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Autore: Newtmasinmyveins    28/06/2015    5 recensioni
Chiudo gli occhi e apro la porta, guardo in ogni angolo della stanza ma lui stranamente non c’è; la mia attenzione è catturata da piccole bustine argentate sul comò, che oscenità!
Prendo la bustina, anche se so perfettamente cosa sono:“Profilattici al gusto di cocco”
Che coincidenza, il gusto che odio.
«Allora? » domanda alle mie spalle e mi fa sussultare.
Da dove sbuca?
Colossale figura di merda: ho i preservativi in mano.
E lui è senza maglia … che sarà mai? Eppure la mia lucidità sta andando a fuoco.
-E' rinata questa storia che avevo abbandonato, ho visto in quanti la seguivate e non meritavate ciò che ho fatto. Perdonatemi. E' scritta in miglior modo e ha delle basi ben fondate.
Genere: Commedia, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Non sono una potenziale vittima di un serial killer.


«Vedi mamma, non sono più una bambina, è estate ed è ora che anch’io faccia la mia parte.» Affermo concisa e determinata dinanzi al mio peluche preferito: un coniglietto rosa che ho da quando avevo qualche mese. Nonostante abbia perso metà del pelo e i suoi occhietti di plastica vetrata paiano un tantino strabici, non posso non sentirmici legata.
La mamma non aveva disponibilità economica a sufficienza per comprarmi tanti giocattoli, anzi, ciò avveniva soltanto a Natale e al mio compleanno, e quando ricevevo un presente -anche se si trattava di una matita colorata- ero la bambina più felice del mondo.

 «Sai quanto bene ti voglio, poi immagina che divertimento! » mi rivolgo nuovamente a Bunny, il mio pupazzo rosa «Conoscerò nuove persone, farò esperienze e sarà la volta buona per imparare qualche strada! »Continuo, iniziando a gesticolare animatamente, ignorando completamente il fatto che stia parlando con un oggetto inanimato,

«Io e Katy usciamo sempre nella stessa zona e non accade mai nulla di wow.» Aggiungo poi, schioccando la lingua alla fine della frase, fingendomi un poco superficiale. In realtà, non credo che lavorare sia un'alternativa eclatante alla mia estate- benché non succeda nulla di wow, a me questa realtà piace, solo che per mia madre sarei disposta a fare mille e mille sacrifici. Perché non glielo dici senza tanti preamboli? Vi starete chiedendo voi.

Beh, è semplice: la mamma è tenace, ma anche un tantino orgogliosa. Non le importa di dover fare dei turni impossibili, per lei l'importante è che ci sia il pane sulla tavola, bollette e assicurazioni pagate. Proprio per questo ho il sentore che mi dirà di no. Non m’interessa, lotterò: voglio acquisire un minimo di indipendenza, voglio aiutarla. Se c'è una cosa che ho preso da lei è la tenacia; non demorderò! Mentre cammino per la stanza a passo spedito, intrecciando e torturando le mie povere dita, sento un rumore inconfondibile: mia madre è tornata. Riconosco la sua chiusura energica del portoncino e, senza esitare, esco dalla mia camera e le vado incontro.

 «Potevi citofonarmi, portavo io le buste!» La ammonisco con fare di rimprovero. Ha la fronte imperlata di sudore e il suo fiato va a tratti irregolari, nella sua voce stanca si percepisce un forte senso d'affanno.

«Pensavo stessi ancora dormendo.» Si giustifica lei, accennando un sorriso smorzato dall'affaticamento. Sistematicamente, le prendo le buste dalle mani e, con sguardo di rimprovero, la esorto a sedersi sul divano per riprendere fiato. Con calma appoggio le borse sul tavolo e, da ottima aiutante, colloco tutti i viveri al proprio posto. Approfitto di questo momento per ripetermi mentalmente ciò che le devo dire, proprio come una studentessa prima di un'interrogazione … Peccato che il nervoso mi abbia fatto dimenticare tutto. Mia madre, seduta sul sofà in soggiorno, mi lancia qualche occhiata sorridente e con aria scocciata accende la tv. Devo dirglielo? Sì, ma come inizio? Con il peluche era tutto così semplice. Non è mia intenzione che pensi che voglia abbandonarla o sminuire il suo operato, ma non sopporto che lavori così, basta guardare il suo viso ancora paonazzo. Adesso posso fare qualcosa e agirò.

