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Autore: Euachkatzl    07/07/2015    1 recensioni
2013: la rivista Rolling Stone decide di pubblicare una biografia di uno dei gruppi rock più grandi di sempre, i Guns n' Roses. Ogni ex componente del gruppo viene intervistato singolarmente, vengono poste loro identiche domande. Ad una, però, rispondono tutti allo stesso modo.
"Un periodo della tua vita al quale vorresti tornare?"
"Febbraio 1986"
Ma che è successo, nel febbraio 1986?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Accarezzo dolcemente la schiena nuda di Axl, seduto per terra, in un angolo della stanza. Lui rabbrividisce, e ci rendiamo conto di botto che la temperatura in casa non è certo piacevole: le finestre aperte a Febbraio lasciano entrare un venticello gelido che fa accapponare la pelle. Nonostante tutto, non mi sembra di sentire il freddo, anzi: toccandomi, sento solo la mia pelle bollente, e dello stesso avviso sembra essere il rosso davanti a me.

“Chiudo le finestre” sussurro, non tanto perché ne abbia bisogno, ma perché devo allontanarmi da Axl prima di rischiare seriamente di mandare a puttane tutta la scommessa. Ora che sono un attimo più lucida, mi rendo conto che ventotto giorni non sono ancora trascorsi, e che il signorino deve passarne ancora tante prima di sperare di portarmi a letto.

 

Jeanette si alza e si dirige verso la finestra con una lentezza esasperante. La prima cosa che mi viene in mente è alzarmi, fermare tutta questa messinscena e prenderla seduta stante, tuttavia così facendo mi negherei un sacco di divertimento. Odio ammetterlo, ma quella ragazza è fottutamente intelligente, e questo mi eccita parecchio: mi sta dando del filo da torcere, mi ha sfidato in un territorio che amo, e raramente perdo una sfida, soprattutto se ci tengo.

Paziente, attendo che la ragazzina chiuda quella benedetta finestra e torni verso di me, cambiando improvvisamente direzione all'ultimo e dirigendosi verso la cucina. Scocciato, mi alzo; dopotutto, dovrò pur dimostrare che un minimo ci tengo, a lei.

La ragazzina è in piedi, al centro della stanza, indecisa sul da farsi: è semplicemente venuta qui per farmi girare le palle. Smetto di aspettare e mi avvicino a lei velocemente, prendendola tra le braccia, senza lasciarle la minima possibilità di fuga.

“Abbiamo perso la pazienza?” chiede lei direttamente contro il mio orecchio, facendo un paio di passi all'indietro e sedendosi sul tavolo. La bacio, mordendole le labbra e tentando di farle capire chi è a comandare, in questa casa: negli ultimi tempi tutti si sono presi un po' troppe libertà, ed è ora di rimettere le cose in chiaro. Lei inarca la schiena all'indietro, riuscendo a separarmi dal suo viso, ma avvicinando bruscamente i nostri bacini. Una scarica di eccitazione mi attraversa da capo a piedi, e decido che, costi quel che costi, lei stanotte sarà mia.

 

Mi guardo intorno, alla ricerca di qualcuno che conosco. Sembra che siano spariti tutti. Ormai il locale inizia a svuotarsi, quindi è facile osservare le persone ancora presenti ad una ad una, tuttavia non vedo nessuno che conosco. Non vedo neppure Jennifer, e questo è un bene, anche se magari avrebbe saputo dirmi dove si sono cacciati tutti gli altri, Jeanette in primis.

“Hai perso gli altri?” mi chiede Nicole, comparendo di colpo dietro di me. Annuisco distrattamente, continuando a spostare lo sguardo da una parte all'altra del locale. Sento la ragazza avvicinarsi e appoggiarmi le mani sulle spalle.

“E' abbastanza normale, che la gente si trovi qualcuno disponibile ad ospitarli per la notte” mormora, mettendosi in punta di piedi e appoggiando una guancia contro la mia. Dal tono in cui l'ha detto, intuisco di aver trovato anch'io qualcuno disposto ad ospitarmi per quel poco di nottata che rimane.

 

Lascio scappare un gemito e tiro leggermente i capelli di Axl quando sento una sua mano intrufolarsi tra le mie gambe ed iniziare ad accarezzarmi lentamente, con delicatezza. Lui mi zittisce subito, riprendendo possesso delle mie labbra. La sua lingua continua a giocare con la mia e i suoi denti continuano a torturarmi le labbra, dando l'impressione di non volerle lasciare per nessuna ragione al mondo.

 

Salgo nell'appartamento di Nicole e, senza pensarci due volte, inizio a sbottonarmi la camicia decisamente scomoda che ho tenuto addosso per tutta la serata. Perchè ho deciso di mettermi una camicia? Perchè ho ceduto all'insistenza delle ragazze? Io sono abituato a magliette il più larghe e comode possibile, perché dovrei mettermi quei vestiti che mi fanno sembrare una checca?

