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Autore: ToraStrife    03/07/2015    1 recensioni
(La bambina della Sesta Luna/Full Metal Alchemist/Duck Tales/Terminator. Citazione di Card Captor Sakura).
.
Parodia su richiesta. Le disavventure di una giovane alchimista veneziana e dei suoi amici, tra nutelle filosofali, alchimisti d'acciaio, numeri aurei, fattucchiere partenopee e indistruttibili androidi.
Genere: Avventura, Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nina 2
La numero uno aurea



"When the moon hits your eye like a big pizza pie

That's amore
When the world seems to shine like you've had too much wine
That's amore
Bells will ring ting-a-ling-a-ling, ting-a-ling-a-ling
And you'll sing "Vita bella"
Hearts will play tippy-tippy-tay, tippy-tippy-tay
Like a gay tarantella "



Anni della dolce vita.
Vivaci scugnizzi sulla vespa strombazzavano la loro allegria sul golfo della città più solare del mondo.
Un quadretto molto romantico, realizzò Cesco.
Sarebbe stato perfetto ordinare una bella pasta con pomodoro, piatto unico, e poi attingere da un unico spaghetto lui e Nina, a lume di candela.
Come Lilli e il Vagabondo.
Peccato per la candela, Dodo in quel caso.
L'occhialuto sospirò.

D'altra parte, quella non era una gita di piacere.
Se tutti e tre si erano seduti in quel pittoresco ristorante partenopeo, era solamente per studiare al meglio un piano per recuperare...


- L'Oro di Napoli? - Fu la domanda spontanea.

- No, Cesco. - Rispose la giovane alchimista. - Il Numero Aureo.

- Non capisco bene cosa c'entri la Napoli di qualche anno fa.

- Le indicazioni da parte di Eterea sono state ben precise. - Spiegò Nina, - Anche se non sono riuscita ad ottenere spiegazioni in tal senso.

- Ammetto comunque che questo ristorantino è un luogo abbastanza piacevole. - Confessò l'altro. - Accogliente, raccolto, intimo...

E con qualcuno di troppo. Cesco guardò il nanetto rossiccio a fianco.


- Dodo, non senti il bisogno di correre al bagno? - Domandò, un po' spazientito.

- N-no? P-p-perché?

Francesco sbuffò, aggiustandosi gli occhiali. - Niente. - Sibilò, annoiato.

Poi all'improvviso, un blackout.

- Ch-che succede? - Domandò Dodo, in preda all'ansia. Il suo commento si perse nell'animato vociare del resto della clientela.

Fu solo un minuto di completo buio, nel quale il ragazzino non sentì né la voce di Nina, né quella di Cesco.
Solo intorno al sessantesimo secondo, ci fu un lamento, che riconobbe da parte della ragazza, e poi un rumore secco, come di un battimani.

Tornò improvvisamente la luce, accompagnata dai sospiri di sollievo dei clienti.

Dodo si rasserenò, rivedendo le familiari figure dei suoi amici di nuovo accanto a lui.
Tuttavia, c'era qualcosa di strano.

Nina, tutta rossa in viso, stava lanciando gelide occhiate a un Cesco con il viso dipinto da un sorriso beffardo.

- C-cesco? - Lo interrogò il ragazzino. - E' s-successo qualcosa?

- Niente di brutto, questo è certo. - Commentò l'occhialuto. Il sorriso si estese.

Nina non disse nulla, ma gli occhi si strinsero, carichi di risentimento. Le guance della bambina divennero ancora più paonazze.
Dodo non capiva. Però qualcosa attirò la sua attenzione.

- C-cesco. Ti è spuntata una voglia a forma di s-stella su-sulla guancia s-sinistra!

- Davvero? - Ribatté Cesco con falso stupore. Si premette una mano sulla zona. Faceva ancora male.

Dodo continuò. - E' i-i-dentica a quella d-di Nina.

Tutti osservarono il palmo della mano di Nina, con la caratteristica voglia dalla medesima forma.
Poi Nina non riuscì più a reggere l'espressione di trionfo da parte di Cesco e si girò sdegnosamente dall'altra parte.

- E' a-a-rrabbiata? - Domandò Dodo a Cesco.

Il ragazzo fece spallucce. - Le passerà.

Sotto lo sguardo interrogativo del ragazzino, Cesco premette ancora di più la mano, per non lasciargli scorgere anche i segni delle dita che circondavano la stella.
Non riusciva tuttavia a smettere di sorridere.
Se la stava godendo appieno quell'euforia, dopo aver finalmente riscosso, protetto dalle tenebre, quel credito di un bacio atteso troppo a lungo.


