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Autore: Alice_Leonetta    26/06/2015    7 recensioni
Dal testo:
|| Violetta aprì la porta della sua stanza, seguita da Leon. Era da tanto che non trascorrevano del tempo insieme, e non vedeva l’ora di raccontargli tutto. La mora si sedette sul letto, mentre il ragazzo chiuse la porta, dietro di sè, per poi raggiungere la sua amica, sul letto. Si sdraiò accanto a lei, circondandola con le sue braccia e facendola accoccolare sul suo petto. Leon giocava con i capelli di Violetta, mentre lei guardava il braccialetto di stoffa che aveva al polso lui. Lo sfiorò con un dito, e sorrise. Poi guardò lo stesso, identico, bracciale che aveva anche lei. Non l’aveva affatto dimenticata. Sorrise, al ricordo del giorno che glielo regalò. Quanto tempo era trascorso, eppure.. ora erano lì. Insieme. Niente e nessuno li avrebbe più separati. Era una promessa.||
Ovviamente questa è solo una piccola trama, i capitoli saranno molto più lunghi. E’ una Leonetta, naturalmente. Se vi va, passate a dare un’occhiata, mi farebbe piacere. E se la storia vi piace, lasciate una recensione. Per tutti i chiarimenti, o domande, contattatemi in chat privata. Dedico la storia al gruppo di WhatsApp, che mi fa morire! Baci e alla prossima.
#Alice_Leonetta.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano ormai passati alcuni mesi da quel 18 Dicembre. La famiglia Castillo si era quasi ripresa dalla perdita di Maria, e Angie era tornata a camminare perfettamente. Quel giorno, a scuola, si respirava un’aria di festa. Entro pochi giorni ci sarebbe stato il ballo per il rientro di Angie. Tutti gli alunni della scuola avevano proposto ad Antonio di festeggiarla in quel modo, e lui aveva –ovviamente- accettato. L’intero istituto era super felice che Angie fosse tornata. Nessuno stava più nella pelle per la festa. “Ok, ragazzi…” iniziò Maxi sedendosi sul divanetto nel suo seminterrato. Di solito si riunivano lì per fare le prove della band (avevano deciso di formare tre band: una composta dai ragazzi, una dalle ragazze e un’altra tutti insieme). “…dobbiamo decidere cosa suonare alla festa”. “Giusto. Io propongo di scrivere tutte le canzoni e di selezionarle” intervenne Francesca alzando la mano. “Non c’è bisogno, Fran” disse Federico “Io propongo di iniziare con ‘Es mi pasion’, così presentiamo entrambe le band. Poi due canzoni i ragazzi, due le ragazze, ed infine di nuovo tutti insieme”. “A me sembra fantastico!” esclamò Violetta battendo le mani come una bambina. Era una delle persone più felici al mondo, in quel momento. Era insieme ai suoi amici, insieme al ragazzo che più amava, stavano organizzando la festa per il rientro di sua zia a scuola, e per di più avrebbe anche fatto la cosa per la quale andava matta: cantare e ballare. Mancava solo una cosa: una madre. Tutti sembravano approvare l’idea, così iniziarono a sistemare gli strumenti. Decisero che per primi avrebbero suonato i ragazzi. “Un attimo, mancano Alex e Gery” fece notare Diego. “Bhè, lo sai come sono quei due… staranno facendo qualcosa di…” Leon non terminò la frase, ma diede una leggera gomitata al suo amico e gli fece l’occhiolino, sorridendo. L’intero gruppo scoppiò a ridere, ed in men che non si dica il seminterrato si riempì di risate. “Ragazzi! Non siate cattivi!” intervenne Ludmilla, accavallando le gambe. “Non siamo cattivi, biondina. Diciamo solo le cose come stanno” rispose Leon alzando le mani, e ricevendo un’occhiataccia da Violetta. “Provo a chiamare Gery” disse Nata alzandosi dalla sedia e dirigendosi al piano di sopra con il cellulare tra le mani. A quanto pareva, Alex e Gery si erano innamorati al primo incontro… quando si dice ‘amore a prima vista’. In quel modo, Alex dimenticò Violetta, e Gery dimenticò Leon. E nessuno dei due era più geloso dell’altro. Tutto era sistemato, tutto era perfetto… troppo perfetto. Ma Francesca aveva uno strano presentimento, aveva paura che sarebbe accaduto qualcosa di brutto, di molto brutto… entro poco tempo. Nata tornò dagli altri, annunciando che i loro amici sarebbero arrivati entro pochi minuti, così decisero che ad iniziare sarebbero state le ragazze, visto che Gery non faceva parte della band… lei frequentava il Liceo Artistico. “Quale canzoni facciamo? Io direi di iniziare con ‘Alcancemos la estrellas’ e finire con ‘Encender nuestra luz’” propose Ludmilla, ricevendo l’approvazione del resto del gruppo. “D’accordo… uno, due… tre!”. E la musica partì, le chitarre, la batteria, le tastiere, e la voce. L’intero seminterrato rimbombava di una delle più belle canzoni che avessero mai scritto, ed i ragazzi erano affascinati dalle loro fidanzate.