“Hai caldo?” mi chiede Nicole, chiudendo a chiave la porta. La guardo un attimo stranito, tentando di capire se la sua è una domanda sincera o un doppiosenso. Decido che l'idea del doppiosenso è quella che mi aggrada di più e dico che sì, in quell'appartamento si muore di caldo, mentendo spudoratamente: non fa caldo un cazzo, è già tanto che non mi si siano già formate delle stalattiti sulle braccia.

“Ah” dice lei, semplicemente. Dalla faccia sembra chiedersi se sono scemo o cosa, e a che clima io sia abituato di solito. “A me sembra faccia freddino”

In fretta, allaccio almeno i primi bottoni della camicia e concordo con Nicole, fingendo improvvisamente di avvertire un incredibile freddo polare che aleggia nella stanza. Lei mi guarda strano nuovamente; cazzo, ti sto dando ragione solo per portarti a letto, spogliati e chiudiamo qui questa discussione inutile.

Lei, invece di assecondare le mie tacite ed indecenti proposte, si siede sul divano e mi invita a fare lo stesso, da perfetta padrona di casa. Insomma lei è una a cui piace aspettare; non avrei mai pensato che fosse così: attenendosi alle storie che ci raccontava Steven, mi aspettavo più un'assatanata che mi sarebbe saltata addosso appena messo piede in casa. Invece, è qui seduta, di fianco a me, con le mani sulle ginocchia e lo sguardo fisso a terra. Forse è semplicemente una che fa la timida al primo appuntamento, per non spaventare o mettere in soggezione la gente. Un sorrisetto mi compare sulle labbra: ci vorrebbe ben altro, per spaventarmi o mettermi in imbarazzo.

“Perchè sorridi?” mi chiede lei, che a quanto pare mi stava fissando da un bel po'. Scuoto la testa, lasciando spazio ad un'interpretazione personale del mio sorrisetto: se lei fosse stata davvero come raccontava Steven, sarebbe stata una gran bella interpretazione.

 

“Non fermarti” mormoro ad Axl, sentendo le sue dita entrare un po' di più in me, sempre meno delicatamente. Vorrei urlarglielo, ma tutti i sospiri rochi che mi si bloccano in gola lasciano spazio solo ad un debole sussurro e nulla di più. Axl ha appoggiato il viso contro il mio collo, e posso sentire ogni suo respiro affannato e rotto dall'eccitazione. Ben presto mi chiederà di essere ricompensato per il servizietto che mi sta concedendo adesso, e non ho la più pallida idea della scusa che gli snocciolerò per sfuggire nuovamente a questa scomoda situazione; un po' mi sento addirittura in colpa, a trattarlo così, ma dopotutto io sono la stronza e quindi la mia reputazione non sarà certo rovinata da quest'ennesimo rifiuto.

Un morso sul collo mi riporta bruscamente alla realtà. Questo potevi risparmiartelo, Axl, davvero. Che cazzo sei, un fottuto vampiro?

Il rosso intuisce che non ho propriamente gradito il gesto e tenta di porvi rimedio, iniziando a baciarmi il collo e lasciando qualche altro morsetto, stavolta più delicato di quella roba di poco fa. Butto la testa all'indietro, giusto per fargli capire che ha via libera, e inspiro profondamente, godendomi il momento.

 

Dopo quella che a me è sembrata un'eternità e dopo centinaia di frecciatine a doppiosenso, Nicole è ancora seduta sul divano, nella stessa posizione di prima, e non accenna a muoversi. Non mi guarda neppure, semplicemente sta a fissare il fottuto tappeto per terra. Che cosa avrà di tanto interessante il tappeto, cazzo? Ci sono io di fianco a te e tu stai a fissare il tappeto? Ma che mi hai portato a fare a casa tua, allora?
“Hai sete?” chiede lei, meccanicamente. Mi porto una mano alla faccia: no, donna, non ho sete, mi hai dato da bere metà delle scorte del Roxy, sarebbe più sensato se almeno mi chiedessi se devo andare in bagno.

“Perchè mi hai fatto salire?” sputo, senza troppi giri di parole. Finalmente, lei distoglie lo sguardo dal pavimento e lo posa su di me.

“Steven sta da voi adesso, giusto?” chiede, quasi con le lacrime agli occhi. Dio, no, perché questo, ora? Non basta Jennifer ogni giorno, ora devo pure beccarmi il piagnisteo della ragazza pentita. Perchè le persone si lasciano senza pensarci? Perchè dovete seguire l'istinto e fare le scelte sbagliate, alle quali poi non riuscite a rimediare?
“Sì” sospiro, sperando che la conversazione finisca presto “Steven sta da noi”

 

Faccio qualche passo all'indietro, allontanandomi dal tavolo, e cerco di portare Jeanette in camera mia, o perlomeno in salotto: non avevo certo immaginato la mia vittoria sul tavolo della cucina, anch'io ho una vena di romanticismo in me. Lei mi segue obbediente, sembra quasi stare al gioco, ma arrivati sull'uscio della camera si blocca. Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo.

