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Autore: Johanna_Reprise    27/06/2015    2 recensioni
“Ho letteralmente provato il tuo stesso dolore.”
Il dottor Chilton sembrava parlare a se stesso, negli occhi socchiusi lo scintillio di una richiesta: comprensione, complicità, bisogno di disseppellire le certezze di una vita lustra che un destino beffardo aveva macchiato.
Ma c’era anche qualcosa di più, qualcosa che ribolliva più in profondità, che incrinava la voce e increspava il suo volto serafico: rabbia.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frederick Chilton, Will Graham
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Premessa
Salve bella gente! Brevissimo avvertimento: questa one shot contiene spoilers fino alla 3x04 di Hannibal, quindi, se non siete in pari, rimandate la lettura! Detto ciò, ricomincia Hannibal... ricomincia il bisogno di scrivere (nello specifico, sui miei soliti personaggi preferiti) uwu
Non voglio dilungarmi, grazie a chi leggerà, grazie a chi recensirà. A presto,

Giovanna



Matching Scars

I morti, almeno, hanno il lusso di aver posto
la parola fine a quello che hanno perso.* 
 
“Provo empatia nei tuoi confronti, Will”.

Se non fosse stato per l’odore intenso di acqua di colonia insinuatosi nella stanza non appena la porta era stata aperta, qualche minuto prima Will avrebbe giurato di aver ritrovato Abigail.  
Ferita, insanguinata, l’esile collo ancora segnato da un taglio chirurgico, eppure viva.
Ma la sagoma che gli si era presentata davanti aveva i contorni di un uomo, avvolto da un’aria densa e penetrante, come un nodo di richieste velate e intenzioni malcelate. Il volto composto come un puzzle di espressioni senza espressione, gli occhi un misto di sollievo e ostinata curiosità: aveva portato con sé un bouquet, e a Will in quel momento era quasi venuto da ridere, pensando a quanto il dottor Chilton si fosse impegnato per apparire elegante ed impeccabile come sempre e alla situazione in cui, dopo tempo, si reincontravano, entrambi vivi.

Ora l’uomo era lì, a scandire parole che tradivano qualcosa di più che una semplice visita di cortesia. La sua voce era morbida- Will non sapeva esattamente se quello fosse un aggettivo giusto per definire una voce - sinuosa, e riempiva lo spazio in maniera sottile, come un tessuto, o una ragnatela.
“Ho letteralmente provato il tuo stesso dolore.”
Il dottor Chilton sembrava parlare a se stesso, negli occhi socchiusi lo scintillio di una richiesta: comprensione, complicità, bisogno di disseppellire le certezze di una vita lustra che un destino beffardo aveva macchiato.
Ma c’era anche qualcosa di più, qualcosa che ribolliva più in profondità, che incrinava la voce e increspava il suo volto serafico: rabbia.
Un veleno che negli ultimi mesi lo aveva alimentato come un concime: era penetrato in ogni fibra del suo corpo, nei giorni passati in un letto d’ospedale, nelle ore di fisioterapia con una sconosciuta che gli sorrideva affabile, nei momenti in cui si era esercitato ad indossare le protesi, a parlare con scioltezza, a truccarsi senza esagerare, ad abituarsi a guardare il mondo – o quel che restava del suo mondo – con un occhio solo.  
Aveva imparato ad apparire intatto, a riacquistare il suo aspetto di sempre in pochi minuti, come ricomporre i pezzi di una tazza rotta: eppure, ogni volta che si guardava allo specchio, o che incrociava il suo volto nel finestrino di un auto, nel piano lucido della cucina, nello schermo ancora spento del computer, vedeva se stesso come una mutilazione. L’insieme di tutto ciò che aveva perso, il risultato beffardo di un puzzle in negativo, in cui i pezzi rimasti perdevano d’importanza a fronte di quelli che gli erano stati sottratti.

