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Autore: EvelynMoon    06/07/2015    1 recensioni
In principio vi erano solo i due Gemelli Originali, la Natura e l’Universo.
Essi sentendosi soli, però, crearono insieme la Prima Terra. L’universo plasmò il mondo: i mari, la terra e i cieli. La Natura pose in essi le Creature Originali. Esseri immortali e dotati di un forte legame con i loro creatori come le fate, gli elementali, i giganti, i geni: ogni creatura di cui abbiate mai sentito parlare, e tra loro ,anche gli esseri umani, le creature più docili, dominate dalle loro passioni poiché le sole a sapere cosa fosse la morte.
I più belli e più potenti fra questi esseri, i prediletti della Natura, ai quali essa donò un potere pressoché infinito il cui nome è svanito nei secoli ed ora vengono conosciuti solo con il nome di “Angeli dell’inferno”, avevano il totale dominio dei cieli, nei quali volteggiavano con le loro immense ali piumate.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alexander

I ricordi sono qualcosa di bellissimo, ma possono anche essere una tortura, quando diventano un doloroso promemoria che non ci permette di perdonare, o perdonarci.
E’ a questo che penso, stringendo al petto il libro di fiabe che Katerina mi  ha regalato per il compleanno (due anni fa, un anno prima della sua scomparsa per colpa mia), mentre cammino per la capitale con i miei genitori e la scorta reale.
E’ il giro di routine che i miei fanno una volta al mese nei diversi quartieri della città, per sentire eventuali lamentele o bisogni; viene fatto sempre in giorni feriali e verso l’ora di pranzo, per cui la città è molto tranquilla; le strade sono pressoché vuote e le botteghe sono quasi tutte in pausa. La gente ferma i miei genitori e loro si fermano a parlare , sempre protetti da una barriera e dalla scorta.
Ad un certo punto arriviamo verso i quartieri più poveri , nei quali i miei hanno sempre molto da fare. Mentre camminiamo da un negozio ad un altro la strada ci viene tagliata da una figura minuta avvolta in abiti logori, poco dopo di lei passa un gruppo di guardie cittadine.
“Cosa succede?” Domando. Un mercante ci viene incontro, è un uomo con la faccia grassoccia e viscida, con indosso degli abiti pacchiani.
“Niente di cui voi dobbiate preoccuparvi, altezza. Solo un altro ladruncolo probabilmente, il suo padrone avrà una bella gatta da pelare..” L’uomo fa una risatina gorgogliante che si blocca non appena nota gli sguardi di disapprovazione dei miei.
“Dite di grazia, spiegateci questa interessante storia.” Dice mio padre con tono sarcastico. L’uomo si rende conto di aver detto qualcosa che non deve e inizia a borbottare spiegazioni. Mia madre fa segno ad una guardia e quella si volta verso di me”
“Ditemi, altezza, avete voglia di un gelato?” Annuisco anche se vorrei ascoltare quello che stanno dicendo. La guardia, Aloys, mi porta al chiosco più vicino e chiede al gelataio un cono che poi mi porge. Infilo il libro nel mio borsello ed inizio a mangiare con gusto.
Mentre mangio sento di nuovo il frastuono della corsa e la piccola figura compare e scopare velocemente dietro un vicolo, inseguita dalle guardie. So che è una mossa avventata ma quella scena sembra troppo familiare. Butto a terra il mio cono e chiedo ad Aloys di comprarmene un altro. Lui mi sorride e mi chiede di attendere un istante; approfitto della distrazione e sgattaiolo nel vicolo in cui quelle figure sono scomparse. Seguo il suono dei loro passi fino a sbucare in una sorta di parco. Lì vedo le guardie perlustrare la zona con perizia, della figurina nessuna traccia. Mi rendo conto che Aloys deve essersi reso conto della mia assenza e sento un moto di senti si colpa assalirmi ma poi un movimento repentino alla mia destra attira la mia attenzione. Faccio giusto in tempo a vedere un piccolo piede sparire all’interno di un cespuglio.
Mi avvicino un po’ in quella direzione, sono a pochi passi dal cespuglio quando sento una voce sbucare da quella direzione.
“Vattene!” Mi dice. Io sto per rispondergli ma alcuni passi risuonano dietro di me. Non so per quale motivo lo stia facendo ma mi volto fingendo agitazione e corro verso la guardia più vicina.