Las luces, los flashes, la musica serà la clave…
Sia Pablo che Antonio, gli avevano chiesto se potevano suonare durante questa festa per Angie, ed ovviamente loro avevano detto di sì. Amavano sia cantare, sia ballare e suonare. Si promisero che una volta finita la scuola, sarebbero rimasti tutti uniti, ed avrebbero continuato a suonare insieme. Bel annunciò a tutti che sarebbe rimasta a vivere a Buenos Aires, e Camilla non ne poté essere più felice.
Oye mi corazon como se acelera cuando el publico espera,
no, nada me va a parar.  Que sube el telòn, que empience la funciòn.
Nel frattempo Alex e Gery arrivano, e si accomodarono di fianco ai loro amici. Le ragazze avevano terminato la canzone, così ricevettero un grande applauso ed addirittura dei fischi di bravura. Decisero che si sarebbero alternati a suonare. Così le ragazze si accomodarono sui divanetti e i ragazzi, compreso Alex, afferrarono gli strumenti per iniziare a suonare. “Io propongo di cantare prima ‘Mi princesa’ e poi ‘Màs que una amistad’” propose Federico accordando la chitarra e rivolgendosi al gruppo di amici “Perché a posto di ‘Mi princesa’ non facciamo ‘Ven con nosotros’?” domandò Brodway. “Noooooo” risposero tutti in coro, come dei bambini che si lamentano. Le ragazze scoppiarono a ridere, ed i loro fidanzati le seguirono a ruota. “Va bene, dai… iniziamo” disse Leon facendo segno ad Andres di dare il via. Il ragazzo batté tre volte le bacchette della batteria ed insieme iniziarono a suonare.
 
 
 Violetta e Leon stavano camminando ormai da venti minuti, e a Violetta cominciavano seriamente a dolere i piedi. Leon non voleva rivelarle dove erano diretti, quindi era costretta a seguirlo. “Senti non ne posso più!” disse per l’ennesima volta, lasciandosi trascinare per un braccio. In quel momento stavano percorrendo una via alberata. C’erano palazzi e negozi –di tutti i generi: alimentari, calzolaio, sartoria, panificio, pizzeria…-. “Siamo arrivati”. “E’ quello che continui a ripetere da quindici minuti, Leon!”. “No, ora siamo davvero arrivati”. Violetta sbuffò ancora, notando la fine della strada. Era un vicolo cieco, non c’erano altre uscite. “Ma dove…” non riuscì a finire la frase, che proprio in fondo alla strada intravide un negozio, più precisamente un autofficina. Un paio di minuti dopo ci si fermarono davanti. Leon si voltò verso di lei e le rivolse un dolce sorriso. “Vieni. Voglio farti conoscere una persona molto importante, per me”. Entrarono lentamente nel posto, notando un uomo con dei baffi bianchi ed arricciati, dietro una scrivania, che –molto probabilmente- appuntava l’incasso del giorno. Quando li vide avvicinarsi, alzò la testa e mostrò un bel sorriso. “Leon!” esclamò l’uomo, uscendo da dietro la scrivania ed andando a salutare ed abbracciare il ragazzo. “E’ da un po’ che non ti fai vedere. Tutto bene?”. “Tutto ok, Fernando. Ho avuto qualche impegno, ma non mi dimentico mai di passare” rispose il messicano, sfoderando il suo sorriso migliore. Chi poteva essere quell’uomo? Un amico di famiglia? Il padre di qualche suo conoscente? O solo un meccanico molto simpatico che conosceva Leon? La sua età si aggirava sulla cinquantina d’anni. Di sicuro non poteva essere un compagno di classe! “Oh, lei è Violetta. Violetta, Fernando” presentò Leon. Entrambi porsero la mano destra e la strinsero l’una nell’altra. “Ah! Quindi sei tu Violetta! Finalmente ho il piacere di conoscerti. Sai, ho sentito tanto parlare di te” informò l’uomo lanciando un’occhiata a Leon, il quale arrossì leggermente e guardò poi la sua ragazza, che stava sorridendo. “Dov’è?” chiese Leon guardandosi intorno, ovviamente alla ricerca di qualcuno. “E’ di là, vado a chiamartelo” annunciò Fernando dando una pacca sulla spalla al ragazzo, e passando in una porta, che conduceva in un’altra stanza. Violetta si voltò verso il suo fidanzato, confusa. “Non capisco. Chi è quell’uomo?”