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Autore: kamy    17/01/2009    3 recensioni
Un ragazzo di nome Carlo, cresciuto in una vita che potrebbe essere quella di chiunque, si ritroverà catapultato in mondo fatato, abitato da strane creature. Tra pericoli, insidie, nuove amicizie, giovani amori, dovrà salvare dalla distruzione un intero pianeta. E' il mio primo romanzo di questo tipo, perfavore leggetelo.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mie cari lettori, miei cari 7 lettori sopravvissuti, benvenuti. Finalmente la storia si chiarisce. Abbiamo il pianeta, abbiamo il cattivo, abbiamo la missione. Perciò buona lettura.

 

Cap. 4 draghi e battaglie

 

Dopo questa sfida il gruppo era pronto per la  prima missione. Si sarebbe svolta alla “ Luna di Iego”. La luna di Iego era assediata dal Generale Barden.

 

“Ebbene oggi comincerete a conoscere i draghi che vi sono stati assegnati”disse Aido, aspirando a grandi bloccare dalla sua immancabile pipa,al cui interno c’era una forte dose di tabacco. “Avremo un drago?”disse Carlo eccitato. Aveva amato quelle creature sin dal loro primo incontro e più volte si era incantato a guardare il loro recinto, come se davvero fossero in grado di ipnotizzarlo. Subito dopo però si pentì della sua uscita. Sarebbe sembrato nuovamente il novellino che non sapeva mai niente. Pensiero che fu presto smentito. Tutti i componenti del gruppo avevano volti con incisa pura sorpresa. “Credevo venissero dati solo ai più esperti”disse con aria saccente Leopold. “E’ vero, ma il grande re degli elfi ha deciso di fare un eccezione. Dovete avergli fatto una buona impressione. Nessun novellino può vantare come prima missione una patata bollente e come questa e di sicuro è ben raro che i creature antiche come i draghi vengano accostate a gente tanto giovane”. Lo diceva con voce seria e burbera, con il suo tipico tono, ma Carlo capì che si sentiva orgoglioso. In fondo la bravura di un allievo dipende da quella del maestro. Furono condotti alle scuderie. Lotshar, vedendosi circondato da quelle immense creature dagli occhi saggi, ma dai denti aguzzi, aveva cominciato a tremare. “Ma…ma…ma…ma”aveva cominciato a balbettare. Uno spintone di Robert gli fece concludere la frase. “Mamma mia”. Asches li aspettava lì con un enorme sorriso. “Adesso sedetevi…”cominciò, ma fu interrotto quasi subito da Ricard. “Non ci rovineremo i vestiti sedendoci in mezzo alla paglia?! Umphf”disse incrociando le braccia. “Tsk, siediti femminuccia”lo prese in giro Robert guadagnandosi un occhiataccia. Anzi, forse ci avrebbe guadagnato anche un bel pugno se sia Donatel che Leopold non lo avessero fermato.  “Calmatevi”disse Asches, ignorato da quel gruppo di scalmanati. Anche se erano amici, ci sarebbe voluto in miracolo per farli andare d’accordo. “Sedetevi e basta!”urlò Aido perdendo la pazienza. Tutti, perfino Nanen, si sedettero all’istante. “Finalmente. Ora dovrete concentrarvi. Ognuno di voi dovrà sentire il proprio drago”. Concentrazione, ecco un bel problema. Carlo ci sarebbe riuscito se intorno a lui si fossero concentrati tutti. Nanen ci riuscì, anche se si leggeva che la cosa gli sembrava alquanto sciocca. Lui si sentiva troppo importante, superiore a quella plebe, pallone gonfiato. Leopold avrebbe trovato la pace interiore perfettamente, ma Ricard, che non aveva gradito di essere trattenuto, gli faceva le boccacce deconcentrandolo. “Uffa, a me mi si sono rovinati davvero i vestiti”si lamentò a bassa voce Miriam cercando di pulirsi il vestito. “Io ho fame”si lamentarono all’unisono Michelangelo e Lado tenendosi la pancia brontolante. “A me i draghi fanno troppa paura per concentrarmi”piagnucolò Lotshar. “Io non riesco a concentrarmi. Mi vengono in mente una serie di formule chimiche innovative”ammise Donatel. Robert si era concentrato un po’ troppo e lo si poteva sentire russare pian piano. In quel finimondo Carlo faticava seriamente a concentrarsi. Il maestro però aveva capito tutto. Passo tra le file e se trovava qualcuno distratto, l’appoggio bitorzoluto del suo bastone finiva in testa. Ricard ne prese due colpi, Lado e Leopold furono minacciati anche di perdere il pranzo, Robert si prese un calcione nel sedere, Miriam una sguardata omicida e Donatel un colpo solo. Leopold fu lasciato in pace e arrivo in men che non si dica alla massima concentrazione. Eppure, sebbene tutti concentrati, nessuno sentiva niente.

