Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!
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Autore: MystOfTheStars    25/06/2015    1 recensioni
Si sa, l'unica cosa in grado di sconfiggere anche le più potenti e oscure tra le maledizioni è, naturalmente, il potere del vero amore.
Il neonato principe En viene maledetto da un demone malvagio e l'incantesimo oscuro potrà essere spezzato solo da un bacio. Tuttavia, sarà davvero difficile - se non impossibile - per i suoi tre spiriti guardiani riuscire a crescere il principino nel cuore della foresta, cercando anche di fargli trovare la persona giusta di cui innamorarsi. Per fortuna, il ragazzo potrebbe riuscire a trovare l'amore anche senza il loro aiuto...
[EnAtsu, IoRyuu, con la partecipazione di - quasi - tutto il cast dell'anime]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Kinugawa, En Yufuin, Kinshirou Kusatsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II

 

Il ragazzo che si era perso nel bosco.

 

 

Nella calura estiva, la foresta ferveva di attività: gli uccellini cinguettavano, gli scoiattoli saltavano di ramo in ramo, e ogni tanto i tronchi degli alberi risuonavano del tocco di un picchio. Sottofondo costante, oltre lo stormire placido delle foglie nella brezza, era il ronzio degli insetti e il frinire dei grilli, che saltellavano tra le felci.
In quella natura intatta, non vi era che un sentiero che segnava il sottobosco, ed anche questo sarebbe stato pressoché impossibile da trovare per chi non fosse già a conoscenza della sua esistenza, tanto era celato nel fitto degli alberi. Ma non era solo il fatto che fosse poco evidente a rendere difficile individuarlo: c'era un incantesimo che circondava quella foresta, una magia che avrebbe impedito a chiunque, salve poche eccezioni, di trovare una via nell'intrico degli alberi.
Il sentiero nascosto conduceva a quello che era l'unico segno di presenza umana, una piccola casa di legno circondata da una minuscola radura e da un orto.
Da qualche parte, lì vicino, si udivano i tonfi ritmici di qualcuno intento a spaccare legna.
Le finestre del piano rialzato della casetta erano aperte e, all'interno, due figure sedevano ad un tavolo, concentrare su di una pergamena piena di cancellature e di correzioni.

"...ricapitolando, quindi, scriviamo: il principe gode di ottima salute, ama trascorrere le giornate all'aria aperta a..." Io si accarezzò il mento con la penna, spremendosi le meningi su come terminare la frase.
"Dormire, poltrire, oziare... Altri sinonimi?"
"Non possiamo scrivere una cosa del genere."
"Allora sii creativo, se non vuoi dire le cose come stanno."
Io aggrottò le sopracciglia, premendo la punta della penna sulla pergamena per tracciare una riga su quanto aveva scritto. Non riusciva a dimostrare una grande fantasia in quel frangente. Ryuu, seduto dall'altra parte del tavolo, giocherellava annoiato con il tappo del calamaio.
"Contemplare affascinato la natura!" se ne venne fuori una terza voce, ad udire il suono della quale si sarebbe detto appartenesse ad un arzillo vecchietto.
Sul tavolo, accanto allo spirito della terra, invece, c'era un bizzarro quadrupede rosa con un grosso naso. Gli animali della foresta, nel loro linguaggio di squittii e bramiti, lo chiamavano saggio qualchecosa (il suo nome era una insieme di lettere indecifrabili per l'orecchio umano). I tre spiriti guardiani avevano deciso di chiamarlo Vombato per pigrizia, innanzitutto, ma anche perché, colore a parte, assomigliava molto ad un animale di quella specie.
Io annuì. "È curioso ed ama molto la natura, quindi trascorre molto tempo all'aperto per osservarla..." riprese a scrivere.
"Aggiungici che ama leggere all'ombra degli alberi e i suoi genitori saranno deliziati." fece Ryuu.
"Non ho intenzione di scrivere falsità." precisò Io "Voglio solo edulcorare la realtà e presentarla in maniera un po' più gradevole."
Vombato sospirò. "Ho sempre detto che voi tre ragazzi non prendevate sul serio il compito di crescere quel bambino."
Ryuu gli lanciò un'occhiataccia. "Non lo avremmo preso sul serio? Scherzi?! Ci siamo impegnati tantissimo in questi dodici anni!"
"Almeno siamo già a due terzi dell'opera." commentò Io, pratico.
"Ho come l'impressione che siano stati i due terzi più facili." replicò Vombato, tentando di incrociare le corte zampette sul petto, ma senza riuscirci perché, appunto, non erano lunghe abbastanza.
"Senti, noi stiamo facendo del nostro meglio." ribatté Ryuu, battendo una mano sul tavolo a sottolineare le sue parole.