. “E’ il proprietario di questa officina. Il capo di uno dei miei più grandi amici. Ti ricordi? Te ne ho parlato…”. La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma proprio in quel momento, Fernando fece ritorno. Dietro le sue spalle un ragazzo alto, i capelli color oro e due occhi azzurri. Si stava pulendo le mani sporche di grasso, in una pezza bianca oramai sporca anche quella. Il ragazzo sembrava sorpreso tanto quanto lo era stato Fernando, nel vedere Leon. Sgranò gli occhi ed un sorriso che andava da orecchio ad orecchio si fece largo sul suo viso. Gettò la pezza a terra e si affrettò ad abbracciare Leon. “Non ci posso credere!” esultò poco dopo, sciogliendo l’abbraccio. “Pensavo ti fossi dimenticato!” disse ancora. “Mai”. “Ce l’hai fatta a passare! Quant’è che non ci vediamo? 5 mesi?”. “Forse” rispose Leon, sempre con quel sorriso che incanterebbe chiunque. “Violetta…” disse poi rivolgendosi alla sua ragazza, “…lui è Josh. Josh, Violetta… la mia ragazza”. In quel momento, Violetta ricordò tutto. Ricordò della prima serata trascorsa con Leon dopo il suo ritorno a Buenos Aires. Ricordò che l’aveva inseguita dopo che erano saliti a trovare sua madre, Maria. E ricordò che Leon le aveva parlato di quello che gli era successo, durante la sua assenza: “E’ iniziato tutto quando avevo quindici anni. Era appena iniziato il secondo superiore, e stava per venire il mio compleanno. Volevo festeggiare in discoteca, con tutti i compagni di classe. Ti ricordi il Vampires Black?” chiese. Violetta annuì sorridendo “Ovvio! Avevamo solo undici anni e già volevamo andare in discoteca!” esultò. Leon annuì sorridendo e serrando le labbra. “Ecco, proprio lì. Avevo invitato tutti, nessuno escluso! E’ stata una serata bellissima, all’insegna del divertimento. Credo di non essermi mai divertito come quella sera, è stata davvero memorabile”. Sorride, al ricordo della sera al Vampires Black, poi torna serio, abbassando la testa sui suoi piedi. “Quella sera… non so come, ma dei tipi di 5E, sono venuti a sapere della festa. Diciamo che io e Andres ci discutevamo spesso all’inizio, poi però siamo entrati nella loro banda. Uscivamo sempre con loro, trascurando i nostri veri amici. Ma loro diciamo che ci passavano sopra. Erano sempre comprensivi, con noi. Ogni tanto li trattavamo male, gli lanciavamo insulti a più non posso, ma loro non reagivano. Forse perché sapevano che prima o poi sarei tornato ad essere uno di loro, sarei tornato ad essere loro amico. Insomma… sono arrivati in discoteca, dicendo ai buttafuori che io li conoscevo, e che eravamo amici. La discoteca era tutta per noi, poi quando sono arrivati loro è scoppiato il putiferio. Abbiamo fatto uscire le ragazze, mentre i miei amici sono rimasti con me. Dicevo loro di andarsene, che avremmo sistemato tutto semplicemente parlando. Ma Josh, il ‘capobanda’, mi chiese perché non avessi invitato il mio ‘migliore amico’. Ovvero lui. Ma questo lo pensava, solo ed esclusivamente lui. Il mio migliore amico, era ed è Andres. Non lo sostituirei per nulla al mondo. Diciamo che si sono arrabbiati per non averli invitati alla festa. Che cazzoni. Diciotto anni e sembrava che ne avevano due. E’ scoppiata una rissa, e quelli che ci hanno rimesso erano i miei amici. Federico soprattutto, era quello che ci aveva difeso di più. Mi sono sentito subito in colpa, ed il giorno dopo ho cercato di rimediare, tornando a chiedere scusa ai ragazzi. Ma loro non ne volevano più sapere di noi, anzi di me. Avevano sopportato