«Mamma.» La chiamo, con la voce assottigliata dall'ansia; questo è il tipico timbro che produco quando le devo chiedere qualcosa. E se se ne accorgesse subito che c'è qualcosa che non va? In fin dei conti mi conosce come le sue tasche. Io, Alex Clarck, mi pento ufficialmente di essere stata così precipitosa. Nel frattempo si volta, e quegli occhi castani, fiduciosi quanto stanchi, mi danno lo spirito giusto per continuare. È così stremata per me: due bocche da sfamare sono più costose di una. «Dimmi Ale.» Soffia incuriosita, con una vena di sospetto nel timbro, fissandomi le dita che nervosamente si aggrovigliano l’una all’altra.

«Ho diciassette anni e devo dirti una cosa..» Proseguo io schiarendo la voce e raddrizzando la schiena, apparendo più sicura.. Proprio come un'adulta a cui non potrà dire di no.

«Hai un ragazzo? » Mi interrompe sorridente affinando le palpebre, indirizzandomi uno sguardo malizioso. Il mio volto si atrofizza per qualche secondo in un'espressione tra il basito e lo schifato. Non ho mai avuto molto a che fare con i ragazzi: a parte il mio amico d'infanzia Logan, gli altri sono tutti dei rammolliti.

«No, ma…» sospiro .

“Ora le dirò la verità”

 «...A te farebbe piacere?» Sono proprio una codarda, non posso cambiare discorso! Già i titolari della pizzeria dietro l'angolo si sono espressi favorevoli alla mia assunzione, tanto che il turno di prova di stasera -a detta loro- «sarà una semplice formalità». Il viso della mamma si contorce in una smorfia pensierosa e, dopo qualche secondo, continua a rivolgermi occhiate maliziose.

«Perché non dovrebbe farmi piacere? Sei così dolce e brava …» Mi loda lei. Se le dirò le mie vere intenzioni non continuerà per molto,

 «È normale che ti impegni con un ragazzo.» Fa spallucce come se per lei fosse una cosa scontata, ovvia. Invece no! Non ho un ragazzo e tanto meno voglio averlo.

«No, mamma! Non ho un f-fidanzato!» Smentisco con vigore, pronunciando l'ultima parola con ribrezzo, facendo con le mani segno di stop. Mi porto i capelli dietro l’orecchio e respiro profondamente. Ormai ha capito che sono tesa per qualcosa di veramente serio, non posso più tirarmi indietro. «Quello che sto tentando di dirti da un paio di giorni è che…» Nel momento in cui lei alza i suoi occhi verso i miei, meccanicamente io abbasso lo sguardo, fissando il pavimento come se vi fosse qualcosa di sovrannaturale. «Ho trovato un lavoro e stasera è il mio primo turno, sei contenta?» Sputo tutto d'un fiato, alzando immediatamente lo sguardo per scorgere la sua reazione. Fingo di sprizzare gioia da tutti i pori per addolcirle la pillola e, soprattutto, perché non voglio che pensi che lo faccia solo per compassione.

 «Un lavoro? » Reagisce lei con timbro spigoloso, alzando il sopracciglio« Che tipo di lavoro, Alex?» Si irrigidisce lei, marcando il mio nome proferendo quella frase.

Quando mi chiama con il mio appellativo completo -anziché Ale o Aly-, significa che è arrabbiata, e ciò non può che portarmi a sentirmi più tesa. «Un pizza express.» Accenno facendo spallucce, quasi nel tentativo di mangiarmi le parole. Nel momento in cui ha aperto bocca per prendere fiato e, conseguentemente rimembrarmi che non ho una patente, le specifico con un sorriso colpevole stampato in volto: «Uso la bicicletta.»

