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Autore: Winchester_Morgenstern    07/07/2015    3 recensioni
La vera difficoltà non sta nel cambiare se stessi, ma nel riconoscere ciò che si è realmente e, soprattutto, nell'accettarlo.
IN REVISIONE - CAPITOLI RISCRITTI 4/X (DA DEFINIRE).
POST COG, POSSIBILE RIVISITAZIONE DELL'INTRODUZIONE.
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Clarissa, Izzy Lightwood, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Veritas filia temporis'
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Shadowhunters - City of marble
XXVI - Idris


Clary si rigirò la piccola boccetta fra le mani, sospirando. Doveva farlo o no?
Era colma di liquido argenteo che sembrava quasi vorticare, era così invitante… dimenticare tutto per qualche ora, entrare in un mondo fantastico dove nulla avrebbe potuto disturbarla.
Eppure… era davvero giusto lasciare tutti gli altri nel mondo reale, anche se per poco, a far fronte a dei problemi che lei si era scrollata di dosso perché non riusciva a risolverli? 
Si sedette sul letto, stanca. Perché anche le più piccole scelte nella sua vita dovevano essere così complicate? 
Scosse il capo, ricontrollando per l'ennesima volta con lo sguardo che fosse tutto in borsa. Non poteva portarsi una valigia, era troppo pesante e non sapeva quanto tempo si sarebbero fermati lì, e in caso di fuga avrebbe faticato a trascinarla dietro, quindi era stata costretta ad ammucchiare tutti i suoi averi più importanti in quell'anonima borsa nera.
Dei vestiti, biancheria pulita, il suo amato kit da disegno e le armi a cui era più affezionata, sarebbe stato inutile portarsi dietro quelle di base dell'addestramento.
In realtà erano poche: il pugnale con il pomolo che sembrava una rosa che le aveva dato Jace, ed un altro pugnale lievemente più lungo interamente nero con un motivo di stelle sopra, un regalo di Jonathan. Se le sue informazioni erano esatte, apparteneva alla famiglia Morgenstern da molto tempo, l'ultima ad utilizzarlo prima di lei era stata sua nonna, la madre di Valentine.
Sbuffò, irrequieta. 
All'inizio, lo sapeva, andava tutto troppo bene: Valentine era morto, lei si stava allenando, Jace le aveva chiesto di sposarlo! Stavano organizzando il matrimonio, e poi… pouf! Era tutto sparito, i suoi sogni erano stati relegati in un cassetto e be'… chissà se li avrebbe mai ripescati.
Bussarono alla porta.
— Chi è?
— Oh, non lo so, ho tanti nomi… Jace, Tanta Roba, Grande Mango… quale preferisci?
Lei rise e, con un sospiro, fece per buttare la boccetta. Subito dopo ci ripensò e la infilò in tasca, la mano tremante come non mai.
— Vieni, oh Sommo Idiota! — Scherzò, aprendo la porta. Jace si abbassò alla sua altezza e le scoccò un bacio sulla punta del naso, ridacchiando.
Alors, mademoiselle Morgenstern, comment ça va (1)? — Chiese, mentre si appoggiava rilassato allo stipite della porta. 
Va bien, monsieur Herondale. Plus et moin (2). — Borbottò lei in riposta, abbracciandolo mentre entrava nella stanza.
Jace piegò in giù gli angoli delle labbra in una smorfia esagerata: — Allora, pensavo, entro due ore dobbiamo riunirci in biblioteca. Siamo ancora in tempo.
— In tempo per cosa? — Clary aggrottò le sopracciglia, perplessa.
— Per uscire. Andiamo sulla Fifth Avenue e cerchiamo un vestito da sposa. Quale luogo migliore di Idris per la cerimonia? — Jace aveva un sorriso estatico che andava da un orecchio all'altro.
Clarissa sgranò gli occhi, la bocca spalancata. — Ma… dici sul serio?!
— Certo! Andiamo, posa armi e bagagli e avventuriamoci nello spietato mondo della moda! — La tirò fuori dalla stanza, ridacchiando mentre correvano a tutta velocità nei corridoi. 
— Ma… non abbiamo i soldi, e poi non c'è la mamma… — Clary si fermò. No, non andava bene. Per niente. Lo disse a Jace.
— E perché non ti va bene? — Chiese, mentre Valentine, Jonathan e Izzy assistevano alla scena, incuriositi. 