Era vero che, quando gli spiriti avevano deciso di prendersi cura del principino per salvarlo dalle grinfie dei demoni, nessuno di loro aveva davvero presente che cosa significasse svezzare un umano appena nato. Nei primi tempi, soprattutto, avevano avuto modo di pentirsi più volte della loro avventata decisione - anche se, per fortuna, la magia li aveva aiutati molto, soprattutto quando si era trattato di cambiare i primi pannolini.
Ciononostante, avevano sempre cercato di fare come meglio potevano: innanzitutto, gli avevano trovato quella casetta splendida nel mezzo della foresta, incantata ad hoc, e quindi perfetta per far crescere un piccolo umano che non doveva essere trovato da nessuno.
Gora il boscaiolo, che viveva lì tutto solo, era stato più che felice di poter accogliere il bambino e gli spiriti che lo accompagnavano e di prendersene cura come se fosse stato un suo fratellino. Gora aveva molta buona volontà, anche se forse, si stavano rendendo conto gli spiriti, mancava decisamente di polso, quando si trattava di educazione.
Non che potessero biasimarlo, effettivamente: crescere da solo quattro bambini...
...già.
Era stato deciso che En non solo sarebbe cresciuto lontano dal resto del mondo, ma anche che, almeno fino a che non fosse stato grande abbastanza, la verità sulle sue origini gli sarebbe stata nascosta, per evitare che la curiosità lo spingesse a cacciarsi in qualche guaio.
Con tali premesse, ne discendeva che non dovesse nemmeno sapere che Yumoto, Io e Ryuu erano i suoi spiriti protettori. Inoltre, era molto più sano, per un bambino, crescere in mezzo a dei coetanei, no?
I tre spiriti, quindi, avevano assunto le sembianze di altrettanti pargoli, ricordandosi di crescere ogni qualvolta notavano un significativo aumento di statura nel principino.

