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Autore: Ameliasvk    25/06/2015    6 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le Ragioni Dell'Ailthium

_ Amelie_

<< Dobbiamo stare attente.>> disse Lizzy, porgendomi un fagotto informe d'abiti spiegazzati.
Si trattava di un completo maschile: grigio, simile al suo, ma di una sfumatura più chiara, tenue, tendente lievemente al blu.
<< E questi?>> chiesi esterrefatta, << Cosa dovrei farci?>>
Mi guardai furtivamente allo specchio, rimirando l'immagine di una ragazza spaventata, provata dagli eventi, coi capelli tremendamente arruffati, ma coperta completamente da pizzi e merletti.
Anche Lizzy seguì la traiettoria del mio sguardo, storcendo il naso in una smorfia d'insofferenza.
<< Dio... ma sei stupida o cosa?!>> mi rimproverò, << Devi indossarli! Non mi pare una cosa tanto difficile da capire! Insomma... dove credi di andare conciata così? Sei troppo appariscente! Ci scopriranno in un batter d'occhio!>>
<< Che cosa?!>> strepitai.
Io... indossare quei... quei, pantaloni!
Per l'amore del cielo!
Mai!
Ero una ragazza di buona famiglia, io!
Una fanciulla rispettabile!
Non potevo andarmene in giro con un capo d'abbigliamento maschile... sarebbe stato strano... sconveniente!
Ma poi, come se un lampo a ciel sereno avesse cozzato contro il mio cranio, rinsavii da quei pensieri assurdi, da stupida ragazzina superficiale.
Che importava di come mi vestivo?
Ero davvero così sciocca ed inquadrata in quell'ipocrita gabbia morale?
Oh no... la verità era che non poteva fregarmene di meno!
Il mio scopo era quello di salvare Miguel, di fuggire con lui, da una morte certa... non quello di badare al buon costume! Anzi!
Se solo fosse servito, sarei andata in giro completamente nuda pur di portarlo in salvo!
<< Allora?>> mi fece lei spazientita, sbuffando come un toro.
Batteva i piedi insistentemente a terra, scandendo in modo accelerato il passare dei secondi.
La guardai negli occhi, dopodiché abbassai lo sguardo su quel cumulo di stracci.
Vi allungai la mano sopra, esitante, fino a sfiorare la stoffa con la punta delle dita.
L'afferrai.
Sentii la consistenza del tessuto ruvido contro i polpastrelli, un leggero pizzicore, mentre mi portavo la matassa all'altezza del petto.
La strinsi forte, poi alzai gli occhi per incontrare quelli della ragazza minuta che mi stava di fronte.
Entrambe ci fissammo in silenzio, in attesa, finché non mi decisi a regalarle un sorriso strafottente e deciso.
<< Aspettami qui, Lizzy. Due minuti e sono pronta!>>
---

