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Autore: Tota22    26/06/2015    2 recensioni
Una panchina verde e scrostata in un parco giochi di periferia testimonia l'incontro tra due sconosciuti. Nonostante abbiano in comune ben poco, i due ragazzi si ritrovano a intraprendere un viaggio che ha come complice la notte. Il sorgere del sole è il traguardo della gara, la sfida è vivere come se fosse l'ultima notte sotto il tetto del mondo. Sarà l'alba a decidere se sciogliere o saldare per sempre un legame inaspettato.
[Momentaneamente sospesa]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 6

Nella pancia dell'autobus

Oliver
 
 
- Mi stai dicendo... che non hai mai preso un autobus in vita tua? -
 
- Mmm no, non che io ricordi. Aspetta forse... conta il pullmino con cui sono andato in gita all'asilo? -
 
- Stai scherzando. -
 
- Affatto... beh non lo trovo così strano. I miei hanno sempre pagato un autista apposta per non dipendere dai mezzi e muoverci in libertà. Al limite prendevamo il taxi. Finché non ho avuto la patente non ce n'é mai stato bisogno e poi beh... da lì o la macchina o la moto. -

Tra tutte le proposte di Al la prima che Oliver aveva scelto era provare qualcosa di nuovo.

Questo implicava spostarsi dal parchetto isolato, che al massimo poteva offrire del voyerismo attraverso le finestre dei palazzoni, attività che venne scartata prontamente a favore del vagare verso una destinazione sconosciuta.

Tuttavia ancora non avevano deciso quale sarebbe stata la prima "esperienza mozzafiato" per Oliver quella notte.

La questione spostamento, però, era piuttosto spinosa.

Il ragazzo aveva suggerito raggiungere un distributore di benzina e muoversi in sella alla sua moto, ma Al aveva messo il veto rifiutandosi categoricamente di salire su quello che aveva definito:

 - ..aggeggio infernale su due ruote... e non ho intenzione di abbracciarti tutto il tempo. Va bene che hai bisogno di essere consolato, ma non mi piacciono le effusioni. -

Dopo che Oliver riuscì a smettere di ridere per le reazioni buffe di Al, i due ragazzi riconobbero che l'unica opzione rimasta era dirigersi alla più vicina fermata dell'autobus e aspettare la prima corsa notturna, in attesa di un segno.

Nel tragitto di duecento metri che separava il parchetto dalla fermata, Al non poté fare a meno di interrogare Oliver, dopo che il ragazzo aveva confessato la sua poca familiarità con i mezzi pubblici.

Procedevano lenti, Oliver zoppicando e Al strascicando i piedi sull'asfalto butterato come il viso di un adolescente.

- Non si può dire che non proverai qualcosa di nuovo... - disse infine Al, ghignando mentre controllava gli orari, attaccati alla pensilina della fermata.
 
- In realtà speravo in qualcosa di più emozionante di un giro notturno in autobus, ma è pur sempre un inizio. -
 
Oliver si passò una mano tra i capelli mossi, per poi riappoggiarla sulla gamba "cattiva", stringendo appena il muscolo. Lo sentiva tirare e contrarsi per lo sforzo di quei pochi passi.

- Preferisci.. non so un massaggio Tailandese? -

La voce di Al era stuzzicante e ironica e fece scorrere un brivido inspiegabile giù per la schiena del suo interlocutore.
Il cervello di Oliver si bloccò, come se un bastone si fosse piantato negli ingranaggi delle sue sinapsi. Guardò Al come fosse un alieno.

Un massaggio.

Tailandese.

- Eh? -

Fatto da chi, da lui? Ma un secondo prima non si era lamentato di odiare gli abbracci? Quando si erano presentati a mala pena gli aveva stretto la mano e ora gli proponeva un massaggio?

La razionalità di Oliver valutava quella proposta come qualcosa di inadeguato, un po' ridicolo. Fatto da un altro ragazzo poi era un gesto piuttosto insolito...

Lo sguardo gli cadde automaticamente sulle dita lunghe e affusolate di Al, che stringevano un foglietto di carta apparentemente spuntato dal nulla.