"Ho fatto in sacco di sacrifici per arrivare fin qui." aggiunse accigliato lo spirito del fuoco. Per lui, si era trattato di anni di rinunce: inutile dire che, se doveva passare la maggior parte del tempo a fare il poppante, quello per i suoi corteggiamenti era praticamente inesistente.
"Non so se si possa dire lo stesso di Yumoto." replicò Io, ed istintivamente i due si voltarono per guardare fuori dalla finestra: arrampicata sulla quercia che cresceva vicino alla casa, c'era una versione ringiovanita dello spirito della luce, intenta a fare amicizia con un riluttante scoiattolo.
"Yumoto è sempre un caso a parte." fece eco Vombato, contento solo di non essere lui al centro delle attenzioni dello spirito.
"Nemmeno a te sembra pesare così tanto tutta questa messa in scena." obiettò Ryuu, rivolto ad Io, che lo fissò con sguardo neutro.
"Il lavoro è lavoro. Soprattutto alla luce della somma di denaro con cui ci ricompenseranno i sovrani quando gli riporteremo il figlio."
Ryuu fece spallucce. "Comunque, le cose fino a qui sono andate bene, tutto considerato. Il problema è come fare d'ora in avanti. Insomma, va bene crescerlo al sicuro e lontano dai pericoli, ma En deve diventare un principe. A momenti è stato difficile persino insegnargli a scrivere e fare di conto." insistette lo spirito del fuoco.
"Come se tu fossi una cima in matematica." lo punzecchiò Io. "E poi, En non è stupido, anzi, è che si annoia... forse gli servirebbe un ambiente più competitivo. Dovresti provare ad impegnarti di più anche tu, Ryuu, ad esempio."
L'altro scosse la testa. "Ma che dici?! E poi queste cose umane come lo studio proprio non fanno per me. Tu, invece, avresti potuto fargli dono della voglia di imparare, così saremmo a posto. Ricchezze e lusso... A tanto gli sono servite." disse ironicamente, indicando le pareti attorno a loro.
Io incrociò le braccia sul petto.  
"E la bellezza, allora? Non c'è traccia di fanciulle, in questa foresta. Altro dono davvero utile, il tuo."
Ryuu tirò fuori un sorriso confidente. 
"La bellezza serve sempre. Del resto, dovrà pur trovare il suo vero amore, in qualche modo, e piacerle. Voglio dire, se alla ragazza toccherà trovarselo davanti che dorme come un sasso, maledizione o no, dovrà pur avere un buon motivo per dargli un bacio."
Io tornò a rileggere la pergamena.
"Il fatto che sia l'erede di un regno ricchissimo potrebbe costituire una motivazione altrettanto sufficiente."
"Tsk, il denaro non può certo portare ad un amore vero e disinteressato." replicò Ryuu con sufficienza.
"Ehi, i miei sentimenti per il denaro sono puri ed incondizionati!" protestò Io, sentendosi chiamato in causa personalmente.
"Per quanto bello o ricco possa essere, dubito fortemente che qualche ragazza possa innamorarsene a tal punto da svegliarlo dalla maledizione, se lo avrà visto per la prima volta quel giorno. Stiamo parlando di vero amore qui, non di infatuazione." li interruppe in quel momento Vombato, serio. "E vivendo sempre recluso qui certo non avrà modo di conoscere nessuna ragazza. Non ci avevate pensato, quando lo avete portato in questo posto?! Dovete trovare il modo di fargli incontrare la sua promessa sposa prima del suo diciottesimo compleanno, o non funzionerà."
Io e Ryuu si guardarono: era un problema che avevano già preso in considerazione, naturalmente.
"Lo sappiamo." disse quindi lo spirito della terra. "Ma non è facile. Kinshiro e gli altri si saranno accorti, ovviamente, che En non ha mai vissuto al castello ed immagineranno che lo stiamo nascondendo da qualche parte. La Principessa Kinugawa, in quanto sua fidanzata, sarà sicuramente tenuta sotto controllo... Se si incontrano e i demoni li scoprono, sarà un bel problema. Personalmente, voglio tenerli lontano da noi il più a lungo possibile."
In quella, un'improvvisa folata di vento richiuse la finestra con un colpo secco e i due spiriti fecero un salto sulla sedia e balzarono in piedi, come aspettandosi un attacco da un momento all'altro. Tutto sembrava tranquillo, tuttavia, e i due si risedettero, solo per ritrovarsi di nuovo sul chi vive quando la finestra si riaprì e Yumoto vi passò attraverso, ora tornato alle sue dimensioni normali.
"Mh? Che c'è?" fece ai due che lo stavano guardando male, con uno sguardo spiritato negli occhi.
"Si è messo a tirare un ventaccio!" spiegò "Lo scoiattolo che stavo coccolando si è spaventato ed è corso via... Per fortuna che ci sei tu!" esclamò, afferrando al volo Vombato, che aveva tentato di mettersi in salvo buttandosi sotto il tavolo.
"Che stia arrivando un temporale?" fece corrucciato Io, guardando fuori dalla finestra. Nonostante il vento, però, il cielo era blu. "En è nella foresta a raccogliere lamponi..."
"...a contemplare la natura, più probabilmente." lo corresse Ryuu, ed Io sogghignò.
Non che a loro importasse più di tanto che cosa facesse il principe, anzi: se En spariva anche per pomeriggi interi per andare ad oziare da qualche parte a loro stava giusto bene, avevano bisogno di ritornare alla loro condizione normale, di tanto in tanto. E poi, la foresta era sicura, protetta dal loro incantesimo... non correva certo il pericolo di incontrare estranei, si autoconvinsero per l'ennesima volta i due spiriti.
"Già. A proposito, dobbiamo assolutamente finire la missiva da spedire ai sovrani." fece Io, tornando a sedersi al tavolo.
"Ehi, Yumoto, ma tu ce l'hai o no un'idea su come funziona tutta quella faccenda del vero amore? Insomma, la benedizione gliel'hai lanciata tu, saprai che cosa dobbiamo fare!"
Lo spirito interpellato smise per un secondo di tormentare il roditore rosa. "Beh, non lo so esattamente. La magia funziona perché è magia, non serve fare niente, di solito, no?"
Io e Ryuu si scambiarono uno sguardo rassegnato; dovevano saperlo, in fondo, che chiedere a Yumoto sarebbe stato tempo sprecato.
"Per fortuna abbiamo ancora sei anni davanti." commentò asciutto lo spirito della terra. "Penseremo a qualcosa."
Yumoto riprese a coccolare Vombato.
"Nah, non vi preoccupate, il vero amore arriverà... in un modo o nell'altro!"


