Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: marscam    26/06/2015    4 recensioni
Aurore è una ragazza intelligente, spiritosa, che non si lascia intimorire da nulla. Ama fare passeggiate notturne per i boschi e ha sempre avuto un'animo ribelle. Frequenta il primo anno all'università di lettere e progetta di diventare una critica letteraria. Una sera, il cielo è pieno di stelle e il suo amato bosco si riempe di strane figure nere che minacciano di stravolgere il suo mondo e tutto quello in cui ha sempre creduto. Scoprirà che la sua vita è uno scherzo e le persone che ha sempre amato sono quelle che non hanno mai smesso di mentirle. Cadrà nel baratro del terrore, ma una forza, più grande di lei e l'aiuto di una creatura magica, un drago rosso dagli occhi verdi, e il suo cavaliere, riusciranno ad indicarle la strada per la salvezza.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo due.

Auorore

 

Ero in ritardassimo!

Tra cinque minuti avevo quel stra maledetto esame. Quando mi svegliai, la luce del sole filtrava attraverso
le mie palpebre provacandomi gran fastidio. Aprii gli occhi e mi ritrovai ancora sul pavimento, ormai caldo, del balcone.
La testa pulsava ed ero confusa. Come potevo essermi ritrovata li? Mi tirai sui gomiti e mi guardai intorno.
Non ricordavo cosa fosse successo. D’istinto portai la mano al collo e notai che la collana era sparita.
Inizia a farmi ulteriori domande.
-AURORE!!!!

Mia madre urlò come una pazza.
All’istante mi dimenticai della collana e della faccenda balcone.
Guardai l’orologio che portavo al polso: 7.55.  Mi alzai con tutta la velocità del mondo.
Mi precipitai davanti all’armadio e indossai una stupidissima maglietta rosa con i brillantini e dei jeans
ormai sgualciti e sbiaditi dal tempo. L’abbigliamento, per quella mattina, dovevo lasciarlo allo sbando.
–AURORE!

Mia madre urlo ancora, più forte di prima. –Mamma, mi sono addormentata.
Dissi annaspando. Correvo a destra e a sinistra alla ricerca della tesi e di scartoffie da inserire nella mia borsa a tracolla nera. 
–Disgraziata, ti avevo detto di smetterla di studiare!
Mia madre poche volte era furiosa. Non si era praticamente mai arrabbiata.
E quelle poche volte che capitava, diventava tutta rosa in viso e una vena del collo le si ingrossava drasticamente.
Ho sempre avuto paura che scoppiasse. –Lo so lo so. Ciao, augurami buona fortuna!
Le dissi precipitandomi fuori sulla strada.

Tutta sudata con il cuore in gola e la milza dolorante, alle otto in punto mi buttai dentro l’aula. 
Civetta aveva già uno sguardo truce. –Signorina, appena in tempo.
Presi un sospiro veloce che mi diede un leggero sollievo. –Ho avuto dei problemi con balconi e collane.
Civetta mi guardò con uno sguardo di ghiaccio. Ma come mi era venuto in mente di dire una fesseria simile?
Abbassai lo sguardo sentendomi avvampare. –Cominciamo, prego.
Ripresi il controllo di me stessa.
Con mano ferma e compostezza, mi sedetti sulla sedia di fronte al professore e come una macchinetta inizia a parlare.

 

-Mamma è ufficialmente -e finalmente- iniziata la mia estate!
Queste furono le prima parole che mi uscirono dalla gola appena misi piede in casa, circa tre ore dopo. 