— Be', non lo so… in tutti i programmi televisivi sulle spose c'è sempre la mamma. Anche in Abito da Sposa cercasi, e quello è popolare. — Fece spallucce, confusa. Cosa ne poteva mai sapere lei di quelle tradizioni? A dire il vero, a differenza della maggior parte delle ragazze, non aveva mai pensato di sposarsi prima di, be', incontrare Jace.
— Quindi… cioè, è una tradizione che non ti sembra fondamentale?
— Non lo so. Penso che per gli altri lo sia, ma, insomma… siamo una coppia molto anticonformista, no? — Clary si morse le labbra. Non voleva sbagliare tutto, però!
— Teste di legno! Avete la sfera emotiva di un cucchiaino (3)! Di solito la madre accompagna la figlia a scegliere un vestito da sposa perché è di supporto, ed è quella che deve scoppiare a piangere quando la sposa trova il vestito! — Li rimbeccò Isabelle, scuotendo il capo con aria esasperata.
Ridacchiò sentendo Jonathan mormorare sottovoce "E poi ero io quello senza sentimenti…", ma continuò: — E in mancanza di Jocelyn ci faremo bastare, uhm… — Si guardò intorno, spaesata, fino a quando non trovò il bersaglio perfetto: — Valentine. 
Tutti gli altri presenti strabuzzarono gli occhi, stupefatti. Un coro di "Valentine?!" risuonò per il corridoio, le voci che più esterrefatte di com'erano non potevano essere.
— Io?! — Fece loro eco il diretto interessato, inarcando un sopracciglio bianchissimo nella sua classica Espressione Bastarda #3, cioè la rinomata Hai-Dato-Le-Dimissioni-Dal-Cervello?! (4), ormai famosa in tutto il mondo e un po' troppo abusata per il continuo uso.
— Non ti aspetterai che mi porti dietro un centrino di pizzo per soffiarmi il naso e piangere a fontana, non è vero? — Chiese, incrociando le braccia al petto. Così facendo, le sue spalle già molto ampie sembrarono ancora più grandi. 
Cinque minuti dopo, Clary strabuzzò gli occhi alla vista della combriccola che si era creata: uno stregone glitterato, un dittatore folle, una modaiola che trattava i ragazzi come toy-boy, un mezzo-demone arrogante, un bambino con le ali e un fidanzato anatrofobico.
Non era pazza, no. Era la sua vita ad esserlo (5)




Jean ripiegò la lettera con cura, facendo coincidere tutti i bordi con fare quasi maniacale. Era un perfezionista come pochi altri.
Quando si ritenne soddisfatto e tutti i bordi furono allineati al millimetro, la infilò nell'anonima busta bianca ed uscì dalla sua stanza con fare disinvolto, scivolando indisturbato fra i corridoi. Si fermò di fronte alla grande porta della biblioteca: a quell'ora non doveva esserci nessuno.
Si guardò intorno per qualche attimo dopo essere entrato, facendo scorrere lo sguardo sulle numerose librerie di legno massiccio che quasi sembravano curvarsi sotto il peso di una moltitudine di libri diversi per colore, rilegatura e spessore.
Ricordava ancora il tomo che aveva trovato una volta, "Appendici demoniache dalla A alla Z", anche se non erano propriamente le appendici che un giovane Shadowhunter ci si aspettava. Insomma, non sapeva che fosse permesso tenere pornografia demoniaca in un Istituto! 
Ridacchiando tra sé con ritrovato buonumore, scartabellò tra i documenti sparsi senza un ordine preciso sulla scrivania, scorrendoli velocemente con lo sguardo.
Non guardò neppure per un attimo le borse piene di vestiti e armi ammucchiate in un angolo della sala, poco lontano dal punto in cui il Conclave avrebbe aperto per loro un Portale. All'inizio, però, non aveva potuto fare a meno di notare che il borsone extra-large glitterato di Magnus Bane non era lì, ciò voleva dire che non sarebbe partito con loro, nonostante le proteste di Alec.
Però, se non si sbagliava, sarebbe rimasto con il vampiro, Simon - Isabelle l'aveva lasciato, certo, ma Clary non aveva il cuore di lasciarlo indifeso pur avendo allentato i rapporti con lui ormai da un po' - all'Istituto. Ovviamente Lewis sarebbe rimasto nel poco suolo sconsacrato che avevano, un luogo d'incontro tra Figli della Notte e Shadowhunter costruito secoli prima in molti degli Istituti di tutto il mondo. 
Aggiustandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, Jean nascose accuratamente la lettera tra i documenti in un cassetto che non sarebbe stato aperto per un po', almeno fino alla loro partenza, ma era più che certo che Magnus prima o poi l'avrebbe ispezionato. Se non altro, perché lì dentro erano custoditi alcuni Libri Proibiti che il Sommo Stregone voleva con tutto il cuore. 
Con un'occhiata più attenta si accorse che aveva macchiato la busta di marrone. Cancellò la macchia, accigliato, sistemò la lettera e si guardò le dita.
Erano sporche di tintura.
Inclinò la testa, e i capelli si allungarono lievemente oltre gli occhi: le punte sbiadivano e si schiarivano gradualmente andando verso l'alto. 
Merda. Avrebbe avuto il tempo di tingerli prima della partenza? Mancava meno di un'ora! 




Jocelyn aprì gli occhi, frastornata. La stanza intorno a lei girava furiosamente come un mappamondo spinto troppo forte.
Era in quella che sembrava una lussuosa camera d'albergo, arredata con stile troppo barocco perché potesse apprezzarla. I colori erano troppo sgargianti: oro acceso, rosso rubino, blu elettrico. In alcuni casi, prese singolarmente, le tonalità avrebbero anche potuto essere belle, ma erano un pugno negli occhi in quelle circostanze, anche perché Jocelyn aveva un mal di testa di dimensioni galattiche. 
Cercò di tirarsi su ma senza esiti, qualcosa la tratteneva. Voltò lentamente il capo con un gemito per una fitta lancinante che le fece strizzare gli occhi per qualche secondo, ansimando. Quando riuscì a ruotare finalmente la testa scorse un paio di manette dall'aria robusta serrate talmente strette attorno ai suoi polsi da bloccarle l'afflusso di sangue, già incominciava a non sentire più le mani. Per un attimo l'aveva sfiorata l'idea di spezzarsi l'osso del pollice per liberarsi. Ma le manette erano troppo strette anche per quello.
Realizzò con un attimo di shock che era legata ad una colonnina di quello che sembrava ferro, la colonnina di un letto.
Ringhiò, frustrata. Avrebbe dovuto saperlo, non avrebbe dovuto essere così sciocca. Aveva sottovalutato Luke.
Poteva inventare tutte le giustificazioni che voleva e propinarle anche a se stessa, ma la verità era solo una: l'errore era tutto suo. Aveva abbassato la guardia, aveva allentato la tensione. Non in quel periodo, non in quegli ultimi tempi, per quanto cercasse di incastrarlo sapeva che Valentine non centrava nulla, né tantomeno Melchizedeck.
Aveva abbassato la guardia diciotto anni prima, quando se n'era andata via incinta di Clary. Era stata una scelta difficile, quella.
Ricordava quei giorni come se non fosse passato un solo istante. Andava tutto bene, i piani per smantellare gli Accordi stavano quasi per andare in porto e alla fine… Jocelyn ricordava benissimo quel maledetto figlio di buona donna che era stato sguinzagliato per trovare prove contro di lei e tutta la cerchia interna.
Per lo più erano reati minori, che erano stati facilmente risolvibili, si erano scagionati inventando crimini commessi da Nascosti che in realtà erano innocenti, ma poi l'allora Console, Alexej Blackoff, aveva incontrato per caso Jonathan.
Jocelyn, che era venuta a conoscenza della verità - di tutta la verità - su suo figlio solo poco tempo prima, all'epoca stava ancora digerendo il tutto, eppure… eppure amava Valentine come quasi nessun altro al mondo. L'aveva perdonato, sì, stavano organizzando la fuga dal Conclave, perché lo sapevano, Blackoff avrebbe preteso la morte del loro bambino o quantomeno di condurre studi su di lui, e lei non poteva permetterlo, a costo di vivere una vita a metà, fatta solo di fughe e paura.
Avevano programmato tutto: sarebbe stato la sera degli Accordi. Mentre i Pangborn e i Blackwell con la complicità dei Rosebund innescavano la trappola per i Nascosti, lei, Valentine e Jonathan sarebbero dovuti scappare.
Poi Amy e Andy Rosebund l'avevano chiamata: i Nascosti sembravano aver intuito qualcosa. 
Jocelyn era ovviamente andata lì, non poteva permettere che il loro diversivo saltasse, ma era andato tutto storto: i Rosebund li avevano venduti al Conclave per l'immunità da tutte le accuse e adesso volevano prenderla, sola e indifesa per quanto poteva esserlo una Cacciatrice esperta.
