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Autore: Skylark91    06/07/2015    7 recensioni
Sevitus Post-GOF: l'estate immediatamente successiva al quarto anno di Harry porta con se nuovi problemi, sfide e... drastici cambiamenti. Un susseguirsi di vicende molto particolari indurranno il ragazzo ad avvicinarsi alla persona più improbabile nel ricoprire il ruolo di mentore e... qualcosa di più. (Non-Slash)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton, Sirius Black, Voldemort
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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XVII.
Troubles on the Homefront



«Severus, per favore, calmati--»

«Per l'ultima volta, Albus, io - sono - calmo!» sbraitò Severus, voltandosi di scatto verso il vecchio mago, come se fosse pronto a colpirlo. «Ora, vuoi dirmi per quale assurdo motivo hai pensato che mandare Black e Lupin in quel posto infernale - senza la benché minima nozione di ciò a cui sarebbero andati incontro - fosse una buona idea?»

«E io per l'ultima volta ti dico, ragazzo mio, che la presenza di Sirius lì è stata una pura casualità...»

«Una... pura casualità?» Severus assottigliò le pupille a due fessure, ripetendo le parole del Preside con aria incredula. «Potter e Lupin sono in uno stato pietoso e Black potrebbe essere morto, per quel che sappiamo!»

«Sirius Black si trova in uno stato di coma, Severus, non giungiamo a conclusioni affrettate, per favore,» lo corresse Silente, con una nota grave nella voce, «e per quel che concerne Harry, il ragazzo è ancora all'oscuro di ciò che è successo al suo padrino.»

L'Esperto di Pozioni per poco non sgranò gli occhi a quella rivelazione. «Tu... non glielo hai detto?» sussurrò, quasi indignato.

«Severus, Harry è incredibilmente provato da tutti gli avvenimenti che ha appena affrontato e tra l'altro non ricorda assolutamente nulla degli istanti precedenti al vostro arrivo qui; ho solo pensato che aggiungere uno shock del genere nello stato in cui versa--»

Severus non lo lasciò nemmeno terminare. Dando le spalle a Silente con un grugnito esasperato, attraversò l'ufficio circolare a grandi falcate.

«Severus, nella posizione già difficile in cui ti trovi in questo momento--»

L'uomo avvolto di nero lasciò che la pesante porta di quercia sbattesse dietro di sé, del tutto incurante del fragore provocato e di quello che l'altro mago gli stesse ricordando.

Dire che ne aveva abbastanza delle assurdità di Silente era ben poco.

Mentre attraversava i corridoi di Hogwarts con il favore delle tenebre, Severus rifletté su quello che era successo nei tre giorni trascorsi da quando era riuscito a rimettere piede al castello. Potter era sprofondato in un sonno ristoratore come aveva toccato il letto riservatogli in infermeria; per merito delle pozioni somministrategli, al ragazzo erano stati risparmiati gli incubi che avrebbero senz'altro iniziato a infestare la sua mente tormentata dagli orrori che aveva patito nei giorni precedenti. Durante rari momenti di veglia, tuttavia, il ragazzo si era dimostrato lucido e incredibilmente attento, chiedendo più volte di ciò che era accaduto poco prima di abbandonare la selva e domandando dove fossero tutti.

Severus sapeva tutto ciò grazie a quanto riferitogli da Silente e da Poppy, puntualmente interpellata dal Maestro di Pozioni ogni qual volta quest'ultimo facesse visita in infermeria, sempre e solo quando era certo che Potter stesse dormendo e nessun altro potesse vederlo.

Era così che aveva scoperto che il ragazzo chiedeva espressamente anche di lui, e non solo del suo padrino e di Lupin.

Quel che Potter non sapeva erano le motivazioni per cui nessuno di loro si era ancora mostrato a lui.

«Buonasera, professor Piton,» lo salutò Madama Chips quando lo vide varcare le porte della sala riservata ai debilitati, attenta a mantenere un tono di voce basso per non destare il ragazzo che dormiva qualche letto più in là.

O almeno questo era quello che l'infermiera pensava.
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Harry aguzzò le orecchie e stette attento a non muovere un muscolo quando udì l'inconfondibile, cadenzato passo di stivali e il familiare fruscio di mantello che potevano appartenere solo ad una persona all'interno del castello. Le parole che seguirono non fecero altro che confermare quanto già aveva dedotto da solo.

«Buonasera, professor Piton,» la voce di Poppy era poco più che un bisbiglio, ma sufficientemente alto da essere udibile dal giovane, «se è qui per vedere il signor Potter--»

«No,» fu la quasi istantanea risposta dell'uomo, e Harry avvertì un'inaspettata fitta al petto. Il ragazzo dovette faticare a ingoiare la delusione salitagli in gola, mentre tutta la gioia di chi aspetta una visita da tanto tempo spariva di colpo. Ovvio che Piton non si trovava lì per lui. Come aveva potuto anche solo sperare che, finalmente, una faccia amica fosse venuta ad accertarsi delle sue condizioni, magari per scambiare qualche parola di conforto dopo tutto quello che era successo... ma niente, sembrava che tutti volessero evitarlo da quando erano tornati ad Hogwarts... Sirius, Remus e... persino Piton. «Sono qui per sapere di Black.»