fin troppo, e me lo meritavo. Andres si separò da me, dal gruppo di Josh. Tornò con i suoi veri amici. Io continuai insieme a loro. A scuola ci andavo raramente, e quelle poche volte che mi presentavo facevo sempre scoppiare una rissa, o ero impreparato. Ma non mi importava… ormai la mia vita era a capo sotto”. Leon continuava a guardare dritto davanti a sé, con gli occhi gonfi di lacrime, e i sensi di colpa che tornavano a farsi sentire. Raccontare del passato faceva male, faceva molto male. Violetta iniziò a tremare, un po’ per il freddo che la stava ghiacciando fin dentro le ossa, un po’ per tutta quella situazione che aveva vissuto Leon. Doveva salvarlo, doveva assolutamente salvarlo. Si promise che gli avrebbe fatto dimenticare il suo passato. Non sapeva ancora come, ma ci sarebbe riuscita. “Passavo pomeriggi interi con Josh e con la sua banda. Tra discoteche, Night club, spinelli, canne e giri di droghe, certe volte non tornavo neanche a casa. I miei genitori erano sempre più preoccupati, volevano addirittura portarmi da uno di quei strizzacervelli. Ovviamente mi rifiutai, ma continuai la mia vita come al solito. La sera andavo a ballare, e mi facevo una tipa. Tre ore ed era tutto finito. Cercavo conforto nell’alcool e nel sesso. Ma l’unica cosa di cui avevo bisogno, era avere qualcuno accanto. Avere qualcuno per cui lottare, qualcuno con cui ridere e scherzare. Fare battutine ed offendermi, per poi ricominciare a ridere insieme. Qualcuno con cui andare a ballare la sera, ma senza fare sciocchezze. Ballare e magari bere qualcosa. Avevo bisogno di qualcuno da proteggere, una figura al mio fianco che ormai era andata via”. Si voltò verso Violetta, la quale aveva in volto pieno di lacrime. Non riusciva a credere alle parole pronunciate da Leon. Aveva passato tutto quello? Aveva davvero sofferto così tanto? Aveva passato un’adolescenza così difficile? Perché non ne era mai venuta a conoscenza? Perché nessuno gliene aveva mai parlato? Era sicura al cento per cento, che suo padre sapeva tutto. Ma perché non ne ha parlato con lei? Avrebbe potuto far qualcosa! Avrebbe potuto aiutare Leon, anche da lontano. Avrebbe potuto chiamarlo, sarebbero potuti stare al telefono per ore ed ore, senza che lui soffrisse così tanto. Era colpa sua. Si sentì tremendamente in colpa, e ciò non fece altro che farla piangere di più. “A scuola, per fortuna non fui bocciato. Non so che miracolo sia stato, ma fui promosso con solo due debiti. L’estate passò in fretta, sempre alla solita maniera, e quella cosa mi mancava sempre di più. Non riuscivo a trovarla. Avevo bisogno di una faccia amica, una persona con cui potermi confidare e sfogare. Poi mi ricordai che l’anno prima, una ragazza si era avvicinata al nostro gruppo. A scuola la cercai, e fortunatamente mi ricordai il suo nome. Gery” fece un sorriso, fissando il vuoto. A Violetta si gelò il sangue, ed improvvisamente si irrigidì. Gery. “Fu l’unica che mi perdonò per tutto l’accaduto, perché sì, c’era anche lei quella sera in discoteca. Mi sfogai con lei, raccontandole tutto e pian piano mi ripresi. All’inizio del terzo anno, cercai di riavvicinarmi ai miei amici, ma niente. Non riuscivano a perdonarmi, ed avevano ragione. Gery cercò di farli ragionare. Nel mentre, una sera, ero appena uscito da un Night club, e mi ero fatto una tipa. Improvvisamente, ancora non so perché, Josh comincia ad urlarmi contro. Ora che ci ripenso, forse era ubriaco. Si mise ad urlare fuori da locale, ma toccò un tasto dolente, che non doveva toccare”. Fece una pausa, accendendosi un’altra sigaretta e facendo fuoriuscire il fumo. “Te” disse solamente. Con calma finì il mozzicone, e come il precedente lo gettò al di là