Quando uscii dallo spogliatoio, avvolta unicamente da giacca, camicia e pantaloni, la prima cosa che provai fu... un'incredibile sensazione di libertà.
Non c'erano più lunghe e pesanti gonne a rallentare i miei passi, né eccessivi strati di stoffa a limitare i miei movimenti. D'un tratto, non c'erano più barriere, né tantomeno costrizioni.
Solo la consistenza dell'aria, della leggerezza, dello spazio.
Pura euforia.
Mi sentivo fresca, emancipata, come mai in vita mia... ed era meraviglioso, esaltante, quasi inebriante.
Avevo i brividi.
<< Mmm, niente male! Con quei vestiti e il seno fasciato, potresti proprio passare per un ragazzino!>> proruppe Elizabeth dall'altro lato della stanza, squadrandomi da capo a piedi con occhio critico.
Di norma, avrei dovuto offendermi per un simile "complimento", ma in quel momento non aspiravo ad altro.
Dovevo assomigliare ad un ragazzo!
<< Non credevo che indossare abiti maschili fosse così... elettrizzante!>> ammisi, su di giri, saltando da una parte all'altra della stanza.
Ero un caso perso, ormai.
Non mi sarei tolta quei capi d'abbigliamento mai più!
Davvero!
<< Frena gli entusiasmi, principessina! Non siamo qui per giocare, tutt'altro. Quello che ci accingiamo a fare è contro le regole e... molto pericoloso.>>
Alle sue parole, mi bloccai istantaneamente, ferita.
<< Certo...>> risposi, torturandomi le mani.
Dopodiché tornai a fissarla, stringendo i pugni per farmi forza.
<< Sono pronta!>> affermai.
Lizzy abbozzò una mezza specie di sorrisetto sardonico, e con un movimento fluido, scosse la testa.
<< No. Non ancora, prima dobbiamo fare qualcosa per quei capelli. Tieni.>>
Allungò le braccia nella mia direzione, porgendomi un voluminoso basco di velluto nero.
<< Questo dovrebbe nasconderli tutti.>>
Annuii in silenzio, raccogliendo tutta la matassa di ricci in uno chignon, che prontamente, intrappolai al disotto del cappello.
<< Bene. E ora ascoltami.>> disse abbassando il tono della voce, come se le mura avessero orecchie.
<< Sto rischiando molto, nell'aiutarti. In realtà non dovrei nemmeno interagire con te, se non per tenerti d'occhio. Anzi, nemmeno io so per quale oscuro motivo lo sto facendo, credimi. Neanche mi piacciono le principessine con la puzza sotto il naso come te... ma non posso abbandonare il nostro miglior cacciatore. Lui è sempre stato un mentore per me... un amico. E gli amici non si abbandonano. Mai.>>
Gli occhi color cioccolato di Elizabeth, nel pronunciare quelle parole, si riempirono di calde lacrime.
Ma prima ancora che potessero fuoriuscire e rompere gli argini, si passò il palmo della mano contro gli occhi, stropicciandoli.
Avrei voluto ringraziarla, di cuore, ma prima ancora che potessi aprir bocca, Lizzy riprese a parlare.
<< Quindi ascoltami attentamente e fa come di dico: dovrai seguirmi in silenzio, senza fiatare, gli occhi bassi... nel caso incontrassimo qualcuno, fa parlare ME. Hai capito? Qualsiasi cosa succeda, rimani zitta! >>
I suoi occhi erano decisi, sinceri, tanto che non potei fare a meno di sorriderle.
<< Certo.>> replicai, << Non c'è problema!>>
Per alcuni secondi, Lizzy sembrò scrutarmi con aria dubbiosa, scettica.
Poi però la sua espressione mutò radicalmente, tantoché vidi il suo volto illuminarsi e le sue labbra distendersi a dismisura.
Si ritrovò a ricambiare il mio sorriso.
Radiosa.
<< Molto bene! Così mi piaci, principessina!>> esclamò, << E ora andiamo, Cassandra ci aspetta!>>