Mani grandi, ma allo stesso tempo stranamente delicate, anche se ricoperte da piccoli calli ed escoriazioni. Un pensiero matto, folle, gli fece domandare come sarebbe potuto essere il tocco di quelle mani sulle braccia e sulla schiena.

- Come scusa? -

La propria domanda gli rimbombò nella testa come il suono rotondo di una campana.

Fu l'unica cosa che Oliver riuscì a spiccicare mentre il suo cervello elaborava, a tutta velocità, sensazioni contrastanti e anche un po' inquietanti che ragazzo-elfo gli aveva scatenato.

- Ehi ho detto qualcosa di strano? Hai una faccia. Non ti piacciono i massaggi? Hai già provato quello tailandese e non è il tuo genere? -

Detto questo Al gli allungò il pezzo di carta che aveva in mano. Era un volantino pubblicitario di un centro benessere, aperto ventiquattro ore su ventiquattro. Oliver avrebbe voluto schiaffeggiarsi. Era così suggestionato da quella situazione così assurda che non aveva più controllo sulla sua razionalità.

- Che vado a pensare, stupido! -

-  Cercavo solo di proporre un' attività, se non ti piace prova a vedere se trovi qualcosa che ti interessa!-

Oliver seguì con lo sguardo il dito di Al, sospeso a mezz'aria, e notò che la pensilina sotto la quale sostavano era ricoperta di annunci e volantini di ogni tipo. Scaglie di carta colorata adornavano la struttura di plastica e metallo che sorgeva dal marciapiede. Una babele di informazioni, pubblicità, scritte, disegni così intricati da perderci la vista. Oliver ne fu subito attirato e cominciò a scorrere i vari annunci in cerca di qualcosa di propizio, nel tentativo di cancellare gli ultimi  strani due minuti che aveva vissuto.

- Beh di certo mi piacerebbe imparare il giapponese, ma per mancanza di tempo mi sa che lo devo scartare.. vediamo.. -

Oliver avvicinò il naso alla parete procedendo con l'ispezione. Continuò poi scherzoso:

- Beh in effetti nel centro benessere di prima fanno lo sconto dalle 21 alle 23 potremmo approfittare..-

 Al storse il naso.

- Guarda che la mia era più che altro una battuta. Non ho una passione sfrenata per gli oli aromatici che usano in quei posti, mi irritano la pelle e urtano il sistema nervoso.. io passerei. -

- Io allora scarto il corso pre-parto e il torneo vintage di Pokemon, anche se il gameboy color dovrei averlo ancora da qualche parte.. -

Ad un certo punto Oliver scorse in basso uno strano annuncio, tutto spiegazzato, stampato su un foglio di carta viola decorato con stelle gialle. Lesse le prime parole e un sorrisone gli piegò le labbra.

- Questo sì che è divertente! -

- Al guarda, fa al caso nostro! - Oliver prese a leggere ad alta voce:
 
 La bottega della strega.
Ehi tu! Comune mortale alla fermata che su questa terra trasporti il peso della vita,
hai perso la via e la tua esistenza è grama e piena di malinconia?
Il tuo domani è incerto, la salute balla e con il lavoro non stai a galla?
L'amore hai perduto e la famiglia ti ha dato il ben servito?
Grattacapi sul lavoro, troppa fatica senza ristoro?
Niente paura! La strega Margareta ti offre una ricetta segreta, un pizzico di magia e ogni malanno fugge via!
 Tarocchi, carte e pozioni contro i dolori e il malocchio son soluzioni!
Se il tuo futuro vorrai sapere, al Cimitero dei Treni vienimi a cercare.
Predizioni a prezzo stracciato, soddisfatto o rimborsato!
 
Oliver alzò gli occhi dal foglio e incontrò quelli di Al, accesi da un fuoco ballerino. Scoppiarono a ridere così forte che quasi piansero.

- Allora ci andiamo? - Riuscì a chiedere Oliver dopo essere riuscito a regolare il respiro.