«Non cambia Alex. » Ribatte lei, dimostrandosi irremovibile- Perché vuoi fare una cosa del genere?» Domanda volgendomi l'espressione di chi ha appena ingoiato un limone, spegnendo addirittura la tv; questo è il segno che si prospetterà una lunga e difficile conversazione. «Voglio potermi pagare ciò che mangio, ciò che indosso. » Rispondo con decisione, senza lasciarmi suggestionare dalla situazione« In due sarà tutto più facile!» Mugolo io, cercando di usare un registro corretto affinché mamma non fraintenda e non si senta ferita. Rispetto a come la immaginavo, ha un’aria meno tesa.

Mi fissa con sguardo inespressivo e, mentre sta per parlare, la interrompo un'altra volta. «Starò attenta.» Affermo con sicurezza, come se fossi una temeraria condottiera che sa a che cosa andrà incontro.

 «Alex …»  Mi chiama con apprensione, cerca di farmi ragionare, ma non cambierò idea. «Questo è il Bronx: tutto è un pericolo.»

« Facciamo una cosa, mamma. » Prendo le redini del discorso«Vedrò come andrà stasera: se ci saranno problemi, io stessa dichiarerò di voler dare le dimissioni.» Tento di giungere a un compromesso, speriamo che accetti. Alza un sopracciglio, irrigidisce la mascella. “Cattivo segno.” Penso e chiudo gli occhi sperando che non lanci una delle sue stridule grida. Perché tarda a rispondere? È davvero un'idea così tabù? Non so più quale spirito pregare per uno stupidissimo sì.

 

«...E va bene. »Cede lei con uno sbuffo«Però, massima attenzione.» mi sembra di sognare, ha accettato!Sembra rassegnata, ma l'importante è che sia riuscita nel mio intento.Prima o poi si accontenterà.

In fondo non è così arrabbiata, altrimenti non avrebbe osato alzarsi e abbracciarmi.
 

• • • •

 
Sto cercando un abbigliamento adatto, benché sia convinta che mi sarà assegnata una divisa. Spero vivamente che chi la indossava prima fosse un tipo igienico! Qui nel Bronx non ci si possono permettere tanti fronzoli, se osi chiedere una tenuta di lavoro pulita i casi sono due: o ti mandano in lavanderia -a spese tue-, o ti mandano a quel Paese.
Ad ogni modo, credo che una camicetta bianca e un paio di jeans nero siano essenziali.

Ora che lavoro dovrei essere un'adulta -quasi- in piena regola e, in quanto tale, dovrei assumere anche un'espressione da grande. Tento di serrare le mie labbra morbide e carnose, quasi quasi ancora come quelle di una bambina, in una linea dritta, inespressiva, permettendo alle mie guance di apparire quasi scarne, notando che il viso mi si stava progressivamente allungando.Okay, questa espressione da pesce lesso non fa proprio al caso mio.

Facendo una linguaccia allo specchio confermo a me stessa di essere rimasta la cara e vecchia Alex … Con qualche soldo in più a fine mese!
Accenno un sorriso finto e, prima che la tristezza possa farsi spazio nel mio cuore, prendo il cellulare per comporre il numero di Katy. Non le ho mai parlato di questo lavoro, temevo vivamente che potesse schierarsi dalla parte di mia madre.

A rispondere è la voce squillante della mia migliore amica: «Ma finalmente!» Canzona alzando leggermente la voce, riesco solo a sorridere e stavolta per davvero.«Sono felice che ti sia degnata di chiamarmi! »

Mi rimprovera con fare affettuoso «Stavo già telefonando tua madre e se anche lei mi avesse evitata, avrei chiamato il 911. »
 
Sentendo la mia risata non riesce a trattenersi e, prima di lasciarsi coinvolgere del tutto, mi domanda perché negli ultimi due giorni non mi sia fatta sentire.
 