della staccionata. Si voltò verso Violetta, impassibile dall’inizio della storia, e in quel momento più confusa. Sorrise amaramente, scuotendo la testa e distogliendo lo sguardo. “Molte volte volevo scriverti. Volevo sentire come stavi, se ti eri ambientata. Insomma, mi mancavi. Non immagini quante volte ho scritto e cancellato i messaggi. Non sai quante volte mi sono impaurito. Avevo paura che ti fossi dimenticata di me. Che ti fossi dimenticata di tutto il nostro divertimento e… ne soffrivo molto. Josh era sempre presente, all’inizio. Mi incoraggiava a scriverti, a mandarti quei fottutissimi messaggi. Ma non premevo mai il tasto ‘invio’. Avevo paura. Alla fine si era scocciato anche lui, di sentirmi e di incoraggiarmi. Perché tanto sapeva che non ti avrei mai scritto, o chiamato. Quella sera, mi urlò… bhè, cose brutte, su di te. Ad un certo punto non ci ho visto più: mi sono voltato ed ho cominciato a picchiarlo. Stavo picchiando un ragazzo ubriaco che non era cosciente di quello che diceva. Stavo picchiando un ragazzo che, per un periodo, si era rivelato un buon amico, anche se una cattiva compagnia. Quando tornai lucido, e vidi il sangue sulle mie mani, scappai in preda al panico. Lo lasciai lì, sanguinante e senza conoscenza. Era svenuto. A quel punto i sensi di colpa, presero il sopravvento. Morivo dentro ogni giorno. Ricominciai ad andare a scuola, ad impegnarmi nello studio. Andavo sempre meno in discoteca, ma ogni tanto mi concedevo qualche ‘ragazza facile’. Sono riuscito a far a meno degli spinelli e della droga. Ma il fumo è rimasto. E’ l’unico vizio che non sono riuscito a togliere. Con il passare del tempo, ricominciai a parlare con Andres. Lui era ed è il mio migliore amico. Mi aveva perdonato già da un pezzo, solo che io ero troppo stupido per accorgermene. Pian piano ho riacquistato il rapporto con tutti i compagni, e per fortuna sono stato perdonato. Ora raramente vado in discoteca. E se ci vado, vado con Andres, Maxi, Brodway, Federico e Diego. Non vado mai da solo, e non faccio più nessuna sciocchezza. A parte, delle volte che facciamo a gare a chi beve più shortini. Sono quello che vince sempre!” esclama entusiasta, con un sorriso dolce sulle labbra. “Josh se l’è cavata. E’ tornato alla vita di sempre, ed anche lui mi ha perdonato. Ogni tanto ci vediamo, e ci incontriamo per bere qualcosa insieme. Anche lui ha smesso con i suoi giri di droghe, fuma solo, come me. Siamo diventati buoni amici, ed ora lavora in un’officina al centro. Anche lui ama i motori! Due anni insieme, e non ne avevamo mai parlato. Ci siamo accorti che condividevamo la stessa passione quando, per caso, una sera eravamo in un bar, e stavano trasmettendo una gara di moto. E da lì, ne parliamo quasi sempre”. Josh aprì la bocca, ancora più stupito di quando aveva visto il suo amico. Non sapeva che dire, era rimasto senza parole. Allungò la mano per stringere quella delicata e fragile della ragazza accanto al suo amico. Squadrò Violetta dalla testa ai piedi, e la trovò semplicemente bellissima. “Credo che sia un’allucinazione. Devo essermi addormentato sotto la macchina del Signor De La Fuente, mentre aggiustavo il motore”. Tutti i presenti scoppiarono in una fragorosa risata, mentre Josh non credeva ancora ai suoi occhi. “No, amico… è vero”. “Bhè, allora sono onorato di conoscerti, Violetta. Credo che Leon… scusa, volevo dire, credo che il tuo ragazzo ti abbia raccontato il perché del mio stupore”. Violetta rise leggermente, e sia Josh sia Leon, trovarono quella risata così dolce, delicata e sensuale. “Sì. Mi ha raccontato già tutto. Ed anche io sono felice di conoscerti. Sono contenta che dopo quello che avete passato siate così amici”.