 

Atsushi si era chiaramente perso. Era piuttosto sgradevole essere così certi della propria condizione ed altrettanto ignari di che cosa fare per rimediarvi.
Il ragazzino strinse al petto il libro che aveva con sé, avanzando nel bosco con poca convinzione. Non era bravo ad orientarsi nella foresta, durante il giorno - forse, se avesse aspettato il calare della notte, sarebbero spuntate le stelle e con la loro guida avrebbe capito che direzione seguire per tornare al castello. O forse, una volta tramontato il sole, si sarebbero accorti della sua assenza e sarebbero venuti a cercarlo.
Si scostò una ciocca di capelli sudati dalla fronte e si sistemò gli occhiali sul naso, un poco pentito di essersi allontanato così tanto dalla parte di foresta che aveva già esplorato. Vero, quella di partire alla scoperta di posti nuovi era stata una sua idea, ma il suo scopo era solo trovare un buon punto in cui dedicarsi alla lettura, non perdersi irrimediabilmente nel folto degli alberi.
Chissà, forse esisteva una remota possibilità che qualcuno si accorgesse della sua assenza durante il pomeriggio, ma non poteva contarci: era proprio grazie al fatto che lo sorvegliavano poco, lì nella residenza estiva, che poteva permettersi di sparire per intere giornate senza che lo rimproverassero. Certo adesso non poteva lamentarsi di qualcosa che, finora, gli era sempre tornato utile.
Mentre ragionava su tutto questo, si era addentrato per caso in una zona dove le ramaglie erano più fitte. Il vento lo colse di sorpresa, preceduto dal rombo dello stormire delle fronde sopra la sua testa. Spaventato da quel rumore improvviso, il ragazzino sollevò lo sguardo, quasi aspettandosi di veder comparire sopra di sé un drago o un mostro simile - nel guardare in su, allentò anche la presa sul suo libro.
Spinto dall'aria, un ramo lo colpì allora come una frusta, facendogli volare via il volume dalle mani. Con un gemito di sorpresa, Atsushi osservò la copertina aprirsi e le pagine scappare fuori, subito rapite dal vento che le strattonò di qua e di là nel sottobosco.
Il ragazzino, passato il primo attimo di stupore, si lanciò al loro inseguimento; riuscì ad acchiappare quelle che si erano incastrati tra arbusti e rami, ma un paio di fogli continuarono il loro volo oltre i tronchi. Certo non poteva permettere che andassero persi: che senso avrebbe avuto il libro senza tutte le sue pagine?
Così, intento a seguire quei fogli, completamente assorbito dal fatto che, finalmente, si erano impigliati tra le i rami di un cespuglio avanti a lui e che quindi avrebbe potuto recuperarli, Atsushi non si accorse che il terreno declinava bruscamente e, messo un piede su un cumulo di foglie morte che nascondeva il vuoto al di sotto, all'improvviso si ritrovò a ruzzolare giù per una china, il suo grido di sorpresa subito troncato dalla caduta e dai colpi.
Dopo un po', per fortuna, una delle sue mani incontrò lo spessore di un sasso, a cui si aggrappò immediatamente, riuscendo a fermare la discesa.
Il cuore in gola, tentò di rialzarsi, ma, non appena provò a puntare un piede nel terreno, smosse altre foglie e per poco non riprese a ruzzolare.
"Oi, tutto bene lì?"
Atsushi cercò di voltarsi in direzione della voce che lo aveva chiamato, rendendosi conto che nella caduta aveva perso gli occhiali.
"Credo di sì..."
Qualche istante dopo, qualcuno gli si era inginocchiato di fianco e lo stava aiutando a rialzarsi.
"Ti dò una mano a scendere, sta' solo attento a mettere i piedi dove dico io."
Atsushi annuì, mettendo a fuoco la persona di fronte lui: era un ragazzino pressapoco della sua età, con arruffati capelli biondi e un'espressione distante negli occhi azzurri, quasi come se l'aiutarlo costituisse una seccatura.
Tenendo Atsushi per un polso, gli mostrò dove poggiare i piedi per evitare di scivolare di nuovo; avevano fatto solo pochi passi quando il vento tornò a soffiare, in una folata impetuosa quanto inaspettata. Atsushi, colto di sorpresa ed accecato dalla furia improvvisa dell'aria, fece un passo troppo lungo ed inciampò di nuovo, questa volta cadendo addosso al suo soccorritore e ruzzolando assieme a lui per i pochi metri che mancavano alla fine dell'erta. I due mancarono di poco una chiazza di ortiche e finirono in un groviglio di gambe e braccia dentro ad un cespuglio di felci.