Come faccio a dirle che ero impegnata a cercare un lavoro decente?
 
«Ehm... Ho una valida ragione …» Tentenno io. Mi sento una sciocca del chiedermi se è giusto dirglielo e, benché conosca perfettamente la risposta, ho un folle timore della sua reazione« Ho trovato un lavoro Kaat! »

Ciò che avevo immaginato si è inevitabilmente realizzato, ahimè. I miei poveri timpani!

«Quando credevi di dirmelo?!» Mi domanda lei agghiacciata, alzando la voce di minimo un'ottava, competendo addirittura con gli acuti di Mariah Carey.

«Beh …» Cerco di dare spiegazioni senza perdere la calma. Da dove inizio?

 «Si tratta di un pizza express in bicicletta. » Specifico io, udendo comunque un insolito silenzio tombale dall'altra parte della cornetta «Sta pur tranquilla per la mia incolumità!» Tento di rassicurarla con il mio fare -apparentemente- spensierato.
 
Certe volte Katy si comporta come se fosse un secondo genitore.

«E tua madre è d’accordo?» Mi domanda con una vena di sospetto nel timbro. In fin dei conti, non è difficile comprendere che ci sia della malafede; per certi versi la conosce meglio di me!
Le donne della mia vita mi hanno sempre tenuto lontana dai pericoli e Katy, solo perché è più grande di me di quattro mesi, si sente in dovere di indirizzarmi e consigliarmi in ogni occasione.

«Sì, ma non meravigliartene. » La ammonisco io«Inizialmente era scettica e fredda, ma poi mi ha abbracciata.» gongolo, facendo percepire alla mia interlocutrice che sto sorridendo dall'altro capo del telefono. Quasi quasi, ancora non me ne capacito: finalmente mamma chioccia, piano piano, lascia il suo pulcino avventurarsi nel mondo dei grandi.

«Oh Alex … »Mi chiama lei con fare lagnoso« Mi chiedo se un giorno quella testa ti consiglierà qualcosa di buono...» Si lamenta con il fare di una nonna prudente quanto fifona.
Per tutto l'affetto che provi per lei, non le do il minimo ascolto; so che lo dice per il mio bene, ma non sono una potenziale vittima di un serial killer.
 
«Ne dubito Katy. »Sbuffo io, con il fare da ragazzina -a loro detta- “incosciente” che mi ha sempre caratterizzata «...Ma ciò non toglie che possa sperarlo!» Smorzo la tensione io, facendo finalmente tornare la mia mamma-nonna-migliore amica a sorridere.

Non appena poso il mio sguardo sull'odioso orologio a cucù che mia madre mi ha appioppato in camera, m’irrigidisco lievemente.
 
«Se permetti, sono le 19:00 e tra meno di un’ora devo stare al lavoro. -Ammicco con fare ironicamente saccente- È il mio primo giorno e non posso fare tardi.» Mi giustifico, facendo l'ultimo nodo ai lacci immacolati delle mie amate Converse nere.

Rapidamente liquido la mia migliore amica, che non sembra prendersela.
Metto al suo posto il cordless e, orgogliosa di me, vado in bagno a lavarmi i denti.
 

• • • •

 

In periferia, intanto, qualcuno sta tramando qualcosa...
 

L'atmosfera è torbida, l'aria pesante. Qui tutto rimanda a una fogna, dalla puzza dei fetidi rifiuti, misto all'odore di fritto del ristorante cinese accanto, le cui pareti, con quelle del locale marocchino che vi giace a lato, forma la strettoia in cui io e il Capo stiamo facendo affari. Il nostro fitto parlottare è interrotto soltanto dallo squittio di qualche pantegana che s’insedia tra i sacchetti dell'immondizia, passando sulle pozze umide accanto ai bidoni, addossati alle strette e grigie pareti.
Per nulla al mondo ci scopriranno, nessuno ha il fegato di venire in un posto come questo. L'unica cosa che potrebbe mettere in evidenza quest'angolo riservato a noi può essere la luce al neon del minimarket di fronte che, ormai scarica, funziona ad intermittenza. Quel locale è di proprietà di una famiglia russa e, se sono riusciti ad affrontare tutte le spese e acquistare lo stabile, non è stato di certo per mezzo degli incassi del negozio, ma per il traffico loro di hashish: il più vasto del Bronx.
Nessuno, nemmeno gli stessi piedi piatti, ha mai avuto il coraggio di denunciarli o di metter loro le mani addosso; se qualcuno storcesse loro solo un capello, non esiterebbero a chiamare i loro amici, sistemando l'intruso per le feste.
 