Quando finii l’orale, tutti i nervi non smisero di sciogliersi. Dovevo aspettare che altre 7 persone dessero quell’orribile esame.
E, aspettare, un'altra ora per vedere i risultati affissi sulla bacheca. Mi mangiai le unghie, parlottai dell’ansia e dalla paura
con alcuni compagni di corso, cercai di leggere qualcosa, ma il tempo sembrava non scorrere mai.
C’erano persone che uscivano da quell’aula in lacrime o bianche come cadaveri. Per fortuna, riuscii a parlare fluidamente.
Mi esternai da tutto, cercavo di fissare le pupille di Civetta senza pensare quanto fosse inquietante e terrificante.
Nella mia testa gironzolavano parole, chiare e decise, che mi permisero di tenere testa a quell’uomo.
E ringrazio Dio: non avrei mai più avuto lui come insegnante  per i prossimi anni.
Le ore passarono lente e finalmente, una donna piccola e con i capelli rosso sbiadito, uscì dall’aula.
Si dirigeva alla bacheca. Appuntò gli esiti. Tutti assieme scalpitammo per leggere il nostro punteggio.
Con la gli occhi cercavo il mio nome.  DeLafont Auorore. Eccomi. Affianco al mio nome era stampato un bel: 30.
Avevo passato l’esame con il punteggio pieno.
Ero felicissima e rilassata.

Mia madre corse ad abbracciarmi. –Bravissima cara, lo sapevo che saresti riuscita a superare anche questo esame.
Era felice anche lei. –Stasera mamma esco con Lice e Mare per festeggiare.
Victoire, si stacco da me e mi guardò con i suoi occhi blu. –Certo tesoro, ti meriti un po’ di divertimento.
Mi accarezzò una guancia.
Mia madre a volte era strana. C’erano giorni in cui mi guardava come se fossi la cosa più preziosa al mondo.
Tante volte mi ripeteva che ero il suo miracolo. Altri giorni mi guardava come se stessi per abbandonarla, come se la considerassi un mostro.
Non avevo mai capito il perché. Una volta, quando avevo 14 anni, le chiesi che aveva.
Ero sempre stata una ragazza sfrontata senza peli sulla lingua. Mi ricordo che le dissi: “Mamma, smettila di guardarmi così.”
La sua espressione impaurita si trasformò in stupore.“Così come?”.
“Con quella faccia da cucciolo bastonato.” Non mi disse nulla, si alzò dal divano, girò i tacchi e si chiuse in camera sua.
Attraverso la porta la sentivo piangere. Non osai mai più chiederle il perché.

***

Quella sera faceva un gran caldo, così decisi di mettermi un top nero senza spalline e degli shorts di jeans.
Indossai le mie converse bianche. Non amavo i tacchi, facevano solo un gran male ai piedi.
Incorniciai gli occhi con dell’eye-liner e del mascara, sulle labbra applicai un rossetto rosso chiaro.
Adoravo i rossetti, erano un specie di passione. Presi la mia borsetta,anch’essa nera, e mi precipitai giù dalle scale.
–Ciao mamma, non aspettarmi sveglia.
Chiusi la porta di casa mente sentivo Victoire ripetere “Stai attenta”.  Dalla macchina blu spuntavano i capelli biondi di Lice e quelli rossicci di Mare.
–Ecco la nostra vincitrice!
Fu Mare a parlare. –Questa sera ti dovrai ubriacare, forte.
Disse Lice ridendo.  Mare e Lice erano da sempre le mie migliori amiche. Ci incontrammo ad un parco giochi all’età di 8 anni.
La prima che vidi fu Mare (che in realtà si chiama Dominique). Era sull’altalena e la madre  la spingeva.
I suoi capelli sciolti e lunghi sembravano della fiamme impazzite. Mi avvicinai a lei –Ciao, sono Aurore, giochi con me?
All’epoca era facilissimo fare amicizia, nessuno ti guardava storto ed eravamo tutti sullo stesso piano.
Lei mi sorrise semplicemente, scese dall’altalena e mi porto sotto un albero. Mi disse che quella era la sua casa quando sarebbe stata
grande e che se fossimo state amiche per tutta la vita, l’avrebbe condivisa insieme a me.
Poco tempo dopo, anche le nostre madri fecero amicizia e ogni giorno ci portavano al parco per farci giocare.
Una domenica, Lice (che in realtà si chiama Alice), era una bambina di origine italiane che si era da poco trasferita a Parigi dall’Inghilterra.
Aveva delle treccine bionde che le ricadevano sulle spalle.
Attaccò bottone con noi, nello stesso modo in cui io lo attaccai con Mare: chiedendoci di giocare.