"Oh, cielo, mi dispiace, ti sono finito addosso... Tutto bene?" esclamò, allarmato, rialzandosi e tendendogli la mano.
Il biondo annuì, scuotendo la testa per liberarsi dalle felci ed accettando la mano offertagli per tirarsi su.
"Sì, sei leggero." rispose tranquillamente, come se l'accaduto non l'avesse minimamente toccato.
Indossava un semplice paio di pantaloni ed una camicia di lino bianco, che ora erano considerevolmente sporchi di terriccio e foglie. Dispiaciuto che il disastro fosse colpa sua, Atsushi si rese conto che lui doveva avere un aspetto anche più tremendo. Si guardò le mani, tutte graffiate; inoltre, era riuscito a strapparsi i pantaloni su un ginocchio, che ora, tutto scorticato, gli bruciava parecchio. Soprattutto, però, quello che gli dispiaceva era di essere riuscito a far cadere sia i suoi occhiali che il volume che aveva in mano.
Atsushi volse gli occhi all'erta da cui era rovinato, senza riuscire a metterne a fuoco la cima. Ormai, il vento doveva avere trasportato chissà dove i fogli che aveva tentato di recuperare.
"Ti sei fatto male?" gli chiese l'altro, guardandolo senza capire.
Il ragazzino scosse la testa. "Qualche graffio, ma non è niente... Però ho perso i miei occhiali e il mio libro." spiegò, chiedendosi come avrebbe fatto a recuperarli, senza vederci bene e senza essere in grado, evidentemente, di percorrere quell'odiosa erta.
Il biondo valutò un attimo il da farsi, poi scrollò le spalle.
"Aspetta qui, te li cerco. E non cadere di nuovo, eh." si raccomandò, pur senza entusiasmo, per poi inerpicarsi di nuovo su per la salita.
Atsushi lo osservò ammirato, pensando che, nonostante il tono di voce totalmente privo di energia, l'altro si muoveva con davvero grande agilità lungo il terreno ripido. Quando ridiscese, aveva in mano entrambi gli oggetti.
Atsushi infilò gli occhiali con un sorriso di gratitudine, stringendosi al petto il libro. "Grazie davvero, non so come sdebitarmi... Ti sei anche tutto sporcato." fece, in tono colpevole.
L'altro si strinse nelle spalle. "Non importa, stavo giusto per andare a fare un bagno. Qui dietro c'è una fonte, l'acqua è perfetta. Vuoi venire anche tu?" chiese, osservandolo con attenzione. "Senza offesa, ma sei ridotto maluccio."
Atsushi arrossì, ben conscio di avere un aspetto miserevole. La prospettiva di lavarsi e di trovare un sollievo dal caldo afoso di quella giornata, comunque, era un incentivo più che valido ad accettare l'invito dell'altro ragazzino.
"Va bene. Anche se non basterà un bagno per ricucirmi i pantaloni..." rispose, indicandosi il ginocchio in tono rassegnato. Il ragazzino di fronte a lui, allora, sorrise, ed Atsushi si sentì sollevato: nonostante l'avesse aiutato, vista la sua espressione annoiata ed il tono di voce piatto che aveva usato finora, aveva temuto di dargli fastidio.
Presa un po' di confidenza, quindi, gli si avvicinò per osservarlo meglio. "Per fortuna che i tuoi vestiti non si sono strappati. Oh, aspetta, hai un insetto sulla spalla." fece, ora in grado di mettere a fuoco per davvero la persona di fronte ed anche la cosa nerastra che gli zampettava vicino al collo della camicia. "Uh, sembra uno scarafa-"
Il biondo, fino a quel momento imperturbabile, fece un salto e si diede una manata sulla spalla, facendo finire il malcapitato insetto a zampe all'aria sul terreno.
"Mi sono sbagliato, era solo uno scarabeo." fece Atsushi, che si era chinato a controllare, sentendosi un poco in colpa per aver fatto spaventare l'altro.
"Be', meglio così." rispose l'altro, che aveva ancora un'espressione schifata ma che, alla notizia, aveva riguadagnato la un tono di voce imperturbabile.
"Non ti piacciono gli scarafaggi, eh?" chiese allora Atsushi, con un mezzo sorriso.
"No, li detesto." ammise il biondo, incamminandosi verso la fonte. "Insomma, sono degli insetti inutili, e poi sono brutti. Non solo, sono anche grossi. Tutti questi difetti riuniti li rendono una cosa davvero spaventosa, non trovi?" argomentò
Atsushi lo guardò un po' stupito. Non credeva di aver mai parlato con nessuno di scarafaggi ed insetti.
"...be', sì. Ma le zanzare allora? Non sono solo inutili, ma anche fastidiose!" si ritrovò suo malgrado a rispondere. "Ti pungono ed emettono un ronzio insopportabile, sicuramente sono peggiori degli scarafaggi..."
 