«Capo, so come possiamo attaccare O’Brian.» Bisbiglio ammiccando.
 
«Anche se le tue sono solo cazzate, parla!» Risponde il Capo: un uomo notevolmente più robusto di me, tirando qualche boccata dal suo Churchill.
 
«Diciassette anni fa ha avuto una figlia con una certa Lily Clarck. » Lo informo, rimanendo con le mani in tasca «Abitano qui vicino e possiamo prendere le due donne come ostaggio fin quando non ci darà quel che ci spetta.» Propongo poi, con estrema semplicità, badando sempre di guardarsi intorno.
 
«Come idea ammetto che non è niente male …»Bofonchia compiaciuto il mio interlocutore, lasciandosi sfuggire un piccolo ghigno irruvidito dal fumo del sigaro«Però, se le ha abbandonate anni fa, significa che non le interessano così tanto. »Constata il medesimo, portandosi il pollice e l'indice ingialliti dal tabacco all'estremità dei baffi«Come lei ben sa, non voglio perditempo.»
 
«Oppure tiene così tanto a loro che per proteggerle le ha abbandonate. »
 
Il capo sta zitto, ammette che stavolta ho fatto un buon lavoro. Non è stato facile.
 
«Sai John …» Mi richiama in causa «Non ci avevo pensato …» Mormora poi, continuando ad accarezzarsi i baffi« Hai solo questa possibilità, mettiti sulle tracce della ragazza e per domani la voglio qui.»
 
«Le avremo in pugno. » Affermo io, scostando lo sguardo da quello del mio interlocutore «Vero?!» Gli domando poi, alla ricerca di certezze.
 
«Voglio solo sua figlia …» proferisce il capo portando il sigaro tra i denti.
 
Non sono solito a far emergere nemmeno uno spiraglio di debolezza, tanto meno con chi è più potente di me; questa volta, però, è inevitabile. Irrigidisco la muscolatura del volto ed incattivisco lo sguardo, a dispetto di quell'espressione che, poco fa, ha rischiato di tradirmi. Questa volta non è un affare come un altro, ma qualcosa di più personale, che mi tocca in prima persona. Non possiamo farci sfuggire quel O'Brian. Questa volta non posso fallire.
 

Spazio Autrice: Finalmente il tanto e atteso primo capitolo davvero introduttivo( atteso per me) xD Inizio col dire che tengo tanto a questa storia ne sono la prova i vari titoli che cambio, è talmente perfetta a mio parere che nessun titolo può ben definirla. Attenzione, ho detto perfetta non perché credo che io sia un Dio della scrittura anzi, sono molto acerba, la reputo caruccia perché è vecchia ed è rinata...e in un certo senso mi sta rispecchiando: sono rinata anch'io in questi giorni. Non so se avete visto il trailer, ma per chi non ne ha avuto modo ecco il link (copiate e incollate) https://www.youtube.com/watch?v=suz-PryjMVs. Un immenso grazie va a Daphne09 , senza lei non saprei proprio come fare( aggiunge, elimina e modifica ciò che io , invece, scarabocchio). Un altro grazie va a  coloro che leggeranno e decideranno di metterla tra le preferite/ricordate/seguite e chi già lo fa dal principio. Spero davvero di emozionarvi e di sentirvi anche per critiche. Baci zuccherosi :*
 

   
 
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