Era riuscita a scappare, ovviamente, non era certo la prima volta che lo faceva, ed era ritornata alla tenuta dei Fairchild dove abitava con la sua famiglia. Non erano andati a vivere nella tenuta della famiglia di Valentine, perché sua madre - la suocera di Jocelyn - era morta in quella casa e Valentine vedeva i fantasmi. Per quanto avesse amato sua mamma, non riusciva a guardare ogni giorno il suo fantasma aggirarsi con aria triste per la villa, senza poter uscire ed essere libera. 
Ma giunta alla casa aveva trovato il più brutto scenario che si potesse mai presentare ai suoi occhi: tutto ardeva, avvolto da lingue di fuoco così alte da aver inghiottito anche i secolari alberi che circondavano il terreno. Si sentivano urla così acute e straziate da far pensare alla fine del mondo.
Quelle ossa erano rimaste impresse a fuoco nella sua memoria, quando le aveva viste aveva avuto la dolorosa sensazione che i suoi occhi bruciassero con la villa. 
All'ingresso, quasi nel salotto, c'erano quelle di sua madre e suo padre. Le aveva riconosciute e non aveva mai avuto il minimo dubbio, c'erano piccoli brandelli di pelle e vestiti e capelli, i gioielli liquefatti su quei corpi carbonizzati. Poco lontano, nel centro esatto del salotto, altre ossa accompagnate da una placchetta di metallo; la medaglietta di Valentine. E, vicino, i resti di quello che aveva supposto essere suo figlio Jonathan, perché quella sera era con suo padre.
Ora ce ci pensava, avrebbe dovuto capire che non erano loro, la collana di Valentine avrebbe dovuto sciogliersi come i gioielli dei suoi genitori e invece era perfettamente integra, appena un po' sporca di cenere, sembrava proprio urlare "Eccomi! Sono qui! Cadi nel tranello!" e Jocelyn ci era cascata con tutte le scarpe, tra l'orrore e la confusione del momento.
Dopo, non aveva potuto far altro che scappare lontano, il più lontano possibile e contattare Lucian, raccontandogli una versione riveduta e corretta della storia. Lui non aveva mai creduto, dopotutto, che fosse dalla parte di suo marito fino in fondo. E in quel momento la sua protezione le serviva, quindi tanto valeva dare un piccolo aiutino alla fortuna.
Da quei lontani giorni, si trascinava dietro molti rimpianti: non essere riuscita a riconoscere l'inganno, essersi rivolta proprio a Luke tra tutti, che l'aveva convinta di amarla così tanto da esserle fedelissimo senza tentennamenti e, sicuramente, il suo più grande errore, Jonathan.
Non sapeva che fosse vivo, vero. Ma avrebbe dovuto saperlo. Quelle cose una madre doveva sentirle, no? E se anche non le sentiva, avrebbe comunque dovuto fare… qualcosa. Era quello il punto cardine. Ci sarebbe stato sicuramente qualcosa da fare in quegli anni, non arrendersi, continuare a cercare, e invece… invece si era lasciata prendere dalla vita mondana. Si era ammorbidita. Restava poco o niente della forte e sicura guerriera che era un tempo, che si era comodamente adagiata sugli allori e aveva lasciato che Luke facesse per lei il resto.
Che stupida che era stata. 




— Corri, Clary, corri! — Esclamò Jace, affannato, mentre si trascinava dietro la grossa busta bianca. 
Trovare un vestito fantastico - e che si potesse ritirare subito già perfetto - era stata un'impresa, ma nulla quanto a correre per mezza New York con dietro il suddetto vestito - probabilmente più pesante di Clary stessa - per arrivare in tempo al Portale che Magnus avrebbe aperto per Idris. 
La shadowhunter si fermò di botto, causando una reazione a catena di dimensioni galattiche: Jace barcollò contro Isabelle che si appoggiò a Jonathan che spinse Valentine, facendo ondeggiare pericolosamente tutti. Sospirando, Clary si guardò intorno e corse nel vicolo cieco più vicino, brontolando qualcosa sulla propria idiozia quando si trattava di fretta e del fatto che non avessero mai fortuna.
— Non ha senso sapere creare Portali se non li sfrutti, no? — chiese sardonicamente, mentre estraeva lo stilo dalla tasca ed incominciava a disegnare le rune su una maleodorante parete di mattoni già imbrattata da graffiti di tutti i colori.