---

Cunicoli, corridoi, porte su porte.
Ambienti stravaganti e dagli arredamenti più disparati si aprirono davanti ai miei occhi, lasciandomi letteralmente di stucco.
Dio mio...
 Ma in che razza di posto ero capitata?
Non riuscivo a spiegarmelo.
Era tutto così strano, variopinto, eccentrico.
Esagerato fino all'inverosimile, quasi... finto.
Come una casa per le bambole.
Ed era curioso, davvero, ma non ero in grado di scrollarmi quella sensazione di dosso.
Mi pareva di camminare in un sogno.
Passo dopo passo, con il vago senso di fluttuare, leggera, come se i piedi toccassero a malapena terra.
Poi, i miei pensieri assurdi vennero interrotti da echi di voci lontane.
Due figure vestite completamente di nero comparvero all'imbocco delle scale, dirigendosi con passo veloce verso di noi.
Non appena li visi avvicinarsi, abbassai di scatto la testa, limitandomi a seguire Elizabeth come un ombra.
<< Ehi, Lizzy!>> fece uno, sembrava la voce di un ragazzo.
<< Peter!>> sussultò lei, bloccandosi di botto.
Per poco non le finii addosso.
<< E lui? >> disse il giovane di cui non vedevo il viso, rivolgendosi senza ombra di dubbio a me.
Il cuore mi si ghiacciò istantaneamente nel petto.
Ma non sollevai lo sguardo, no.
Rimasi ferma a fissare le mie scarpe, completamente muta.
Come un pesce.
<< Non l'ho mai visto da queste parti...>> continuò Peter, << È un novellino?>>
Sentii Lizzy fare un profondo sospiro, e poi ridere in modo eccessivo.
Sforzato.
<< Oh, sì... ma certo! Si capisce subito, vero? Me l'hanno assegnato oggi! Ancora deve cominciare l'allenamento!>>
<< Beh, vorrà dire che avrai un bel lavoro da fare! Sembra un ragazzino piuttosto gracile. Dove ce li ha i muscoli?>>
Il ragazzo scoppiò in una profonda risata, ma il suo compare, di cui la mia vista periferica scorgeva solo la punta delle scarpe, gli ricordò di andare.
I due ci salutarono, con garbo, e dopo aver fatto altrettanto, Lizzy mi artigliò un polso, trascinandomi a tutta birra verso un luogo pressoché ignoto.  
<< Quanto manca?>> bisbigliai con un filo di voce.
Lizzy conficcò le unghie nella mia carne, dopodiché si voltò a fissarmi in cagnesco.
L'aria totalmente inviperita.
<< Ti avevo detto di stare zitta!>> sibilò tra i denti, << Comunque, siamo quasi arrivate.>>
Ed infatti, dopo aver svoltato a destra, ci ritrovammo di fronte ad un immenso portone bianco; l'architrave era sormontato da un fregio in legno, a motivi geometrici, mentre al centro, svettava una vistosa iscrizione in rilievo.
"CASSANDRA" c'era scritto, a caratteri cubitali, le lettere dipinte d'oro.
<< Bussa.>> m'intimò Elizabeth.
<< I-io?>> balbettai, sgranando gli occhi.
<< Sei tu quella che vuole incontrarla, no?>>
<< Sì, ma...>>
<< Bussa!>>
Obbedii istantaneamente ai suoi ordini, infrangendo per tre volte le nocche contro la liscia superficie del portone.
Dopodiché, ci fu un cigolio fastidioso e la porta si aprì.
<< Entrate.>> fece una voce dal timbro infantile, quasi stridula. << Vi stavamo aspettando.>>
Nel varcare la soglia, un brivido mi corse lungo la schiena, lasciandomi senza fiato.
L'ambiente in cui ci trovavamo era completamente bianco, un'anticamera vuota, arredata unicamente da due sedie (anch'esse bianche) accostate al muro.
Una seconda porta, del medesimo colore, si stagliava di fronte ai nostri occhi.
<< Benvenute.>>
Ma chi aveva parlato?
Mi guardai intorno spaesata, vedendo null'altro che un eccessivo, fastidioso, candore. S
olo in un secondo momento, mi resi della bambina.
Era stata lei ad aprire bocca.
<< Accomodatevi.>>
Guardai la piccola con maniacale curiosità.
Era uno scricciolo, un mucchietto di pelle lattea e ossa.
Aveva un visino delicato, dall'espressione algida, e grandi occhi grigio-azzurri.
I suoi capelli, invece, erano lunghi ed intrecciati, di un particolarissimo color avorio.
 << Sei tu Cassandra?>> uscì fuori dalla mia bocca.
Lizzy mi colpì al fianco con un gomito, mentre la piccola, che ad occhio e croce non poteva avere più di sette-otto anni, si limitò a trafiggermi con lo sguardo.
<< No.>> replicò fredda, << La signora è nel suo studio.>>
<< E quando potrà riceverci?>> s'intromise Lizzy.
L'inquietante bambina distolse l'attenzione da me, focalizzandosi poi su di lei.
<< A breve.>> rispose, << Ora, però accomodatevi.>>
Ci indicò con un cenno del volto le due sedie, e dopo pochi secondi svanì dietro la porta.
<< Che razza di posto è questo?> > mi voltai a guardare Lizzy.
Lei si strinse nelle spalle.
<< La sala d'aspetto. Ovvio.>>
<< Ci sei già stata qui?>>
<< Solo una volta... ma non preoccuparti. Cassandra è veloc-.>>
Non finì di terminare la frase, che la pallida e smunta ragazzina fece nuovamente la sua comparsa.
<< Amelie von Kleemt.>> mi sentii chiamare.
Ma come faceva a conoscere il mio nome?
<< S-sì?>> le risposi esitante.
<< Seguimi.>>
I miei occhi si spostavano smarriti da lei a Lizzy, senza trovare pace.
<< Vai.>> mi fece quest'ultima, strizzando l'occhio in un segno d'incoraggiamento.
<< Tu non vieni?>> le domandai, il cuore schiacciato dall'ansia.
Lizzy scosse il capo.
<< Non posso. >> sorrise malinconica, << Cassandra ha chiamato solo te, principessina. Devi andare da sola.>>