“Che vuoi fare?” mi chiede, molto stupidamente. Voglio mostrarti i peluche che nascondo sotto al letto, tranquilla Jeanette, cos'altro dovrei fare, secondo te? In fondo, è un quarto d'ora che ti sto allegramente fottendo con le mie dita, ma mica voglio farlo sul serio, ora. Erano solo coccole, Jeanette.

Sospiro, tenendo a bada la lingua, e mi appoggio stanco contro lo stipite della porta: capisco che è bello il senso della sfida e tutto, però mi piacerebbe tanto che, per una volta, questa ragazza aprisse le gambe senza fare tante storie.

La ragazzina approfitta del mio momento di sconforto per lasciare la mia mano e tornarsene in salotto, sedendosi comodamente sul divano e accavallando le gambe. Si stiracchia, allungandosi il più possibile e mettendo in mostra solo cose belle. Sbuffo e tono sui miei passi, ripromettendomi che questa è l'ultima volta che ci provo, dopodiché la ragazza con me ha chiuso.

 

“E un giorno potrei passare da voi?” chiede lei, speranzosa. Probabilmente si aspetta una risposta del tipo 'Certo, Steven sta aspettando solo quello, piange tutti i giorni pensando a te', mentre la verità è che probabilmente lui si sta scopando qualcuna dall'altra parte di Los Angeles, oppure nei bagni del Roxy, o addirittura nell'appartamento di fianco a quello di Nicole.

“Secondo me è meglio se ti dimentichi in fretta di lui” tento di fare il comprensivo “In fondo, sei stata tu a lasciarlo, dovresti essere convinta delle tue scelte”

Esatto, cretina, l'hai lasciato tu, facendogli fare una magra figura davanti a tutti, e ora pretendi pure di venire a casa nostra con la coda tra le gambe?

Lei, in risposta, inizia a piangere, neanche troppo velatamente. Perchè a me, Dio, che cos'ho fatto di male? Sono giorni che non litigo con nessuno, che non alzo la voce e che non faccio scherzi idioti. Ho già una mestruata in casa e una checca isterica dai capelli rossi da consolare, perché ora anche Nicole?

Non sapendo cos'altro fare, mi avvicino alla ragazza e la abbraccio. Le accarezzo la testa ogni tanto, mentre mi guardo intorno, osservando i soprammobili sui comodini e l'ordine di quell'appartamento, a livelli a cui non giungeremo mai.

 

Axl, nonostante l'ennesimo rifiuto, non ne vuol sapere di mollare l'osso. Si avvicina nuovamente a me, stavolta un po' meno convinto del solito; sarà facile farlo desistere. Almeno spero, non ho più scuse da inventarmi, e non posso certo chiudermi in bagno per tutta la giornata, finché i suoi istinti non si saranno placati. D'un tratto, mi passa per la testa l'unica mossa adatta a tenerlo a bada per un po'. Storco il naso, un po' contraria all'idea e consapevole del fatto che, se lo faccio, nei prossimi giorni lui tornerà, più agguerrito che mai. Forse dovevo conoscere meglio gli avversari, prima di proporre questa stupida scommessa: non mi aspettavo che Axl fosse così testardo.

 

Continuo a ripetermi che questa è l'ultima volta che ci provo. L'ultima. Che io ci riesca o no, questa è l'ultima volta: nemmeno Jeanette si merita così tante attenzioni da parte mia. Però mi dispiacerà, vederla in casa e non poter nemmeno provarci… ma non ha importanza. Ormai ho deciso. L'ultima volta. Anche se ci andrò vicino, anche se lei si offrirà di sua spontanea volontà… questa sarà l'ultima volta. Anche se lei mi facesse un pompino seduta stante, io non mi lascerei ingannare.

Jeanette allunga una mano verso di me. La afferro, e la ragazzina riesce velocemente a farmi sedere sul divano, mentre lei si alza in piedi, di fronte a me. Sorride. Si avvicina lenta al mio viso, mentre con una mano mi accarezza i capelli, che a quanto pare ama fottutamente tanto: passa tutto il tempo ad accarezzarmi i capelli, questa donna. Mi lascia un bacio a fior di labbra, poi si abbassa e me ne lascia un altro sul collo, sul petto, scendendo sempre di più. I brividi cominciano a scuotermi quando supera l'ombelico, e si dirige senza esitazioni ancora più in basso.

Io stavo scherzando, quando dicevo della possibilità del pompino seduta stante.

 

“Stai bene ora?” chiedo a Nicole quando, finalmente, i suoi singhiozzi accennano a diminuire. Mi allontano un po' da lei e sento la manica della camicia tutta bagnata, ma poco importa: l'unica cosa che mi interessa al momento è andare via il prima possibile, prima che lei inizi di nuovo a blaterare. Ha continuato a parlare di cose mentre piangeva, intervallando singhiozzi e parole. Io non ho minimamente capito cosa abbia detto, complici il ridicolo piagnisteo e il fatto che io stia morendo di sonno. Ho tantissimo sonno. Sento le palpebre che si chiudono, pesanti come non mai.