 

“Carlo”si sentì chiamare ad un certo punto il ragazzo. Si girò in ogni direzione, ma erano tutti in silenzio. “Umano”sentì ancora, ma i due maestri erano immobili. Si alzò. “Qui”sentì dire e segui la voce. Aveva appena istaurato il suo legame mentale con il suo drago. Quello che lo chiamava infatti era un componente di quelle mitiche creature. Era enorme, possente, di un colore rosso, ma un rosso tenue, quasi dolce. Aveva uno sguardo che era insieme fiero e paterno. “Come ti chiami?”chiese il ragazzo e si stupì di riuscire a parlargli solo con il pensiero, senza aprire la bocca. “Draghin”.

 

Miriam stava per perdere di nuovo la concentrazione. Però non voleva essere la tipica fatina che si preoccupa per i vestiti, anche se quello era stato di sua madre. “Mi dispiace per il vestito”le disse una voce gentile. Era arrivata direttamente alla sua mente, in modo suadente, una voce femminile e materna. “Chi sei?”chiese anche lei alzandosi e guardandosi intorno. Cercando incontrò due immensi occhi azzurri. Appartenevano a una dragonessa bianca che sinuosa stava raggomitolata. “Leggiadra”disse sbattendo le gigantesche ciglia. A quelle parole mentali così dolci, si unirono i “Roar” (verso dei draghi NdA” amichevoli che uscivano dalla possente gola della dragonessa. “Miriam”disse allora la fata e senza accorgersene sbatte debolmente le ali, che normalmente stavano sempre chiuse e invisibili, non sapeva volare a causa di un trauma avuto da molto piccola. “Lo so”rispose la dragonessa e Miriam sorrise.

 

“Che noia. Almeno quando mi concentro per fare gli incantesimi accade qualcosa. Forse se recitassi una formula?”pensò Robert che stava per deconcentrarsi. “Qual è il tuo incantesimo preferito Robert?”chiese una voce maschile, ma con un intonazione così delicata da parere femminile. “Quello del fuoco”rispose mentalmente Robert senza farci troppo caso. Riaprì gli occhi di colpo, capendo in ritardo quello che era appena accaduto. “Come osi prenderti gioco di me?!!”pensò intensamente, alzandosi di scatto arrabbiato. “Volevo solo sapere se lo sai controllare abbastanza per controllare me”rispose la medesima voce di prima. “Visto che conosci il mio nome voce, mostrati e dimmi chi sei tu”rispose sempre mentalmente e agitatamente il mago. “Sono proprio davanti a te”rispose la voce e Robert rimase stupito spalancando la bocca, in un gesto che non aveva mai fatto. “Tu sei una fenice”chiese mentalmente affascinato dalla splendida creatura dinnanzi a lui. Pura fiamma, pura energia. “Preferirei mi chiamassi Luce. Piuttosto come hai intenzione di montare sul mio dorso senza andare a fuoco?”chiese la fenice e mosse il becco in un modo che assomigliava a un sorriso ironico. Lo stesso sorriso ironico che si dipinse sul volto del giovane mago. “Posso creare una sella magica. Non sono uno sprovveduto, Luce”ripose Robert. “Lo immaginavo. Io non scelgo gli sciocchi”concluse la fenice.