Jonathan tirò un sospirò di sollievo: correre tra una folla di newyorkesi inferociti che urlavano contro insulti con un bambino sulle spalle e Valentine che non la smetteva di lamentarsi della loro stupidità non era esattamente il suo sogno più grande.
Qualche attimo dopo, erano tutti fortunatamente nel cortile dell'Istituto. Gli altri erano già tutti lì ad attenderli, palesemente confusi: — Credevo di aver ribadito che si trattava di una scadenza della massima importanza. — disse Maryse, sebbene non si capisse proprio perfettamente se avesse voluto essere ironica o infuriata.
— Andiamo, mamma, non fa niente. Comunque non ci siamo ancora tutti. — le fece notare Alec. In effetti era vero, né Jean né Magnus sembravano nelle vicinanze.
Comunque, si parlava del diavolo e spuntavano le corna, perché proprio in quel momento il Sommo Stregone di Brooklyn comparve sulla cima delle scale, seguito a breve da Jean.
— Fate con comodo, eh. — brontolò Jace.
— Sei arrivato due secondi fa, angioletto. — Magnus sorrise: — Sai, l'Istituto è dotato di finestre, e posso garantirti che non sono appannate. Anche Church ha visto la vostra entrata teatrale.
— Andiamo, Magnus, non esagerare, era solo un Portale! — fece presente Jean, ridacchiando. Lo Stregone annuì, complice.
Isabelle aggrottò la fronte: si era persa qualche passaggio? Da quand'era che quei due erano praticamente pappa e ciccia? 
Be', magari Jean stava solo iniziando ad aprirsi con qualcuno. Non sarebbe stato così male, visto che era lì ormai già da un po' e non si era ambientato quasi per niente. Sì, certo, era sempre disponibile e ben educato… in realtà troppo. Non si era mai sbilanciato più di tanto. 
— Okay. Datemi due minuti e aprirò tutti i Portali che volete, va bene? — Magnus sogghignò e tirò via Alec dagli altri, trascinandolo fino ad essere entrambi coperti da una delle sporgenze di pietra dell'Istituto. 
Alec si morse le labbra. Dura lex, sed lex, ma a volte la legge era troppo dura, quando si trattava di concessioni. E troppo debole, quando si trattava di proteggere gli altri prima di se stessi. Come poteva essere sia l'una che l'altra cosa? Erano ben pochi gli ossimori veramente reali, e Alec faticava a credere che quello facesse parte del gruppo.
Jace non vedeva Magnus, e nemmeno Alec, ma poteva sentire il dolore del suo parabatai come se fosse stato il suo. Certe volte, c'erano momenti in cui avrebbe preferito farsi rimuovere i marchi pur di non provare quel dolore nell'anima. C'era già passato, e l'esperienza gli aveva insegnato che è molto più difficile guarire da ferite emotive che fisiche. Un taglio si rimarginava, una cicatrice sbiadiva, ma l'anima rimaneva lacerata per sempre dalle sofferenze della vita. 
Si voltò verso Jonathan, poco lontano da lui, che sorrideva beffardo per qualche strano motivo: — Immagino che adesso rivedrai la tua famiglia. Voglio dire, l'allarme è stato dato anche a Berlino. — strascicò l'albino, in direzione dell'altro shadowhunter. Sul serio, non odiava quel ragazzo, ma erano tempi molto precari, e per quanto Jean gli stesse simpatico non poteva permettersi di farsi prendere da stupidi sentimentalismi. Se era sospetto, anche solo minimamente, voleva anche dire che era inaffidabile. Niente sconti, per nessuno. 
Jean s'irrigidì, e per un attimo il suo volto mostrò qualcosa di simile allo sgomento, ma le tracce di tutto quello vennero cancellate così velocemente che Jace pensò di aver immaginato tutto: — Penso di sì. Spero di riuscire a trovarli, dopotutto non sarà facile, con tutti i Cacciatori riuniti ad Alicante. È una città tanto piccola, ma anche parecchio dispersiva, non trovi? — mormorò infine, ma le parole perdevano man mano tutto il loro tono sarcastico, fino a diventare un fievole sussurro.
— Potrei darti una mano. — rispose Jonathan in tono secco. — E anche Jace sarebbe disposto a farlo, non è vero, angioletto? — chiese, rivolgendosi all'altro. 