 
 
 “Credo sia ingiusto! Lasciar decorare la palestra tutta a noi!” esclamò Francesca attaccando un disegno disegnato, colorato e ritagliato da lei, sul vetro della palestra. “Fran, non siamo pochi, mancano solo Violetta e Leon” le urlò Ludmilla dall’altra parte della sala, salendo su una scala –retta da Federico- per appendere un festone. “Sì, ma con loro due avremmo fatto prima!” rispose l’italiana. La bionda stava quasi per cadere, ma Federico fu più veloce e la tenne per le gambe. “Amore… certo che potevi salire tu, eh!”. “Lo sai che soffro di vertigini!”. “Oh, certo! Soffri di vertigini quando ti pare! Mi sembra che quando siamo andati a Barcellona, e siamo saliti sulla ‘Sagrada Familia’ non soffrivi di veritigini!”. L’italiano alzò le mani “Punti di vista”. Intanto, Diego, Maxi, Andres e Brodway stavano cercando di disporre i tavoli in modo da riuscire a ballare. “Sentite, se li mettiamo tutti di fila, uno attaccato all’altro, chi vorrà prendere da bere, dovrà andare alla fine della sala, mentre il cibo sarà all’inizio!” esclamò esausto Maxi sistemandosi il berretto. “Per me invece è più appropriato” intervenne Brodway poggiando le mani sui fianchi. Almeno si farà un po’ di movimento. “No, no, no” disse Diego agitando le mani, come per impedire a qualcuno di superarlo come se fosse in macchina. “Li dobbiamo disporre a ferro di cavallo, in questo modo, sia bevande che cibo, saranno insieme”. “Io sto con Diego!” esclamò Andres alzando la mano per poi dare una pacca dietro alla nuca all’amico spagnolo. “Ok, mi arrendo” annuì infine Maxi alzando le mani “Disponiamoli a ferro di cavallo… sono troppo stanco per discutere”. I ragazzi sistemarono i tavoli per i buffet come avevano concordato, mentre le ragazze, con l’aiuto di Federico ed Alex addobbarono la sala. A fine ‘lavoro’ si riunirono per brindare insieme. “Sapete che fine hanno fatto Violetta e Leon?” domandò Alex sorseggiando un po’ di coca-cola. “Leon mi ha detto che voleva far conoscere Violetta a Josh” rispose Diego. “Josh? Non è il ragazzo con il quale aveva litigato?” chiese Nata. “Sì”. “Ma da tempo hanno risolto tutto, ed ora sono molto amici” spiegò Andres. “Cos’è successo?” domandarono in coro Bel e Alex.Il gruppo si voltò verso i due che non sapevano nulla. Ovvio che non potevano sapere, non c’erano. Cominciarono a raccontare tutto, tralasciando qualche dettaglio ma approfondendo alcuni. “Non ci posso credere” disse alla fine della storia Alex. “Devono essere sempre stati innamorati l’uno dell’altra”. “Infatti è così” disse Ludmilla. “Solo che se ne sono resi conto tardi” intervenne Francesca. “Bhè… meglio tardi che mai”, Diego le circondò le spalle con il braccio, lanciandole un’occhiata provocatoria e l’italiana capì che non si stava riferendo solo alla relazione tra Violetta e Leon, ma anche alla loro. “E’ vero… ma credo che ad influenzare la loro reazione sia stato il trasferimento dei Castillo” disse Camilla bevendo della Fanta. “Cosa intendi?” domandò Federico giocando con delle ciocche bionde della sua ragazza. “Credo che se non fossero