 

 

Leopold si era concentrato così profondamente che non aveva sentito le invocazioni del suo drago che lo chiamava da un bel po’ ormai. Un ruggito lanciato con una forza sproporzionata fece sobbalzare dallo spavento il ragazzo. “Stai mettendo a dura prova la mia pazienza “ragazzo”. Forse non dovrei sceglierti”si lamentò il piccolo drago blu, che di forma ricordava un immenso serpente. “Mi perdoni signor drago”mormorò scusandosi Leopold. “Così va meglio. Il fatto che io sia piccolo non vuol dire che sia paziente”sbuffo il drago in una voluta di fumo. “Non chiamarmi signore, mi fa sentire vecchio. Ho solo 200 anni, sono ancora giovane”disse poi il drago mettendosi di fronte al giovane. “Come dovrei chiamarti allora?”chiese il ragazzo facendogli una carezza sulla testa che in confronto alla sua era sempre molto più grande. Al drago le carezze piacquero particolarmente, nessuno gliene aveva mai fatte. “Dragoon, chiamami Dragoon”disse diventando più gentile “Va bene Dragoon”disse Leopold, ripetendo poi quel nome che gli suonava così strano e così bello, come se lo avesse sempre saputo.

 

“Io ho paura”. “Strano sono così concentrato che non mi pareva di aver pensato, anche se lo sto facendo adesso”pensò Lotshar. “Non tu giovane alieno. Io ho paura”. “Chi sei voce? Mi stai facendo venire la pelle d’oca”penso Lotshar cominciando a tremare, alzandosi pian piano. “Io mi chiamo Luigi” “Sei il mio drago? Perché il tuo nome è veramente strano”pensò l’alieno guardandosi intorno. “Sono qui”disse un drago verde grande e grosso, ma che si muoveva a scatti e sembrava un codardo. “Sai mi prendono sempre in giro perché i miei “Roar” a volte escono a pezzetti”disse il drago e Lotshar provò subito simpatia per quel drago, che al contrario degli altri non gli faceva paura. “Anche io sono balbuziente, ma vedrai, ci faremo coraggio insieme”. Il drago sorrise felice, annuendo con il grosso testone.

 

Lado stava per addormentarsi, già la testa gli ricadeva in avanti. “Un elfo che dorme. Dovresti vergognarti” “Sei il mio drago vero? I soliti saccenti. Come se un elfo dovesse essere sempre perfetto”rispose male Lado, ma solo per fame e per sonno. Inoltre odiava le dicerie sugli elfi perfetti, lui come Asches era guardato con sospetto dagli altri della loro razza, solo perché a furia di stare con gli uomini ne avevano ereditati molti tratti. “Tu invece dai le cose troppo per scontate. Io non sono un drago”rispose la voce e nella mente del giovane risuono una risata gracchiante, ma che metteva allegria. “Cosa sei allora?”disse Lado alzandosi in piedi. “Non lo so. Sono pochi quella della mia razza, non hanno nome, vengono erroneamente chiamati draghi da secoli”disse ancora la strana voce. “Mi dispiace. Dimmi il tuo nome e non dovrò chiamarti drago”rispose Lado tornando il solito gioviale di sempre. “A me fa sempre piacere avere nuovi amici”aggiunse l’elfo con un sorriso a 360°. “Tiger”disse la voce, mentre Lado vedeva venire verso di lui una simpatica iguana con le ali.

 

Nello stesso istante in cui Lado cominciava il colloquio con il suo drago, anche Michelangelo aveva trovato il suo. Un drago con una chiacchiera pari alla sua. Anche un appetito uguale al suo. Adesso stavano chiacchierando mentalmente nominando una serie di cibi che li faceva sognare entrambi, aumentando la loro salivazione in modo sproporzionato. Il drago si era subito presentando dicendo di chiamarsi Fiamma. Era oro e di un arancione pressoché identico al colore dei capelli dell’umano.

 

“Nera potenza. Voglio nera potenza”mormorava Lado. Nessun drago voleva sceglierlo, vedevano una cattiveria in lui che non li convinceva. Il malvagio giovane nano allora aveva macchinato una strategia. Se nessun drago lo voleva, con il suo raggio ne avrebbe piegato uno. Incantato, ipnotizzato, reso schiavo privo di pensiero proprio. I draghi però sono creatura piene di dignità e tra tutto la cosa che più amano è la libertà. Perciò prima di riuscirci ci mise molto tempo e riuscì a incantare solo un drago molto giovane. La sua stazza era enorme, ma nascondeva un età infantile per i draghi, cresciuto troppo in fretta per un incantesimo scappato a un giovane mago (non Robert NdA) che per sbaglio aveva incantato il suo uovo. Oscuro, un enorme drago nero dagli occhi rossi adesso era di Nanen.

