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Autore: Ale_LoveBS    25/06/2015    3 recensioni
Allora, ciao a tutti, questa è la prima fic a capitoli che scrivo, e anche la prima in questa sezione.
Spero che vi piaccia.
Non sono brava a nelle intro, quindi ci dico solo che è una storia un po' diversa dalla trama originale, e che qualche elemento mi ha ispirato la fic di Fede, che si trova in un'altra sezione.
Che altro dire... Bho.
Spero la leggiate e che qualcuno recensica. Ciao e spero di vedervi presto.
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Kukai Soma, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 9 Un urlo agghiacciante squarciò l’aria… In una capanna, non molto lontana dalla città, racchiusa da una fitta boscaglia, era stata rinchiusa una ragazza, dove veniva torturata da un’ombra malvagia e sadica… L’esile corpo, nel mezzo dell’unico locale esistente, era scosso dai continui singhiozzi dovuti al dolore incessante e alla disperazione, incatenato al terreno: sul pavimento di legno formato da assi sconnesse e ammuffite che era ghiaccio puro a contatto con la pelle bollente, candida e vellutata della piccola vittima… Il predatore era in disparte, vicino ad un tavolo cadente a pezzi, dove vi erano deposti un mucchio di utensili contundenti, utilizzati per la tortura di povere vittime obbligate a patire immense sofferenze, creature indifese che cercano, come la giovane in questione, di ribellarsi al proprio carnefice e al loro infame destino, di liberarsi dalla morsa delle manette cha ad ogni movimento arrossavano e ferivano la nivea epidermide già sfregiata da tagli e frustate, sporca di terra e circondata dal freddo polare dell’inverno inoltrato e da alcuni schifosi insetti quali blatte, ragni e cosi striscianti non definibili. L’uomo la guardava compiaciuto; era divertito dalla situazione, adorava uccidere con morti dolorose gli innocenti… La “bimba” piangeva silenziosamente, cercando di non mostrare il dolore, voleva solo che qualcuno la trovasse… In fin dei conti era pur sempre il giorno di Natale, il giorno dei miracoli, dove il bene sconfigge il male, dove in ogni cuore si risvegliano i sentimenti più dolci e tutti tornano bambini, dove ci si scambia i regali con un caldo sorriso sulle labbra e c’è la bellissima atmosfera di pace e serenità che lo contraddistingue dalle altre festività… Lei voleva solo essere salvata da quell’incubo infernale nel quale era stata catapultata, che sperava essere solo un brutto sogno e non la cruda realtà. La voce sprezzante e roca dell’individuo le spezzò il filo dei pensieri e dei ragionamenti, facendole tagliare il filo con la mera e effimera speranza che teneva nel piccolo cuore: “Cara ragazzina, non riuscirai a sfuggirmi e nessuno verrà ad aiutarti… Quindi Urla… Urla te ne prego –lo proclamava con tono mellifluo e cadenzale, come credesse veramente nelle sue parole e in ciò che le chiedeva- Urla fino alla morte; più urli e più la mia vendetta sarà piacevole ed appagante… Qui non ti troveranno, o almeno non viva, dunque smettila di pregare la buona stella che credi di avere e dimostrami quanto dolore provi!!” Le parole in sé facevano venire i brividi lungo la schiena martoriata della fanciulla, ma l’intonazione erano talmente pregne di cattiveria che le fecero spalancare le orbite tanto da farle male e parere un personaggio dei cartoni animati che spesso guardava ancora; la sua vista era annebbiata dalla tremenda paura e dalla terribile consapevolezza della sua più che prossima morte e che da essa quella sottospecie di uomo ne provava gusto… La bocca le si asciugò e si chiuse, con l’intento di non far uscire più un suono,a anche perché sarebbe risultato troppo fioco, terribilmente stridulo e stozzato; il respiro era mozzato e accelerato segno dell’immane timore e dell’adrenalina mista a sconforto… Attraversò con la mente tutta la sua vita: dai momenti più lontani e passati a quelli più recenti (come quelli delle poche ore prima dove era insieme al suo amato Kairi), da quelli tristi ai gioiosi, e con accettata rassegnazione la fine… Osservò meglio il luogo dove sarebbe perita, e se ne rammaricò notandolo spoglio, anonimo e insignificante, decisamente non adatto a lei, lo trovava addirittura miserabile… La tenue luce di un tramonto, già filtrata dalla spesso strato di nubi grigie che adombravano il suo ultimo giorno della sua vita, dalle quali cadevano qualche fiocco di neve, che danzava libero e leggiadro nel fumoso cielo, cercava di insinuarsi dal tetto della catapecchia già scossa dal forte vento che imperversava sulla città e smuoveva le spoglie frode degli alberi scuri e inanimati, unici spettatori oltre alle casupole e all’omicida della sua infausta fine. Scrutò quelle lame affiliate macchiate ancora del proprio sangue che le avevano infero una infinita moltitudine di supplizi, che avevano svolto il loro terrificante lavoro con puntigliosità e maestria orribile… sul banco legnoso non ve ne era nessuna che non fosse stata usata: dalla pistola alla spada, dal seghetto a denti acuminati agli spilli da lana… I lunghi capelli aranciati erano unti e impiastrati di cremisi e sparsi ovunque sul parquet, non erano più raccolti nelle due caratteristiche code ordinate e sbarazzine, ora simboleggiavano il suo stato di sfinimento e debolezza totale, che per versava su tutte le fibre del povero corpo. Posò infine lo sguardo timido e sulla sagoma ancora perfettamente eretta e composta del ragazzo… fissò le sue iridi nocciola in quelle di lui e lo perforò, voleva capire il perché di tutto questo… Con un