La conversazione sull'inutilità degli insetti li ritrovò impegnati anche una volta che furono immersi fino al mento nell'acqua della fonte. Questa sgorgava da una fessura tra le rocce di una piccola rupe e, col tempo, aveva creato una piccola polla trasparente, per niente profonda e cosparsa di sassi piatti, così che era facile trovare da sedersi per apprezzare il fresco liquido sulla pelle accaldata.
Atsushi si massaggiò il ginocchio scorticato: il contatto con l'acqua era stato quasi miracoloso, il dolore era sparito ed anche i graffi, ora ripuliti, avevano un'aria decisamente migliore.
"Comunque, l'importante è che non ci siano insetti sott'acqua." stava concludendo Atsushi.
"Sì, ma gli scarafaggi resistono anche all'annegamento, non lo sapevi? Non te ne liberi mai, è questo che li rende così terribili." insistette il biondo. "Non mi sembri molto esperto in materia di scarafaggi." fece alla fine, guardando l'altro con aria vagamente critica.
Atsushi ricambiò lo sguardo con un'espressione un po' risentita.
"Perché mai dovrei essere un esperto di scarafaggi?" replicò.
L'altro fece spallucce. "Be', si vede che non te ne sei mai ritrovato uno nel letto. Devi conoscere il tuo nemico, se vuoi combatterlo." rispose pratico, al che Atsushi reagì con un'espressione schifata. No, non si era mai ritrovato uno scarafaggio sotto le coperte e sperava vivamente che ciò non accadesse mai.
"In ogni caso, non ti ho ancora chiesto il tuo nome." fece a quel punto il biondo, cambiando improvvisamente argomento, forse stufo di parlare di scarafaggi con qualcuno che non sembrava prendere la loro minaccia altrettanto seriamente. "Io mi chiamo En."
"Io sono Atsushi."
"Abiti qui vicino?"
"Solo d'estate."
En sembrò rimuginare un po' sulla risposta.
"Qui non si vede mai nessuno." disse alla fine.
"Be', a dire il vero sono finito qui per caso. Mi sono perso." spiegò, un po' imbarazzato, ma En non sembrò né sorpreso né divertito.
"Oh, capisco. Be', qui ci sono solo il bosco e casa mia, quindi immagino che non sia interessante."
Atsushi scosse la testa. "Questo posto mi piace parecchio, invece. È così tranquillo."
"E lo rimarrà, fino a che non lo scoprono i miei cugini."
Atsushi piegò la testa di lato con espressione interrogativa, a cui En rispose stringendosi nelle spalle con fare rassegnato.
"Be', il più piccolo è una vera peste, fa un sacco di casino e si diverte a spaventare gli animali, quello più grande invece è noioso, gioca sempre con il pallottoliere e non è per niente divertente. Quello di mezzo, poi, non fa che parlare di ragazze, ma a me non interessa per niente." spiegò.
L'altro annuì, comprensivo. "Anche mia sorella non fa che parlare di principi azzurri e storie d'amore, non so proprio come faccia a trovarlo interessante."
"Che noia le storie d'amore. Non capisco davvero come ci si possa entusiasmare tanto per una cosa del genere..."
La conversazione divagò ancora di argomento in argomento, mentre il pomeriggio avanzava languido e l'aria, attorno a loro, era calda e ferma.