Che cosa? Sirius è qui?

Il sospiro di Madama Chips rese il Grifondoro ancora più inquieto, se possibile. Cosa poteva farci Sirius in infermeria...? «Si tratta di una questione estremamente delicata, Severus,» disse Poppy, e Harry la percepì muoversi verso il lato della stanza opposto rispetto a dove si trovava il suo letto, «fino ad ora, non ci era mai capitato nulla del genere. Sto ancora ricercando una possibile spiegazione a quanto accaduto. Ho provato a chiedere a Remus i dettagli di ciò che avete passato prima di arrivare qui, ma... sinceramente, non è stato di grande aiuto.»

Severus si mosse, impaziente. «Lupin non è nelle condizioni di aiutare nessuno, temo,» rispose, asciutto. «Black è rimasto coinvolto nell'esplosione provocata dal suo sortilegio mentre si trovava in forma di Animagus e da allora non si è più potuto né risvegliare, né ritrasformare, chiaramente.»

«Pensi che sia rimasto troppo a lungo incosciente e in stato di Animagus da poter tornare indietro...?»

«No, è da escludere a priori dal momento che Peter Minus è rimasto nella sua forma animale ininterrottamente per ben tredici anni,» osservò Severus, lanciando uno sguardo alla propria destra verso uno dei letti al quale erano state tirate le tendine affinché nessuno potesse vedervi oltre.

Harry sentiva il cuore iniziare a battere più forte. Di cosa stavano parlando? Cos'era successo a Sirius? Perché nessuno lo aveva messo al corrente della situazione quando si era risvegliato? E per quale motivo sia Piton che Remus evitavano ogni contatto con lui? Per non dirgli la verità? L'unico da cui aveva ricevuto visite finora era stato Silente, ma il vecchio mago finora si era presentato solo per chiedergli come stava e metterlo a conoscenza del fatto che tutti a Grimmauld Place non vedevano l'ora di riabbracciarlo. C'era dunque qualcosa che impediva ai Weasley e a Hermione di venirlo a trovare...?

«Il morso di Black,» udì  la voce di Piton parlare nuovamente, il tono di chi ha appena avuto una rivelazione. Nella penombra dell'infermeria, Harry adocchiò l'uomo tornare a volgersi verso la donna dal camice bianco e fissarla intensamente, accingendosi a spiegare la sua teoria. «Black ha azzannato il Signore Oscuro per distogliere la sua attenzione da Potter, non sapendo che il suo corpo è costituito in buona parte dal veleno di Nagini, il suo serpente. È ciò di cui si è nutrito per anni in modo da riacquistare parte della sua forma corporea.»

Harry riuscì a intravedere Madama Chips portarsi una mano alla bocca, mentre lui stesso tentava di trattenere un gemito. «Severus, vuoi dire che Sirius ha ingerito... quel... quella...»

«La trasformazione da Animagus gli ha conferito una certa dose di protezione al veleno, ma la sostanza è entrata nel suo sistema in modo diretto, a crudo, senza aver attraversato prima un processo di preparazione come quello subito dalle pozioni, e deve aver agito immediatamente sul suo sistema nervoso, provocando il coma in cui versa. Se nelle sue vene non scorresse sangue di mago, ma Babbano, a quest'ora per Black non ci sarebbe stato più niente da fare.»

«Contatto immediatamente il San Mungo perché possa inviarci tutti i campioni di antidoti compatibili con il veleno di cui Sirius è infetto,» comunicò Madama Chips senza perdere tempo, avviandosi verso il proprio ufficio a passa svelto. «Oh, e Severus,» si girò un'ultima volta, «credi che sia giusto risparmiare al signor Potter le ultime notizie riguardo al suo padrino? Personalmente sono convinta che il ragazzo meriti di sapere.»

«Per quanto mi dolga ammetterlo, Poppy,» esordì l'uomo vestito di nero, con una smorfia tirata della labbra, «per una volta mi ritrovo a concordare con te. Sarà mia premura fare in modo che il ragazzo ne venga a conoscenza.»

Harry sentì la porta dell'ufficio di Madama Chips chiudersi e cercò di regolarizzare la respirazione per non farsi scoprire da Piton, ancora fermo in mezzo alla stanza. Incassare tutto quell'ammontare di informazioni sulla sorte di Sirius senza farsi prendere dal panico sembrava un'impresa impossibile. Aveva voglia di gridare, mettersi a piangere e prendere a pugni il cuscino allo stesso tempo, incapace di accettare che ancora una volta era colpa sua se una delle persone a lui care si trovava in pericolo di vita.

I suoi pensieri stravolti furono interrotti quando con la coda dell'occhio catturò il movimento di Piton. Si accorse che lo sguardo dell'uomo si era spostato su di lui e, prima che potesse rendersene conto, l'Ex-Mangiamorte aveva evocato una sedia e si era sistemato a fianco del suo letto. Harry strizzò gli occhi chiusi e cercò di rilassare il viso, simulando di essere nel bel mezzo di un sogno.

Il leggero sbuffo emesso da Piton lo colse del tutto impreparato, così come le parole che seguirono.