-  Sembra interessante.. dobbiamo solo arrivare al Cimitero dei Treni... ah bel posticino. -

Il tono ironico che impregnava le ultime parole di Al incuriosì Oliver.

- Cos'è il Cimitero dei Treni? -

- E' un deposito a fianco alla vecchia ferrovia, quella che hanno smantellato un paio di anni fa. Ci sono rimasti i vecchi vagoni da smaltire e altre cianfrusaglie, ma con il tempo è  diventato il punto d'incontro per diversi traffici. Principalmente ci vanno i ragazzi a divertirsi, ma qualcuno ci si è stanziato in modo permanente e ha messo su attività più o meno losche.  Dieci minuti di autobus e siamo arrivati. -

- Ma è pericoloso? -

- Di certo non è il bosco delle fate, ma pericoloso è una parola esagerata. Diciamo che non è un posto raccomandabile per ragazzi di città, appena metti piedi lì dentro capiscono subito se vieni da Riccolandia. -

- Riccolandia? -

- Già Riccolandia... è come qui chiamano i quartieri del centro, direi che tu sei un ottimo rappresentante con quella camicia firmata e la faccia pulita, quindi è possibile che ti prendano di mira... sei ancora dell'idea di andare o hai paura che ti rubino il bell'orologio che ti ha regalato papino? -

Al ammiccò, scatenando in Oliver il gonfiarsi del suo orgoglio, come la coda di un pavone.

-Tsk, non farmi ridere... devono solo provarci a provocarmi! Poi voglio davvero sapere che cosa dirà la strega Margareta del mio futuro, di certo non ho mai fatto visita ad una cartomante prima d'ora. Direi che è un'esperienza da spuntare dalla lista delle cose da fare... prima di morire metaforicamente al sorgere del sole. -

- Andiamo allora...-

Al non terminò la frase che un autobus scassato accostò, accompagnato dallo stridio dei freni e una sonora sgommata. Il rottame su sei ruote aprì le sue porte li inghiottì in un sol boccone, spingendoli nella sua pancia fatta di ferraglia e grigi sedili di plastica.

 

Al


 A parte l'autista erano le uniche anime vive su quella carretta ambulante. Dopo una breve discussione con Oliver, che era a corto di contante (probabilmente andava in giro solo con le carte di credito), ma che voleva mettere comunque la sua parte, Al aveva pagato con pochi spicci il biglietto di entrambi.

Lottò con la macchinetta automatica, ma dopo qualche tentativo l'aveva convinta a sputare fuori i loro ticket.  La ragazza scelse un posto centrale vicino al finestrino, nel punto in cui due sedili erano faccia a faccia con altri due.

 Tuttavia, con suo grande disappunto, Oliver non scelse di sedersi nel posto di fronte a lei ma al suo fianco.

- Con tutti i posti che ci sono devi starmi appiccicato?-

- Certo sei la mia guida, potrei perdermi. -

Al si limitò ad ignorarlo e contemplare fuori dal finestrino la periferia illuminata dai lampioni. Oliver aveva la strana abilità di farla irritare, ma allo stesso tempo le faceva desiderare la sua compagnia.
Al si ritrovò a pensare che loro due erano olio e aceto, mischiati inevitabilmente nella stessa insalata. Non si sarebbero mai amalgamati, ma il loro sapore congiunto non era così male.

- Beh, direi che stare zitti è imbarazzante per non dire noioso. -

Al sospirò, le era sembrato troppo strano che Oliver avesse deciso di rimanere zitto rinunciando a punzecchiarla.

- Mi piace il silenzio, lo associo ad una dimensione confortevole in cui ognuno sta nel suo intimo spazio. Indisturbato. -

Al sperò che la sua risposta, calcata sull'ultima parola in particolare, zittisse il suo compagno di viaggio, almeno per un minuto.