— Certo. Sono molto curioso in effetti, Jean. — Trovarsi d'accordo con qualcosa con Jonathan era un evento più unico che raro. 
— Se proprio ci tenete… anzi, ho una proposta! — Jean cercò di trattenere il ghigno che si stava formando sulle sue labbra: — Trovateli. Pensate a chi possono essere, e vediamo se indovinate! — disse infine, prendendoli in giro apertamente.
— Se avete finito di fare gli idioti, dovremmo andare. — li interruppe Valentine.
Finalmente, Magnus ed Alec ritornarono in vista, e lo Stregone iniziò ad adoperarsi per aprire il Portale. — Datemi due minuti e sarà pronto. — disse quindi, vedendo che tutti gli si accalcavano addosso.
Clary si morse le labbra, sedendosi su una delle panchine presenti nel cortile. Le avevano installate lì appena qualche mese prima che la situazione precipitasse, assieme a piccoli cespugli ben curati e fiori colorati, ma dopo l'ultima battaglia oltre che secchi erano anche macchiati di sangue, e nessuno si era preso la briga di sostituirli o anche solo di liberarsene. Certo, non l'aveva fatto nemmeno lei, per cui non poteva biasimare nessuno.
Jace si sedette accanto a lei e le strinse una mano tra le sue: — Ehi. — esordì, accarezzandole il palmo con le dita.
— Ehi. — rispose debolmente, sospirando.
— Ci stai ancora pensando. — disse lui con aria affranta. 
— Come potrei non pensarci? È mia madre, Jace! — protestò lei, scuotendo il capo. Non poteva pretendere che se ne stesse lì calma e tranquilla senza nemmeno preoccuparsi. 
— Clary… non dico che non devi preoccuparti. Solo… non voglio vederti ridotta così, okay? La ritroveremo, ma tu non puoi farti prendere dal panico. E non perché sta andando tutto a rotoli, bensì perché non ti fa per niente bene. D'accordo? — spiegò seriamente.
La diciottenne stava per ribattere, ma Magnus la interruppe: — Sono pronto!
— Ottimo. — Isabelle avanzò di un passo e raccattò Ian, che aveva preso a correre in direzione del Portale, probabilmente attirato dalla luce azzurrina che esso sprigionava. — Fermo qui, piccolo. — si raccomandò, accarezzandogli i capelli.
Maryse fu la prima a passare. Dopo, gli altri avanzarono in fretta uno dietro l'altro, Jonathan tirandosi dietro Ian e Isabelle gettando un'ultima occhiata ad Alec, ancora esitante dietro di lei. Clary seguì Izzy in fretta, ma si fermò per un attimo sulla soglia del Portale, guardando ancora una volta l'Istituto dietro di loro. Era così grande, così imponente, e soprattutto sembrava così sicuro… una piccola città di marmo dall'aspetto impenetrabile. Peccato che così non fosse, non quando i nemici attaccavano direttamente dall'interno.
Alla fine, anche la rossa si gettò in quel varco azzurrino, affiancata da Jace.
Alec sfiorò lievemente le dita di Magnus: — Ci rivedremo presto. Te lo giuro. Te lo giuro sull'Angelo, Magnus.
Il Sommo Stregone di Brooklyn fece un sorriso triste: — Ci credo, Alexander. 




La prima cosa che Clary vide fu uno scorcio di cielo azzurro e limpido, senza traccia di nuvole, poi erba verde brillante. Per qualche attimo le ricordò la mattina dopo a quando Jace le aveva chiesto di sposarlo. Le sembravano passati secoli da quel momento.
— Ci siete tutti? — Maryse si guardò intorno, scandagliando i volti di ognuno di loro. Non ebbe la forza di guardare negli occhi Ian Morgenstern. Se suo padre era inquietante, lui era peggio. Poteva reggere Jonathan, capiva da cosa era animato, ma quel bambino era un'incognita. Un'incognita pericolosa.
— Sì. Andiamo. — dichiarò seccamente Valentine, iniziando ad avanzare sulla collina. Avevano ancora un po' di strada da fare. 
Avvistarono Alicante per intero solo un quarto d'ora dopo aver attraversato terreni più o meno incolti e colline brulle con folta erba verde smeraldo. Clary aveva anche visto il cimitero in cui era capitata con Luke la prima volta che aveva "visitato" Idris, ma non si era avvicinata. Ricordava fin troppo nitidamente le allucinazioni provocate dal veleno del Lago Lyn, e non aveva nessuna intenzione di rivedere ancora una volta quelle tombe.
