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Autore: Melabanana_    30/06/2015    3 recensioni
Hera Tadashi è un ragazzo apparentemente indifferente a tutto, che si lascia passare accanto gli eventi senza preoccuparsene molto.
Afuro Terumi è un idol emergente, ma già molto famoso, che nasconde il suo vero carattere.
Questa fic parla di come il loro incontro abbia modificato le loro vite, e di come la loro storia sia venuta ad intrecciarsi con quella dei loro amici.
Coppie: HerAfu, DemeKiri, ArteApo, vari ed eventuali.
{dedicata a ninjagirl, che mi ha fatto scoprire e amare queste pairings.}
~Roby
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Perché in ogni momento, il rosso e il viola sanno sempre trovarsi.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Altri, Hera Tadashi, Jonas Demetrius/Demete Yutaka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Epilogo.

Le prime stelle già erano visibili su una fascia di cielo scuro.
Hera osservava come quel colore sfumava gradualmente nell’azzurro chiaro, macchiandosi di rosa e arancione non appena sfiorava il sole che tramontava.
A Hera era sempre piaviuto osservare il cielo, quando era solo; adesso ancora di più, perché sapeva che anche Afuro, ovunque si trovasse, lo stava guardando.
 
xxx
 
-Tadashi, Tadashi! Cosa fai per il tuo compleanno?- chiese Kirigakure saltandogli sulle spalle.
Hera gli rivolse un’occhiata esasperata: gli aveva ripetuto già sette volte che non aveva intenzione di festeggiare in alcun modo, ma Kirigakure proprio non voleva afferrare il concetto.  
Quello stupido ninja era molto “selettivo” riguardo alle cose che sentiva, recepiva subito solo quello che voleva e il resto era come se non fosse stato detto.
Hera decise di chiudere il discorso una volta e per tutte.
-Non farò nulla per il mio compleanno, e questa è la mia risposta definitiva- disse, brusco. Kirigakure lo si ammutolì, interdetto. Hera, approfittando dell’attimo di distrazione, se lo scrollò di dosso, poi si alzò dal suo banco e s’incamminò verso il cortile esterno della scuola, sperando che il ninja capisse l’antifona e si arrendesse...
-Tadashi! La mamma è molto arrabbiata!- No, il grido dietro di lui gli fece intuire che Kirigakure, naturalmente, non si era affatto arreso. –Vedrai, un ninja non si dà mai per vinto!- Ecco, appunto.
-“Che palle!”- disse qualcuno, dando voce ai suoi pensieri. –“Che devo fare per avere un po’ di pace?”
Hera alzò lo sguardo e incrociò gli occhi blu di Artemis, che scrollò le spalle e sorrise.
-Ce l’hai scritto in faccia, Hecchan.
Kirigakure sembrò pensieroso per un momento, poi rispose alla domanda posta da Arute:- Ascolta, Tadashi, ti lascio in pace, ma solo se mi lasci organizzare la tua festa di…
-Se dici un’altra volta quella parola, commetterò un matricidio- sibilò Hera guardandolo torvo.
-Okay, non lo dico- acconsentì Kirigakure, per niente intimidito. –Ma posso sapere perché sei così contrario?
Hera sospirò e rilassò i muscoli tesi per l’irritazione. -Non festeggio il mio compleanno da quando ero in seconda elementare. Non vedo perché dovrei ricominciare ora- replicò, controllandosi il più possibile per non gridare.
-In seconda elementare? E perché?- insistette Kirigakure.
Hera tacque e distolse lo sguardo, chiaramente cercando un modo per evadere la domanda. Dopo una manciata di secondi, Artemis intervenne in suo aiuto, afferrando Kirigakure per un braccio e trascinandolo via con la scusa di cercare Demete e Aporo per “un impegno improrogabile”. Kirigakure parve molto confuso, ma si lasciò portare via, e così Hera rimase da solo nel corridoio.
Avrebbe ringraziato Arute più tardi, per avergli dato un po’ di pace.
Lo sentì rimproverare sotto voce Saiji per una sua evidente mancanza di tatto, ma Hera non si sentiva di colpevolizzare Saiji. Aveva festeggiato l’ultima volta in seconda, perché in terza i suoi genitori avevano divorziato proprio nel periodo precedente alla venuta del suo compleanno, ma di questo il ragazzo non dava la colpa a nessuno.
Aveva finito addirittura col dimenticarsene; quindi che senso aveva festeggiare il sedicesimo compleanno, se ufficialmente non aveva compiuto nemmeno nove anni? Il tempo per lui era trascorso senza numeri e non gli importava. Negli anni passati, non aveva mai avuto nessuno con cui festeggiarlo, a parte Arute, che ogni anno ignorava le sue proteste e gli comprava un regalo, a costo di infilarglielo di nascosto in casa. Sua madre gli mandava sempre un pensierino, ma a Hera non piaceva che spendesse soldi per lui da quando aveva il bambino di cui occuparsi.
Perciò, decise Hera, non avrebbe festeggiato nemmeno il sedicesimo compleanno.
Peccato che Saiji non fosse per niente d’accordo: da quando aveva scoperto che il suo “figliolo” era nato il quattro ottobre, data che si avvicinava rapidamente, non gli aveva dato tregua. Sembrava che ci tenesse più lui che non il festeggiato stesso.
“No… non è così” pensò. Odiava mentire a se stesso, ma ormai si era rassegnato al fatto di farlo automaticamente, spesso senza volerlo. L’aveva sviluppata come tecnica di autodifesa.
“Io avrei voluto festeggiarlo. Ma dall’anno in cui i miei hanno divorziato, il mio compleanno mi è sempre sembrato un giorno così…”
…vuoto.
 