partiti, a causa del lavoro di German… bhè, ora avrebbero festeggiato più di un anniversario”. “Sì, la penso come te” l’assecondò Nata. “E’ vero, ma è anche vero che Violetta non poteva certo decidere se rimanere a Buenos Aires, e di sicuro non da sola” parlò Federico. “E chi l’ha detto che sarebbe rimasta da sola. C’erano Angie e sua nonna. E poi sapeva benissimo che poteva restare a casa mia o di Fran, o di Ludmilla o Nata”. “Io però penso, per quello che ho capito… che sia stato meglio che sia partita” intervenne Isabel. “Perché dici questo?” domandò Ludmilla confusa. “Bhè… non credo che a quell’età si sia coscienti di quel che si fa. Anche se Violetta fosse rimasta a Buenos Aires, anche se si fosse fidanzata con Leon subito… non credo che a quest’ora sarebbero stati ancora insieme”. “No, non li conosci. Si amano praticamente da quando sono nati” rispose Camilla. “Non so… io la penso così”. “Può anche essere come dice Bel” disse Maxi indicandola alzando una mano. “Sì, può essere; ma credo che quei due siano destinati a stare insieme” continuò Camilla. “E’ vero. Non credo che si lasceranno mai” intervenne Francesca sorridendo “Sono davvero felice per loro, se lo meritano; dopo tutto quello che hanno passato, se lo meritano”. “Sono d’accordo con te, Fran” concordò Nata sorridendole. Alex era rimasto a guardarli, senza spicciare parola. Era vero che ormai erano amici da più di tre mesi, ma si sentiva comunque un estraneo. Si conoscevano tutti da quando erano piccoli, ed era come se non esistesse (secondo lui). “Bhè… abbiamo fatto proprio un bel lavoro!” disse Ludmilla sorridendo e guardandosi intorno. “Siamo troppo grandi!” esclamò Diego alzando il bicchiere di plastica contenente della coca-cola. “Cin-cin a noi!” esultò Camilla alzandosi. “CIN-CIN A NOI!” gridarono tutti imitandola. E si ritrovarono a chiacchierare fino a tardi nella palestra della scuola, dove il giorno dopo si sarebbe svolta la festa in onore di Angie.
 
ANGOLO AUTRICE:
Scusaaaaaaaaaaaaaaaatemiiiiiiii! Lo so, sono in tremendo ritardo. Ma siccome il mio computer è spastico, malato, stupido e non mi viene nient’altro… ho dovuto riscrivere il capitolo perché mi si era cancellato. Mi ha fatto così anche con il capitolo di Io&Te… quindi, LULU’…. MI RIVOLGO A TE… AGGIORNERO’ NON APPENA RIUSCIRO’ A RISCRIVERLO!! Ahahahahahah I Love You! Cooomunque. Fatemi sapere cosa ne pensate. Vi piace Josh *faccia pervertita di WhatsApp*, nella mia testa è swaajsbidbefvfewkbfuewribneiwb*---* Capito no? Eh! Deeeeeevo andare. Fatemi sapere se vi piace, se non vi piace, se avete trovato degli errori di grammatica e/o battitura e SOPRATTUTTOOOOOOOO siete andati a leggere la mia OS????!??!?!?!?!!?! NO, VEROOO?!?!?! BHE’, COOORRETEEEEEEE! SI CHIAMA ‘E fra 60 anni…’. Devo ammettere che ho ricevuto parecchi messaggi positvi… quindi… FILATE! Scappo! Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta
P.S. VADO AL CONCERTO DI LODOOOOOOOOOOO!! CALCOLATE CHE STO SCLERANDO DALLE 13.47 DI QUESTO POMERIGGIOOOO!
 

 
  
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