- C'è stato uno sbaglio! Vi dico che è tutto sbagliato!


Il ragazzo aprì flebilmente gli occhi, mentre la dura realtà lo investì come un pugno. Le gelide e oscure mura dei Piombi, l'inospitale prigione di Venezia.
A fianco a lei non c'erano né Dodo né Nina, ma una Meringa gigante dall'accento russo e una rachitica brunetta. Da un estremo adiposo all'altro. Non c'era il giusto mezzo, lei, la compagnia femminile che avrebbe preferito.
Chissà perché aveva sognato di prendere il posto di Roxy durante la missione, e soprattutto perché a Napoli.

Intanto, però, la discussione che lo aveva svegliato proseguiva ben scandita.
Controllò da dietro le sbarre, cercando di ignorare i piagnucolii della tata e le rimostranze di Fiore nei riguardi di una stanza non esattamente "a cinque stelle".

Riconobbe il biondo nanetto di prima che litigava animatamente con il carceriere.

- Ordine diretto del sindaco. Se avete rimostranze, dovreste parlarne con...

- E' da due ore che sto cercando di farlo! - Ribatté Edward, trattenendo un'imprecazione. - Prima il capo della polizia, poi quei viscidi consiglieri comunali e il loro presidente in testa. Siete un ammasso di scaricabarile. Ma vi avverto, - Intimò, come se stesse parlando a tutti loro presenti. - La mia pazienza è al limite.

Il biondino si sfilò il guanto destro. A vederlo Cesco trasalì. Una mano che non aveva pelle né carne, ma aveva una superficie lucida e splendente: acciaio.
Forse quel tizio non era umano? Forse un androide karkoniano?

Poi qualcuno sopraggiunse, con passo deciso.

- Quel che si suol dire, "un pugno di ferro in guanto di velluto".

Edward si rimise il guanto, mentre Cesco trasalì di nuovo, alla visione del mortale e viscido personaggio che più di una volta era stato la causa dei guai suoi, di Nina e degli altri amici della Giudecca.
Perfino Edward ebbe un lieve moto di disgusto. Poi l'impeto e il senso pratico ebbero il sopravvento.

- Signor sindaco! - Esclamò Edward. - Sono ore che la cerco! Lei non...

- Si calmi, signor Elric. - Lo interruppe il marchese Loredan, alzando stancamente una mano. - Possiamo parlare più tranquillamente nel mio ufficio. Senza... orecchie superflue.

Uno sguardo di sfuggita andò in direzione di Cesco, congelandogli, con quegli inquietanti occhi da rettile, le eventuali frecciatine che il bambino avrebbe voluto indirizzargli.

- Faccia strada! - Tagliò corto Edward, che si era già stancato dell'atteggiamento dell'onorevole.

Quando i due si furono allontanati, Fiore, che aveva assistito alla scena in disparte, si avvicinò all'amico.

- Cosa staranno tramando LSL e Karkon, questa volta? E quell'Edward è in combutta con loro?

- Sinceramente, non ti so dire. - Confessò Francesco. - Molte cose non mi sono chiare. E non riesco a capire se quell'individuo sia complice o una semplice pedina. Ma per adesso non possiamo far nulla. Non ci rimane che aver fiducia in Nina, Dodo e Roxy.

***

Napoli.

Non esattamente la "dolce vita" del sogno di Cesco.

Pendici del Vesuvio, per essere più precisi.

Nina si era gettata a terra, il Taldom in pugno, e poi aveva rotolato su un fianco per evitare una saetta.

- Niente male, pe' na guagliona. - Sentenziò una voce profonda, molto meno giovane di Nina e dei suoi amici. - Ma neppur si aie na' bacchètt magica, puoi competèr cu e' mie arti.

- Lo vedremo, fattucchiera! - Rispose Nina, puntando il Taldom.

La testa del gufo bubolò un raggio azzurro. Apparentemente, però, il bersaglio era stato mancato di parecchi metri.

- Gajarella, hai sbagliato completamente mira!

- Tu credi? - Ribatté Nina, mostrando un mezzo sorriso.

L'antagonista imprecò, quando vide dei detriti precipitarle addosso.
Nina aveva mirato contro una parete di roccia per creare una frana.

- Il gufo le ha portato sfortuna. - Commentò Roxy, raggiante, poco lontano, al riparo dalla battaglia.