Ovviamente, Dio, o il karma, o qualsiasi forza sia incaricata di guidare l'universo non mi aiuta nemmeno questa volta e Nicole riprende a piangere. Ma da dove cazzo esce tutta quest'acqua? Si sarà disidratata, ormai, a forza di piangere. Le palpebre mi si chiudono di nuovo in un improvviso attacco di sonno, e inizio a vedere addirittura due Nicole. Decido che questo è troppo e le appoggio le mani sulle spalle.

“Domani pomeriggio vieni da noi e te la sbrighi con Steven, okay?” le dico, incazzato. Vorrei quasi mettermi a urlare in faccia a questa cretina.

Lei si asciuga gli occhi sul dorso della mano, lasciandosi sulla faccia una linea nera di trucco dalla coda dell'occhio alla tempia.

“Grazie” mormora. Si avvicina per abbracciarmi di nuovo ma stavolta tento di non farmi fregare: mi alzo in fretta, saluto educatamente, mi liscio la camicia ed esco dall'appartamento, assicurandomi di chiudere per bene la porta alle mie spalle. Quasi quasi la sprangherei pure, ma non voglio perdere un secondo di più in questo condominio. Velocemente, scendo le scale e scappo verso casa mia.

 

Axl libera un gemito acuto quando la mia lingua tocca la punta arrossata del suo membro. Per l'ennesima volta mi afferra per i capelli e, per l'ennesima volta, sposto le sue mani dalla mia testa: se c'è una cosa che odio, è quando qualcuno tenta di darmi degli ordini. Non importa se in casa, a lavoro o mentre faccio sesso, nessuno deve dirmi quello che devo fare, men che meno questo rosso: sono io a comandare qui, nel caso non si fosse capito.

Guardo Axl con sguardo di rimprovero, giusto per fargli capire che se si azzarda un'altra volta a tirarmi i capelli è tutto finito, ma lui, ansimante e con la testa buttata all'indietro, non nota minimamente l'occhiataccia che gli ho dedicato.

“Perchè ti sei fermata?” mi chiede, con il respiro rotto. Sospiro, riflettendo sul da farsi: continuo o chiudo tutto qui? In fondo, sto iniziando ad avere sonno, fame, e ad essere anche un po' stanca.

Mi siedo a cavalcioni sul bacino di Axl. Il rosso sorride, soddisfatto.

“Pensi di aver vinto?” sussurro, guardandolo dritto negli occhi. Finalmente, si decide ad alzare la testa e ad incrociare il mio sguardo.

“Perchè, non è così?” chiede, sorridendo sornione. Alza leggermente il bacino, e sento la sua erezione premere contro di me. Questo non l'avevo previsto.

Mantengo il sangue freddo e non lascio trasparire alcuna emozione: non deve capire che, al momento, il gioco lo sta conducendo lui.

“Chi ti dice che non sia un mio piano?” mormoro, avvicinandomi di più al suo viso e lasciandogli un delicato bacio sulla guancia.

Lui alza ancora un po' il bacino; lo sento entrare appena. Mi scappa un lieve sospiro, che tento di fermare senza successo: sono troppo vicina ad Axl, lui l'ha sentito sicuramente.

“Sembra che non stia funzionando” risponde, incredibilmente soddisfatto della piega inaspettata che ha preso la situazione.

 

Passo davanti al Roxy a testa bassa, camminando spedito. Non mi interessa l'ora (anche se, a giudicare dall'alba sul mare, devono essere circa le sei e mezzo del mattino), non mi interessa la poca gente che incontro lungo la strada e men che meno mi interessano uno Steven e uno Slash barcollanti che avanzano appoggiati alla parete del locale.

Dopo aver notato questo inaspettato particolare, mi decido ad alzare la testa e a guardare la scena dei due abbracciati l'uno all'altro nel tentativo di sorreggersi a vicenda, strisciando i piedi per terra, nella goffa imitazione di una camminata. Senza farmi notare (anche se, ubriachi come sono, non mi vedrebbero nemmeno se improvvisassi un numero di burlesque su una panchina), mi accodo ai due e li seguo per circa cinque metri di strada, che loro percorrono in quelle che sembrano ore. Continuo la messinscena giusto perché mi fanno morire, quei due avvinghiati l'uno contro l'altro nel tentativo di reggersi in piedi, quando è evidente che di lì a poco crolleranno.

Appena prima che Steven molli la presa sulla spalla di Slash, accelero il passo e tento di sorreggerlo.

“Ehi, ma guarda, due Duff” ride Slash, voltandosi verso di me. Sorrido cordiale, facendo finta che sì, ci siano due me, e afferro Steven, dato che il ricciolone non sembra in grado nemmeno di reggere sé stesso.

“Sai, ti ho pensato tanto stanotte” continua a blaterare Slash, mentre Steven sembra essere svenuto tra le mie braccia. Provo a scuoterlo, annuendo ogni tanto al riccio, che discute con il secondo Duff della nottata in bianco che ha trascorso pensando a me. Steven continua a non dare segni di vita; il massimo che fa è sbavarmi sulla camicia. Ormai questa camicia è piena di liquidi di tutti i tipi, compreso il rum e pera che qualcuno mi ha versato addosso ieri sera; l'ho detto che la camicia non era una buona idea, ma ovviamente la signorina non mi ha ascoltato. No, bisogna sempre fare a modo suo.