 

“Uffa. Non riesco proprio a concentrarmi. Robert mi ha fatto così arrabbiare, ma almeno devo fingere. O il maestro mi tirerà un altro colpo in testa” “Non dovresti lamentarti tanto, hai la testa dura” “O finalmente drago, anzi dalla voce femminile deduco che sei una dragonessa. Ce ne hai messo di tempo per scegliermi”pensò arrabbiato Ricard. “Perché non sei mai gentile? Potresti ringraziarmi” rispose la dragonessa. “Siamo praticamente gli ultimi. Farò la figura dell’inferiore. Non mi va”pensò di rimando il rosso. “No, siamo i penultimi”rispose la dragonessa ridendo. “Nemmeno a me piace essere l’ultima. Non è colpa mia se tu non mi sentivi”disse la dragonessa gioviale, in fondo era molto simpatica. “Lo ammetto, mi piaci. Sembri tosta. Dimmi il tuo nome e vedrò se sei alla mia altezza”rispose Ricard cercandola con lo sguardo. “Tu ami l’acqua, il tuo potere. Ami il mare, la pioggia, ma anche la potenza e il furore in battaglia vero?”chiese la dragonessa con la voce furba di chi nasconde qualcosa di prelibato. “Esatto, mi sa che andremo d’accordo”disse Robert pulendosi i pantaloni, che come aveva previsto si erano sporcati. Si diceva che non si cambiasse mai e non facesse mai il bagno, cose che odiava profondamente, perciò usava i suoi poteri per lavarsi. Non aveva altri vestiti oltre quelli che indossava e perciò era comprensibile si fosse arrabbiato perché si erano sporcati. “Mi chiamo Tempesta”disse la dragonessa e gli occhi di Ricard si illuminarono. Non solo il nome era stupendo, ma era anche una dragonessa magnifica. La più grande insieme a Draghin e Oscuro. Le scaglie di un blu intenso.

 

“Ecco. Sempre ultimo. Devo smettere di pensare a nuove invenzioni o formule matematiche. Devo fare il vuoto in mente”si rimproverò Donatel. “A me piace la tecnologia. Sono l’unico della mia specie e mi prendono in giro quando indosso gli occhiali” “Cosa ami soprattutto?”chiese Donatel alzandosi in piedi. Che fosse il suo drago non c’erano dubbi, ma era più importante per lui trovare un luminare con almeno una paio di secoli di esperienza. “La trigonometria”rispose mentalmente con voce trasognante il drago. “Anche a me piace. Fatti vedere amico”pensò intensamente Donatel. Ed ecco farsi aventi un drago viola di media grandezza con due occhiali di corno formato gigante appoggiati sul muso. “Io mi chiamo Tecno. Piacere”disse il drago mentre sorrideva mostrando una chiostra di denti. “Tu sai come mi chiamo io?”chiese Donatel. “Si, lo so. Ti chiami Donatel e adesso stai pensando di costruire per me una sella ipertecnologica. L’idea mi fa impazzire”. Donatel aveva appena trovato qualcuno con cui capirsi.

 

 

