1 – TRA
TENEREZZE E
PANNOLINI
Nel vedere la faccetta
paffuta del bambino Eragon
dimenticò ogni buon senso e si avvicinò
all’amico lasciando la spada dietro di
se; il piccolo era assopito tra le braccia del riccio, avvolto stretto
nelle
coperte che quasi sembrava soffocare, cosa testimoniata anche dalle
guance
rosse. Senza essere troppo sicuro allungò le mani e Murtagh
glielo cedette
volentieri, sospirando subito dopo, come se si fosse liberato di un
peso.
Allentò le
coperte e subito il bambino iniziò a respirare
più facilmente «L’avevi stretto
troppo» lo ammonì con sguardo cupo e severo,
Murtagh non vi badò più di tanto e
scrollò le spalle. Non era cambiato
dall’ultima volta che lo aveva visto, solo i suoi lineamenti
si erano fatti più
spigolosi; nel complesso era rimasto lo stesso, gli occhi forse erano
meno
cupi, ma questa poteva essere solo una sua impressione.
«Spiegati»
sbottò poi, non intenzionato a lasciare alcuna
via di scampo all’altro. Murtagh lo guardò
rancoroso, sembrava quasi che
volesse darsela a gambe, ma alla fine capitolò
«Quello – indicò il fagottino
–
è mio figlio»
«Come
è tuo figlio?» Non gli sembrava possibile che
Murtagh potesse avere un figlio; però, ripensandoci si
catapultava qui con
l’aria di uno che ha visto uno spettro e con un bambino in
braccio l’idea
avrebbe dovuto sfiorarlo.
«Andiamo
Eragon! Non dirmi che ti devo spiegare come si
fanno i bambini» a quelle parole non riuscì ad
impedirsi di arrossire, ma sperò
che con solo la luce della luna Murtagh non lo notasse. «E
prima di continuare
questa chiacchierata non potremmo
entrare, metterci comodi e magari tu potresti indossare qualcosa di
meno…
bagnato» fece riservandogli un’occhiata dalla testa
ai piedi.
«Va
bene» acconsentì poi, gli fece strada verso il
tavolo
e quando si fu seduto gli mise il bambino in braccio, sibilandogli un
tieni
poco gentile, per poi dirigersi verso la stanza da letto.
Quando tornò
trovò Murtagh che fissava intensamente il
bimbo addormentato, sembrava deciso a farlo scomparire con la sola
forza dello
sguardo; sospirò abbattuto, si prospettavano tempi duri per
lui. Possibile che
appena si era adattato a quella nuova vita quell’imbecille di
Murtagh doveva
presentarsi alla sua porta con un bambino in braccio. «Va
bene, spiega» si
sedette di fronte a lui e si preparò ad ascoltarlo.
«Beh, sai
come vanno queste cose» iniziò il moro ed
Eragon fu sul punto di fermarlo e dirgli che, anche se aveva
vent’anni, non
aveva idea di come andassero certe cose; ma si trattenne e
annuì solamente «Ho
incontrato sua made l’anno scorso; è stata
un’avventura, niente di più. Solo
una volta, ma è bastata per…»
sollevò il bambino con uno sguardo cruciato; era
evidente che non lo voleva. «L’ho incontrata ancora
il mese scorso, mancava
poco al parto; comunque era d’accordo con me sul prendersi
cura da sola del
bambino, io le avrei portato ogni tanto qualche soldo per allevarlo al
meglio»
Qualche
soldo?!
Pensò con rabbia; per quell’idiota pensava che per
sostituire un padre bastasse
qualche soldo. Assottigliò le labbra, ma se avesse detto
quello che aveva in
mente non avrebbero finito quella conversazione in tono pacifico,
quindi lo
lasciò continuare.
«Sono tornato
il mese dopo, tre giorni fa e ho trovato
una donna che cercava di vendere il bambino come schiavo; da quella ho
saputo
che la madre era morta di parto e che non c’era nessuno in
grado di prendersi
cura del neonato, così l’ho preso io» e
qui veniva il punto cruciale. «Perché
sei venuto qui?» Chiese ancora Eragon, ormai aveva capito il
motivo ma voleva
sentirlo uscire dalle labbra del riccio.
«Io non ho
idea di come si faccia il padre, tu saresti
più bravo di me e con te starebbe meglio. Sei
affidabile» soffiò in fine il
Cavaliere Rosso. Eragon trattenne la raffica d’insulti che
gli salirono alla
gola come bile.
«E io sono la
prima persona, affidabile, che ti
è venuta in mente?» Chiese con il tono di chi ha
voglia di strozzare il proprio interlocutore. A dir la
verità Eragon era la
seconda persona a cui aveva pensato di lasciare il piccolo, ma la prima
era
stata Nasuada e pensare a come sarebbe potuta andare se lo avesse
portato da
lei gli metteva i brividi.
“No Nasuada, non
sono tornato perché ti amo; volevo solo chiederti se potevi
occuparti di mio
figlio, mio e di un’altra donna… Addio”
non era proprio il massimo della
galanteria; tra i due mali, alla fine, aveva scelto il minore. Ma
questo non lo
disse al castano.
«Non mi
prenderò cura del bambino al tuo posto» aggiunse
duro Eragon, per poi ammorbidire leggermente la voce e specificare
«ma ti
aiuterò e potrai rimanere a vivere qui» che cosa
lo avesse spinto ad offrirgli
un posto dove vivere e il suo aiuto non lo sapeva neppure lui; forse
alla fine
un figlio lo desiderava
*
Sistemarono il bambino
nel letto di Eragon, che era abbastanza
grande per tutti e tre, ma Murtagh si accontentò del piccolo
divano che stava
nella stanza attigua. Avrebbero pensato il giorno dopo a una
sistemazione più
confortevole. Appena pronto il piccolo giaciglio il Cavaliere Rosso
crollò
addormentato, tanto il viaggio lo aveva stremato.