Uno schiaffo in pieno viso assestatomi da uno Slash parecchio incazzato mi riscuote dai miei pensieri.

“Tu non mi presti mai attenzione” urla, in piena crisi ormonale, incrociando le braccia al petto. Lo guardo storto, senza capire e continuando ad osservare con la coda dell'occhio Steven, buttato contro di me a peso morto. Ricevo un altro schiaffo.

“Perchè continui a guardare lui? Perchè non guardi me, ogni tanto? I miei ricci sono qui solo per te” strilla Slash, attirando l'attenzione di un paio di persone.

“Okay, andiamo in spiaggia” ordino, trascinando Steven e Slash, che inizia a scusarsi per essere stato così cattivo con me. Aggiunge che non avrebbe dovuto dubitare di me e dei miei interessi, nemmeno per un secondo.

 

Abbandono Steven sulla sabbia fredda, mi tolgo la camicia e la inzuppo nell'acqua ghiacciata, giusto perché quell'indumento non era abbastanza sporco. La appoggio sulla fronte del biondo e attendo qualche segno di vita; quando vedo che sembra riscuotersi un minimo, mi lascio cadere anch'io sulla sabbia e chiudo gli occhi. Sono stanchissimo. Non potevo ignorare questi due cretini?

Slash si siede pesantemente di fianco a me. La sua mano, incerta, accarezza la mia, finché non si decide ad intrecciare le sue dita con le mie. Quando apro gli occhi per vedere che cazzo sta combinando, mi ritrovo la sua faccia vicina, troppo vicina per i miei standard.

“Sai” inizia a dire lui, un po' imbarazzato “Ho sempre pensato che tra noi potrebbe funzionare, ma non ho mai avuto il coraggio di dirtelo… Ma ho deciso di smetterla con le paure irrazionali e le paranoie inutili: d'ora in poi ho deciso di seguire il mio istinto, sì, tutte le nostre canzoni dicono di seguire l'istinto”

Sembra aver finito. Bene. Molto bene.

“E la maggior parte le ho scritte pensando a te” conclude, abbassandosi ancora di più verso il mio viso. Colto di sorpresa, faccio l'unica cosa che mi viene in mente per scampare a quella pessima situazione: mi giro bruscamente, anche se questo significa affondare la faccia nella sabbia. Sento di sfuggita Steven ridere. Ingrato: io ti ho salvato la vita e tu te la stai ridendo mentre vengo molestato da una scimmia tutta ricci? Me la legherò a dito, non appena Slash avrà finito con il suo tentativo di stupro.

 

Mi guardo distrattamente le unghie, decidendo che è ora di limarle e ricominciare a metterci lo smalto: ho visto un paio di boccette, nel bagno dei ragazzi, e tanto vale provare; è troppo tempo che non mi curo un po'.

“Ma quindi quella valeva come scopata?” chiede Axl, riordinando il salotto (lo schiavizzarlo mostra già i suoi effetti positivi), celando neanche troppo bene la domanda 'Ma quindi ho vinto?'.

“No, te l'ho detto” rispondo, continuando a non badarlo, aprendo le gambe con disinvoltura e accavallandole subito dopo. Il lampo di genio mi è venuto inaspettatamente, davvero. Non avrei mai pensato di essere così brillante; la scomoda situazione e la geniale soluzione che ho trovato hanno fatto aumentare la mia autostima di una decina di punti (come se ce ne fosse bisogno, io sono Dio). Certo, ho copiato l'idea da un libro che ho letto, ma poco importa: Axl di sicuro quel libro non l'ha mai preso in mano; le possibilità che mi scopra sono minime. E sono minime anche le possibilità che venga a conoscenza del finale, in cui lo schiavetto uccide la sua padroncina. Spero vivamente che non scopra mai e poi mai il finale.

“Avanti, sì che valeva” insiste Axl, guardandomi storto. Le occhiatacce sono inutili, cocco, sono io il dio degli sguardi storti, qui dentro.

“Te l'ho già spiegato” ripeto paziente “Se fai tutto quello che ti dico, hai la vittoria assicurata al ventisettesimo giorno; altrimenti dovrai continuare con i tuoi giochetti che manco funzionano”

Lui sbuffa, evidentemente contrariato.

“Ma non capisco come hai fatto a convincermi” si lagna “Cioè, ormai eri lì, e ti ho lasciata andare. Avevo vinto, cazzo”

Si chiama dialettica, amore mio. Il saper convincere le teste bacate come la tua solo usando le parole, il saper rimanere lucidi anche in momenti estremamente delicati.

Lui sbuffa di nuovo, raccogliendo da terra un paio di magliette sporche che butta con poca grazia in una borsa.