Abbiamo le stesse cicatrici”, Will Graham parlava con la mascella serrata dal dolore della convalescenza. Il dottor Chilton sapeva che aveva perso quanto lui, più di lui. Hannibal Lecter per lui, prima ancora di una ferita nello stomaco, era stato un amico. O qualcosa di più, come aveva ponderato Frederick già da tempo.
“Abbiamo un’opportunità, Will”, la voce del dottore ebbe un tremito, come un guizzo di eccitazione, “possiamo catturare l’uomo che ci ha incastrato e mutilato.”

“Non c’è nessuna opportunità, Friederick”, Will fece una pausa, “non per te.”

Chilton comprese allora la distanza abissale che c’era tra loro: una distanza che neanche ciò che tutti e due avevano perso poteva colmare.
Il dottore sapeva da sempre che era il senso del limite, della sconfitta, della sofferenza ad unire le persone da un punto di vista psicologico ed affettivo: aveva sondato le profondità del dolore dei suoi pazienti, eviscerato la loro paura di rimanere soli, seguito il loro bisogno disperato di trovare qualcuno che comprendesse il loro dolore ma, soprattutto, che lo avesse vissuto.
Eppure, Will non mostrava nulla di tutto ciò: non il bisogno di conforto, non la ricerca di complicità, non la volontà di condividere la sofferenza. Ma soprattutto, non sembrava covare vero risentimento. Era come ciò che gli fosse accaduto non avesse costituito un limite, quanto un’opportunità: per conoscere a fondo se stesso, e Hannibal Lecter. Un’opportunità che li aveva legati ancor più di prima, allontanandolo al contempo da tutti gli altri, da  Chilton e dal veleno che aveva sperato di condividere con lui.

Il dottore si alzò, posò con delicatezza i fiori sul comodino accanto al letto, e uscì accostando la porta. Silenzioso come non era mai stato.

*
L’impianto stereo esalò le ultime note di un disco blues mentre Frederick vuotava il bicchiere di bourbon.

Born under a bad sign
I been down since I begin to crawl
If it wasn't for bad luck,
I wouldn't have no luck at all.


Si lasciò sprofondare nella poltrona del suo appartamento, la pelle morbida in tono con il tappeto, con la cucina, con il tavolo in mogano del soggiorno. Tutto nuovo, intonso, lussuosi pezzi di una casa che aveva ripulito da cima a fondo, ma che ancora, a volte, sembrava sussurrargli di quella sera in cui Hannibal Lecter aveva dato inizio a quella che credeva essere la sua fine.
Lasciò danzare il bicchiere vuoto tra le mani, perdendosi nei bagliori del cristallo e nelle gocce d’alcol lungo il bordo.

Non c’è nessuna opportunità, Frederick.

Si passò una mano sulla fronte, lasciando che questa scendesse giù, sull’occhio cieco, sulla guancia cadente, sulla cicatrice scarlatta dove un proiettile lo aveva trapassato; e ancora giù sul ventre, dove attraverso il tessuto leggero della camicia ripercorreva altri e più antichi segni che aveva imparato a conoscere, mai ad accettare.
Ogni centimetro del suo corpo sembrava reclamare con ostinazione ciò che aveva perso.

“D’accordo”, sussurrò, sfiorando l’anello vistoso che gli cingeva l’anulare. Immaginò Hannibal Lecter nel suo ospedale, l'abisso della sua mente che avrebbe potuto esplorare con la stessa violenza con cui lui lo aveva mutilato, la sua malattia che avrebbe eviscerato e sezionato con lo stesso puntiglioso accanimento con cui lui infieriva sui cadaveri delle sue vittime.
"D'accordo", ripetè, sul volto rilassato un'increspatura leggera, come un impercettibile sorriso di compiacimento.

Non avrebbe perso altro. Non più.




 

*Tratta dal dialogo di apertura di Aperitivo tra Mason Verger e Frederick Chilton.
  
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