All'interno della città, in ogni caso, sembrava regnare il caos. C'erano nephilim ovunque, perlopiù armati, e dalle origini più disparate. Alcuni conversavano amabilmente con gente che Clary non riconosceva, la maggior parte aveva un'aria tremendamente preoccupata e qualcuno era davvero angosciato, molto probabilmente si trattava di parenti dei feriti e dei morti degli Istituti attaccati.
Non si poteva dire che la loro fu un'entrata in sordina, no, decisamente no. Sembrava quasi che tutti stessero aspettando con ansia gli shadowhunters di New York, come se fossero tanto più avanti degli altri, cosa decisamente improbabile. Sì, Melchizedeck aveva deciso per qualche irragionevole motivo di prendersela con loro, ma questo non voleva certo dire che avevano una mitica soluzione a portata di mano! 
Clary si morse le labbra e guardò il Console avvicinarsi al loro gruppetto: — Maryse, è un piacere sapere che siete riusciti ad arrivare in tempo. — Perché? Avrebbero potuto fare altrimenti?
Jace si chiese curiosamente se li avessero lasciati fuori, nel caso in cui fossero arrivati troppo tardi. Tardi per cosa, poi? Per la chiusura della città? Ah, già. Stavano abbandonando il mondo al suo destino, niente di particolarmente importante, dopo tutto. 
— Ehi, che ne dici se cerchiamo di capire dove dobbiamo sistemarci? Non vorranno farci dormire sotto un ponte, spero. Ho bisogno del mio riposino di bellezza per essere sempre al top. — disse quindi, dando una scherzosa gomitata a Clary. Non c'era nulla di allegro in quelle circostanze, ma non c'era bisogno che glielo ricordasse. Non voleva certo farle pesare tutto quello che era successo, tra Jocelyn e Melchizedeck aveva più che diritto ad un po' di spensieratezza.
— Va bene. — rispose quindi la ragazza, atona. Reagire non era mai stato più difficile.
Il biondo si corrucciò quando lei non lo prese in giro per la battuta idiota, ma avanzò assieme a lei fino a raggiungere Maryse: — Sappiamo già dove dobbiamo sistemarci? — chiese quindi.
— Non ne siamo ancora del tutto certi. Sono accorsi anche molti cacciatori che qui non hanno nessuna abitazione, per cui potrà essere difficile trovare un posto abbastanza grande per tutti. Temo che verremo divisi. — rispose la donna, parlando abbastanza forte da farsi sentire da Jia.
— Oh no, non preoccuparti. Vi ho sistemati tutti nella tenuta Morgenstern.
Jonathan, poco lontano, sgranò gli occhi: — Sta scherzando, vero? Quel posto è maledetto!
— Non sto parlando di villa Fairchild, dov'erano andati ad abitare i tuoi genitori, Jonathan. Intendo la tenuta in cui abitavano i genitori di Valentine.
Jonathan trattenne un ringhio: — Anche io.
Solo in quel momento a Jace venne in mente che molto probabilmente Jonathan doveva aver passato parte della sua vita lì, mentre lui era nella tenuta Wayland. Sapeva molto bene come aveva vissuto l'altro, e per un attimo provò a immaginare cosa sarebbe successo se ci fosse stato lui al suo posto. 
Trattenne un brivido. Non era per le frustate, non era per i massacri… era per quegli anni di vuoto totale che avrebbe dovuto sopportare. Non dubitava che anche lui sarebbe diventato un mostro come lo era stato - o era stato cresciuto come tale - Jonathan, anche peggio, probabilmente. Dopotutto, il carissimo albino non avrebbe avuto problemi a troncare qualunque legame con Valentine: all'epoca non aveva sentimenti, non gli avrebbe fatto male. Ma lui… lui non ne avrebbe avuto la forza. Continuava a ripetersi che quello era un pregio, non un difetto, cercando di convincersi di ciò. 
Poi lo sguardo di Jia fu catturato da Ian, ancorato saldamente alle spalle di Jonathan. Sgranò gli occhi alla somiglianza impressionate, e tutti poterono vedere come sbiancò visibilmente, tutto d'un colpo. Robert le si avvicinò e le prese gentilmente un braccio, cercando di voltarla… quasi volesse impedirle la vista di quello che a tutti gli effetti, ai suoi occhi, non era altro che l'ennesimo abominio prodotto dalla linea Morgenstern.
