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Autore: BeWeird_El    03/07/2015    2 recensioni
Mi sono chiesta molte volte di cosa dovrei parlare.
Amore o odio? Lacrime o risate? Amici o nemici? Segreti o verità?
Lieto fine o un finale inaspettato?
Ma per ora, sarà più facile seguire la storia.
"Segreti, Julien, solo segreti." Urla irritato, scalciando una lattina consumata e ammaccata, abbandonata sul marciapiede.
"Tu non sai niente." Ribatte la castana, irritata da quel comportamento.
"Ci sei arrivata finalmente, eh? Voglio sapere, Julien!' Si lamenta lui, esasperato.
"È complicato." Sussurra lasciandosi andare lungo la superficie dura del recinto.
Un sorriso amaro si dipinge sul volto del ragazzo, le lancia l'ennesimo sguardo, prima di andar via scuotendo la testa accigliato.
Lei non parlerà, lui è stanco di aspettare.
Genere: Erotico, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Sotto a chi tocca.
 
Sapete ho sempre pensato a tutta questa faccenda come un terribile gioco raccapricciante: Il diario è il centro di tutto, gira e passa da amico in amico, a ogni turno viene fuori una verità, chi è forte regge e chi non lo è cede.
Ecco la realtà.
 
 
Aveva il viso chinato verso il basso, mentre dal cielo Inglese scendevano prepotentemente gocce d’acqua piovana, che si scagliavano quasi in modo innaturale sul suo corpo, sul suolo e su qualsiasi altra cosa vi fosse. Il ragazzo tuttavia rimaneva immune a tutto ciò che intorno a lui stava accadendo, ormai perso nei più tortuosi pensieri che gli erano balzati in mente con così tanta violenza da stravolgerlo.
Alcune ciocche di capelli gli erano finte sul suo viso, limitandogli la vista più di quanto non lo stessero già facendo le lacrime, che lentamente scendevano lungo le sue morbide guance, mischiandosi delicatamente con le gocce d’acqua piovana che gli finivano addosso. Il suo corpo, coperto unicamente da una sottile maglietta e un pantaloncino di tuta, era scosso regolarmente da alcuni singhiozzi, misti ai continui sussulti per le folate di vento che si scontravano con la sua pelle nuda e pallida.
Era seduto su una vecchia altalena cigolante e arrugginita, che era situata nel retro del giardino di casa sua, dondolando come in trance sotto quella pioggia violenta che lo stava bagnando da capo a piedi. Eppure a Harry non importava più di nulla, la sua mente aveva un chiodo fisso da quando dalle sue mani era scivolato un piccolo diario rivestito di pelle, che era caduto rovinosamente sotto ai suoi piedi, sul terriccio umido che lo sporcava.
Si era preso la briga di leggerlo con fin troppo entusiasmo, che man mano con lo scorrere delle pagine era sfociato in un mare di malinconia e delusione. Un colpo per il suo essere così sensibile.
Harry aveva permesso che le parole di quei racconti, che narravano quasi interamente la vita di quella che una volta era la sua migliore amica, gli entrassero dentro, sconvolgendolo più del dovuto.
Ma c’era qualcosa che aveva permesso al ragazzo di cadere in quello stato così pietoso, ed ora quell’oggetto giaceva nel fondo della tasca dei suoi pantaloncini, bruciando quasi di amarezza a contatto così ravvicinato con la sua pelle.
Era un disegno, meglio dire un ritratto, che raffigurava un giovane ragazzo dai capelli ribelli, profonde fossette incavate nelle guance e un sorriso a illuminare il suo volto. Il ragazzo in questione sorrideva come non aveva mai fatto, fissando impietoso davanti a sé, seduto su quello che al primo sguardo era sembrato un prato di erba e che poi la sua mente aveva riportato al lago nel parco lì vicino.
Quel ragazzo era lui, rappresentato in una delle solite giornate che i due amici –Julien e Harry- passavano insieme al lago, parlando del più e del meno, tirando sassolini contro quello specchio d’acqua lì presente, divertendosi a vedere il loro riflesso ondeggiare
violentemente.

Se mai un giorno smettessi di combattere, tu guarda il cielo e lì troverai la forza per non farti abbattere.
Al mio piccolo Harry, il ragazzo con il sorriso più sincero e puro del mondo.


Quella era la frase impressa con una scrittura pulita e fine sul fondo della foglio, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, l’unica cosa che aveva permesso al giovane di iniziare a piangere come un bambino, singhiozzando e tirando su con il naso.
 