-No ragazze, lo sapete che va a finire male quando bevo.
Una volta, al mio diciottesimo compleanno, mi trascinarono in una discoteca fuori città.
Bevvi talmente tanto, che il giorno seguente lo passai a vomitare, probabilmente tutto quello che avevo mangiato negli ultimi 3 anni.
–Non fare la dura, bevi e basta.
Sentenziò Mare. Lei, tra le tre, era quella più festosa. Adorava le feste, l’alcol e il divertimento.
Non stava mai ferma, era sempre di fretta con una voglia di fare incredibile.
Lice, invece, era completamente l’opposto. Preferiva le festicciole con pochi amici, la sua voglia di camminare era pari a
zero e spesso dovevamo trascinarla di peso alle discoteche/ feste.

 

Al locale ci divertimmo tantissimo. Era proprio un bel modo di iniziare l’estate.
Verso le 3.00 Mare mi riportò a casa, ma decisi di farmi una passeggiata nel boschetto dietro a casa.
Adoravo la tranquillità notturna. Molte mie coetanee mi hanno sempre definita una pazza per questa mia strana passione. 
Non avevo mai avuto paura del buio, la notte l’ho sempre trovata affascinante.
Per quanto possa sembrare un paradosso, durante la notte tutto si spogliava, assumeva un aspetto quasi nuovo.
Una qualità che il sole aveva lo strano potere di nascondere.
Mentre camminavo per il sentiero immersa nei miei pensieri, una strana luce proveniente da nord, attirò la mia attenzione.
Quando mi avvicinai, riconobbi all’istante quella luce; era verde e scintillante, come quella del mio ciondolo.
Mi portai la mano al collo e all’istante ricordai quello che era successo la sera prima.
Quella stessa luce aveva scatenato il fuoco dentro di me. Senza la collana, però, non successe nulla. Cercai di avvicinarmi ancora di più.
 Volevo guardare da vicino quella luce misteriosa, ma scomparve così velocemente che rimasi spaesata.
Ero ferma in mezzo agli alberi neri e nello stesso momento in cui la luce verde smise di brillare, uno stormo di corvi prese a gracchiare.
Le foglie iniziarono a vorticare sopra di me, il terreno sembrava tremare.
Per la prima volta in 20 anni inizia ad avere paura di quella solitudine. Mi misi a correre.
Tutto l’affanno che impiegavo, mi sembrava inutile. Sentivo i corvi sempre più vicini e le foglie sempre più agitate.
Sentivo il rumore di passi.
Mi misi a correre ancora più veloce. E quando stava per scoppiarmi un polmone, ero fuori dalla foresta.
I rumori di quella notte strana erano cessati. Il silenzio era come una coperta, mi circondava.
Non cercai nemmeno di prende fiato, ripresi subito una camminata spigliata verso casa.
Avevo bisogno di una doccia fredda.

 

Victoire

Guardava il suo riflesso sbiadito alla finestra che dava sulla strada.
Aveva gli occhi celesti, un sacco di lentiggini, la fronte spaziosa, che nascondeva con la frangia, e un naso leggermente adunco.
Era semplice notare che lei e la figlia non aveva nulla in comune. Ad Aurore ripeteva sempre, che assomigliava tutta al padre.
Capelli neri, viso e labbra piene, naso perfettamente dritto. L’unica cosa che poteva aver ereditato da Victoire, erano gli occhi grigi.
Per il resto, non c’entravano una con l’altra. Tante volte Aurore aveva chiesto del padre e Victoire raccontava di
quanto amasse la sua petit, ma era morto in un incidente stradale. “Un classico”, pensava sempre la
donna quando parlava del presunto padre. In realtà, Victoire non si era mai sposata.
Aveva avuto un fidanzato poco prima di trovare Aurore davanti alla sua porta di casa, ma tra i due non funzionò.
Il giorno in cui Aurore entrò nella sua vita, spese tutta il suo tempo per la piccola.