- Io invece lo odio, lo trovo triste e vuoto. Inoltre mi dispiace "lupo solitario", ma non funziona così quando si è in compagnia. Bisogna socializzare! -

- E chi l'ha detto? -

- Il mondo lo dice, le interazioni sono necessarie per la sopravvivenza. -

- Non sono d'accordo e poi scusa! In cosa consiste il socializzare? Siamo solo io e te su questo bus. A parte l'autista con chi vuoi attacar bottone, con i sedili? -

- Dobbiamo socializzare io e te, genio! Non ci conosciamo per niente. Dovremmo avere una minima idea di com'è la persona con cui passeremo il resto della notte, impegnati in attività indimenticabili! -

- Ti faccio notare che detto in questo modo è un po' ambiguo. - disse Al con voce scherzosa, attirò poi le proprie lunghe gambe a sé, appoggiando i talloni sul sedile, e lasciando che la fronte toccasse le ginocchia. Nascose così il debole rossore che le aveva colorato le guance. Al non sapeva perché aveva risposto in quel modo e si vergognò tantissimo di esserselo lasciato scappare.
 Dopotutto Oliver non aveva capito che era una ragazza, almeno così credeva. Un commento del genere le suonò d'un tratto strano e fuori luogo, acuendo il suo stato di imbarazzo.

Oliver infatti ribatté con voce che tradiva un'emozione sconosciuta, forse turbamento.

- Sei tu che l'hai interpretato in modo ambiguo, le mie parole erano assolutamente univoche e chiare. -

Prima che un silenzio imbarazzante calasse tra di loro, Oliver incalzò Al con una proposta.

- In ogni caso per semplificare la nostra conoscenza suggerisco il gioco delle venti domande. -

Sospiro di sollievo, la fronte di Al si staccò dalle ginocchia.

- Mai sentito. -

- Non me ne stupisco affatto data la tua scarsa attitudine alla socialità, ma è semplice non temere il succo è racchiuso nel suo titolo. Abbiamo a disposizione venti domande a testa per conoscere al meglio l'altro e l'interpellato deve ovviamente rispondere sinceramente. -

Ad Al l'idea non piaceva per nulla.

-  A me non sembra tanto un gioco quanto un interrogatorio...chi ti assicura che l'altro dica la verità? Ci si può avvalere della facoltà di non rispondere? -

Oliver sbuffò.

- Nessuno ti assicura che l'altro dica il vero, è un gioco che si basa sulla fiducia. Se ti fa star meglio puoi non rispondere e passare alla prossima domanda. Su giochiamo! Parto io, qual è il tuo vero nome? -

Al gli riservò la sua occhiata più feroce, ma Oliver continuò a guardarla con un sorriso impertinente sulle labbra.

- Prossima domanda. -

- Daaaai quanto sei difficile! Per questa volta lascio perdere. Adesso tocca a te. -

- Sei un serial killer? -

- No! -

L'espressione scioccata di Oliver le fece provare un soverchiante senso di vittoria. Così continuò a battere il ferro finché era caldo, magari il ragazzo avrebbe perso interesse nel gioco.

- Un narcotrafficante allora? -

- Dai, sii serio! -

 Dal tono si sentiva che Oliver si stava spazientendo ed Al gongolava dentro di sé.

- Le mie domande sono serissime...-

Fu la volta di Al di ricevere un'occhiata assassina. La ragazza cedette.

- Va bene scusa, passerò alla banale e scontata domanda "cosa fai nella vita?" Contento? -

- Oh finalmente una domanda facile! Mi occupo del manegement di un'azienda automobilistica, principalmente dei rapporti con i clienti e il pubblico. -

- Mmmm ok, quindi sei abituato a parlare con la gente, intortarla per bene finché non cede alle tue condizioni .. questo spiega molte cose. -

- Esatto, tu invece? -

- Lavoro in un bar. -

- Davvero? Cosa fai in particolare?-

- Il caffé? -

- Giusto...e basta? -

Al sbuffò e pigiò il pulsante per prenotare la fermata.

- Ora basta con le domande ispettore. Siamo arrivati. -



 
 
N/a

Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo spero vi piaccia, purtroppo questo periodo è molto pieno e gli aggiornamenti saranno lenti. Grazie come sempre a tutti i lettori e recensori, se vi va lasciate un pensiero, a presto!
  
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