Ma l'amica si sbagliava, e questo Nina lo sapeva. La piccola alchimista quasì non si stupì, infatti, quando il cumulo delle macerie si alzò mettendosi a levitare per aria.
Sotto poté distintamente vederli, quegli occhi, grandi, neri, carichi di rabbia.
I capelli lisci e neri si estendavano ai lati del viso, il pallore del viso che, oltre a donare raccapriccio alla figura, alimentava l'espressione furibonda del pericoloso avversario.

- Molto astuta, piccola maghetta, ma questo è stato pure o' tuo più grande errore! Adesso proverai sulla tua pelle la furia della grande Amelia De Spell!

Il becco di Amelia si estese in un ringhio.
Il becco, sì, la protuberanza di quella creatura umanoide che si definiva "donna", anche se tecnicamente aveva le piume.
Nina trovò tutto questo buffo. Mai si sarebbe aspettata, nella sua giovane vita, di capitare in un mondo popolato da animali antropomorfi.

Era sempre Napoli, beninteso.
Ma avrebbe potuto benissimo chiamarsi Paperopoli.
Sembrava infatti di essere finiti tra le pagine di uno di quei albi di Topolino che leggeva tanto da piccola.
Non che la cosa la stupisse più di tanto, visti i posti in cui era capitata. Aveva parlato con balene volanti, o dei mitologici.
E d'altra parte, sembrava che neppure al loro aspetto di esseri umani nessuno facesse caso.
Ma andava bene così: se questo crossover fosse stato un fumetto, difficilmente i ragazzi della Giudecca avrebbero avuto un becco. Al massimo un tartufo, stile Topolino.

oo
Nina Disney!


Se vi state chiedendo la linea temporale suggerita nel finale dell'episodio precedente, ebbene sì, è la Napoli del passato. Di cinque, dieci o vent'anni fa, poco importa. Tanto si sa che nel mondo Disney il tempo è sempre uguale.
Ma non era quello il momento.
Davanti a lei c'era un nemico alquanto furioso.
Altre rocce si staccarono dai dintorni per andare a infoltire l'ammasso di sassi levitanti, tenuti sospesi dalla bacchetta della fattucchiera.

- Non sono una maga. - Corresse intanto Nina. - Sono una alchimista!

- Pozioni, sortilegi o formule magiche, non fa differenza. - Sentenziò Amelia. - Una novellina come te, che viene in casa d'altri a rubare ciò che non le appartiene, ha bisogno di una severa lezione!

- Nina!

L'urlo di Dodo riecheggiò per le pendici.
Il bambino stava continuando a girare in tondo, inseguito da una cornacchia che non faceva altro che becchettarlo e gracchiare furiosamente.
Roxy raccolse dei sassi e cominciò a tirarli contro il volatile.

- Dodo, tieni stretto il Numero Aureo!

- Gennarì, non lasciare scappà o' guaglioncello! - Incitò di rimando Amelia, in direzione del suo familiare. - Adesso seppellisco quella seccatrice! - Aggiunse, puntando la bacchetta verso la bionda.

Una scarica del Taldom di Nina, tuttavia, la costrinse a parare il colpo con l'artefatto. I massi levitanti ebbero un attimo di sussulto, poi ripresero a stare fermi in aria.

- Il tuo avversario sono io, Amelia! - La sfidò Nina.

- Dannata. - Borbottò la strega. - Per un attimo mi ha fatto perdere la concentrazione. Poi urlò verso l'avversaria. - Mo' te sistemo io!

Poi, una grossa ombra si posò sul campo di battaglia. Era così grossa che oscurò sia Amelia che Nina.

- Quante pietre vuoi raccogliere ancora, con la magia? - Fu la domanda di Nina.

- Ma ca' staje a dire? - Ribatté Amelia, alzando un sopracciglio. - Mi sembravano sufficienti, te le stavo lanciando. Questa ombra non è opera tua?

Nina la osservò, perplessa.

- Decisamente no.

Entrambe guardarono al cielo. Il sole era scomparso, coperto da quella che sembrava una nuvola, ma che in effetti non lo era.
Non a giudicare dal fatto di come stesse divenendo sempre più grande.
Per non parlare dello strano ronzio sempre più forte che lo accompagnava.

- Un aereo che cade! - Esclamarono entrambe, in preda al terrore.