— Forza, Clary. Non abbiamo più niente da fare qui. Dobbiamo andare alle stalle per prendere dei cavalli, la tenuta è piuttosto distante da qui. — Oh, eccome se era distante. Isolata, molto isolata dal resto della città. Oh, Jace non era stupido… sapeva perfettamente che l'intenzione di Jia non era quella di proteggerli dalle malelingue degli altri cacciatori, ma di preservare gli altri shadowhunter tenendoli separati da loro. Dopotutto, loro erano la squadra dei pazzi assassini di cui tutti non si fidavano. Certo, come no.
Era incredibile come si doveva faticare e quanto tempo ci voleva per arrivare ad avere un nome, ad essere ricordato e ammirato dalle nuove generazioni, e quanti pochi attimi e energia ci volevano per cadere e perdere tutto. Dalle stelle alle stalle… la salita era sempre lunga e ripida, la caduta facile e veloce. 

 

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(1) = Allora, signorina Morgenstern, come va?
(2) = Va bene, signor Herondale. Più o meno.
(3) = Citazione dalla saga di Harry Potter, di J. K. Rowling.
(4) = Citazione dal film HOP.
(5) = Citazione The Darkest Powers - The Reckoning, di Kelley Armstrong. 


 
A.A:
Hola!
Sono finalmente qui :) Con un paio di giorni di ritardo, sì, ma capitemi, tra meritato week-end al mare dopo il maledetto esame e il caldo che fa qui a Napoli - vi dico solo che sono spalmata sul pavimento, di fronte a un ventilatore, a mangiare cubetti di ghiaccio T.T - non sono riuscita a pubblicare prima.
Una cosa che mi ha resa un po' triste è stato vedere il calo di recensioni. Da tre siamo passati a una… non scrivo per i commenti, insomma, però fa sempre piacere vedere che il mio lavoro viene apprezzato, anche perché io per scrivere questi capitoli m'impegno tantissimo, oltre a scherzarci su con voi. E niente, comunque grazie a tutti voi lettori silenziosi ^^
Anyway, cosa ne pensate di questo capitolo? Cioè, mi sembra che accadano un bel po' di cose interessanti ;)
Clary dice no alla droga e va a comprare un abito da sposa con un corteo quantomeno inquietantemente strambo, il mistero su Jean, tra lettere e tinture, s'infittisce… Jocelyn finalmente svela cosa è accaduto la notte degli Accordi in questa fanfiction, dando un po' più elementi sul suo passato, poi ci sono i pensieri intrisi di sarcasmo velenoso di Jace e quel destabilizzante "Anch'io" di Jonathan… insomma, gente, sono quasi cinquemila parole! Cosa vi ha colpito? :)
Un'altra cosa: ho buttato giù una veloce scaletta del finale e posso annunciarvi che alla fine di questa storia mancano soltanto sette capitoli, compreso l'epilogo. Dopodiché mi prenderò circa una settimana per rivederne i primi dieci capitoli, perché tra questi primi dieci e gli altri capitoli c'è stato un intervallo di tempo in cui non ho scritto in cui il mio modo di scrivere è molto migliorato e ho imparato a fare molti meno errori grammaticali, per cui mi prenderò una settimana per correggere i capitoli grammaticalmente e allungarli con qualche altro dettaglio interessante - chi fosse interessato a leggerli può benissimo dirmelo in una recensione e io man mano gli dirò i capitoli modificati o andare a controllare di tanto in tanto :) -. Dopo questi sette capitoli e la settimana di revisione, inizierò a scrivere il sequel, City of lies. Questa volta, però, non posterò da subito il primo capitolo, ma mi assicurerò prima di averne sette o otto per fare avere aggiornamenti costanti a voi e nel contempo darmi il tempo per scrivere gli altri. Quindi niente, tirando due somme, tra i sette capitoli da pubblicare - postati con un intervallo di una settimana e mezzo o due, perché gente, devo ancora scriverli ed è estate XD -, la settimana di revisione e il tempo di scrivere i primi capitoli di COL credo che quest'ultima verrà pubblicata a fine agosto/inizio settembre :)
Qualche piccolo spoilerino del prossimo capitolo: Val andrà alla riscossa, e ci sarà un grosso scacco matto da parte di qualcuno ;)
This is all, people, ci vediamo tra circa dieci - o un po' di più - giorni per il capitolo ventisette ;)
Winchester_Morgenstern
   
 
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