xxx
 
Era arrivato alla fine, il quattro ottobre.
Hera osservava le fasce di cielo che si tingevano di vari colori: blu scuro, azzurro, rosa, arancio. Era così bello che non riusciva a distogliere lo sguardo; non si sarebbe meravigliato di finire in un tombino aperto mentre teneva la testa in aria, come un filosofo. Gli piaceva pensare che il cielo lo connettesse con ogni altra persona che lo stesse guardando, anche quelle più lontane.
Era un modo di sentirsi meno solo, ecco.
Stranamente, Saiji aveva smesso di perseguitarlo da quando Arute era intervenuto a zittirlo una settimana prima, a scuola, forse proprio perché Arute glielo aveva impedito. Ma per Hera la cosa più bizzarra era che Arute stesso non gli aveva detto più nulla da allora: a differenza degli altri anni, non gli aveva nemmeno chiesto che regalo voleva. Neanche Demete e Aporo si erano fatti vivi. Tutti i suoi amici sembravano improvvisamente scomparsi…
Sentiva un po’ la loro mancanza, ma era consapevole che fosse colpa sua. Aveva passato molto tempo a mettere distanza fra sé e gli altri, ora non poteva aspettarsi altro che questo: era il giorno del suo compleanno e lui era di nuovo solo.
“No.” si disse. “Devo smetterla di ripetermelo. È un giorno come gli altri.” Non voleva pensarci, in un certo senso… faceva male.
Il sole era sparito dietro gli edifici, lasciando dietro di sé un alone luminoso, un’aureola dorata che incoronava i tetti delle case, e le stelle della notte; il rosa e l’arancio e l’azzurro stavano scomparendo, inghiottiti da un blu scuro e denso come vernice. Peccato.
Hera sospirò e infilò la chiave nella serratura, ma non dovette fare giri perché la porta era già aperta. Accigliato, la spinse e la vide scivolare contro il muro senza rumore. Era evidente che qualcuno fosse entrato prima di lui. Ladri? Oppure sua madre?
Intravide delle luci in salotto e capì: peggio.
Amici che vogliono farti una sorpresa.
-Tadashi, buon compleannooo!- Kirigakure fu il primo a gridare, sparando in aria dei coriandoli colorati. Hera non ebbe neanche il tempo di commentare prima che il ninja gli circondasse la vita con le braccia e lo stringesse forte a sé.
Gli posò una mano sul capo e sbirciò intorno: a parte la torta con candeline, non c’era nessun’altra decorazione. Meno male. Arute gli sorrise, probabilmente l’assenza di pompose decorazioni era merito suo, di contro a ciò che Kirigakure avrebbe potuto inventarsi.
-Tadashi?- chiese Kirigakure alzando la testa. –Non sei arrabbiato vero?-
Hera lo guardò, poi notò che la stessa preoccupazione che affliggeva il ninja attraversava anche i volti di Demete, Aporo e Arute.
Allora scosse il capo, solo per il piacere di vedere quei volti amici illuminarsi.
-No. Grazie a tutti- disse piano. –Mi dispiace di essere stato freddo, prima- aggiunse, abbassando lo sguardo su Kirigakure, il quale gli sorrise e lo abbracciò di nuovo.