Seguirono confuse scene di panico nelle quali tutti correvano a casaccio e senza una meta precisa.
I detriti, privi di controllo, si erano schiantati sul terreno, non travolgendo per un pelo Gennarino e Dodo.
Quest'ultimo, una volta tanto, non ci badò, terrorizzato com'era dalla minaccia successiva, ben più grossa.
Ma a dispetto di tutto, lo schianto avvenne una decina di metri più in là, senza coinvolgere nessuno, a parte un forte spostamento d'aria.
Curiosamente, non ci fu neppure un'esplosione.
Purtroppo però, il velivolo aveva demolito l'unica struttura solida nella zona, vale a dire...

- La mia casa! - Urlò Amelia, stropicciandosi le mani nei capelli.

Dai rottami ancora fumanti, misti alle macerie della vecchia catapecchia, uscirono, tossendo, due figure.

- Ci sono dei sopravvissuti! - Esclamò Roxy.

Il primo a palesarsi fu un pellicano molto alto e slanciato, vestito con una uniforme di aviatore e una caratteristica sciarpa gialla. Gli occhi gli stavano roteando, in evidente stato confusionale.
Si sistemò con una mano il ciuffo rosso che spuntava dal caschetto.

- Cento punti! - Esclamò, con aria compiaciuta. - Questo schianto è stato uno... schianto!

Nina concluse che doveva star delirando per via della caduta, senonché questa tesi venne smentita dal rimprovero che seguì.

- Un giorno o l'altro ci lascerò le penne, con te, Jet!

Nina rimase basita, cercando di scorgere l'altra figura, ancora avvolta nella nube di fumo.
Trovò il commento persino più strano, nella sua lucidità, rispetto al delirio del pellicano.
Era indubbiamente una protesta, la voce stridula e seccata, ma il tono era fondamentalmente fermo e calmo. Per nulla isterico.
Stonava con la situazione.
Erano reduci da un disastro aereo!

- State bene? - Chiese, sinceramente preoccupata.

- Oh, normale routine. - Rispose spontaneamente il pilota, con una punta di vanità. - Schiantare aerei è la mia specialità!

- Già, prima o poi ci si fa il callo! - Ribatté la voce del suo amico.

Si vide una mano bianca brandire un bastone da passeggio e darlo sulla testa del pellicano.

- Ma finirò sul lastrico, a furia di rimpiazzare aerei!

Fu allora che Nina, Dodo e Roxy rimasero di sasso, perché finalmente il proprietario della voce si era mostrato in tutta la sua persona.
Tuba, occhiali, palandrana rossa, uno sguardo di chi aveva affrontato mille battaglie e ne era sempre uscito vivo. E ricco.
Il suo nome venne proferito dai ragazzi della Giudecca all'unisono, poiché era impossibile non riconoscerlo. Come un disegno che aveva preso vita, una leggenda che si era avverata.

- Paperon De' Paperoni! - Esclamarono quattro voci.

Quattro, sì, perché anche Amelia si era unita al coro.
Gli occhi della strega avevano cominciato a colorarsi di rosso.
Il becco si era incurvato in una smorfia rabbiosa.

- In carne e piume. - Rispose, spolverando la palandrana con la mano. Squadrò per un attimo i tre intrusi. Poco più che bambini, potevano avere l'età dei suoi nipoti, gli stessi che questa volta aveva lasciato a casa.
Poi scosse la testa: c'erano affari più urgenti.
Si aggiustò il copricapo e ricambiò lo sguardo cagnesco della fattucchiera.

- Amelia, perfida spacciatrice di sortilegi! - La apostrofò. - Ridammi subito ciò che è mio di diritto! La Numero Uno!

- A proposito della moneta. - Amelia si girò verso Dodo e il corvo. - Gennarì! Acchiappalo!

La cornacchia gracchiò attirando gli sguardi di tutti sul ragazzino che aveva ripreso a correre.

Paperone capì al volo. - Jet! Vai! Io penso ad Amelia!- Ordinò, puntando il dito.

- Subito, De' Paperoni!

I due rivali di sempre si guardarono ancora una volta negli occhi.

- Aye nu' bel coraggio! Mi demolisci la casa e vuoi anche o' soldo!

- E' il mio soldo, ladra megera! - Rispose il magnate. - Ridammelo o... - E le puntò contro il bastone.

Amelia fece altrettanto, e l'arma volò via dalla mano del nemico.

- Uack! - Gracchiò Paperone, mentre Amelia soffiava sulla punta della bacchetta fumante. - Che me volevi minaccià, Paperone, con nu' bastone da passeggio?