«Puoi anche smettere di fingere, Potter,» disse il suo insegnante in tono del tutto casuale, e - anche ad occhi ancora chiusi - Harry avrebbe potuto giurare che l'uomo avesse appena roteato lo sguardo al soffitto. «È da quando sono entrato che so che sei sveglio.»

Harry mantenne gli occhi serrati, ma si girò in modo da essere sdraiato supino, mentre si lasciava andare ad un pesante sospiro.

«Perché?» chiese in un soffio, dopo qualche attimo di silenzio.

«Perché ho permesso che ascoltassi la conversazione? Oppure vuoi sapere perché apparentemente né io né Lupin siamo venuti a trovarti? Oh, e prima che tu chieda, Potter, no, non sto usando la Legilimanzia.»  

Harry ringraziò che fosse abbastanza buio da nascondere l'imbarazzo causato dalle parole di Piton. Ora come ora, il suo comportamento riguardo al ricevere visite dai due adulti gli appariva infantile come non mai. «Remus ce l'ha con me per quello che è successo a Sirius, non è così?» Anche solo pronunciare il nome del suo padrino conoscendo lo stato in cui versava gli procurava un dolore immenso.

«L'unica persona con cui in questo momento Lupin è arrabbiato è se stesso,» rispose Piton con semplicità.

«Perché mai dovrebbe avercela con se stesso?» Harry si coprì il viso con le mani, lasciandosi sfuggire un mezzo singhiozzo. «È solo per salvare me che Sirius si trova in queste condizioni!»

Severus osservò il viso affranto del ragazzo. Perché vedere il Grifondoro così disperato doveva procurare in lui simili sensazioni scombussolanti? Era sempre stato certo che non avrebbe mai più provato un senso di protezione per nessun altro da quando Lily era morta e ora... cercare di consolare il giovane stava lentamente diventando quasi un bisogno fisiologico. «Sciocchezze. Ciò che è successo a Black non è colpa di nessuno, e lo stesso vale per quanto accaduto a Cedric Diggory lo scorso anno,» incalzò con fervore, sapendo ciò a cui il ragazzo si sarebbe appellato per controbattere alle sue parole. «Devi smettere di pensare che tutte le sciagure di questo mondo siano la causa diretta della tue azioni, Harry--» Severus si interruppe, irrigidendosi nella sua sedia e Potter parve fare altrettanto, prima di abbassare le mani con cui si era coperto il viso e fissare l'uomo con un'espressione sorpresa.

Per la prima volta in vita sua, Severus si sentì in una posizione veramente scomoda.

Si schiarì la gola, facendo finta di non aver mai pronunciato l'ultima parola, prima di riprendere a parlare. «Se vuoi scagliare le tue frustrazioni su qualcuno, ti consiglio di farlo con l'unico responsabile di tutti questi atti. È l'Oscuro Signore il tuo nemico principale, Potter, non te stesso.»  

Harry cercò di ignorare il veloce passaggio dal proprio nome al cognome adottato da Piton e a cancellare l'espressione scioccata che ancora aveva in volto, giusto per non essere fulminato seduta stante da un'altra occhiata dell'uomo. «Crede che Sirius si sveglierà?» sussurrò, invece.

«Lo sapremo molto presto, non appena avremo fatto le prove con i vari antidoti a disposizione del St. Mungo.»

«Non è la risposta che cercavo,» si lamentò Harry, stropicciandosi un occhio che minacciava di iniziare a lacrimare nuovamente.

«Ma si tratta dell'unica risposta realistica che posso darti al momento, Potter, o preferisci che si continui a giocare con le parole e a riempirti la testa di bugie pur di farti stare meglio?» il tono di Piton si fece leggermente più marcato, come se fosse finalmente arrivato alla parte più importante del suo discorso. «Non ho buttato all'aria quattordici anni di lavoro come spia perché tu possa iniziare a piangerti addosso come un seienne. Ho bisogno che tu ti indurisca, Potter. Ho bisogno che tu abbia una valida motivazione per dare il massimo di te stesso, d'ora in avanti. Per questo ho voluto che sapessi di Black.»

«Cosa dovrei fare?» chiese Harry, cercando di suonare meno tetro di prima. Aveva sempre voluto che gli adulti iniziassero a metterlo al corrente di come stavano davvero i fatti e a trattarlo come una persona matura, e ora che qualcuno gliene dava finalmente l'occasione non poteva di certo tirarsi indietro.

«Apprenderai tutto ciò che ti servirà per contrastare il Signore Oscuro, a cominciare dalle nozioni più basilari dei duelli tra maghi - sui quali è evidente che nessuno ti abbia mai realmente istruito - fino ad arrivare alla preparazione delle pozioni più potenti e letali. Tutto ciò che possa aiutarti a sopravvivere fino allo scontro decisivo con l'Oscuro Signore ti verrà impartito direttamente da me.»

«No, non può prendersi questa responsabilità,» disse subito Harry, cercando di non suonare tanto allarmato quanto sentiva di essere internamente, «non posso permettere che qualcun altro venga ferito o... o peggio, per causa mia--»

«Non è qualcosa che sta a te decidere, Potter,» replicò Severus con una certa durezza, «è una mia scelta, e prima ti abituerai a rispettare e seguire le mie decisioni, meglio sarà per te.»