 

Dopo essere finalmente riuscito a staccarmi Slash di dosso, dopo aver assistito ai conati di vomito di Steven lungo la strada e dopo essermi fatto mezza Los Angeles con addosso una camicia bagnata e sporca di sabbia, mi si riempiono gli occhi di lacrime quando vedo il portone di casa. Sembra tutto così irreale, come quando sogni una cosa per anni e tutto ad un tratto la ottieni. Avevo fantasticato su quel portone tutta la notte: volevo vederlo davanti a me, abbassare la maniglia e scoprire casa mia, con il suo familiare disordine, con Axl e Jeanette impegnati ad urlarsi qualcosa, e con la solita cucina vuota.

Lascio scorrere la mano sulla maniglia, inspirando solennemente, godendomi il momento, poi spalanco la porta. La visione che mi si para davanti agli occhi non è affatto quella che mi aspettavo; quasi mi viene voglia di chiudere la porta e riaprirla, giusto perché magari ho accidentalmente aperto un portale per un mondo parallelo.

“Sono ancora ubriaco” commenta Steven, entrando in casa. Il salotto è ordinato, la montagna di oggetti che stava ammonticchiata davanti al divano da ere geologiche è scomparsa e tutti gli oggettini sono disposti sui comò e comodini. Jeanette e Axl sono seduti sul divano (nudi, ma questo dettaglio non lo avevo calcolato) a discutere del più e del meno, pacificamente, senza urla o mani che volano. Avvicinandomi, mi sembra di sentire un intelligente discorso sulla nascita del jazz, che sfocia in un ispirato sermone da parte di Axl sulla schiavitù dei neri e la successiva guerra di secessione.

Stordito, preferisco andare in cucina, trovando un paio di borsette della spesa sul tavolo. Deglutisco rumorosamente. Questo è troppo.

 

Scocciato, vado in camera a rivestirmi, mentre Jeanette si chiude in bagno alla ricerca di qualcosa con cui coprirsi. Era tutto così divertente, fino a poco fa; perché dovevano arrivare questi tre a rompere le palle e a fare domande?

Quando torno in salotto, noto che il gruppetto si sta mettendo d'impegno per riportare le cose alla normalità: la coperta che fino a poco fa giaceva sul divano è ora abbandonata a terra e Slash ce la sta mettendo tutta per finire le scorte di biscotti che ho comprato solo ieri. Jeanette è seduta per terra, sul tappeto, intenta a dipingersi le unghie con uno smalto rosso fuoco. Il mio smalto rosso fuoco, terrei a precisare. Chi le ha dato il permesso di prenderselo? A me serve, quello smalto.

Camminando lentamente, con solennità, mi pongo davanti all'allegra combriccola e attendo paziente, in silenzio, che si zittisca e mi presti attenzione. Nessuno sembra far caso a me: Slash continua a masticare rumorosamente, Jeanette si controlla le unghie, Duff e Steven stanno discutendo sul modo strano di vomitare del nostro batterista.

“Hai presente quei vecchi lavandini, quelli che li apri e spuntano acqua dappertutto? Ecco, sei più o meno così, solo che tu fai un suono strano”

Duff inizia a fare versi strani, che mi fanno venire un enorme bisogno di sbattergli una padella in faccia.

“Tacete!” strillo, facendo sfoggio della mia voce da cinque ottave. Tutti si voltano a guardarmi, colpiti: lo so, ragazzi, in pochi riescono ad imitare questo sublime si bemolle; l'ho fatto in esclusiva per voi.

“Che vuoi?” domanda scortese Slash, che non spende abbastanza tempo ad ammirare passivamente la mia voce, ma anzi sputacchia briciole di biscotti per il tappeto.

“Dobbiamo fare il discorso che vi ho detto ieri” riprendo la mia compostezza e passo lo sguardo dall'uno all'altro. Finalmente mi stanno prestando attenzione.

“Jeff non c'è” fa notare Jeanette, soffiando delicatamente su un'unghia e osservando poi soddisfatta il suo lavoro. In effetti sì, Jeff non c'è. Non ci avevo fatto caso.

“E quando torna?” chiedo, ingenuo. Mi becco un'occhiataccia scocciata dalla ragazzina.
“Che ne so? E' maggiorenne e vaccinato, può andarsene dove vuole” risponde stizzita, alzandosi e andando in camera mia. Bella, mi ha pure fregato la stanza, adesso per cercare un po' di pace dovrò rinchiudermi in bagno.

 

Sono ore che sono seduto su questo divano sfondato, ascoltando le chiacchiere di Steven e annuendo distrattamente. All'improvviso mi passa per la mente una questione di cui dovrei discutere con lui, anche se non ho alcuna voglia di affrontare l'argomento.

“Oggi ho visto Nicole” butto lì, fingendo di non dar peso alla cosa. Di sicuro non dirò che stanotte sono andato nel suo appartamento, ci sarebbero troppe cose da spiegare. Steven si zittisce; forse ho finalmente scoperto il modo per farlo tacere. Urla di giubilo e campane del paradiso iniziano a risuonare nella mia testa, ma mi impongo di proseguire con il discorso: prima concludo e meglio è.