Passarono due settimane ad imparare a cavalcare i draghi che  furono loro assegnati. Avevano avuto subito un buon rapporto coi loro draghi. Creature che sapevano essere dolci come animaletti di casa restando sempre fieri, saggi e indomabili. Carlo era così legato al suo drago che riusciva addirittura a sentirne i pensieri. Quando finalmente tutti i ragazzi, compreso Lotshar, furono in grado di cavalcare i draghi, partirono con le cavalcature, accompagnati dai maestri partirono alla volta della Luna di Iego. Utilizzando come mezzo di trasporto una gigantesca astronave madre. Poco prima dell’arrivo, dopo aver attraversato la stratosfera e in prossimità delle pista d’atterraggio, Carlo vide un accampamento. Scesero tutti inseguiti dai draghi. I maestri facevano da guide. L’accampamento era proprio la loro meta. Era circondato da filo spinato e da una barriera magica. La guardia-sentinella, che si trovava oltre le misure di sicurezza, fu avvertita del loro arrivo. Per essere sicuro però, volle controllare l’autorizzazione fatta dal re degli elfi. Carlo ricordava l’incontro col sovrano e gli sembrava fosse passato un secolo. Dopo essere entrati, furono accompagnati all’interno di un tendone. Nel quale trovarono sei letti di paglia e due brande munite solo di materasso. Visto che la guerra in quel luogo era sempre in fermento, la prima battaglia si sarebbe svolta quella sera stessa. Appoggiato  ad un sostegno della tenda, Carlo ripensava alla nave spaziale. Era identica a quella dei film di fantascienza sia di fuori che in sala macchine. L’interno, invece, sembrava una casa lussuosa d’altri tempi. Soprattutto dall’arredamento. Una cucina con forno a legna; dei letti a baldacchino; enormi armadi, credenze e tavoli intarsiati e sedie imbottite. I suoi pensieri furono rotti dal litigare dei compagni. Stavano discutendo su chi doveva dormire per terra e chi no. I loro litigi furono completamente inutili. Perché gli venne comunicato che avrebbero dormito sul campo di battaglia. La battaglia si sarebbe svolta in un luogo poco distante da lì per proteggere uno dei pochi villaggi rimasti nella Terra del ghiaccio. Le altre tre terre della Luna di Iego erano: la Terra del verde, la Terra delle rocce e la Terra del verde ed erano cadute tutte sotto le mani nemiche. Quando cominciò ad imbrunire si prepararono. Il sangue di Carlo ribolliva per il nervosismo. Robert era vestito completamente di nero. Con la sua casacca di mago, in cui erano raffigurate linee e ghirigori contorti di rosso sangue che facevano risaltare al centro l’occhio onniveggente, i pantaloni che sparivano sotto la casacca, il mantello svolazzante e un cappello, con la punta piegata, con raffigurata la stella magica del mattino. Legò i suoi lunghi capelli grigi e ripassò mentalmente le formule dei suoi incantesimi migliori. Lado si vestì con un’armatura elica, sistemò l’elmo sui capelli verdi, attento alle orecchie e alzò la visiera mostrando i suoi occhi viola. Lepold si mise un’armatura d’argento con il simbolo della sua terra: tre torri su tre colli. Ricard indosso un gilè in cuoio sopra la maglietta azzurra, si lascio i pantaloni bianchi leggeri che gli permettevano di utilizzare la sua elasticità, si mise i guanti di pelle di drago e per poter mettere un elmo d’acciaio dovette legare i disordinati e lunghi capelli rossi che risaltavano col verde degli occhi. Michelangelo si mise al posto del vecchio vestito una camicia bianca fatta di una stoffa indistruttibile, un gilè verde, un farfallino nero con macchina fotografica incorporata, un mantello all’esterno blu come i suoi occhi e all’interno arancione come i suoi capelli. Miriam aveva un vestito luccicante blu e argento con mille riflessi, i suoi capelli blu erano acconciati per far risaltare i suoi inquietanti occhi rosa. Lotshar si era messo un ingombrante armatura medievale, sia perché era un cimelio di famiglia, sia per sentirsi abbastanza protetto. Donatel si mise n armatura tecnologica realizzata da lui. Quando arrivarono al campo di battaglia, videro un orda infinita di orchetti mostruosi. Dopo alcuni minuti in cui gli eserciti stettero a fissarsi studiandosi, un corno seguito dall’urlo dei nemici segno l’inizio della feroce battaglia. Gli elfi arcieri fecero cadere una pioggia di frecce infuocate sugli orchi urlanti. La prima  linea dei supereroi uccise i restanti. A quel punto le porte del cancello della città si aprirono e videro che erano finiti in una trappola. La città non era sotto assedio, ma già invasa del tutto. Dal fondo della città si sollevarono due enormi fenici di fuoco nero. Le quali arrostirono la prima linea e costrinsero alla fuga gli arcieri. Carlo intanto, già resosi invisibile, attaccava ogni nemico che gli capitava a