C'era una nota finale nel suo tono di voce, che non ammetteva repliche.

Harry sospirò di nuovo. Piton era sopravvissuto finora e aveva mantenuto fede alle proprie promesse. Si era sempre mostrato spietatamente sincero nei suoi riguardi. Di quante altre persone avrebbe potuto dire lo stesso? Da quando erano arrivati ad una convivenza civile, l'uomo non aveva mai nascosto verità scomode con le stesse bugie velate e a fin di bene offertegli da quasi tutto il resto dell'Ordine. Forse era proprio di questo tipo di persona che aveva bisogno per crescere e diventare più forte. Qualcuno di cui fidarsi.

«D'accordo,» rispose infine il ragazzo, prima di lasciar posare lo sguardo sulle tendine tirate del letto opposto al suo, nel punto in cui Sirius, o - almeno - la sua forma di Animagus, giaceva. «Potrò... vederlo?»

Piton annuì. «Quando sarai in grado di rimetterti in piedi. E no, Potter, il momento in cui ciò sarà possibile non spetta a me da decidere,» aggiunse, captando l'occhiata speranzosa del ragazzo e anticipando la sua domanda, «ma alla nostra adorabilmente inflessibile capo-infermiera.»

Harry si lasciò sfuggire una debole risata. Per quanto il suo umore non fosse dei migliori a causa dei recenti avvenimenti, il modo impassibile con cui Piton scandiva le sue uscite non avrebbe mai cessato di meravigliarlo.

«Bene, direi che abbiamo rubato abbastanza tempo al tuo prezioso riposo,» Piton fece per alzarsi e far svanire la sedia su cui aveva sostato, ma il suo sguardo indugiò ancora per qualche istante sull'espressione di disappunto appena apparsa sul viso di Harry.

«Tornerà a trovarmi?» le parole scapparono dalla bocca del ragazzo prima ancora che l'uomo potesse aggiungere qualcosa. Harry sentì l'imbarazzo allargarsi sul proprio volto senza dargli scampo. Idiota! Che diavolo ti salta in testa di chiedere? «I-intendo... è bello passare del tempo anche solo... uhm, chiacchierando con qualcuno e--»

«Se ti fa piacere, Potter,» fu la casuale risposta di Piton, ignorando quanto la richiesta di Potter fosse inusuale allo stesso modo in cui il ragazzo aveva fatto con il suo personale momento di defiance, «farò in modo da ritagliarmi uno spazio per venirti a trovare. Ora, ti suggerisco di prendere sonno prima che Madama Chips irrompa con estrema grazia e mi sbatta fuori con altrettanta cortesia.»

Harry annuì con un sorriso riconoscente e guardò Piton fare per andarsene. «Oh, e signore?» chiese ancora, aspettando che l'uomo si voltasse per riprendere a parlare. «Pensa che Ron ed Hermione potranno venire a farmi visita presto?» chiese, con aria speranzosa.

«Ne parlerò con il Preside,» rispose Piton, prima di inarcare un sopracciglio esperto, «ora, signor Potter, credo che sia davvero il caso che lei dorma.»

«Okay...» Harry si girò su un fianco e fece per chiudere gli occhi, ma poi ci ripensò e li riaprì, fissandoli nuovamente in quelli onice di Piton. «Uhm, professore? Un'ultima cosa: potrei avere un'altra di quelle pozioni per riposare...?»  

«Oh, ma che casualità,» disse Piton con voce soave, «credo di aver appena lanciato un incanto di istantanea sonnolenza su di te, Potter,» pronunciò, mentre un sorriso sottile si allargava sulle sue labbra alla vista dello sguardo di Harry farsi improvvisamente più annebbiato.

Harry avvertì le proprie membra rilassarsi e le palpebre iniziare a diventare più pesanti. Aveva ancora diverse cose da chiedere a Piton, ora che ci pensava. «Questo... è... giocare sporco... professore...» farfugliò Harry, provando a combattere inutilmente la sensazione di sonnolenza provocata dal sortilegio.

«Oh, no, Potter, questo si chiama istinto di auto-preservazione,» rispose suadente l'uomo, suonando quasi divertito dal modo in cui Harry continuava a cercare di rimanere sveglio. «Considerala come una delle nostre prime lezioni.»

«Preferisco... quando... mi chiama... Harry...» mugugnò confusamente il ragazzo, prima che la sua respirazione si facesse più profonda, segnalando che aveva infine ceduto al sonno.

Severus attese qualche secondo, lasciando vagare i suoi occhi scuri sui tratti addormentati del giovane. Poi, allungò una mano verso gli occhialetti rotondi che il Grifondoro aveva ancora inforcati sul naso e li rimosse con attenzione, posandoli sul comò affianco al letto.

«Buonanotte, Harry,» disse infine, indugiando un'ultima volta con lo sguardo su di lui, prima di voltarsi e scivolare nuovamente nelle tenebre di una Hogwarts quasi deserta.
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«Harry!»

«Ron! Hermione!» Il volto di Harry si allargò in un ampio sorriso. Non gli sembrava vero di rivedere i suoi amici finalmente.

Dopo i rispettivi abbracci, sia Ron che Hermione attesero qualche istante prima di parlare.