“Aiuto, signore vi prego! La guardia in un prim o momento sembra seccata ma poi mi riconosce oppure nota gli stemmi incisi sul mio colletto, perché si inchina rapidamente.
“Ditemi, altezza.”
“Una persona mi ha rubato i soldi che i miei genitori mi avevano dato!” Dico. “E’ andata da quella parte!“ Indico il punto opposto rispetto a quello dove la figurina è nascosta.
La guardia balza in piedi e corre via, senza curarsi, per fortuna, di avermi lasciato solo, in un quartiere come quello, cosa che in effetti inizia a spaventarmi.
Mi distraggo riportando la mia concentrazione verso il cespuglio. Mi dirigo da quella parte e vi giro intorno. Un piede sbuca ancora fuori. È minuscolo e lurido. La persona a cui appartiene non si è accorta di me o forse sta fingendo di non vedermi.
“Guarda che ti spunta un piede” dico.
Il piede viene ritirato facendo tremare il cespuglio.
“Ti ho appena salvato! Non dovresti uscire e ringraziarmi?” Per un po’ c’è solo il silenzio, poi una voce bassa mi risponde.
“Perché l’hai fatto? Cosa vuoi?” Inizio a stizzirmi per l’atteggiamento che sta usando.
“Intanto un ringraziamento.” La figura mi lancia qualcosa contro, sto per urlarle contro ma poi noto che si tratta di una mela.
“Un pezzo del bottino, siamo pari” mi dice. Ha rubato delle mele?
“Non intendevo questo.” Di nuovo silenzio, poi dal cespuglio sbuca fuori la figura, coperta in dei logori e sudici vestiti. E’ così piccola e denutrita da sembrare una ragazza ma sono certo che sia un ragazzo. Guarda fisso a terra, il volto coperto da una sorta di mantello con cappuccio, e tira fuori un braccio terribilmente magro. Sono così sconvolto dalla sua magrezza che mi rendo conto della mela che tiene in mano solo quando lui fa un gesto spazientito.
“Non la voglio” dico “Le hai rubate perché hai fame?” chiedo. E’ una domanda sciocca ma la risposta non altrettanto.
“Non sono per me. Sono per mia sorella. E se non le vuoi lasciami andare.” Resto per un attimo senza parole. Voglio capire.
“Tua sorella?” lui resta in silenzio. Allungo una mano verso di lui per scuoterlo ma lui si ritira bruscamente e cade a sedere. Mi si ferma il respiro: il cappuccio gli è scivolato via e finalmente vedo il suo volto scarno. La sua pelle scura è ricoperta da uno strato incrostato di sporco e sangue rappreso, ha una benda, anch’essa intrisa di sangue, che gli copre un occhio. I capelli arruffati e pieni di fango.
“Che hai da guardare eh?” Mi chiede dopo un po’. Io non so cosa rispondergli. Lui sta per aggiungere qualcosa ma si ferma e mi osserva. Quando lo sguardo gli si posa sul mio colletto la sua faccia assume un’espressione terrorizzata.
“Tu sei…” Io gli faccio un cenno con la mano.
“Sta tranquillo, non ti farò nulla.” Lui non si calma ma non cerca nemmeno di scappare. Vedo che è terrorizzato e una lacrima gli cola sulle guance sporche e scheletriche. Stringe a sé le mele.
“Ti prego.. non togliermele, devo portargliele.” Un singhiozzo gli erompe dal petto e io mi affretto a cercare di calmarlo.
“No non fare così non voglio toglierti le tue mele.” Penso a cosa fare e poi mi viene una sorta di idea. Tiro fuori il libro di Kat dal borsello e glielo mostro. Lui osserva diffidente la copertina azzurra.
Apro la prima pagina e gli mostro la dedica scritta da Kat a mano. Lui la osserva concentrato ma poi sussurra: “Non so leggere”. Cerco di riprendermi dallo stupore iniziale.
“Bhè questo libro mi è stato regalato da una persona importante per me, come una sorella. Questa persona ora è lontana per colpa mia, perché non l’ho protetta. Per cui capisco cosa provi.”  Lui sembra stupito dal mio racconto. Ma almeno ha smesso di piangere.
Fissa il suo sguardo nei miei occhi, sono in controluce per cui non riesco a vedere di che colore sia il suo.
