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Autore: steph808    02/07/2015    4 recensioni
Cinque amiche in università, alcuni animali che fanno pasticcio, la nascita di un amore travolgente… e nessuna trama sensata.
In brevi capitoli di circa 80 righe (su un normale programma di scrittura) questa storia racconta alcune scene di vita in università e improbabili avventure semiserie liberamente tratte dalla vita reale e dalla fantasia più sfrenata, con l'obiettivo di divertire, poi di intrattenere e infine di far riflettere, perché anche le storie senza trama hanno un filo conduttore.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo3
Capitolo 3
In cui si conosce il destino di Agenore
 
Claudia ha uno zoo in casa. Possiede un gatto, un cane, una tartaruga, un criceto, un acquario di pesci tropicali e uno di pesci di acqua fredda. Il cavallo – che letteralmente adora – per fortuna vive al maneggio. Per fortuna del cavallo, ovvio, perché gli equini sono bestie sensibili, tra tutte quegli animali che girano nel suo giardino potrebbe venirgli un esaurimento.
Il gatto si chiama Leone. Secondo la sua padrona, ha il carattere di un felino di grossa taglia. Il cane si chiama Mogano per il colore del pelo. È un bel cagnone grosso, sessanta o settanta chili di affetto e di ciccia da mantenere a suon di scatolette e croccantini. La tartaruga si chiama Coupé, come certe tipologie di automobili, e Claudia sostiene che sia un esemplare particolarmente scattante in accelerazione. Dice che è una tartaruga da corsa e siete liberi di crederle. Quanto a me, ho dei dubbi, perché non ho mai visto una tartaruga correre più rapida del piè veloce Achille, come vorrebbe dimostrare il famoso paradosso di quel tizio greco. Quello che sosteneva che Achille prima di compiere la metà della distanza che lo separa dalla tartaruga doveva compiere la metà e prima di quella metà un’altra metà più piccola e, alla fine, in pratica era impossibile spostarsi e raggiungere l’imprendibile tartaruga in fuga. Tutte complicazioni degne di un greco antico che non doveva pensare a nessun esame in università.
In caso contrario, cioè se il tizio greco avesse avuto un esame che lo preoccupava, avrebbe mosso un passo, avrebbe afferrato Coupé per il guscio e, una volta dimostrato che anche le tartarughe da corsa più scattanti sono comunque raggiungibili con facilità, si sarebbe fatto spiegare da Sofia qualche argomento dell’ultima lezione che non aveva capito, magari perché i suoi appunti – tutti a matita – si erano persi in qualche svolazzo inconcludente. Ma Zenone era filosofo e poteva dilettarsi coi paradossi, probabilmente sua mamma era contenta se, invece degli esami sul libretto, portava a casa dei paradossi abbastanza inutili.
Non ho ancora completato la rassegna degli animali. Manca il criceto, che si chiama Dentone, non perché abbia una dentatura troppo sviluppata ma perché se ne sta sempre a masticare nella sua gabbietta. Secondo Claudia, a volte sgranocchia anche le sbarre, la ruota e qualsiasi cosa gli capiti a tiro. Dice che se esistesse lo psicologo dei criceti lo porterebbe a fare una visita perché a suo parere gli mancano svariati venerdì, ma chi può dire cosa sia normale oppure no per il cervello di un criceto?
Colta da un’ispirazione improvvisa, quel giorno avevo subito proposto alle mie amiche di specializzarci in medicina veterinaria psichiatrica e aprire uno studio associato.
Mi hanno fatto notare che, primo, è molto difficile laurearsi in un corso che non esiste e, secondo, non tutti hanno la pazienza, l’affetto e la preoccupazione di Claudia con i suoi animali e, quindi, rischiavamo di non avere clienti. Puntare sulle turbe mentali di criceti e affini poteva essere poco redditizio, insomma.
Io ribattei che trovavo difficile laurearsi anche in un corso che esiste, quindi la prima obiezione mi sembrava superabile senza problemi, quanto alla seconda obiezione, Claudia si offrì di portare Dentone e pagare la visita, in modo da sbloccare l’attività dello studio subito dopo l’inaugurazione, poi avrebbe diffuso la voce ai suoi conoscenti e si disse certa che qualche altro cliente l’avremmo trovato.
Inutile dire che la mia proposta venne affossata, ma non desisto, prima o poi arriverà l’idea giusta e diventeremo ricche e famose.
Sembrerebbe, a questo punto, che tutti gli animali di Claudia hanno un nome che riguarda una loro caratteristica fisica, col che la mia amica dimostrerebbe di essere molto carina, di essere un’amante degli animali e una padrona affettuosa ma anche di avere scarsa fantasia per i nomi.