 

Fu quando le ombre degli alberi coprirono completamente la polla d'acqua in cui i due erano ancora a bagno che, alla fine, Atsushi si rese conto che doveva essersi fatto tardi.
"Inizia ad essere freddino." fece, uscendo dall'acqua e strofinandosi alla bell'e meglio con la sua stessa camicia, che aveva appena finito di asciugarsi all'aria.
"Mh-mh, forse siamo rimasti a mollo troppo a lungo." concordò En, seguendolo fuori. I sassi erano ancora caldi del tepore assorbito dal sole, ed era piacevole camminarvi sopra a piedi nudi.
"Ti ringrazio ancora dell'aiuto che mi hai dato, En, ed anche di avermi portato qui."
Il biondo lo osservava seduto su una roccia, con addosso solo i pantaloni e la camicia infilata a metà.
"Non c'è di che." rispose in tono piatto. Dopo qualche istante, come se ci avesse pensato su per bene, si alzò e finì di abbottonarsi la camicia.
"Prima hai detto di esserti perso, no? Ti riaccompagno per un pezzo."
Atsushi stava per ribattere che non doveva disturbarsi, salvo poi realizzare che non sarebbe mai stato in grado di uscire da quel bosco da solo.
Mentre camminavano, En si era fatto silenzioso, il che sembrava strano visto che non era stato zitto un attimo per tutto il pomeriggio. Forse era stanco, pensò Atsushi, o forse, nonostante si fosse offerto di accompagnarlo, non ne aveva in realtà nessuna voglia.
Preso dal timore di essere diventato una compagnia sgradita, il ragazzino fu sollevato quando approdarono in una radura a lui più che famigliare.
"Ah, da qui so tornare a casa, conosco bene la strada!" fece subito con un sorriso di scuse.
En annuì, rimanendo ai bordi della radura, guardandolo con le mani nelle tasche.
"Be', grazie ancora di tutto, allora." ripeté il ragazzo con gli occhiali, un po' imbarazzato dal silenzio dell'altro. Prima che potesse allontanarsi, però, En parlò.
"Ehi, Atsushi, posso chiederti un favore?"
Il ragazzino annuì, contento di potersi sdebitare in qualche modo per l'aiuto.
"Non dire a nessuno che mi hai incontrato nel bosco." fece, tutto serio. "Giuri di tenere il segreto?"
Atsushi lo guardò perplesso, senza capire, ma alla fine annuì.
En allungò una mano a prendere quella di Atsushi e stringere il suo mignolo col proprio.
"Giurin giuretto!"
Atsushi ridacchiò. "Giurin giuretto, promesso!"
Ma En non sembrava avere finito.
"Puoi promettermi anche che tornerai?"
Questa richiesta, se possibile, colse Atsushi ancora di più alla sprovvista. E dire che era stato convinto che En non vedesse l'ora di liberarsi di lui.
"Va bene, perché no?" rispose quindi. In fondo, era già nei suoi piani passare la maggior parte del suo tempo libero a leggere nel bosco, e sicuramente nessuno gli avrebbe dato fastidio vicino alla fonte che gli aveva mostrato En.
Il biondo finalmente sorrise, lasciandolo andare. Atsushi rimase per un attimo a fissare quell'espressione: per la prima volta, quel pomeriggio, En gli era apparso genuinamente contento di qualcosa.
"Ti aspetterò, allora. Ciao!" lo salutò quindi, prima di rientrare nel folto del bosco.