Una donna di una bellezza affascinante, uscì sul retro del giardino, preoccupata alla vista del figlio seduto immobile sotto la pioggia, che sembrava ignorare tutto ciò che lo circondasse.
“Harry, vieni via di lì! Ti prenderai un malanno.” Urlò la donna, legandosi meglio la vestaglia alla vita, per paura che si aprisse, scostandosi poi una ciocca castana finita sulla sua fronte.
“Harry, mi hai sentito?” Domandò indispettita, non ricevendo comunque nessuna risposta dal giovane, che continuava a guardare i suoi piedi nudi a contatto con la terra bagnata.
La donna infuriata si allontanò dalla tettoia che la teneva al riparo dalla pioggia e corse furiosamente contro il ragazzo, afferrandolo per un braccio e strattonandolo con forza.
“Harry, santo cielo!” Gridò, mentre i capelli bagnati le cadevano malamente lungo il viso magro, inzuppandole ancor di più la vestaglia sulle parte superiore delle spalle.
“Al diavolo.” Sbraitò allora lei, entrando velocemente in casa, ignorando le impronte di fango che le sue pantofole rosa confetto lasciavano sul pavimento, correndo al telefono e componendo velocemente uno dei tanti numeri che aveva imparato nel corso del tempo.
“Louis? Puoi venire subito a casa nostra? Harry ha deciso di non entrare, se ne sta fuori- Oddio! Non so che fare. Gli verrà qualcosa, santo cielo! Tu sei l’unico a cui dà ascolto.” Implorò disperata la donna, riattaccando la chiamata quando il ragazzo le rispose che sarebbe stato lì il prima possibile e con il cuore più leggero tornò a guardare il figlio, seduto ancora ricurvo su quella dannata altalena e con un’espressione affranta sul viso.
 
E in quel momento decisi di ironizzare, immaginandomi Julien godersi la scena, deliziata nel guardare i protagonisti di un suo nuovo disegno. Un disegno triste e che esprimeva malinconia ad ogni tratto di matita. Il disegno della sofferenza.
Oh, sì! Le sarebbe piaciuto.
 
 

Liam varcò stancamente la porta della sua nuova stanza, abbandonando proprio lì vicino le sue scarpe da ginnastica zuppe d’acqua, dato che durante la strada di ritorno dalla casa dei suoi genitori era finito in una pozzanghera ben profonda.
Stremato si abbandonò sulla superfice morbida del letto, sospirando profondamente, punzecchiandosi con le dita il ponte del naso, facendo mente locale per ricordare se il suo coinquilino lo avesse avvisato su una sua possibile assenza quella sera.
E sì, era proprio così. Zayn era ad un appuntamento.
Con un sorriso vittorioso, ormai convinto del fatto che potesse dormire senza che nessuno lo disturbasse continuamente e per ogni piccola e insignificante cosa, si stiracchiò per bene, allungando le mani sotto al cuscino, rimanendo tuttavia stupito quando le sue dita vennero a contatto con qualcosa di cartaceo.
Corrugò la fronte tirando via da lì sotto quello che gli parve essere un foglietto ripiegato più volte su se stesso, mordicchiandosi il labbro inferiore nel cercare di ricordare se fosse stato lui a infilarcelo, ma dopo numerosi dubbi si disse che no, non era stato lui.
Confuso lo aprì, scoprendo che in realtà quell’insignificante pezzo di carta non era altro che una lettera, così preso da un moto di curiosità –abbandonando la parte razionale di lui che lo spingeva a domandare al suo amico se lo avesse messo lui lì sotto per sbaglio-  iniziò a leggerla.
 
 
 Caro Diario,
Non ti scrivo da esattamente due lunghi mesi, un po’ perché in questo periodo sono stata parecchio indaffarata e un po’ perché sono diventata dannatamente pigra.
Vorrei raccontarti del tempo trascorso, ma sono così stanca che non credo di averne la forza, ieri siamo tornati alle cinque di mattina e contando il continuo russare di Niall e Harry non sono riuscita a chiudere occhio. E sì, sono rimasti ancora una volta a dormire nel mio salotto, accampandosi come vecchi barboni.
Lo giuro, i piedi di Niall sono una tortura, il loro odore è così disgustoso che quando Zayn se li è ritrovati davanti al viso alle sei di questa mattina, si è svegliato e ha iniziato a sbraitare come un pazzo da manicomio. Fortuna che mio padre era uscito solo qualche minuto prima per andare a lavoro.
Credevo che il più normale fosse Liam, ma quando ha iniziato a blaterare nel sonno il nome di quella che i ragazzi hanno identificato come sua nonna, mi sono dovuta ricredere. E dire che si è alzato e mi ha abbracciato e chiamato Rose, sua nonna, chiedendomi di preparargli i biscotti, a detta degli altri e cinque pare che soffra di sonnambulismo ma io dico che era sveglio e cosciente visto che mi ha praticamente barricato in cucina minacciandomi di non lasciarmi uscire finché non avrei preparato dei biscotti per tutti.
Cose da pazzi! Ho dovuto cucinare quattro infornate di dolci alle sei e mezza del mattino, senza l’aiuto di nessuno, nonostante Louis non facesse altro che andare avanti e indietro dalla cucina e il salotto, ma ben presto scoprii che stava solo rubando manciate di biscotti appena sfornati e che portava a quei traditori degli altri.
Almeno si è fatto perdonare nel pomeriggio, quando rimasti soli non ha fatto altro che canticchiare dolci canzoni al mio orecchio, tenendomi stretta a lui e piena di attenzioni, finché non sono crollata sfinita. Devo dire cha amo la sua voce, è fine e delicata.
 