“Non mi sembri una cattiva persona” Dice “Quindi non credo che sia stata colpa tua,. E poi puoi sempre rimediare.” Questo ragazzino continua a lasciarmi di stucco, ma ha ragione, è la promessa che ho fatto quando Katerina se ne è andata.
“Quanti anni hai?” Chiedo per cambiare argomento. Lui esita un po’.
“Undici”
“Io ho solo un anno più di te!” provo a sorridere ma lui è ancora diffidente.
“Come ti chiami?” Non risponde. Ho paura che insistendo lo spaventerei di più.
“Io sono Alexander” Gli porgo la mano. Lui resta immobile. La afferra proprio mentre la sto abbassando. Sembra di toccare delle ossa. Il cuore mi si stringe in una morsa e prima di pensarci dico:
“Vieni con me al castello, i miei genitori saranno d’accordo, lì imparerai un sacco di cose e starai bene, non dovrai più rubare.” Lui scuote la testa con forza.
“Mia sorella…” Dice.
“Anche lei verrà” Lui ci pensa e si convince, annuisce flebilmente.”
“Ma prima devo andare a prenderla..” penso un attimo e poi gli do appuntamento per l’indomani in quello stesso parco. Lui sembra scettico, come se non mi credesse. Apro il borsello e gli porgo il mio sacchettino con dentro 3 o 4 monete ed impresso il mio stemma personale. Lui non vuole accettarlo. Unisco anche il libro di fiabe.
“Prendili, così sarai sicuro che tornerò. Ricordi? Quel libro è importante per me.” Lui li prende ma sembra ancora indeciso. Alza lo sguardo su di me.
“Come sai che non scapperò con queste cose?” Ci penso un po’ su.
“Nemmeno tu sembri una cattiva persona.” Gli dico. Sembra passare un’infinità di tempo colmo di silenzio poi lui mi sorride. I suoi denti spiccano candidi sullo sfondo sporco del suo viso. Sorrido anche io,l poi sento la voce di Aloys che mi chiama concitato. Mi rendo conto che ormai i miei genitori anche devono aver saputo della mia scomparse e probabilmente saranno furiosi con lui e anche lui con se stesso. Mi sento terribilmente in colpa. Mi volto un’ultima volta verso il bambino di cui non so il nome.
“Domani, qui, stessa ora. Vedrai che andrà tutto bene. Tu e tua sorella starete benissimo al palazzo e quando anche la persona importante per me sarà tornata io e te le difenderemo, come i principi delle fiabe in quel libro.” Lui sembra credermi così io corro via.
Mi volto solo una volta per vedere la sua sagoma scusa con il mio libro azzurro tra le mani che scompare nel bosco.
Appena mi vede Aloys mi corre incontro,, dietro di lui i miei genitori. Sono tutti molto arrabbiati con me, e hanno ragione, ma non appena si calmano , sulla strada verso il palazzo, gli racconto ciò che è successo. Quando ho finito i miei genitori si scambiano un occhiata che non capisco ed accettano.
Sono felicissimo. Mia madre poi mi abbraccia stretta e mio padre mi arruffa i capelli.
“Sono fiero di te” mi dice.
 
 
L’indomani mentre ci dirigiamo verso il luogo dell’appuntamento  non riesco a trattenere il mio entusiasmo. Corro avanti ed indietro sotto lo sguardo ancora furioso di Aloys.
Stiamo per arrivare, svoltiamo nel vicolo che ci farà arrivare al parco ma alla fine c’è una folla di gente accalcata. Quando ci notano si aprono per lasciarci passare. Sento alcuni bisbigli.
“Non è possibile che re e regina siano intervenuti per una cosa del genere vero? Succede di continuo.” Mi chiedo di cosa stiano parlando. Giunti alla fine di quel mare di gente sbuchiamo nel parco.
Mi guardo subito intorno alla ricerca del bambino ma poi sento mia madre emettere un suono sconvolto e le mani di mio padre mio oscurano la vista. Io cerco di liberarmi ma attraverso le sue dita scorgo una sorta di cumulo a terra, accanto ad una panchina. Attorno ci sono degli uomini che stanno caricando quel cumulo su una parella, ed allora capisco che si tratta di un cadavere. Nella mia mente non passa neanche l’idea che possa trattarsi del bambino che cerco , fino a quando un braccio scheletrico, dalla pelle scura e sporca non finisce penzolante sul lato della barella ed attaccato il mio sacchetto.
