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Autore: Tabychan    07/07/2015    1 recensioni
Quando camminiamo, sotto ai nostri piedi c'è molto più di quanto immaginiamo. Terra, foglie, acqua, insetti. Un intero mondo. Ma se andassimo ancora più sotto?
Tre ragazzi vivono sopra.
Tre sotto.
Uno sta cercando la sua strada.
Possono mondi uguali e opposti mescolarsi? Sotto credono di no, sopra non sanno niente.
Per ora.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Morrigan vagava assonnata tra le labirintiche gallerie sotterranee che collegavano tutte le aree abitate delle città sottomarine. Grossi condotti metallici trasferivano la Materia Bianca dai giacimenti fino a dove si estendevano gli umani, diffondendola nell’acqua e permettendo loro di sopravvivere, e per questo motivo il compito di controllare sia quelli sia i passaggi al mondo di superficie era considerato di grande responsabilità. E di grande noia.
Era quasi mattina ormai e anche quella notte era trascorsa lenta e silenziosa, senza imprevisti che potessero aiutare la Guardia Scelta Morrigan a rimanere sveglia. Camminava svogliata lungo gli ampi cunicoli e ogni tanto picchiettava sulla superficie di qualche tubo, improvvisando canzoncine che a lei suonavano tutte come ninne nanne; oppure si spingeva fino agli estremi laterali della struttura, costruiti in Materia Bianca trasparente, e contemplava i pesci che sonnecchiavano quasi immobili nell’acqua illuminata dalle minuscole particelle di Materia diffuse attorno a loro. “Non posso nemmeno chiacchierarci insieme”, pensò la ragazza, “Già non fanno chissà quali discorsi da svegli, quando sono mezzi addormentati poi o ti rispondono male per essere stati svegliati o ti danno risposte senza senso da quanto il dormiveglia li rimbambisce.” Morrigan diede un’occhiata al suo orologio, l’ultima di una lunga serie, si stiracchiò e cominciò a dirigersi verso l’ingresso della sezione tubulare. Un tempo i guardiani notturni lavoravano almeno in coppia, se non in gruppi di 4 o 5, ma con l’emanazione dell’Editto della Chiusura e la complessiva riduzione dei problemi legati agli impianti di distribuzione il personale non necessario era stato assegnato ad altri reparti, lasciando sole la maggior parte delle Guardie. La ragazza si trascinò fino al portone blindato che segnava il passaggio tra la zona civile e la zona di distribuzione e lo aprì, entrando in una camera stagna costruita anche essa con Materia trasparente. Al di là delle mura all’apparenza vitree si intravedevano le strade e le case, il metallo lasciava spazio al terreno e l’aria all’acqua. Stava per aprire il secondo portellone, quello che avrebbe temporaneamente riempito la stanza di acqua e le avrebbe permesso di uscire, quando una voce maschile la interruppe.
-Ti hanno raccomandata un sacco di volte di accertarti che qualche tuo collega sia presente, prima di tornare a casa. -
Morrigan non emise altro che uno sbuffo seccato.
-Ho sonno, Vince. Non ho fatto niente per 8 ore, odio il turno di notte, odio stare chiusa lì dentro. C’è silenzio, c’è freddo, il tempo non passa mai e se mi addormento sulla sedia della sala di controllo poi mi sveglio con il mal di schiena. Sai che non riesco a dormire così, è scomodo, è impacciato e-
Vincent le tappò la bocca con un verso lamentoso. Conosceva Morrigan da anni e sapeva che ciò che la infastidiva di più era l’assenza di qualcuno con cui parlare. Morrigan parlava molto, le piaceva parecchio, soprattutto lamentarsi. Ma era stata costretta dalle circostanze a farsi più silenziosa, e quindi appena trovava qualcuno che sapeva l’avrebbe ascoltata non esitava a sfogarsi sul malcapitato. Purtroppo o per fortuna il ragazzo non aveva tempo di ascoltare l’intero discorso e decise di troncarlo sul nascere. La sua collega capì, guardò in basso con l’espressione tipica di un bambino che era stato appena sgridato e si scusò.
-Tu sei fortunato, la tua forma animale ti permette di andare in giro come ti pare anche lì dentro. – disse lei
-Ma faccio molta più fatica fuori. – Le prese dalla tasca dell’uniforme le chiavi della zona e aprì la porta che conduceva alle tubature. -Se non salta fuori qualcosa di strano nel pomeriggio siamo liberi entrambi, potremmo andare in pasticceria. – Le propose.
Ma di tutta risposta ricevette un mugugno poco convinto. Vincent decise di lasciar perdere, sapeva che quando nemmeno il cibo riattivava la sua amica era il caso di mandarla a casa. Si accucciò a terra e, mano a mano che il movimento avanzava, la sua pelle iniziò a trasformarsi in pelo. Il viso si allungò, le orecchie si spostarono indietro, l’ultimo osso della colonna vertebrale diventò l’attaccatura di una lunga coda maculata. Quando toccò terra, Vincent lo fece con quattro zampe: era diventato un grosso giaguaro. Si voltò verso la ragazza, che già stava girando il maniglione che avrebbe fatto entrare l’acqua, e non aspettandosi ormai nessun cenno di saluto balzò all’interno del suo posto di lavoro, chiudendo poi il portone dietro di sé.
Quando la pesante porta sbattè nella sua sede, Morrigan sembrò riprendersi per un attimo: notò solo allora che il suo amico era già andato. Sospirò per la propria noncuranza, ma si sentiva davvero distrutta. Aprì il pesante portellone blindato e una cascata d’acqua la travolse, inondando la camera di transito e la giovane Guardia. Ma ormai non vi era più alcuna ragazza. La porta si richiuse automaticamente qualche secondo dopo mentre uno squaletto balena dall’andatura traballante si allontanava, diretto finalmente a casa.
   
 
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