Mi sembra di aver ritrovato quella sensazione di felicità che avevo perso da tempo, non posso far altro che ringraziarli per esserci e non importa se Louis si rifiuta di sentire i miei grazie, definendoli ingiustificati, loro sono alcuni dei pochi che se li meritano davvero.
 
Oh, dimenticavo che anche gli altri ragazzi sono partiti, non posso fargliene una colpa visto che avevano una vita da riprendere in mano a Parigi, ma non sono riuscita a non singhiozzare disperatamente tra le braccia di Will. Mi mancano così tanto.
 
Credo di dover andare, sento Liam e Niall bisticciare da qui su, meglio che vada prima che mi distruggano il salotto.
A presto, credo.
Julien.

 
Una leggera risata fioccò via dalle sue labbra carnose, che erano stese in un malinconico sorriso, addobbato da due lente lacrime che scendevano lungo le sue paffute guance.
Si era ripromesso più volte di scacciare dalla sua vita il ricordo di Julien, l’aveva fatto con così tanta fermezza da credere di poterci riuscire veramente e ora era lì, con quella dannata lettera tra le mani a riportare a galla numerosi episodi, che lo fecero ridere e singhiozzare allo stesso tempo.
Julien per lui era stata una cara amica, una persona così importante a cui aveva raccontato le sue sofferenze e i suoi passati problemi, eppure non voleva tenere con sé neanche un misero ricordo che la tenesse ancora in vita.
Il motivo? Semplice, Liam era stanco di soffrire.
Quando la notizia della sua morte era giunta a tutti loro nel bel mezzo della notte, Liam era scoppiato in un pianto disperato, che tuttavia era cessato con forza quando si era ritrovato davanti a lui i suoi migliori amici a pezzi, completamente distrutti.
Era stato costretto a farsi forza, a rimanere in piedi senza crollare, a mostrarsi impassibile a non concedersi neppure un’altra sola lacrima. Aveva offerto ai suoi amici una spalla su cui piangere, un sostegno a cui appigliarsi, senza badare a se stesso, al suo dolore.  
E Liam, a volte, ripensava a tutto e lo trovava così ingiusto; anche lui aveva perso un’amica importante, anche lui aveva il diritto di piangerla, ma quel diritto gli era stato privato. Non che qualcuno glielo avesse proibito, ma lui in cuor suo aveva capito che restare forte e non concedere al dolore di sopraffarlo, sarebbe stato un gesto magnanimo nei confronti dei suoi amici.
Tuttavia in quel momento si pentiva delle sue azioni, come mai aveva fatto nella sua vita, ed era sul punto di scoppiare a piangere se solo i suoi occhi non avessero scorto un’altra lettera sull’altra facciata del foglio.
 
Caro Liam,
E’ buffo doverti scrivere una lettera, soprattutto se sono passati all’incirca solo cinque minuti da quando ti ho salutato sotto il porticato di casa. Come al solito sei stato irremovibile e dopo i nostri soliti allenamenti, mi hai accompagnato fin sotto caso, munendoti della solita scusa –non si sa mai e poi, non ho nulla da fare! Che saranno mai due passi? -, così da bravo amico mi hai fatto compagnia fin qui.
Devo segnarmela, questa è un’altra delle cose per cui ti devo ringraziare.
Non sono sicura che capirai, o probabilmente se ci riuscirai, non sono sicura del fatto che tu riusciresti mai a perdonarmi, sono un completo fallimento e ti darei tutte le ragioni se anche dopo aver letto continuerai a odiarmi, o magari inizierai a farlo.
Mi dispiace, lo giuro.
 