- Il mio bastone, però, è magico! - Intervenne Nina. Il Taldom sparò, ma Amelia deviò il colpo.

- E tu saresti? - Domandò Paperone, sospettoso.

Nina aprì bocca, ma Amelia la precedette. - Chesta criatura e so' amici son venuti qui pe' rubare a' Numero Uno!

- Che cosa? - Sbottò il vecchio, guardando alternativamente tra il sorriso beffardo di Amelia e l'espressione contrita di Nina. - Non bastava Amelia? Un'altra strega?

- Signor De' Paperoni, non è come dice lei! - Provò a spiegarsi la bambina.

Ma Amelia la interruppe subito. - Neghì forsè ca' o' toje cumpagn sta scappànd cu o' decino?

Quattro occhi accusatori si posarono su Nina. - Posso spiegare! Non siamo ladri...

- Menzogne! - Incalzò Amelia.

Paperone guardò ancora con sospetto sia Amelia che Nina.

- Jet, prendi il decino! - Urlò infine, girandosi di scatto.

Aveva deciso di lasciarle perdere. Qualunque fosse la verità, non lo riguardava.
C'era solo una cosa che davvero importava, e cominciò a correre verso di essa.
Dopo tre passi, però, una scarica lo colpì alla schiena, facendolo cadere.
Si voltò, e sapeva già verso chi guardare con infinito odio.

- Amelia! - Soffiò con rancore, davanti alla papera trionfante.

- Non ti ho mentito. - Sottolineò Amelia, quasi offesa da quello sguardo diffidente. - Ma la Numero Uno è comunque mia. Non ti permetterò di sottrarmela.

Si girò immediatamente per respingere la nuova scarica del tandom di Nina.

- E questo vale anche per te, marmocchia.

Le due rivali di magia si guardarono, poi il duello ebbe di nuovo inizio.


"Jet, prendi il decino!"

- Ci sto provando, De' Paperoni! - Aveva risposto distrattamente McQuack, saltellando come uno stambecco tra una montagnola e l'altra. Ma più che alle direttive del suo datore di lavoro, il pilota sembrava più aver a cuore la sorte di quel povero ragazzino inseguito dal fastidioso corvo.
I capelli del pargolo, dello stesso colore dei suoi, erano scompigliati e tormentati dal becco del pennuto.
Vedeva l'espressione sofferente del fuggitivo, che teneva stretto in pugno un qualcosa di luccicante, sicuramente la moneta del padrone.
Getta quella moneta! Avrebbe voluto dirgli. Gettala, così smetterà di beccarti.

- Non li raggiungerò mai! - Concluse, disperato, anche perché il suo fiato di adulto fuori allenamento era già in esaurimento.
Ed anche la sua pazienza. Come raggiungerli?
Poi si accorse, poco lontano. di una ragazza bionda. Costei urlò a gran voce il nome del bambino, invitandolo a venire verso di lei.
Dopodiché la vide abbassarsi a raccogliere pietre.

- Che idea! - Esclamò il pilota, e la imitò.

Fu l'inizio un improvvisato tiro al bersaglio, nel tentativo di disturbare Gennarino.
La mano precisa di Roxy cominciò con clamorosi lanci a vuoto, che divenivano sempre più precisi non appena Dodo si avvicinava, e con lui il corvo.
Poi la bionda si accorse che qualcun altro aveva cominciato a darle manforte. Si girò per un attimo per osservare il pellicano.

- Vi aiuto io! - Esclamò Jet, con il tono pomposo di un eroe.

Roxy annuì semplicemente, e la sassaiola si intensificò.

Finalmente un paio di colpi centrarono la cornacchia, uno alla testa ed uno al corpo. Con un bernoccolo e le stelle che gli giravano intorno alla testa, Gennarino gracchiò di dolore, prima di cadere a vite come un aereo abbattuto.
Vittoria! Stavano per esultare la bambina e il pilota, ma tutto accadde così in fretta che l'euforia si trasformò in vero terrore.
Videro Dodo barcollare, con le gambe e le braccia senza controllo. Il decino stava volando via, lontano dal bambino.
Ma cosa più terribile, fu quel guizzo di sangue dalla fronte del bambino.
Jet lasciò cadere ogni munizione e si portò le mani al becco, mortificato.
Colui che voleva proteggere era caduto, vittima del fuoco amico.
Il suo fuoco amico.

- Dodo!