«Miseriaccia, Harry,» sospirò infine il ragazzo dai capelli di fuoco, «quando la smetterai di farci preoccupare così?»

«Ron,» lo redarguì Hermione, lanciandogli un'occhiata obliqua dopo aver notato l'espressione quasi mortificata di Harry. «Abbiamo deciso che non avremmo parlato di quello che--»

«Hermione, è solo un modo di dire! Non sto mica incolpando Harry per quello che gli è successo.» Ron rivolse all'amico uno sguardo apologetico. «Non te la sei presa, vero, amico?»

Non ho buttato all'aria quattordici anni di lavoro come spia perché tu possa iniziare a piangerti addosso come un seienne. Ho bisogno che tu ti indurisca, Potter. Harry scosse la testa con rinnovato ottimismo, rivolgendo al rosso un piccolo sorriso. «No, va tutto bene,» lo rassicurò.

Un nuovo silenzio calò sul trio di amici, interrotto solo dal leggero respiro del grosso cane nero steso sul letto opposto a quello di Harry, a ricordargli dolorosamente del fatto che il suo padrino fosse ancora in quelle condizioni, nonostante avesse già ricevuto la prima dose di antidoto fornita dai medici del St. Mungo.

«Hai saputo qualcosa riguardo alla salute di Sirius?» gli domandò piano Hermione, come se potesse leggere i suoi pensieri.

«So solo che hanno già iniziato con la terapia,» sospirò Harry, «ma dicono che potrebbero volerci diversi giorni prima che gli antidoti inizino a fare effetto sulla dose di veleno che ha ingerito.»

Harry non poteva che diventare ogni giorno più irrequieto e lasciarsi affliggere da pensieri negativi sulla salute del proprio padrino. E se il sistema di Sirius non fosse riuscito a contrastare il veleno di Nagini? No, non voleva nemmeno pensarci...

Fu Ron a interrompere quel nuovo momento di riflessione.

«Quindi Harry... è vero quello che dicono? Intendo... che sia stato Piton a farti uscire da lì?» chiese, senza riuscire a trattenersi neppure di fronte alla seconda occhiataccia di Hermione.

Harry annuì. «Senza il suo intervento a quest'ora Voldemort mi avrebbe già usato per chissà quale orrendo rituale,» disse il ragazzo, rabbrividendo al ricordo di quella notte.

«Ne siamo venuti a conoscenza... Ma c'è anche qualcos'altro che abbiamo... scoperto.»

Harry li guardò con aria interrogativa. Era come se entrambi non riuscissero a trovare le parole per andare avanti.

«L'Ordine questa mattina ha tenuto una riunione speciale e noi... beh, l'abbiamo origliata con l'aiuto di Fred e George,» spiegò Hermione, con una certa difficoltà. Sembrava essere in evidente imbarazzo per aver trasgredito in modo tanto palese alle regole. «Quello che abbiamo scoperto è che anche Piton ha partecipato a... ad usare la Cruciatus su di te.»

Harry sentì il cuore accelerare i battiti a quella rivelazione. Aveva fatto di tutto per rimuovere tale memoria, per cancellarla per sempre dalla propria mente, ma ora non poteva fare a meno di riprovare tutta la paura e il dolore di quella notte. «Che... che cos'hanno detto durante la riunione?» biascicò, sentendo l'ansia aumentare a dismisura nonostante i suoi tentativi di nasconderla e alleviarla. Come avevano fatto a sapere? Di sicuro Piton non poteva aver raccontato tutti i dettagli di quella notte davanti all'intero Ordine...

«Beh, gli altri non sono contenti di ciò che Piton ha fatto,» disse Hermione cautamente, notando l'agitazione che cominciava a mostrarsi sui tratti dell'amico, «ma non credo che dovremmo parlarne in questo momento--»

«No,» la interruppe Harry con enfasi, «devo sapere. Come hanno fatto a scoprirlo?»

Hermione sospirò. «Harry,» pronunciò con estrema premura, «quando ti hanno portato qui hanno fatto degli accertamenti sul tuo corpo per individuare eventuali ferite. Si tratta di semplici incanti di controllo che permettono di scansionare le funzioni vitali del soggetto e individuare che tipo di sortilegi abbia eventualmente subito.» La ragazza fece un'altra pausa, guardando tentativamente Ron come per ottenere un minimo di supporto, ma il rosso appariva più incerto di lei su come continuare. «Hanno individuato all'incirca una ventina di Maledizioni Cruciatus su di te e sono arrivati alla conclusione che sia stata opera di un intero gruppo di Mangiamorte... eh, beh sai, Piton era un Mangiamorte, così Kingsley ha richiesto di usare Prior Incantatio sulla sua bacchetta per scoprire se avesse usato la maledizione su di te insieme agli altri.»

«Insomma le cose non sembrano mettersi bene per lui,» aggiunse Ron. «Ho sentito da papà che l'Ordine sta decidendo il da farsi. Se avvisassero il Ministero di quanto successo, Piton finirebbe dritto dritto in custodia da loro, dal momento che Azkaban è in mano a Tu-Sai-Chi.»