-Ehm- Demete si schiarì la voce, seccato. –Saiji caro, mammina adorata… Non vorrai monopolizzare Tadashi? Lasciane un po’ anche a noi!
-Sì invece! L’idea è stata mia, dopotutto!- replicò Saiji facendogli la linguaccia.
Le sue parole causarono la reazione degli altri tre, che subito si avvicinarono; Aporo e Demete afferrarono Kirigakure per le braccia e glielo staccarono di dosso, mentre Arute prendeva il suo posto.
-Hecchan, sei felice?- sussurrò Arute. Hera annuì, lasciando che il suo migliore amico lo abbracciasse, ma Arute si scostò non appena lo sentì rispondere.
-Bene, perché la sorpresa non è ancora finita- esclamò Arute con un sorrisetto.
Proprio mentre Tadashi si chiedeva se non fosse il caso di preoccuparsi, un rumore lo fece voltare: fuochi d’artificio di svariati colori e forme riempivano il cielo a sprazzi, abbagliando i loro occhi con una luce intensissima. Hera restò ad osservare rapito l’alone argenteo  che le scintille lasciavano dopo essersi spente nel blu per almeno cinque minuti, poi una voce lo fece riscuotere.
-Ti piacciono? Li ho scelti io.-
Era una voce che non sentiva da tempo.
Hera si voltò lentamente verso la porta aperta e sgranò gli occhi, perché era passato un anno da quando aveva salutato all’aeroporto Afuro Terumi.
L’idol era vestito esattamente come il giorno del loro primo “appuntamento”, ma sembrava proprio che fosse diventato ancora più bello. I capelli biondi erano più lunghi, legati in una treccia laterale, ed era più alto, anche se li separavano ancora una decina di centimetri.
-Oh, cavolo. Ma riuscirò mai a raggiungerti in altezza?!- si lamentò il biondino. –Ti arrivo ancora alle spalle… Non resta lì con quella faccia stupita, non sei contento di vedermi?- S’imbronciò, incrociando le braccia al petto, e sbuffò.
Evidentemente aspettava che Hera dicesse qualcosa, ma il ragazzo non aveva parole, perciò rimase immobile, in silenzio, a fissarlo.
–Allora, vuoi dire qualcosa?- insisté Afuro, torvo. -Non ci vediamo da un anno, e tu…- Il rimprovero gli morì in gola per la sorpresa.
-Hecchan?- provò Arute, ma poi anche lui come gli altri sprofondò in un silenzio attonito.
Nessuno di loro aveva mai veramente visto Hera piangere e, ora che le lacrime gli scorrevano senza freni sul viso, lui stesso non riusciva a credere che stesse accadendo.
Per un momento, davanti ai fuochi d’artificio, si era sentito tornare bambino. Era tornato con la memoria al compleanno dei suoi nove anni, che aveva trascorso in casa da solo, ed improvvisamente l’ambiente buio e squallido dell’appartamento in vendita si era illuminato di mille colori… Hera non credeva che avrebbe mai assistito a niente di più emozionante: era davvero un buon motivo per piangere.
-Tadashi!- Afuro lo richiamò alla realtà, prendendogli il volto fra le mani, e Hera lo abbracciò istintivamente, stringendolo forte al petto.