Il nome pronunciato con disperazione dall'amica suonò come una stilettata nel cuore di Jet.
Lo aveva fatto di nuovo. L'ennesima stupidaggine. Il tonto che gioca a fare l'eroe.
Signore e signori, ecco a voi Jet McQuack.
Poi, da qualche parte, qualcosa o qualcuno gli diede un virtuale calcio nel sedere.
Forse era la sua coscienza, forse un De' Paperoni interiore.
Almeno prendilo al volo, idiota!
E allora agì, d'istinto. Senza riflettere. Lui era stupido, non ne era capace. Ma forse poteva essere ancora utile. Certo più utile che stare a commisersi. Lo avrebbe fatto. Dopo.
Prima voleva assicurarsi di non aver fatto l'irreparabile.
Jet si gettò al volo e prese Dodo in braccio con un tuffo degno di Gigi Buffon. Si rannicchiò, per fare da scudo con il suo corpo durante l'atterraggio.
Non per nulla, lui era uno specialista in quello, che si trattasse di lui o un aereo poco importa.
Intravide, solo per un momento, un luccichìo allontanarsi.
Il decino era andato perduto chissà dove. Sicuramente sarebbe stato il licenziamento in tronco. Ma non importava.
In quel momento voleva solo sincerarsi di non essere diventato un assassino.
Dopo aver battuto ripetutamente il sedere, insieme ad un paio di "Ouch!", Jet finalmente si fermò.
Poi finalmente osservò quel bambino chiamato Dodo.
Gli venne il magone, a vedere il rivolo di sangue che scendeva dalla fronte.
Premette con un guanto sulla ferita, con un principio di panico.
Sangue, perché sangue, poi?
In mille schianti e peripezie, in effetti, forse era la prima volta che vedeva qualcuno farsi male in maniera seria. Persino il corvo, preso con due (!) sassate, era precipitato come da...copione.
Quello che usciva dalla fronte però era sangue, linfa vitale.
Era una cosa anomala
.
- Jet, ripigliati. - Si disse finalmente. - Devi fare qualcosa. Ma cosa? - Si domandò, senza idee.

- Come sta?

La voce a fianco a lui. Era la bambina riccia. Il tono era trafelato.
Jet aprì il becco, ma poi si bloccò.
Non sapeva come rispondere, o aveva paura di farlo.
Temeva di dire l'ennesima sciocchezza.
Ne uscì solo un sospiro, affranto.

- Fammi vedere. - Concluse Roxy, sbrigativa.
Lo spilungone si limitò a porgerle Dodo, con delicatezza.



***

- Voi mi state prendendo in giro. - Edward Elric si grattò la testa. - Come possono dei bambini essere fuorilegge?

- Non avete idea di quante volte quei piccoli delinquenti abbiano messo in pericolo le istituzioni qui vigenti. - Spiegò il sindaco. - Ma è sicuro di non volere un bicchiere di cognac?

- Grazie, non bevo mai in servizio. - Liquidò Ed.

- Forse non ha voglia di alcolici.

Edward strinse gli occhi, attirato dal commento della terza persona presente nella stanza.
Quello strano individuo, dalla comodità della sua poltrona, lo guardava con una cortesia così melliflua da apparire sinistra.
La barba appuntita, unica zona pellifera di una testa completamente pelata, era ancora sporca di cioccolata calda, sorseggiata da una tazza fumante tenuta sulle gambe.

- Conte Carte D'or, la cioccolata non è ciò che si suol dire, una bevanda che di solito bevono gli adulti. - Lo rimproverò bonariamente Loris.

Karkon non si scompose.

- Non sono d'accordo, esimio Sibilus. Il cioccolato è un nutrimento genuino, il preferito presso i bambini del mio orfanotrofio. Ne vuole un po' anche lei, signor Elric? Personalmente, consiglio il cioccolato al latte... ma non si sente bene? E' diventato pallido!

Edward fece un gesto ripetuto con la mano. - Credo che resterò a stomaco vuoto, grazie!...

Dopo un attimo di pausa, il biondo riprese il discorso. - Ho già letto i capi di imputazione, ma se devo essere sincero, mi sembrano tutti uno più assurdo dell'altro. Senza contare il reato peggiore...

- Sì, proprio quello. - Confermò il sindaco.

- Praticare l'alchimia. E' uno scherzo!

- Affatto. - Furono le calme parole di Loris. - Il mio Proclama in merito parla chiaro.

Edward cominciò a perdere la pazienza. Lo stava deliberatamente prendendo in giro?