 

Atsushi continuò nella direzione opposta, felice di tornare a casa ma contento anche di come aveva trascorso quel bizzarro pomeriggio nel bosco. Certo, si disse, En era un tipo un po' particolare, e doveva essere ben annoiato per desiderare di stare in sua compagnia... anche se Atsushi, quel pomeriggio, si era proprio divertito.

 

 

Più tardi, quella sera, era ancora sveglio a leggere in uno dei salotti del castello dei Kinugawa, che sorgeva ai margini del grande bosco.
"Principe, si è fatto tardi, dovreste ritirarvi nelle vostre stanze." suggerì una cameriera, portando via il vassoio con l'infuso che il ragazzino aveva appena finito di bere.
"Ti ringrazio." rispose, accoccolato sulla poltrona più grande. "Tra poco vado." garantì, senza nemmeno sollevare gli occhi dal libro.
La cameriera sorrise e lo lasciò alla sua lettura. Il Principe Atsushi Kinugawa era sempre perso nel suo mondo, sembrava quasi un peccato distoglierlo dalle storie che amava tanto.
Poco dopo, comunque, Atsushi era davvero nella sua stanza e a letto, ma con la lampada ad olio accesa ed il libro ancora aperto di fronte a lui.
Tuttavia, quando i rumori del castello si furono spenti del tutto, il principe chiuse (anche se un po' a malincuore) il suo romanzo e spense la lampada. Invece di infilarsi sotto le coperte per dormire, però, ne scivolò fuori e aprì la finestra. Fuori, il buio era pieno del frinire dei grilli e del profumo del bosco d'estate. Atsushi si calò giù con un'agilità che dimostrava quante volte l'aveva già fatto prima, e si incamminò verso il prato sul retro del castello.
Era una serena notte di luna nuova, perfetta per guardare le stelle. Nonostante questo, il principe sarebbe rimasto volentieri a letto a leggere, non fosse stato per l'appuntamento che aveva - una tradizione, ormai, nelle nottate come quella.
Ad aspettarlo nel prato, infatti, c'era un ragazzino dai capelli del colore dei raggi di luna, che lo stava guardando con un sorriso e che stava sventolando un braccio in un cenno di saluto.
Atsushi lo salutò a sua volta, felice di vederlo.
"Kin!"
Prese la mano che gli veniva offerta e, insieme, i due sparirono nel buio, per raggiungere la loro postazione preferita da dove osservare il cielo ricoperto di stelle.


*** *** ***


NOTE: nel capitolo precedente mi sono dimenticata di ringraziare la mia beta Yuki <3 (sono una brutta persona)
Per quanto riguarda la storia, mi scuso già adesso perché gli aggiornamenti saranno lenti. Da un lato, ho davanti a me un'estate sui libri con poco tempo libero e, dall'altro, mi diverto anche a tradurre e pubblicare questa storia in inglese su AO3, per cui, per forza di cose, ci metto sostanzialmente il doppio a finire ogni capitolo.
Buona estate a chi può godersela e al prossimo capitolo!

  
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