Faceva un gran freddo il giorno in cui qualcuno abbandonò la piccola Aurore di fronte a casa sua.
Victoire era in cucina, aveva da poco compiuto 27 anni, e stava preparando una torta al cioccolato.
I dolci erano da sempre la sua passione. Una passione ereditata da sua nonna.
Mentre canticchiava e mescolava uova e zucchero, sentii qualcuno bussare alla sua porta con violenza.
Si era trasferita in quella casa da due mesi, dopo che il fidanzato Louise l’aveva lasciata. Tanti scatoloni erano ancora sparsi per il corridoio.
Infatti, stava per inciampare in uno di esso quando finalmente raggiunse la porta.
Imprecando nella sua mente, aprì la porta, ma non si aspetto mai di ritrovarsi davanti il nulla e una cesta di vimini.
Si guardò un po’ attorno, curiosa, ma anche spaventata. Sul subito voleva sbarazzarsi di quella cesta, buttarla in qualche cassonetto.
Aveva pensato che fosse un brutto scherzo. Ma poi la sentì piangere. Scostò la coperta rossa e lei se ne stava li.
Il visino arrossato dal pianto e le manine chiuse a pugno. Piangeva.
Sulla pancia della bambina c’era una lettera:

Cara Victoire,

tu sei la persona giusta. La madre premurosa e la madre di buon cuore che regalerà alla mia bambina la serenità di cui ha bisogno. Ti prego, non pensare che io non la ami. La amo molto. Ho dato tutto per lei. Ho rischiato la vita per portarla qui da te. Per lei. Tu, Victoire, hai la virtù di pochi. I modi di fare dolci e carezzevole, che nel mio mondo non troveranno mai strada. Sto salvando Aurore (si, mi piacerebbe chiamarla così, ma sarai libera di cambiare il suo nome se vorrai) da una guerra. Una guerra iniziata 300 anni fa. Lei è troppo fragile per combatterla. Voglio che passi un’infanzia felice e tranquilla. Sarà sotto la mia protezione fino alla mia morte. Abbi cura di lei.

 

Erano poche parole che non lasciavano intendere nulla. Victoire ebbe sempre troppi dubbi su quella lettera.
Ma non esitò a prendere la bambina sotto la sua ala protettiva. Sentiva che era la cosa giusta fare.
Spesso, la paura di perdere la figliastra, era troppo grande per andare alla ricerca della vera natura della lettera.
Poteva capitare qualsiasi cosa. Assistenti sociali o perfino i veri famigliari della bambina, potevano irrompere nella sua casa e
portarle via la tanto adorata Aurore. Aveva cresciuto la bambina come se fosse la sua vera figlia. Non aveva mai smesso di amarla un secondo.
La sentiva dentro al cuore. Capiva quando stava male e quando aveva un problema. L’aveva sempre consigliata e l’aveva sempre curata.
Era certa di essere stata una madre fantastica.
Sapeva quanto Aurore le volesse bene, ma aveva il terrore che un giorno, quando avrebbe scoperto la verità,
l’avrebbe considerata un mostro, una ladra. Viveva nel terrore, ma anche nella gioia e nella speranza.
Quella bambina aveva portato in lei la vera vita. Le aveva dato la ragione per crearsi un futuro.
Da sempre era il suo miracolo.

Note Autrice: Ciao a tutti i lettori!
In questo capitolo posiamo conoscere meglio la nostra Victoire. Una mamma single, che ha dovuto affrontare tanti sacrifici per una bambina piombata nella sua vita per caso. Ha scelto di non cercare l'amore. L'ha sempre voluto riservare solo per Auore.
Passando ad Aurore: ha finalmente finito gli esami e i ricordi della notte precedente sono tornati a galla. Cosa sarà mai questa strana luce?
La povera ragazza è molto confusa, ma credo anche voi *rido*.
Spero che vi sia piaciuto questo capitole e che resterete con me, anceh per i prossimi!
Un bacio grande,
Mars.

ps. un ringraziamente a tieniancora, che mi aiuta a trovare tutti gli stupidi errori che faccio.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: marscam