_ Miguel_

Quanto tempo era passato?
Me lo chiedevo costantemente, a mo' di nenia, contando i secondi, i minuti, le ore.
Ma dopo un po', le cifre perdevano valore, si mescolavano, fino a diventare un ammasso di simboli astratti, privi di significato.
Stavo forse morendo?
Probabile.
Il mio corpo aveva perso un'infinità di sangue e da troppo tempo, non mi nutrivo.
Presto o tardi, le ferite lasciatemi da Angus si sarebbero infettate e con loro, sarebbero giunte la fame, la febbre, ed infine... la parvenza della morte.
Non quella reale, oh no.
Ero relativamente immune, da una tale piaga (a meno che non mi volessero strappare il cuore dal petto, ovvio), ma un progressivo torpore, un sonno eterno, in cui sarei rimasto prigioniero per anni, secoli, addirittura millenni.
Sospeso.
Tra una morte non del tutto compiuta ed una vita non ancora arrestata.
E mi chiesi come sarebbe stato, addormentarmi.
Chiudere gli occhi per sempre, magari sognare.
Ma non appena abbassai le palpebre, l'immagine di Amelie mi trafisse il cuore con un dardo, procurandomi ancora più strazio... ancora più dolore.
Dio... faceva così male!
Ma dovevo resistere, farmi forza... non potevo abbandonarla!
E con quel pensiero fisso ad attanagliarmi la testa, riuscii a stringere i pugni e contrarre i muscoli.
Un'impresa titanica, per com'ero ridotto.
Tuttavia, l'ombra di un sorriso si posò inevitabilmente sulle mie labbra.
La situazione era talmente assurda, da risultare comica.
Difatti, nonostante il colossale impegno profuso da Angus e Ryan... le loro torture erano state vane, non sortendo alcun effetto.
Non c'era stata nessuna confessione, nessuna parola, solo il nulla. Ed ora giacevo lì, a terra, le membra sanguinanti su un letto di lerciume.
Provai a spostarmi verso destra, in modo da non gravare troppo sulla schiena.
La roccia era aguzza, ruvida, gelida come la morte, ma bollente a contatto con le ferite.
Che ardevano, bruciavano, sembravano quasi scoppiettare come ciocchi di legno in una fornace.
Poi si udirono dei passi.
Lenti, strascicati, seguiti da un trillante tintinnare metallico.
Il puzzo dell'alcol m'investì le narici, mentre la chiave girò ritmicamente all'interno della serratura.
Ci fu uno scatto, due, al terzo... il chiavistello venne tirato all'indietro, così che la porta potesse aprirsi indisturbata.
La cella in cui mi trovavo era buia, sudicia, una sorta di buco scavato nella pietra, capace a malapena di contenere una persona, figuriamoci due.
Delle lunghe sbarre d'acciaio delimitavano lo spazio in cui ero circoscritto, mentre uno straccio rattoppato si stagliava come un corpo morto sul pavimento sudicio.
Quello era "letto" e poco distante, giaceva una ciotola di legno mezza vuota, il cui contenuto si era inevitabilmente riversato a terra.
Un colpo di fortuna per i miei compagni di prigionia, che come avidi ratti si scannavano l'un l'altro per un pezzo di pane raffermo.
<< Ben ritrovato, Rufus. È sempre un piacere vederti...>> salutai con finta gentilezza l'anziano guardiano delle prigioni.
Rufus restò a guardarmi interdetto, lisciandosi nervosamente i luridi capelli grigi.
<< Questo è per te. Lo mandano i capi.>> replicò in tono secco, porgendomi una sottile fiala di vetro.
Il liquido rosso contenuto al suo interno mi oscillò davanti agli occhi, catturando completamente la mia attenzione.
Sangue...
Da quant'è che non sentivo quella dolce consistenza a contatto col palato?
Mi bastava chiudere gli occhi per rivedere Amelie tra le mie braccia, la mia bocca contro il suo collo, il pulsare poderoso del suo sangue... e poi l'estasi.
Quell'appagante senso di completamento, di potere, d'onnipotenza... finché il volto di Nigel von Kleemt non fece capolino nella mia testa, invadendo ogni mio pensiero.
Era lui la causa di tutto... era colpa sua.
Grazie alla sua posizione elevata all'interno dell'Ailthium si era premunito di togliermi tra i piedi, e una volta aggirato il maggiore ostacolo, si era accanito sul mio Piccolo Tarlo, cercando in tutti i modi di usarle violenza.
Cristo... al solo pensiero fremevo di rabbia, ma le catene che mi tenevano prigioniero erano incredibilmente forti, dure, del tutto indistruttibili.
Vedendo la mia frustrazione, Rufus mi avvicinò la fiala alla bocca, premendomela contro le labbra affinché trangugiassi l'intero contenuto.
E così feci, mandando giù tutto d'un sorso.
Il suo sapore insipido mi fece istantaneamente contorcere lo stomaco, ma serrai la mascella e continuai ad inghiottire.