“E domani lei viene da noi” Sintetico e brutale, ma ho finito. Mi rilasso di nuovo sui cuscini del divano, allungando tutti i muscoli. Steven è ancora zitto. Gioia.

“Credo che tu abbia saltato un pezzo della storia” fa notare, sottovoce. Cazzo. Pensavo di averla già scampata. Inizio a raccontare al biondo tutta la pantomima che mi ha rifilato lei stanotte, a partire dal fatto che si è resa conto di essersi sbagliata a lasciarlo e concludendo spiegando le varie motivazioni del perché voleva rivederlo. Durante il mio infervorato discorso, noto Axl e Slash andarsene, sfiniti dalla moltitudine di parole che stanno uscendo dalla mia bocca. Soprattutto Axl sembra parecchio stanco. Mi chiedo perché: in fondo, lui non è venuto con noi ieri sera, è rimasto a casa a guardare la tv e poltrire, cosa mai avrà fatto per essere così sfinito?

 

Sento la porta aprirsi e intuisco che è arrivato mio fratello e con lui il momento per sua maestà il signor Rose di parlare per ore di cose alle quali nessuno presterà attenzione.

Senza speranze, abbandono la lettura di un libro che ho trovato sotto il cuscino di Slash (lui dice che lo aiuta per le cervicali) e mi avvio in salotto, dove Axl ha già fatto sedere tutti di fronte a lui. Jeff, con le borse sotto agli occhi e un colorito vagamente giallastro, non sembra tuttavia molto partecipe. Non sembra nemmeno essere a questo mondo, a dirla tutta, ma al rosso basta la presenza corporea.

“Dunque” inizia, battendo le mani e iniziando a sfregarle, come se fosse un pastore che si prepara al miglior sermone della sua vita “Avete notato tutti che ieri ho portato a casa cibo”

Tutti annuiamo, felici. Slash lo ringrazia di nuovo, accennando un inchino.

“Quindi significa che ho trovato dei soldi” prosegue il discorso il rosso, facendo dei salti logici come se stesse parlando a dei bambini di cinque anni. Annuiamo nuovamente.

“Ora, vi starete chiedendo come abbia ottenuto quei soldi”

“Vuoi arrivare al punto?” chiede Jeff con voce strascicata. Non pensavo stesse davvero seguendo il discorso.

Axl, un po' stizzito ma sempre impassibile, raccoglie da un angolo della stanza una borsa di tela e la appoggia davanti a noi. Incuriositi, ci sporgiamo ad osservarne il contenuto, ma veniamo prontamente fermati dal proprietario del ben di Dio che abbiamo intravisto.

“Penso che Jeanette abbia già capito di cosa si tratta, dato che ha avuto la possibilità di toccare con mano il nostro nuovo business” continua Axl, il cui discorso sta lentamente andando a puttane.

“Devo ringraziare?” commento, acida. Il rosso non coglie l'ironia, o almeno contiene i suoi istinti omicidi.

“Cosa vuol dire 'il nostro nuovo business'?” chiede Steven, innocente: non ha ancora capito un cazzo.

“Vedete, figlioli” il rosso ci guarda ad uno ad uno. Tutti ci chiediamo da dove gli sia venuta in mente la parola 'figlioli' “Questa è una cosa che faremo tutti assieme: venderemo e non ci faremo pestare e condivideremo i soldi che guadagneremo. Sarà tutto raccolto in un fondo famiglia, o come cazzo lo volete chiamare. Basta che non vi intaschiate nulla” conclude, rovinando tutto il resto del discorso fatto in precedenza. Ad un tratto, si volta verso di me, sorridendo.

“Jeanette, per te ho un compito speciale, ma te lo spiegherò quando avremo già messo via qualche soldo”

Annuisco, non ho il coraggio di chiedere quale sia questo 'compito speciale'; l'importante è che non lo dovrò svolgere subito.

 

Alla fine del mio discorso non arriva nessun applauso, anche se me lo meriterei. In compenso, Izzy alza timidamente la mano.

“Dimmi, Jeff” gli concedo la parola, come le maestre a scuola.

“Domani vado a togliermi i punti” ci informa lui. E con ciò? Vi ho appena detto che dovremo spacciare droga in giro per Los Angeles, che cazzo c'entrano i tuoi punti?

“Che bella notizia” sorrido, fingendomi il più felice possibile: una delle cose che mi ha imposto Jeanette è non trattare male suo fratello, e non posso assolutamente trasgredire.

“Quindi possiamo ricominciare a suonare” Izzy ci aiuta a completare la logica del discorso. Tutti lo guardiamo. Nessuno ci aveva pensato, avevamo dato per scontato che Izzy avrebbe avuto un polso steccato per sempre. Scuoto la testa, spegnendo ogni speranza negli altri.

“Comunque ci siamo fottuti con le nostre mani” ricordo a tutti “Nessuno vorrà quelli che si sono fatti sgamare suonando in playback, non possiamo fare concerti comunque”

L'entusiasmo causato dalla bella notizia di Jeff si spegne e tutti torniamo mogi mogi a fare quello che stavamo facendo prima (nulla).