«Ma non poteva fare altrimenti! Voldemort lo avrebbe ucciso seduta stante se si fosse rifiutato!» esclamò Harry, indignato. «Piton mi ha salvato la vita; Sirius e Remus non avrebbero mai potuto trovarci se lui non mi avesse fatto scappare da Voldemort, questo dovrà pure contare qualcosa per l'Ordine!»

«Lo so, Harry,» disse Hermione, comprensiva, mentre Ron sembrava essere di un'altra opinione e non attese molto prima di esporla.

«Harry, quell'untuoso bastardo ha pur sempre usato una Maledizione Senza Perdono su di te! Come puoi perdonarlo così facilmente?»

Harry si sentì punto sul vivo, sorpreso dalla sua reazione. «E tu come puoi essere così ottuso, Ron?» replicò, ferito dall'atteggiamento dell'amico. «Ti ho appena detto che senza Piton non sarei qui ora,» disse, cercando di ignorare il vago pizzicore alla cicatrice che cominciava a insinuarsi rapidamente in lui.

Ron sbuffò. «Cosa ne sappiamo che non sia stato un pentimento dell'ultimo momento? Magari si è persino divertito ad usare la Cruciatus su di te e potrebbe già essere in procinto di trovare un modo per riconquistare la fiducia del suo padrone, e tu sei qui, a difenderlo,» accusò, con una nota sprezzante.

Harry fece per muoversi dal letto e afferrare Ron per la collottola, ma Hermione si interpose tra i due. «Ora basta, Ron, stai esagerando,» disse la ragazza.

«Anche tu con questa storia, Hermione? Pensavo ne avessimo parlato,» insisté Ron, offeso dalla sua presa di posizione e scattando in piedi dal nervoso, «quel viscido serpente non può che aver fatto il lavaggio del cervello a Harry per--»

«Fuori.»

La voce di Harry rimase ferma e gelida, nonostante il ragazzo avvertisse una furia incontrollabile pervadergli ogni fibra del corpo.

Ron lo fissò scioccato, fermo sul posto. «Harry--»

«Non lo ripeterò più, Ron. Non sei più il benvenuto qui.»

«Bene,» annuì il rosso, ingoiando la delusione e la rabbia che quelle parole avevano provocato in lui. «Quando avrai finito di venerare un sadico psicopatico che prova gusto a tormentare i più deboli, fammi un fischio... amico,» sputò fuori, velenoso, prima di voltarsi e incamminarsi verso l'uscita.

«Se proprio vuoi saperlo, è stato lo stesso sadico psicopatico a chiedere a Silente che i miei amici potessero venire a trovarmi!» urlò Harry fuori di sé, mentre Ron varcava la porta dell'infermeria, la quale fu sbattuta in un sonoro colpo.   

«Signor Potter!»

Richiamata dal gran fragore, Madama Chips uscì tutta affannata dal proprio ufficio, osservando i volti dei due ragazzi rimasti con gli occhi sgranati di chi non ha la benché minima idea di cosa stia succedendo.

«Si può sapere per quale motivo sento urla provenire da qui dentro? Vi ricordo che questa è--»

«È un'infermeria, Madama Chips, lo so bene,» disse Harry a denti stretti, trattenendo la voglia sfrenata di afferrare il vaso di fiori posto accanto al comodino e di scagliarlo contro una parete.

«Le consiglio vivamente di moderare il tono,» lo rimproverò la donna, fulminandolo con un'occhiata, mentre il ragazzo si mordeva la lingua per costringersi a non risponderle nuovamente. «Signorina Granger, le suggerisco di usare la Metropolvere del mio camino, è evidente che il signor Potter non sia in vena di visite oggi.»

Hermione lanciò uno sguardo desolato all'amico, prima di passargli una mano sul braccio in segno di supporto. «Mi dispiace tanto, Harry... ma lo sai Ron com'è fatto: non riesce a vedere a un palmo dal suo naso,» mormorò, con sincerità. «Proverò a parlargli io... ci vediamo presto, ok?»

«Grazie, Hermione,» rispose Harry, riconoscente, seppur ancora tremante di rabbia per lo scontro con il suo miglior amico, «e non preoccuparti, farò il bravo. Dubito che Madama Chips mi farà avere ancora visite se finiscono tutte così.»

La ragazza gli rivolse un ultimo sorriso, prima di augurargli una pronta guarigione, alzarsi e dirigersi verso l'ufficio della capo-infermiera.

E Harry rimase solo a fissare il soffitto sopra di sè, pensando che presto, una ad una, tutte le persone a lui care - chi per un motivo, chi per un altro - lo avrebbero abbandonato.
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«Ho saputo che hai deciso di dire a Harry la verità su Sirius.»

«Oh, Lupin... qual buon vento.» Severus non si curò di sollevare gli occhi dalla pergamena sulla quale stava finemente trascrivendo i risultati dei compiti di fine anno. «Credevo che la tua presenza tra noi - comuni mortali - fosse ormai puramente eterea.»

«Acido come sempre, Severus,» rispose Lupin, senza particolare trasporto, gli occhi spenti di chi ha appena perso qualcosa di estremamente prezioso. «Non sono venuto qui per discutere con te. Volevo sapere come sta Harry. So che l'hai visto.»

Severus emise un soffio di scherno. «Perché non andare a chiederlo a lui stesso?»

Lupin si morse il labbro. «Sai perché non posso.»