Non potevo permettermi di rigettarlo: quelle poche gocce bastavano a malapena per placare le morse sempre più incalzanti della fame.
<< A cosa devo questo trattamento privilegiato?>> chiesi sarcastico, << Il Consiglio Ristretto non si sentirà di certo in colpa, vero? Del resto... stanno trattenendo un'innocente contro la propria volontà.>>
L'uomo si limitò a scuotere la testa, muovendo il corpo in avanti, in un'alzata di spalle.
<< Ti vogliono in forma per il processo, Sterminatore... Mancano poche ore, ormai. Devi essere in grado di rispondere alle domande del Sommo Giudice con lucidità.>>
Alle sue parole, non potei che ribattere.
<< Sono commosso. Un atto di clemenza per un condannato a morte?>>
<< Chissà... ancora non è dato saperlo. Ti hanno ridotto male, questo è vero, ma non sono riusciti a farti confessare. Hai gettato scompiglio... nei piani alti.>>
<< Ah si?>>
Un guizzo improvviso gli animò gli occhi scuri, quasi completamente offuscati da uno spesso strato di cataratta.
<< Questo è il corridoio "T"...>> sibilò, << L'area riservata ai traditori.>>
<< Che paura...>> lo sbeffeggiai, scoppiando in una fragorosa risata.
Il vecchio Rufus si strinse nelle spalle, sorridendo a mezza bocca, in un ghigno sdentato.
<< Non riderei se fossi te... Sterminatore. Fin ora ti sei sempre ritrovato dalla parte opposta, dall'altro lato delle sbarre. Ma ora sei tu il prigioniero... e sai meglio di me quanto questo posto possa essere pericoloso. È impossibile fuggire dalle prigioni dell'Ailthium. >>
Oh sì, lo sapevo.
Ogni sede dell'organizzazione era diversa, cambiava di paese in paese, alternando vecchi opifici abbandonati a lussuosi palazzi, città dai nomi altisonanti a piccoli centri abitati... insomma, c'era una discreta varietà d'ambienti, scenari e stili di costruzione, ma tutte le sedi erano accumunate da una struttura sotterranea simile.
La suddivisione degli spazi era circolare, si sviluppava a spirale, discendendo sempre più in profondità nel sottosuolo.
Il primo strato, ospitava un luogo che a discapito di atti recenti, avevo conosciuto da una posizione piuttosto ravvicinata; ​si trattava di un 
lungo corridoio disseminato di stanze, dedito alle torture e agli interrogatori.
Il secondo strato, invece, aveva preso il nome prettamente dantesco di "Acheronte" ed accoglieva i detenuti in attesa di giudizio.
Poi venivano il terzo e quarto strato, volti a contenere i criminali di razza umana, mente il quinto, denominato anche corridoio "T",  era il luogo dove venivano tenuti prigionieri i traditori... una schiera piuttosto cospicua, della quale ero entrato a far parte senza nemmeno rendermene conto.
Il sesto ed ultimo strato, infine... era riservato a tutt'altra tipologia di ospiti.
Esasperato, strattonai ancora una volta le catene.
Ero debole, certo, ma il sangue appena ingollato cominciava a dare i suoi frutti, facendo sì che un formicolio fastidioso mi attraversasse le membra ad ondate.
Sorrisi fra me e me.
Le ferite si stavano rimarginando, del tutto, e le energie sembravano scorrere nuovamente all'interno del mio sistema circolatorio.
Conscio di ciò, feci di nuovo forza sulle catene.
<< Perchè non si spezzano?>> dissi rivolgendo lo sguardo al sottile strato di metallo che legava le mie manette ad un grosso perno d'acciaio.
Rufus soffocò una risata, mentre le sue dita scheletrite si posavano sugli esili anelli, facendoli vibrare.
<< Non sottovalutarle, Sterminatore...>> latrò con voce rauca, << Queste catene sono state rese indistruttibili da un incantesimo della stessa Cassandra.>>
<< Da quando in qua, il consiglio scomoda la strega per un mero traditore?>> chiesi sarcastico.
<< Da quando la nostra arma ci si è rivoltata contro.>>
Già... un'arma.
Ecco cos'ero per loro.
<< È questo il ringraziamento per i miei servigi? Eravate polvere prima del mio arrivo! L'unico motivo per cui ho deciso di sottostare al volere della Prima Legione, è stato a causa sua...>>
<< Oh sì... conosco questa storia. Tuo padre... >>
<< Esatto.>> risposi, << È stato lui il fondatore originario dell'Ordine. Secoli e secoli fa.>>
Rufus si fece più vicino, le mani nodose che dalle catene si spostavano sul mio collo, sulla nuca, fino ad afferrarmi rudemente i capelli.
<< E dimmi, Sterminatore...>>
Con uno strattone, mi costrinse a sollevare la testa, mentre sul suo volto rigato dal tempo, un sorriso, un concentrato di pura crudeltà, iniziava a prender vita.
<< Non credi che sia proprio questa... la ragione per cui ti vogliono morto?>>

