Sinceramente non so ancora cosa dire. Ho bisogno di riflettere. Quello che è successo ieri sera era evitabile, io potevo evitarlo e a causa del mio egoismo ho rischiato sulla pelle di Bella.
Mi prendo le mie responsabilità e vi assicuro che prenderò una decisione a breve, ma non è questo il momento. Lasciatemi del tempo e vi saprò dare delle risposte” cercai di essere il più sincero possibile, non volevo dare false speranze a Esme che sarei rimasto o a Carlisle di sapermi trattenere dal mordere Bella, o a me di riuscire a rimanere senza intralciare la vita della donna che amavo, perché sapevo che se fossi rimasto lo avrei dovuto fare rimanendole lontano.
La visione della spiaggia ricomparve nella mia mente …
Caspita, perché non riesco a vedere altro?
Alice e Jasper in un ospedale psichiatrico di un paese sconosciuto …
Jasper sul divano del clan di Denali ….
Ma cosa c’entra!
Mi scappò una risatina “Se continui così tra un po’ il tuo cervello andrà in fumo, dagli tregua, forse se lo lasci riposare le visioni saranno più nitide!” le dissi in modo scherzoso, ma anche speranzoso.
Mi vidi in macchina, mentre sfrecciavo su un’ampia strada buia, l’oceano sullo sfondo … e di nuovo Bella in compagnia della sagoma … entrambe le visioni erano vaghe e deboli.
Alice mi guardò con occhi tristi, corrugando il labbro e massaggiandosi le tempie.
Credo che sarà nitida quando tu prenderai una decisione… mi sta’ facendo scoppiare la testa.
Volevo anche io capire chi fosse quella sagoma sfocata, ma soprattutto cosa significasse. Ero consapevole che le visioni erano sfocate perché ero indeciso, e le emozioni provate poche ore prima, erano ancora troppo vive per poter ragionare lucidamente. Non potevo permettermi di temporeggiare, per rispetto nei confronti di chi amavo, in primis nei confronti di Bella.
Guardai l’ora, la notte era volata. Mi voltai verso Alice per farle notare che era ora di andare a scuola.
“Mi dispiace, oggi non vengo a scuola. Ci sono alcune cose che devo sistemare.” Disse facendo con occhi maliziosi un piccolo cenno col capo verso Jasper “Ci vediamo oggi pomeriggio. Così ne parliamo” e in un soffio fu in camera sua con mio fratello.
Chiusi i suoi pensieri fuori dalla mia testa. Non volevo vedere come tirava su di morale il povero Jasper, e con un sorriso appena visibile salutai i miei genitori.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: saffyj