«Oh?» Severus distolse infine gli occhi dal suo lavoro per fissarli in quelli sciupati e afflitti di Lupin. «Quindi, Potter non merita di ricevere visite da te perché i tuoi sensi di colpa te lo proibiscono? Così maturo da parte tua, Lupin.»

«Sei l'ultima persona che può giudicarmi, Severus,» replicò l'altro uomo, facendo un passo avanti all'interno dell'ufficio sotterraneo di Piton. «Immagino che tu non abbia rivelato a Harry quanto accaduto durante le recenti riunioni.»

Il Pozionista ignorò la sua prima sentenza. «E per quale motivo avrei dovuto? Illuminami, Lupin,» disse, «Potter ha diritto a sapere quel che lo riguarda direttamente, non necessariamente ciò che concerne me

«Ho notato il modo in cui Harry guarda a te con ammirazione, e so anche che sei andato a trovarlo nonostante l'Ordine ti avesse proibito di farlo,» disse Remus. «Non importa ciò che è successo quella notte alla fortezza di Lord Voldemort, so che il tuo cuore è nel posto giusto, Severus, e che Harry avrà quanto mai bisogno di te, soprattutto ora che non può fare affidamento sulla presenza del suo padrino,» fece una pausa, ignorando l'espressione apparentemente indifferente dipinta sul viso di Piton, «per questo ho deciso di testimoniare a tuo favore alla prossima riunione dell'Ordine.»

Severus rimase in silenzio per diversi istanti. Era leggermente infastidito dal modo in cui Lupin sembrava insistere sulla sua redenzione riguardo a ciò che aveva compiuto quella notte. Lui stesso faticava ancora a perdonarsi, per quanto sapesse che quelle azioni erano state necessarie ad assicurare l'evasione di Potter da lì. Tuttavia, non poteva che considerare positivamente la presa a suo favore del lupo.

«Accetterò il tuo voto per me ad un patto, Lupin,» disse lentamente, fissandolo con una luce penetrante nello sguardo. «Andrai a fare visita a Potter oggi stesso.»

«Severus--»

«Il ragazzo è convinto che tu lo reputi responsabile di ciò che è successo a Black,» sottolineò Piton, in un tono inflessibile, «forse è il caso che tu metta da parte i tuoi infantilismi e vada a trovarlo. Potter non ha mai pensato - nemmeno per un istante - che tu possa aver causato indirettamente la disfatta del suo padrino.»

«Avrei dovuto esserci io al suo posto,» mormorò Remus, con un filo di voce, «e Harry ha l'abitudine di perdonare le persone troppo facilmente per i loro errori.»

Severus non disse nulla. Non poteva dargli torto sull'ultima affermazione. Lui stesso aveva diverse remore sull'abilità innata che Potter continuava a mostrare verso chiunque. Come poteva il ragazzo non riconoscere che si trattava di un'arma a doppio taglio e che prima o poi avrebbe dovuto pagare il fio di tanta misericordia?

«Ad ogni modo,» Remus interruppe il flusso di pensieri di Severus, riprendendo la parola, «andrò da lui nel pomeriggio.» L'uomo fece per voltarsi, ma prima di varcare la porta e andarsene, si fermò, la mano ancora sulla maniglia e il capo leggermente rivolto verso Piton. «E Severus... grazie ancora per aver sottratto Harry a Voldemort.»
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«Perché non mi ha detto dei problemi che ha per quello che è successo con gli altri Mangiamorte...?»

«Potter, non è assolutamente necessario che tu venga a conoscenza di tutti i dettagli della mia vita privata.»

«Ma potrei aiutarla parlando con l'Ordine! Di sicuro Silente terrà conto del ruolo che ha giocato nella mia liberazione, posso testimoniare--»

«No, è fuori discussione.»

Era di nuovo tarda sera quando Harry ricevette visita da parte di Piton. Il ragazzo aveva passato il pomeriggio a parlare con Remus e a riconciliarsi con lui, cedendo infine alla voglia di lasciarsi andare ad un pianto liberatorio e sfogandosi per quanto successo nei terribili giorni trascorsi come prigioniero di Voldemort e, allo stesso tempo, per la sorte incerta di Sirius. Remus lo aveva abbracciato, chiedendogli di non sentirsi in colpa e assicurandogli che Sirius sarebbe riuscito a cavarsela anche in quell'occasione.

Harry ora osservava Piton con insistenza, non sopportando che l'uomo continuasse a rifiutare il suo aiuto. «Perché?»

«Perché, Potter, così ho deciso,» Severus sospirò pesantemente, mentre la sua pazienza veniva seriamente messa alla prova. Per quale assurdo motivo il ragazzo dev'essere così ostinato? «Coinvolgerti in questa storia rischierebbe di peggiorare la tua posizione al Ministero, nel caso in cui l'Ordine dovesse decidere di trascinarmi là. Ti ricordo che Cornelius Caramell non è ancora convinto del ritorno del Signore Oscuro e considera fandonie le tue parole.»

«Beh, sono già coinvolto, signore,» replicò Harry, con altrettanta irritazione. «Si sta pur sempre parlando di qualcosa che è accaduto a me, ho il diritto di dare la mia versione.»