Sai quando ho pensato a tutto questo, quando mi sono trovata a dover lasciarvi tutte queste cose un po’ vaghe, mi sono resa conto dell’incredibile stronzata che stessi organizzando.
E’ una cosa da pazzi, ma vivendo questa vita non mi sorprendo se non lo sia diventata anche io.
Non so precisamente quando questa idea mi è saltata in mente, o del perché stessi pensando alla morte come qualcosa di appagante, qualcosa di così gioioso per la mia mente malata; ma sono consapevole del fatto che le prime persone a cui ho pensato siete stati voi, amici miei, voi che in poco tempo avete stravolto la mia vita e l’avete resa migliore.
Harry con il suo sorriso e la paura della solitudine.
Zayn con la sua amicizia e la paura di amare.
Niall con la sua bontà e la paura di essere inferiore.
Louis, beh… Lui è il suo amore e la paura del mondo intero.
 
Poi ci sei tu, Liam.
Liam Payne une benedizione in questo mondo di merda, lui con la sua forza e determinazione, con la sua paura di non riuscir mai a vivere abbastanza.
Ragazzi, voi siete stati la gioia più grande nella mia vita; mi avete accolta tra di voi, come si fa con i cuccioli di cane feriti che si incontrano nel bel mezzo della strada, avete curato le mie ferite e vi siete presi cura di me a vostro modo.
Non ve ne sarò mai abbastanza riconoscente.
Ma io ho fatto quello che ho fatto per una ragione, non sto qui a dirvela, o meglio a elencarvele tutte. Solo volevo dirvi che mi scuso per essermi intromessa nelle vostre vite, per poi scappare via e lasciarvi alle prese con il dolore.
Mi scuso davvero, ma le mie ferite erano troppo profonde per poter essere guarite così facilmente.
Mi auguro che ognuno di voi trovi la sua vita, trovi una persona d’amare e che l’ami –anche il mio Louis- e che vi dimentichiate di me.
Sono solo uno di quei scarabocchi a metà del foglio, quello che ti rovinano l’ordine delle tue parole… Io sono un piccolo errore nelle vostre vite, un errore che deve essere coperto, spero lo facciate.
 
Liam Payne, ti ho scritto questa lettera per ringraziarti di ogni singola cosa che hai fatto per me e per i ragazzi.
Ti ringrazio per ogni cosa e so per certo che quando io ormai non ci sarò più, ti prenderai cura dei ragazzi, come hai sempre fatto, mettendo da parte i tuoi bisogni.
Ma non devi farlo, Liam, prenditi del tempo, sfogati e assicurati di star bene, non puoi permetterti troppo dolore, non tu che dalla vita ormai meriteresti solo rose.
 
Mi dispiace, Lì.
Magari in una vita futura, un giorno ci incontreremo e magari avrai perdonato i miei errori da stupida adolescente spaventata.
Magari Liam Payne, in una vita assai lontana.
Ti auguro il meglio, anzi vi.
Con tutto l’affetto possibile, la vostra Julien.

 
 
I singhiozzi strazianti di Liam risuonavano come urla brutali all’interno della casa, rimbalzando da una parete all’altra, prima di disperdersi come fievoli echi. Le lacrime rigavano incessanti il suo viso, mentre il suo cuore batteva così forte da fargli male e il respiro gli si bloccò a mezz’aria, tant’è che dovette prendersi qualche minuto per riacquistare un ritmo normale.
“Non sono forte, ti sbagli! Io non ce la faccio.” Urlò al nulla, arrabbiato e distrutto, tirandosi disperatamente qualche ciocca di capelli, continuando a singhiozzare.
“Non ce la faccio, Julien! – Gridò ancora, con la voce rauca e tremolante – Ti sbagli, io non posso.” Si abbandonò stancamente sul letto, accucciandosi in posizione fatale, singhiozzando e urlando per far placare almeno in parte il suo dolore.
 
Seduto fuori dalla porta, sul freddo pavimento, vi era Zayn. Aveva le orecchie tese e gli occhi chiusi, mentre sentiva il ragazzo urlare e piangere disperatamente; eppure non si mosse di un millimetro, in cuor suo il moro sapeva che quella era la scelta giusta, lasciarlo sfogare come meglio voleva.
Liam era distrutto, amareggiato, triste, ma era compito di Zayn fargli ricevere quella lettera. Liam doveva capire.
 
Mi dispiace, Lee.
 
 
HI THERE!
Ecco a voi un altro capitolo, spero vi piaccia.
Scusate il ritardo e possibili errori, sono di corsa e in questi giorni non ho mai abbastanza tempo… Fortuna che sono in vacanza, ew.
Fatemi sapere cosa ne pensate, in ogni caso vi avviso che il prossimo sarà il capitolo finale.
Love for all. x
-El 
  
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