coraggio che non pensava di possedere, tenta una domanda, alla quale vuole una risposta a tutti i costi: “Chi sei e per quale motivo lo fai?” era un sibilo il suo, debole ma inquisitore ed accusatorio. Egli non sembrò sorpreso e controbatté prontamente: “Sono colui che uccide per vendetta; che è resuscitato dopo una morte fatta di abbandono; sono colui che metterà il punto conclusivo alla storia della bontà e della felicità di una persona a voi cara e lo farò nel migliore dei modi, non unica maniera che conosco: la farò morire… Ma non con un semplice scontro fisico… oh no.. sarebbe troppo facile e troppo poco indolore… lei cesserà di vivere dal momento in cui capirà cosa significhi sofferenza, cosa vuole dire solitudine e quanto importi vincere, perché il peso della sconfitta, ancor di più se esso è la morte di tante persone a te care, è un macigno incredibilmente enorme e impossibile da portare… voglio che venga uccisa dai sensi di colpa, deve morire da sola, e solo al termine delle sue pene arriverò io che le infliggerò il colpo di grazia, ma molto lentamente… Io sono la persona collegata indissolubilmente ai guardiani e al vostro destino…” Il monologo professato con tanto astio, incommensurabile rabbia e infinita crudeltà e malignità si concluse con una risata sguaiata, al limite dell’umano e della perfidia esistente nel mondo, seguito da uno sputo, che rimarcava il disprezzo provato per la reale vittima… Si… Perché Yaya aveva capito che lei non era altro che una delle tante pedine di una partita, un insignificante pedone sacrificabile per raggiungere il proprio scopo… Non era altro che un mezzo utilizzato per arrivare al centro di una lunga spirale, troppo grande per lei… Aveva compreso di essere solo uno dei tanti giocatoli vecchi, da riesumare solo quando si ha voglia perché quelli nuovi non valgono più per poi essere rimesso in un angolo e dimenticarsene… Era solo una delle tante comparse usate per uno spettacolo che attende solo l’avvenuta del grande finale dove la protagonista entrata in scena e in questo disegno così perfetto lei non era altro che un insignificante personaggio secondario, non utile alla vera missione… Comprese, in un abbaglio di razionalità di aver sbagliato tanto nella sua brave vita, troppi errori ai quali non potrà più porre rimedio… Ingoiò un flotto amaro composto da rammarico e tristezza e decise di squadrare con fierezza il suo avversario, almeno per non dargli un’ennesima soddisfazione… Attese l’inevitabile con fermezza… L’assassino finalmente decise di finirla, si trasformò sotto l’espressione basita ed allibita “dell’eterna bambina”. I piccoli raggi sole calante riuscirono a sconfiggere per pochi istanti le fitte nubi, permettendole di vedere perfettamente cosa avvenne, lasciandola sgomenta e sconcertata. Era incredibilmente bello, quasi un adolescente, forse poteva avere 18 anni: una carnagione lattea; occhi oro liquido che pian piano mutarono in ossidiana nera; capelli, dalla tinta incredibilmente rosso fiammante, che sembravano estremamente morbidi e lucidi, diventarono azzurri, un celeste chiarissimo simile al cielo d’inverno o alla neve, ed essi non sembravano risentissero della forza di gravità dato che fluttuavano come immersi in acqua; il corpo era proporzionato, muscoloso sui punti giusti, ma non pompato, quel tanto che bastava a far risaltare la sua siluette, dava l’impressione di non essere pericoloso anche perché i lineamenti erano ancora molto semplici… Quanto le prime impressioni possono trarre in inganno… Una luce evanescente, limpida e intensa gli delineava tutto il perimetro del corpo, energia purissima del colore della notte più nera mai esistita, dove stelle, luna e il resto non esisteva, come il buoi dello spazio, la tenebra dell’universo prima ancora della creazione… Dalle lunghe dita affusolate ne scaturì un’onda che prese sembianze di laser, longilinea ed elegante come uno stiletto ma resistente e trasparente come il diamante, essa andò a conficcarsi dritta della gola della ragazza che esalò il suo ultimo respiro. L’ultima immagine che vide furono solo dei capelli petrolio, quelli che amava tanto, e il suo viso e il suo animo ebbero pace, si distesero in una minuscola incurvatura delle labbra piena di sollievo. L’adolescente no si fece scrupoli a deteriorare ulteriormente l’esile cadavere e soddisfatto lo portò in un parco giochi poco distante… Lo depositò sotto uno scivolo giallo, all’interno di una costruzione arcobaleno a castello, fatta di piccole guglie e vari percorsi, con tante piccole stradine (come le vie di corda intrecciata o la scaletta messa parallela al terreno), man mano più complicate, quelle che a tutti i bambini piace imboccare per divertirsi… Egli poi scomparve dissolvendosi nel nulla, come nebbia. Tornò in quella specie di baracca, prese la propria artiglieria e la pulì accuratamente, la ripose altrettanto minuziosamente nelle carie custodie ed infine, spegne una videocamera ancora appesa ad un angolo del monolocale, non prima di lasciarvi dentro un messaggio: “Cara sorellona… Siamo ancora solamente a 4.” In volto un ghigno che deturpava la fisionomia dolce e delicata… A velocità inumana volò via nuovamente, facendo catapultare in un silenzio opprimente e in desolazione irreali il piccolo abitacolo. ∞∞∞∞∞ Angolo della pseudo scrittrice: chiedo infinitamente scusa a tutti per l’ennesimo ritardo… spero che il capitolo vi piaccia, sono curiosa di sapere ciò che ne pensate, quindi recensite per favore. Un bacio a tutti. Ale_LoveBS
   
 
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