Stacco con una forza che non credevo di avere la mano di mio padre e corro nella direzione del corpo. Più mi avvicino e più la verità di quel sacchetto ricamato mi schiaffeggia con forza. Pochi passi prima di raggiungere la barella mi fermo e cado in ginocchio in lacrime. Mia madre e mio padre mi raggiungono e mi cingono in un abbraccio mentre io continuo a singhiozzare.
Poi mio padre mi prende in braccio e mi porta via.
Quando ripassiamo nella folla sento mia madre chiedere cosa sia successo.
“Probabilmente la fame altezza… oppure il freddo.. quei poveri bambini muoiono continuamente in questa maniera.” Mia madre risponde con un’altra domanda, credo. Ma ormai mio padre mi ha allontanato troppo per sentire.
Non voglio crede a quello che è appena successo. Non POSSO credere di aver fatto lo stesso errore per ben due volte.
Ricordo l’aspetto emaciato del bambino e il suo sorriso. Un’altra persona che non sono riuscito a salvare.
Mai più, mi dico. Mai. Da oggi in poi proteggerò chi è importante per me.
 
 
I miei ricordi vengono bruscamente interrotti dall’ennesimo tonfo. Torno in me e asciugo i miei occhi che sento già inumidirsi.
Katerina lancia un gemito di dolore e l’aria attorno a me frizza di elettricità mentre Lev sbuffa.
"Forza ragazzina, rialzati." Dice seccato. Mi infastidisce molto questo suo comportamento nei confronti di Katerina, ma non me la sento di riprenderlo sempre perché capisco che in lei rivede se stesso, e non riesce a sopportarlo.
Katerina cade ancora e lui fa schioccare la lingua.
“Sei davvero negata. Cinque minuti di pausa o mi verrà un attacco nervoso.” Ed esce dalla stanza.
Mi alzo e vado a sedermi accanto a Katerina  che si massaggia una spalla.
“Sta tranquilla,” dico. “Ti abituerai.
“Forse si.” Risponde., ma nel suo sguardo vedo che ne dubita anche lei. Mi rendo conto che tutto ciò che sta passando deve essere terribile ma allo stesso tempo non riesco a fare a meno di essere estremamente felice.
Quando mi hanno annunciato che la restaurazione dei suoi ricordi era terminata sono corso immediatamente da lei con il cuore in gola. Ero entusiasta e terrorizzato allo stesso tempo, avrebbe cambiato l’odio che provava per me? O avrebbe solo peggiorato le cose ricordando che era stata colpa mia se la sua vita era stata completamente distrutta?
A quel punto la paura era nettamente superiore all’entusiasmo ma tutto è sparito quando mi ha abbracciato. Dopo un primo momento di smarrimento l’ho stretta a mia volta fortissimo ed entrambi abbiamo iniziato a piangere.
Da quel momento le cose non hanno fatto che migliorare e stiamo tornando al rapporto che avevamo da bambini. Anche in questo istante lei alza lo sguardo su di me e mi sorride come se questi nove anni non fossero mai passati, sebbene la stanchezza nei suoi occhi sia evidente.
“Stai andando alla grande” provo a dirle per risollevarla e lei sbuffa.
“Siii certamente” dice sarcastica “ Sono grandiosa a cadere e far spazientire Lev, che tra l’altro, lasciatelo dire, è gravemente compromesso. Si prendesse una camomilla.” Scoppio a ridere. So che Lev non è pessimo come si dimostra con lei ma si è meritato ogni parola stavolta.
“Deve solo abituarsi a te”
“No no, mi odia, non ha nulla a cui abituarsi”  
“Non ti odia.. è solo che-“ non so come alleggerire la situazione.
“Mi odia” conclude lei. Mi dispiace che la pensi così anche se lui non le ha dato possibilità di credere ad altro.
“Sai siamo una squadra, noi tre, in teoria.. saremmo dovuti essere una squadra, anche prima...” Dico allora. °”All’accademia, intendo. Se non..” se non fossi stata costretta a passare la tua vita nascosta. Il pensiero mi ferisce ma come accadeva sempre anche prima , lei capisce senza bisogno di parole.
Si abbraccia le ginocchia e ci poggia il mento.
“Non è stata colpa tua” Dice. “E’ stata colpa di quelli che ci hanno attaccati. Eravamo solo dei bambini.”