L'uomo non rispose e, mentre lo osservava passarsi una mano sul volto, il ragazzo si accorse solo allora di quanto apparisse stanco.

«Signore?» chiese Harry, preoccupato, adocchiando una smorfia dolorosa attraversare il viso di Piton. Lo sguardo chiaro del giovane ricadde sul braccio sinistro dell'insegnante, nel punto in cui sapeva essere impressa a fuoco la sua vecchia fedeltà a Lord Voldemort. «Il Marchio le sta dando problemi, non è così?»

Piton emise un sibilo, lasciando passare il dolore, prima di stendere le labbra in un lieve ghigno, mascherando le fitte continue subite dal suo avambraccio marchiato. «Pensavi che l'Oscuro Signore avrebbe accettato le mie dimissioni con tanta facilità?» disse, «Sono un traditore, Potter, e la tortura è lo strumento con cui Lui si impegnerà a ricordarmelo.»

«Non... non c'è niente che si possa fare?» chiese a bassa voce il ragazzo, orripilato dal pensiero che Piton potesse patire quella sofferenza a vita.

«No, solo alleviare il dolore, per il momento,» rispose brevemente Piton, prima di tornare a fissare il ragazzo con intensità. «Ad ogni modo, non è per questo che sono venuto qui stasera.»

Harry lo guardò, incuriosito.

«Per qualche giorno, non potrò farmi vedere ad Hogwarts,» spiegò l'uomo, ignorando la luce delusa accesasi nello sguardo del giovane. «L'Ordine ha richiesto la mia presenza a Grimmauld Place per decidere su quanto abbiamo già discusso e, no, Potter - per l'ultima volta - tu non parteciperai a questa riunione.»

«E cosa dovrei fare? Starmene qui, con le mani in mano, aspettando che anche l'ultima persona a cui sembri importare qualcosa di me, mi abbandoni come tutti gli altri?» esclamò il ragazzo, improvvisamente infervorato. Aveva riflettuto accuratamente su quanto successo ed era giunto ad una conclusione. Lentamente, tutti si stavano stancando di lui. Al diavolo le promesse che Piton gli aveva fatto solo la sera prima sull'addestrarlo. L'uomo doveva sicuramente aver fatto due calcoli e infine deciso che lui - Harry - non fosse all'altezza di una simile impresa.

Severus nascose la sorpresa per la definizione appena appioppatagli da Harry con straordinaria maestria. «Di che cosa stai parlando Potter?» disse invece. «Nessuno ha mai parlato di abbandonarti--»

«Come no! Sirius mi ha abbandonato, decidendo di scagliarsi contro Voldemort senza pensare alle conseguenze,» incalzò il ragazzo, sentendosi pervadere da una rabbia incontrollabile, la stessa che lo aveva colto quella mattina durante la visita dei suoi amici, ma come raddoppiata. «Silente non fa altro che nascondermi verità su verità; Ron mi si è rivoltato contro oggi stesso perché convinto che lei mi abbia fatto il lavaggio del cervello; Remus--»

«Credevo che Lupin fosse venuto a trovarti oggi,» interruppe Piton, inarcando un sopracciglio con aria di disappunto. L'ex-Malandrino gli aveva persino riferito che lui e il ragazzo si erano chiariti e che avevano passato un piacevole pomeriggio.

«Certo, dopo essersi dimenticato di me per ben quattro giorni!» gridò Harry, fuori di sé, troppo occupato a scagliare la sua improvvisa ira contro Piton per accorgersi che la sua cicatrice aveva cominciato ad ardere. «E scommetto che anche dietro a quella visita c'è il suo zampino! Cos'è, doveva forse trovare il sostituto che badasse al povero, piccolo Harry in sua assenza?»

«Ora stai semplicemente esagerando con questo dramma, Potter,» replicò Piton, fissandolo con irritazione. Non poteva credere che l'immaturità del giovane arrivasse a questo punto. «Se non la smetti immediatamente di usare questo tono con me--» esordì nuovamente l'uomo, con voce pericolosa, ma poi si fermò, notando che la cicatrice del ragazzo sembrava bruciare quasi quanto il suo Marchio. C'era qualcosa che non quadrava. Questa versione di Potter era completamente diversa da quella con cui aveva parlato e scherzato solo la sera precedente. «--Harry?» mormorò.

Il ragazzo respirava affannosamente, come se si stesse riprendendo da una lunga corsa appena fatta.

«Severus,» un sibilo mostruoso uscì dalle labbra del Grifondoro, che prese a contorcersi nel letto come in preda alle convulsioni, «sorpreso di vedermi?»

Severus percepì quel poco di colorito che aveva in volto prosciugarsi del tutto di fronte all'orrore di quella scena raccapricciante.

No. Non sta succedendo.

Il ricordo della paura folle che si era impossessata di lui quando aveva visto Potter dapprima in mano a Mulciber e successivamente alla mercé di Voldemort tornò a farsi viva come non mai.

«Avanti, Severus,» parlò ancora Voldemort attraverso la bocca del ragazzo, «mostrami come salverai il ragazzo questa volta... esiste un solo modo e tu lo sai,» la labbra di Harry si stesero in un sorriso demoniaco. «Uccidilo e liberalo da ogni sofferenza!»
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