Invece, il suo cavallo si chiama Stella Atlantica e questo ovviamente non ha niente a che fare con il suo aspetto fisico. Quanto all’aragosta, l’aveva chiamata Agenore fin dal primo momento quindi quello sarebbe stato il suo nome fino alla fine dei suoi giorni. Non so quali sono i nomi più diffusi per le aragoste, ma Agenore mi sembra originale e particolare, e lo sostengo non solo per amicizia nei confronti di Claudia, ma per un’autentica difesa della sua fantasia.
Prima di perdermi nella narrazione, stavo dicendo che le avevamo chiesto notizie del suo crostaceo e lei aveva alzato un sopracciglio.
«È un pasticcio, ragazze.»
«Racconta» invitò Candida.
«Innanzitutto, in metropolitana la gente mi guardava malissimo.»
«Mi sarei stupita del contrario» osservai. «Avevi un’aragosta legata su un piatto!»
«Sì, ma siamo in un Paese libero, no? Perché la gente non si fa i fatti suoi? Voglio portare un’aragosta in metropolitana, saranno fatti miei, non credete? Invece tutti a guardarmi male, a indicare Agenore col dito mentre lui ruotava gli occhietti intorno spaurito.»
«Spaurito?» domandò Alice. «Non ho mai visto un’aragosta con dei sentimenti.»
«È quello che ho detto anch’io ieri» ribadii.
«Sono circondata da insensibili» replicò Claudia. «Comunque, grazie ad Agenore per una volta non ho rischiato di essere derubata. La gente mi stava lontana almeno un passo.»
La distanza di sicurezza dalle chele, pensai, anzi dalle “zampe”.
«Agenore l’aragosta da guardia» scherzò Sofia.
«Quando sono arrivata a casa non sapevo dove metterlo» continuò. «Acquario tropicale o acquario freddo?»
«Cosa hai fatto?»
«Beh, nel frattempo l’ho liberato in giardino. È qui che è iniziato il pasticcio.»
«Quale?»
«Mogano e Leone sono venuti subito a conoscere il nuovo inquilino. Leone aveva paura. È astuto quel gatto, e poi ha nove vite come tutti i suoi simili. S’è avvicinato a distanza di sicurezza e poi è scappato. Fino a quando le aragoste non impareranno ad arrampicarsi sugli alberi, Leone pensa di essere al sicuro là sopra. I cani sono diversi. Sono curiosi, invadenti. Mogano è grande e grosso e non ha paura degli animali più piccoli di lui.»
«Cioè tutti tranne elefanti, balene e trichechi» interloquì Sofia.
«Non è così grosso, ragazze.»
«L’hai detto tu che è più pesante di te!» ribadì Candida.
«Sì, perché io sono una ragazza magra e lui è un cagnone che non conosce il concetto di “dieta”. Se gli metti davanti dieci chili di crocchette se li mangia tutti.»
«A volte vorrei appartenere alla razza canina pure io! Sostituendo le crocchette con la nutella, però» sospirò Alice.
«Mogano si è avvicinato, l’ha annusato e Agenore deve aver pensato che fosse pericoloso, quindi l’ha pizzicato con le zampe.»
«Le chele.»
«Chiamale come vuoi.»
«Quindi?»
«Mogano s’è arrabbiato, gli ha abbaiato addosso e gli ha dato una zampata che Agenore è volato dall’altra parte del giardino. Per fortuna che la corazza è resistente, altrimenti si sarebbe spiaccicato. L’ho raccolto e l’ho messo nel terrario di Coupé.»
«Insieme alla tartaruga?»
«No, Coupé era in giro in giardino. A questo punto, mi sono posta il problema. Cosa mangiano le aragoste?»
«Non ne ho idea.»
«Nemmeno io.»
«Sofia? Cosa mangiano le aragoste?»
«Che ne so, Candida? Mi hai preso per un’enciclopedia?»
«Tu sai un sacco di cose…»
«Boh… alghe? Plancton?»
«Ecco. Brava» riprese Claudia. «Dove lo trovo io il plancton? E poi non potevo lasciarla nel terrario per sempre, no? È un’aragosta, non una talpa, ci vuole il mare, non basta una ciotola d’acqua.»
«Credo ci voglia acqua salata.»
«Sì, Sofia. Infatti all’inizio volevo metterlo nell’acquario, ma avevo paura che si mangiasse i miei pesci. Già l’acquario mi è costato uno sproposito, se mi mangia i pesci tropicali è un danno.»
«Quindi?»
«In casa mia c’è lo sciopero. Ho un cane che non esce più dalla cuccia, un gatto isolato sull’albero, una tartaruga che si è ritirata nel guscio a tempo indeterminato e quel deficiente del criceto che si mangia le sbarre. Tutto per colpa di un’aragosta.»
«E il plancton?»
«L’ho ordinato su internet.»
In quel momento entrò l’insegnante e Claudia dovette interrompere il racconto.
  
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