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Angolo dell'Autrice: 
Holà! L'estate è cominciata da tempo, ma io sono ancora una mozzarellina che al mare ci va solo di notte, nei suoi sogni *sigh* 
E infatti, gli esami non sono ancora terminati... ma in un attimo di follia e fuga dalle responsabilità, mi sono ritrovata a scrivere e... eccomi qua! Con un nuovo capitolo! 
Bene! ... o male, non so! 
Fatto sta, che un pochino sono riuscita ad andare avanti e a mettere le basi per quello che verrà in seguito.
Quindi, se l'altra volta avevamo fatto un giretto all'interno delle prigioni, oggi la vostra guida turistica vi ha mostrato la parte "superiore" dell'Ailthum e più in particolare, ci avviciniamo sempre di più ad incontrare Cassandra *_*
In questo capitolo, mi sono lasciata un pò andare ai momenti tra Lizzy e Ame, ma non posso farci niente, sono troppo belle insieme! E poi mi sono divertita un mondo, durante il difficile rapporto tra Amelie e i vestiti da uomo. Voi ci riderete su, ma a quei tempi, per una ragazza di buona famiglia, era un tabù nonché una cosa considerata tremendamente volgare,  il fatto di indossare abiti maschili e spacciarsi per un uomo. Quindi, la sua reazione iniziale potrebbe sembrare esagerata, ma era più che naturale, ai tempi... 
Poooi, il nostro Miguelito è sopravvissuto alle torture, ma sarà così anche per il processo, che è sempre più imminete? Chi lo sa? Io non di certo U.U 
E con questo, vi lascio con un mega bacione! E spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento! 

Ps. Come sempre, vi ringazio TUTTI dal più profondo del cuore! Vi voglio bene T.T

Con affetto 
Rob

<3

 
   
 
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