Cerca di consolarmi, questo è quello che mi hanno detto tutti per anni, infondo. Le sorrido. Non so se riuscirò mai a togliermi questo senso di colpa, ma per ora riaverla qui mi dà pace. Lei mi sorride di rimando.
Mi allungo verso di lei e la stringo forte. Lei ricambia e restiamo abbracciati per qualche istante. Poi le si stacca e parla.
 “Quindi mi dicevi che mr. Simpatia ha raggiunto la fine” dell’Incubazione a 16 anni, e tu?” Mi chiede. E’ molto curiosa, proprio come quando era una bambina.
“Appena dopo i 18 anni, come te. E come i nostri padri, mia madre dice che gli somigliamo moltissimo.”  Lei dà un occhiata dubbiosa allo specchio di fronte a sé e immagino che si stia mentalmente paragonando ai suoi genitori. Effettivamente di sua madre sembra non aver preso quasi nulla. Sebbene nell’unione tra Ninfe e il gene della Nuova Stirpe sia dominante il nostro, mia zia ha preso moltissimo del tipico aspetto della madre; dai capelli biondissimi, quasi bianchi e gli occhi leggermente egizi ed azzurri, di cui Kat ha ereditato solo la forma, ed anche la forma filiforme e slanciata, Kat invece è formosa e non esageratamente alta. Credo che stia per dirmi qualcosa su questo argomento invece continua con il tema precedente.
“Quindi è una questione genetica?”
“Non sempre, i fattori sono moltissimi.” Lei annuisce.
“Anche lui ha preso dai suoi genitori?” Mi stupisce che voglia saperne di più di Lev, e mi imbarazza perché non ama che si parli di lui.
“Suo padre anche lui, ma non è che sia una regola, vedremo come andrà per i suoi fratelli.” Alla parola fratelli lei sgrana leggermente gli occhi come se non se lo aspettasse.
“Quel ragazzo è strano” dice.
“Già, è il mio migliore amico da una vita, però. E posso assicurarti che non è male come sembra con te.” Lei sembra pensierosa.
“Lo so” risponde , stupendomi. Ridacchia vedendo la mia faccia probabilmente sconvolta. “Non sono cieca, ho notato come parla a te e ai camerieri e a chiunque altro. E’ gentile. Per questo ti dico che mi odia”
“Bhè..-“ cerco di giustificarlo ma per fortuna lei mi salva dall’imbarazzo cambiando argomento.
“Non preoccuparti, non mi interessa, sono solo curiosa, dato che hai detto che siamo comunque una squadra.” Mi fa piacere sentirle dire una cosa del genere, vorrei che anche Lev si rendesse conto che continuare ad odiarla non ha senso, in un modo o nell’altro il loro destino è indissolubilmente legato al mio, e, volenti o nolenti, siamo comunque una squadra.
“Hai ragione” le dico dandole un buffetto sulla guancia ancora arrossata per via dell’allenamento. Lei sbuffa.
“Cero mi eviterei qualche “Ragazzina” , ha la mia età. Che razza di megalomane!”  Scoppio a ridere perché anche se con lei non lo ammetterebbe mai, Lev si rende conto benissimo di star dando quest’impressione. Lei ride insieme a me e io mi sento come se tutti i pezzi fossero tornati al loro posto, la mia vita sta riprendendo il suo corso e il tempo non sembra più un nemico doloroso da combattere.
I ricordi non mi ossessionano più. Manterrò le mie promesse.
Continuiamo a ridere finché Lev non torna nella stanza, ma il mio cuore sembra continuare a ridere ancora per molto tempo dopo.
 

 
 
 
 

NOTA DELL’AUTRICE

Innanzitutto vorrei ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia storia e anche a Dinah Carrol per le sue recensioni.
Spero che vi stia piacendo questo mondo partorito dalla mia fantasia e i personaggi che lo abitano e spero anche di essere abbastanza chiara nella scrittura e nelle spiegazioni, e allo stesso tempo non banale o noiosa!
In ogni caso sono apertissima a recensioni negative e critiche costruttive. (ma anche quelle positive non mi dispiacciono )
So che questo capitolo non è particolarmente ricco o utile per la trama ma è sempre così, dopo un inizio ricco di ispirazione c’è una discesa, vi prometto che i prossimi capitoli saranno più interessanti a livello di storia.
Grazie per l’attenzione.
-Evelyn
  
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