tiro. Luce combatteva contro le fenici nere. Robert si dava da fare con incantesimi difficili. Lotshar aveva provato in ogni modo ad aiutare gli amici, ma sopraffatto dalla paura si era teletrasportato in un posto sicuro vicino alla battaglia. Una collinetta poco distante. Quando Carlo vide Miriam cadere a terra, dopo che un mago le aveva infranto lo scudo, capì che doveva fare qualcosa. Tornò visibile. Raccolse un arco insieme a delle frecce e saltò sul dorso di Draghin. Con lui volò dall’altro capo del campo. Prese le distanze e saltò su Tiger  Lado si girò di scatto, sorpreso Matteo preso da una foga innaturale urlò: <Lado ordinò al suo drago di obbedire a Matteo fino alla fine della battaglia. Poi cominciò a scagliare frecce con la precisione che solo un elfo poteva avere. Vide che gli orchi stavano preparando un calderone pieno di olio bollente. Ebbe un lampo di genio. Aspettò che le loro truppe ripiegassero per la ritirata e poi colpì l’appiglio che teneva il calderone. L’olio uccise tutti gli orchi in un colpo solo. I quali morendo si liquefacevano. Fu uno spettacolo orribile. Quella sera distrutti i ragazzi accesero un fuoco sulla collinetta dove si era rifugiato Lotshar. Lontano dal resto dell’esercito. Avevano vinto la loro prima battaglia, ma ancor più bello Nanen era scomparso da prima dello scontro. Di certo non aveva disertato per paura, ma per qualcosa di losco. Tutti si erano addormentati tranne Lado. Ancora eccitato per la sua brillante azione si era proposto per il turno di guardia. Allo scadere della guardia soffiò un forte vento che per poco non spense il fuoco. Lado assorto a guardare il suo medaglione, unico ricordo dei genitori, non se ne accorse. Invece sobbalzò quando senti rumori di passi. Anche gli altri lo sentirono e si svegliarono all’improvviso allarmati. Posando le mani sulle armi. Apparve dinanzi a loro un vecchietto ceco a cui spuntava un enorme occhio al centro della testa. Quando parlò la sua voce parve venire da un mondo lontano: “Sono il veggente”. Ricard allarmato si mise tra lui e gli altri. Il vecchio continuò: “Non temete. Sono qui per aiutarvi ad abbattere il vostro oscuro nemico. Vedete il medaglione al petto di quel ragazzo – disse indicando Lado – ebbene se lo guardate attentamente troverete un piccolo incavo a forma di cuore. – Lado confermò – Se volete vincere dovete trovare un gioiello d’ambra a forma di cuore con inciso una rosa bianca e dovrete incastrarlo lì”. Ricard, da una parte spazientito e dall’altro incuriosito, chiese: “Dove si trova di grazia questa pietra ?”. Il veggente senza scomporsi rispose con quella voce che faceva accapponare la pelle: “In questo pianeta ci sono quattro terre. In ogni terra ci sono tre chiavi, dette di Reis, che insieme aprono una porta. Attenti dopo questa porta ci sono mille trabocchetti e un labirinto. Se le prove supererete della pietra degni sarete”. Come era apparso scomparve. Lasciando tutti a bocca aperta. La mattina dopo raccontarono tutto ai maestri Aido e Asches. I quali gli consigliarono di rifletterci a lungo. Nel frattempo Nanen  correva dal suo nuovo maestro: il Generale Barden. Dopo la sconfitta infertagli da Carlo all’accademia aveva deciso di vendersi al nemico per diventare più forte. Il malvagio Barden non aspettava di meglio. Dopo che il piccolo nano gli ebbe rivelato i punti deboli della base nemica preparò l’attacco. Per l’esercito di Carlo fu un massacro. Vedere quel disastro convinse il piccolo gruppo di eroi a partire. I loro maestri non li potevano accompagnare perché c’era bisogno di loro sul campo. Carlo e gli altri otto partirono verso l’ignoto con coraggio. Coraggio che svanì dopo quindici giorni di marcia senza meta. Cominciavano già a pensare di aver immaginato quel uomo quella notte quando un piccolo essere fece capolino tra i ghiacci. Era David. Carlo lo riconobbe subito. Non poté dire dove lo aveva incontrato. Dopo aver fatto un buffo inchino davanti a Miriam, David proclamò con voce altisonante: “Io, David, sono l’aiutante del veggeèente”. Se quella storia non avesse già dimostrato di essere paradossale tutti sarebbero scoppiati a ridere.

 

 

Ringrazio:

 

berry345 Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Visto che la regole sulle recensioni non vale per te, sarò felice di leggere una recensione in cui mi dici se il capitolo ti è piaciuto.

 

Regina oscura Ed ecco un nuovo aggiornamento. Sono contenta che ti siano piaciuti i combattimenti, perché è una componente che mi sta molto a cuore. Poi fammi sapere la risposta per il mio quesito. No, non sono Aido. Appena sento odor di sigaretta mi sento male perché sono asmatica. Fammi sapere se la storia ti è piaciuta.

  
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