- Le devo fare una domanda, signor sindaco. Lei è cosciente di chi sono io?

- Ma certo! Ero già stato informato ancora prima del suo arrivo.

- E mi dica. Ha intenzione di imprigionare anche me, dal momento che sono un... alchimista?

All'ultima parola Karkon sputò il cioccolato che stava bevendo e scattò in piedi.
La tazza cadde a terra e si spaccò in mille schegge.

- Machese Sibilus! Che razza di scherzi... - Protestò, frugando nervosamente dentro il mantello, in cerca del Pandemon Mortalis.

Il sindaco alzò una mano per fermarlo. - Si calmi, conte.

- Come posso calmarmi? Tra tutti, ha invitato proprio un alchimista! Va bene essere serpenti, ma coltivare serpi in seno...!

- E' vero, il signor Elric è un alchimista. Tuttavia, la sua denominazione è incompleta. Dico bene?

- In effetti, per essere precisi, sono un Alchimista di Stato.

- Alchimista di Stato? - Karkon era più confuso che mai.

- Sì. - Confermò il sindaco. - La sua carica viene da un'autorità più influente di un semplice regolamento comunale. Quindi la sua era una sterile provocazione, signor Elric. Non avrei mai l'autorità per agire contro di voi. Ma nel caso di Nina e della sua banda la cosa è diversa. La praticano illegalmente, e per scopi sovversivi.

- Ci sono cose poco chiare, al di là di questa "terrorista" Nina. - Ribatté Edward. - A cominciare dalla reazione esagerata, e decisamente sospetta del suo amico Conte.

- Deve scusare la paranoia del conte. - Spiegò Loris. - Ma più di tutti, lui e il suo orfanotrofio sono stati vittime degli attacchi di quella De Nobili.

- A proposito. - Chiese Edward. - Perché mandarmi ad indagare a Villa Espasia e poi interrompere il tutto con quell'assurda retata?

- C'era il timore fondato, che poi si è avverato, tra l'altro, che Nina optasse per l'ennesima fuga. Adesso è latitante.

- Ed io a che servivo, di preciso?

- Da testimone, signor Elric. Testimone di una certa rilevanza. Può confermare che l'indiziata non si è fatta trovare in casa, e tuttora è introvabile. Questo basta per incriminarla. In quanto a catturarla, confidiamo anche nelle sue capacità.

- Chiedo scusa. - Lo interruppe Edward. - Tutto questo straparlare mi sta dando alla testa. Sento il bisogno di uscire.

La porta si aprì, e poi si chiuse di scatto, lasciando in un sordo silenzio i due lestofanti legalizzati.
Quando furono certi che l'ospite si fosse allontanato, fu Karkon a rompere il ghiaccio.

- Marchese, quell'individuo è una grossa rogna!

- Al contrario, conte. Ho solo preso la palla al balzo di questa visita ispettoriale da parte dello Stato per usare l'ospite a nostro vantaggio. Beninteso, sempre che Nina si faccia di nuovo... viva.

- Viva? - Ridacchiò Karkon. - Con Arnold ne dubito, e molto.

Sindaco e Conte ridacchiarono.
L'ultimo androide alchemico era un qualcosa di spaventoso, perfetto, indistruttibile. Era stato creato avvalendosi di una intelligenza artificiale avanzatissima. Non c'era nessuno che gli potesse sfuggire.
Tantomeno Nina.


***


- Nulla di particolarmente grave. - Concluse Roxy.

La fasciatura era ormai completa. Dodo, ancora incosciente, era sorvegliato da un apprensivo Jet.
Il senso di colpa lo perforò di nuovo, insieme a una forte preoccupazione.
Perché non si risveglia?
Il pellicano assunse un'espressione mortificata.
Roxy lo guardò, e si intenerì. Gli mise una mano sulla spalla.

- Dodo sta bene.

- E' quello che spero. Ultimamente faccio solo guai. Ultimamente, da quando sono nato, intendo.

- Non dica così. A parte... l'incidente, lei ci ha aiutati! Ed è anche uscito vivo da un disastro aereo! Non è cosa da tutti, signor...?

- Jet McQuack. - Si presentò il pellicano. - Pilota... o dovrei dire frana. Trattandosi di pilota, sarebbe più giusto schianto, ma sono un tipo molto modesto.

Roxy rise. - Sei simpatico.