Tornato nella sua
camera il castano trovò il bambino placidamente
assopito in mezzo alletto, i pugnetti leggermente alzati, come se
volesse
segnalare la sua presenza. Avvicinandosi un po’ di
più si accorse che una delle
due manine era posata proprio sopra la bocca del bimbo, che teneva fra
le
labbra il pugnetto succhiandolo leggermente.
Quella vista
riuscì a scaldargli il cuore e a gelarglielo
nello stesso momento. Come faceva Murtagh a volersi sbarazzare di
quella
creaturina innocente? Non aveva forse sofferto anche lui per un padre
assente e
violento? Perché voleva che un innocento, come lo era stato
lui, patisse una
tale pena?
Prese il bambino in
braccio e gli passò una mano sulla
peluria corvina che aveva sulla testa, trovandola morbida e soffice. In
quello
stesso momento si rese conto che non aveva idea se quel bambino fosse
maschio o
femmina; aveva dato per scontato che fosse un maschio,
perché Murtagh diceva mio figlio
e non mia figlia, ma questo poteva
significare tutto e niente. In più non
sapeva neanche quale fosse il suo nome. E soprattutto se
l’aveva un nome. Sicuramente
Murtagh non s’era preso il disturbo.
Scostò e la
sottile seta elfica che lo avvolgeva più
volte per scoprire il piccolo petto del bambino che si alzava e
abbassava al
ritmo con il respiro. Appena sotto l’ombelico, ancora
leggermente rosso per il
taglio del cordone ombelicale, e prima delle gambine tozze
c’era una specie di
pezza di stoffa, sicuramente più rozza della seta elfica.
Copriva le parti
intime del bambino e emanava uno odore sgradevole.
Svegliato dal rozzo
trattamento il bambino si mordicchiò
il labbro, o almeno avrebbe fatto quello se avesse avuto i denti,
perciò il
risultato fu un buffo suono di risucchi mentre il labbro finiva nella
boccuccia
e le gengive rosee sporgevano in fuori. Eragon sorrise intenerito; gli
occhi
ancora liquidi erano azzurro chiaro, incorniciati da lunghe ciglia nere.
Era un bambino
stupendo; aveva un piccolo nasino all’insù,
sicuramente ereditato dalla madre. Mentre le labbra carnose e rosse
erano uno
stupendo lascito del padre, come una rosa rossa sul manto perlaceo
della pelle
bianca.
Le riflessioni di
Eragon vennero interrotte dallo strillo
del bambino, che sembrava non gradire la stretta delle mani del
cavaliere sotto
le ascelle. Preso alla sprovvista Eragon sussultò, facendo
piangere più forte
il bambino; con il rischio di svegliare Murtagh, nella stanza accanto.
«No. No, non
piangere. Così sveglierai il tuo papà. No,
dai piccolo… Ti metto giù, va bene?» E
detto questo lo posò sul letto, ma il
bimbo prese a dimenarsi e a piangere con insistenza. Dire che non aveva
idea di
come comportarsi era dir poco.
Certo, lui non aveva
esitato un secondo nell’uccidere un
tiranno centenario ed ora si trovava in estrema difficoltà a
calmare un
neonato. Quel che si dice l’ironia.
«Piccolino
per favore» si trovò a pigolare; un forte
guerriero che prega un bimbo perché smetta di piangere.
Sperò che se un giorno
fossero state raccontate le sue imprese quel particolare frangente
sarebbe
stato omesso, altrimenti anche la donna meno coraggiosa avrebbe riso di
lui.
Il bimbo, nel sentire
la sua voce lamentosa sembrò
chetarsi; puntò i suoi occhietti azzurri su di lui e
incurvò le labbra in un
sorriso sdentato. “Ecco, anche lui si prende gioco di
me” pensò amaramente, ma
comunque sollevato di non sentire più il bambino
piagnucolare.
«Va
bene» disse «vediamo cos’hai
qui» e slegò i due nodi
dello straccio ai fianchi del bambino, scoprendo che era un maschietto
e una
bella sorpresina, che emanava un odore al pari dello sterco di drago,
anche se
era molto più liquido.
«E ora che
dovrei fare?» Chiese in direzione del piccolo,
che gli riservò un risolino come risposta; l’unica
cosa che gli venne in mente
fu ripulire quel pezzo di stoffa grezza con la magia e rilegarla
intorno alla
vita del neonato. Quando ebbe finito lo riportò sul letto,
facendogli
appoggiare la testa tra i due guanciali e coprendolo con la seta elfica
in cui
era avvolto.
Si distese di fianco a lui, dopo aver spento la candela e rimase ad osservare i suoi occhietti farsi meno vispi e infine chiudersi, mentre gli accarezzava una guancetta paffuta con l’indice.
NOTE DELL’AUTRICE
Buona sera a tutti; per prima cosa mi
scuso per il ritardo,
ma il mio computer è stato rotto fino ad oggi e io ho appena
finito di scrivere
il capitolo, quindi spero mi perdoniate se non è
lunghissimo. Comunque si
iniziano a capire un po’ di cose e vediamo Eragon alle prese
con i primi
inceppi del genitore… Spero vi sia piaciuto e vi prometto
che non ci sarà da
aspettare così tanto per il prossimo aggiornamento.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito; sono molto felice
che la storia vi sia piaciuta!!! E spero continuerete a seguirla.
Ringrazio
anche coloro che leggono silenziosamente, spero che anche a voi piaccia
la FF
;)
Ciao a tutti e alla prossima
Ortceps
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro
recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo
dove meglio crede)