Gli altri presenti assistevano alla scena commossi; Hera avrebbe potuto giurare di aver visto Arute asciugarsi una lacrima, mentre gli altri tre piangevano, senza dignità, come fontane. Ma, del resto, lui era il primo ad aver deciso di mettere da parte l’orgoglio, per un giorno. Era troppo felice per avere il tempo di vergognarsi.
Hera sollevò il viso, guardando oltre Afuro pur senza sciogliere l’abbraccio, e si rivolse a tutti.
-Grazie- disse, e davvero non avrebbe potuto essere più grato.
-Scommetto che è stato il compleanno più bello della tua vita!- esclamò Kirigakure, soffiandosi rumorosamente il naso. –Tutto merito della mamma!- aggiunse, e poi scoppiò in singhiozzi. Arute alzò gli occhi al cielo, rassegnato al fatto che Saiji volesse prendersi tutto il merito.
Hera scosse il capo. –Non dicevo grazie per quello- replicò.
Tutti si voltarono a guardarlo, sorpresi.
–Che vuoi dire, Hecchan?- chiese Arute, confuso.
Hera sorrise, forse il sorriso più dolce che gli avessero mai visto fare.
“Grazie a voi questo compleanno riempirà anche tutti gli altri anni che sono rimasti vuoti” pensò. Avrebbe voluto dire tante cose, ma sapeva che non avrebbe mai trovato le parole giuste. “Grazie perché il quattro ottobre non è più vuoto.
-Spero che mi sopporterete ancora per qualche anno, perché non potrò più fare a meno delle feste organizzate dalla “mamma”- disse invece, ridacchiando.
Kirigakure si illuminò e si erse sui suoi compagni, fiero.
-Oh, perché gliel’hai detto? Adesso diventerà insopportabile!- commentò Aporo.
-Capirai, sai la differenza! Lui è sempre insopportabile- ghignò Demete.
Kirigakure gli fece la linguaccia, ma i due stavano già ridendo. Arute lanciò un’occhiata eloquente a Hera e Afuro, come per dirgli che potevano appartarsi un po’ mentre gli altri erano impegnati a battibeccare fra loro. Afuro ringraziò Arute sotto voce e poi trascinò Hera fuori al balcone con lui.
-Allora, dov’eravamo rimasti?- chiese malizioso.
Hera alzò gli occhi al cielo. –Cliché- borbottò.
Afuro stava per replicare, ma Hera lo zittì con un bacio; poi, compiaciuto del rossore che spiccava sul viso del biondino, Hera lo attirò a sé e, con il mento poggiato delicatamente sul suo capo, levò ancora una volta gli occhi verso il cielo.
Gli piaceva pensare che il cielo lo connettesse con ogni altra persona che lo stesse guardando, anche quelle più lontane; però era decisamente più bello osservarlo con Afuro.


 
E così "Aka to Murasaki" finisce qui ♥ 
Se la fic non è ancora segnata come conclusa, questo dipende dal fatto che ho intenzione di inserire ancora una storia extra, quando e se ci riesco - non posso dirvi ancora molto a riguardo, ma sarà incentrata su Aporo e Artemis e sarà cronologicamente situata prima di questo epilogo.
Grazie infinite a tutti coloro che hanno seguito questa fic fin qui, e un saluto particolare a chi l'ha recensita~
A presto (spero),
                   Roby
   
 
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