- Beh, ci provo. - Si schernì lui. Poi guardò in giro nella vana ricerca della Numero Uno, e sospirò. - Chissà se qualcuno potrà assumermi come "simpatico", dopo che sarò licenziato. Un simpatico di professione, come ti sembra l'idea?

Roxy si grattò la testa di fronte alla domanda nonsense di Jet. Non aveva un senso logico. Però la divertiva.
Gli sorrise. - Perché no? A proposito, io mi chiamo Roxy.


Poco lontano.
Paperone era steso a terra, mentre Amelia aveva costretto in ginocchio Nina, ansimante.
La magia della strega si era rivelata molto potente, ed apparentemente la bambina della Sesta Luna era in svantaggio.

- Ammètt ca' me aie fatto
sudare, bambina. - Commentò, ansimante. - Forse perché anche tu sì italiana. - Aggiunse, con un piccolo, inconfessato sorriso di complicità.

Il vecchio miliardario poggiò a fatica le mani a terra.

- Dannata Amelia. Non hai ancora vinto.

Mise una mano nella palandrana e frugò. Ciò che tirò fuori mise sull'allarme Amelia, ma il vecchio cilindro aveva già alzato la mano per lanciargliela.
Putroppo, però, i riflessi del vecchio furono più letti della strega, che con un colpo gli fece volare via la fialetta.
Questa andò a finire ai piedi di Nina.

Paperone imprecò.

- Mi credi scema, Paperone? Volevi fermarmi con dell'aglio?

- Una fialetta di aglio, eh? Interessante.

La bambina della Sesta Luna non aveva perso tempo, raccogliendo il contenitore.
Amelia si girò di scatto, imprecando, verso la minaccia, sparando un altro raggio.
Ma i riflessi di Nina furono più veloci e, mentre parava il colpo col Taldom, buttò con l'altra mano la fiala, che si infranse direttamente sul corpo di Amelia.
La strega si sentì improvvisamente debole e cominciò a gemere. La bacchetta cadde di mano e le gambe cedettero.

- Ben ti sta, strega! - Acclamò Paperone, cercando per terra bastone e tuba.

Nina stava tenendo puntato il Taldom contro Amelia, che alzò istintivamente un braccio per ripararsi.

Paperone, risistemati tuba e bastone, la incalzò. - Che aspetti? Finiscila! E' una strega malvagia!

No. - Nina abbassò il Taldom. Poi, una grande indignazione le salì dentro. Anche nel mondo dei paperi, gli adulti erano così sciocchi? - Come può chiedermi una cosa tanto orribile, De' Paperoni?

La bambina alzò gli occhi carichi di disapprovazione, ma si imbatté in un insolito sorriso da parte del vecchio cilindro.

- Ti stavo mettendo alla prova, ragazzina. Non so chi tu sia, ma non mi sembri avida o cattiva. Di certo, sei migliore di lei. - Un cenno di sprezzo andò contro Amelia. - Ma comunque non avrai la mia Numero Uno. Ci siamo capiti? - E si avviò per raggiungere il suo assistente.

Nina osservò la figura agonizzante della strega napoletana.
Il Numero Aureo. Perché era così importante, tale da coinvolgere tante forze in campo? Ed ancora non si era fatto vedere alcun scagnozzo di Karkon.
Ovviamente, aveva parlato troppo presto.

Il rumore di un mitra fece balzare d'istinto tutti i presenti a terra. Alcune rocce esplosero in sequenza, seguendo un tragitto preciso che andò pericolosamente vicino a Nina.
Poi, il silenzio.

La piccola alchimista alzò la testa per studiare la situazione.
Improvvisamente, sulla fronte della bambina si accese un puntino rosso, una luce che dipinse il suo volto di un genuino terrore.
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Davanti a lei, una canna fumante.
Sopra, il proiettore del led che la teneva sotto tiro.
Una mitraglietta, impugnata senza fatica con una mano, da quello che Nina riconobbe come il più spietato degli androidi, una montagna di muscoli come Tupac, ma al contrario di lui, granitico e impassibile.
I capelli ispidi e corti, gli occhiali scuri che non riflettevano nulla, se non la paura della morte da parte di lei.
Il temibile Arnod Tiottocento, chiamato dagli amici "Terminator".

E fu con una sola frase che l'androide la salutò.


- Hasta la vista, baby.



Nooo! Come continuerà? Come si salverà Nina? SE si salverà (arh! arh! arh!)

E quali altri elementi verranno coinvolti, in vista del gran finale?

Lo saprete nella terza ed ultima parte della Parodia della Sesta Luna!





  
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