“Però chiedere non costa niente” dice speranzoso Steven, che grazie alla sua benedetta ingenuità riesce ancora a vedere la vita tutta rosa.

Sbuffo.

“Allora vai tu a cercare qualcuno che ci prenda”

Lui annuisce, tutto felice, pensando già a qualche posto e reclutando seguaci che lo accompagnino.

 

“Quando dobbiamo iniziare con la roba?” chiedo, rassegnato; certo, accompagnerò Steven a cercare un ingaggio, ma ci credo poco: meglio concentrarsi sui soldi sicuri. In fondo, non dovremo mica farlo per sempre.

“Io pensavo già a stasera” propone Axl, lasciandoci di sasso: abbiamo appena saputo che dobbiamo andare in giro a spacciare roba e già dobbiamo iniziare?

“Andremo in giro in coppia, per i primi giorni” spiega il rosso “Giusto per vedere le zone più tranquille. E per non essere pestati a sangue se qualcosa va storto”

Deglutisco: a questo non avevo pensato. Non avevo pensato che spacciare non è come vendere le caramelle in un negozio, e che tutto sarà estremamente delicato e difficile.

“Ma quindi deve venire anche Jeanette?” chiede Jeff, preoccupato. Axl annuisce.

“Lei sarà il nostro punto forte: è tosta, ha le tette, e andrà via con Slash, visto che qui è quello che mette più paura” spiega. Ha già pensato a tutto.

“Cosa c'entra il fatto che ho le tette, scusa?” contesta stizzita lei. Il rosso sbuffa di nuovo.

“C'entra che alla gente non dispiacerà ammirare un bel panorama, prima di comprare. E se vogliono toccare, falli pagare di più e lasciali fare”

Jeanette si alza, decidendo che è troppo. In effetti, Axl poteva scegliere le parole più sapientemente.

Ci aspettiamo tutti che inizi a volare qualche schiaffone, invece tutto si risolve con un'occhiata della ragazza, che strappa un umile 'Scusa' al rosso. Che cazzo sta succedendo?

“E tra quanto andiamo?” chiedo. Axl ci riflette un po' su, decidendo poi che partire intorno alle undici, quando ormai è buio pesto e nessuno nota che siamo abbastanza sospetti, è l'ideale.

“Quindi consiglio un sonnellino, così stanotte non saremo rincoglioniti” conclude, battendo di nuovo le mani e andando in camera sua, seguito da un Izzy il cui colorito non ha niente di umano; nonostante tutti l'abbiano notato, nessuno ha ancora avuto il coraggio di chiedergli cosa sia successo mentre era via.

 

Tutti vanno a dormire nelle loro camere, seguendo il consiglio del saggio Axl, mentre io mi stendo sul divano a fissare il soffitto. Non riesco ad addormentarmi, ho troppa roba che mi ronza per la testa: dal fatto che stiamo per fare una cosa altamente illegale (come se fosse la prima roba illegale che faccio, certo) al fatto che mi manca un sacco la mia vecchia vita. Non capisco perché, ma i ragazzi mi mancano maledettamente tanto. Ho odiato quasi tutti i giorni che passavo con loro, tuttavia i bei momenti sono impressi nei miei ricordi. Sono passati venti giorni, solo venti giorni, ma mi mancano da morire; se avessi la possibilità di andare da loro, se Steven arrivasse e mi offrisse un biglietto di sola andata per quell'inferno che è la sua vita coglierei l'occasione al volo. Non perchè mi stiano antipatici i ragazzi o perché non mi trovi bene qui (ora che ho schiavizzato Axl le cose saranno un sacco più divertenti), ma perché mi sento legata a Steven come a nessun'altra persona. Per assurdo, mi sento più legata a lui, che mi ha fatto del male, che a Jeff, che mi sta aiutando in uno dei periodi più difficili che abbia mai passato.

Non credo sia per un discorso d'amore o per chissà cos'altro (anche se devo ammettere che stare vicino a lui e sentirlo mio era una cosa che amavo tantissimo), ma perché credo che, se hai un rapporto speciale con qualcuno, quello non scompare mai del tutto, e in un attimo si è di nuovo importanti l'uno per l'altro, come se non fosse mai finita. E' una visione fottutamente romantica e diabetica, però mi piace darmi una minima illusione e continuare a sperare che un giorno le cose tornino com'erano. Il fatto è che semplicemente non ero pronta. Non ero pronta a quella vita, e tutte quelle cose nuove, arrivate tutte in una volta, mi hanno spaventata. Sarà passato poco tempo, ma io mi sento sinceramente cambiata. E sento che sarei pronta a ricominciare, senza pensarci troppo su.

 

La luce nel salotto si riaccende pochi minuti dopo che ho svuotato la mente e mi sono rilassata.
“Pronta, mia compagna spacciatrice?” mi chiede Slash, stiracchiandosi e mettendo in bella mostra quegli addominali che ogni volta mi fanno pensare che la vita è bella, tutto sommato.

“Se evitate di urlarlo al mondo sono più felice” commenta stizzito Axl, raccogliendo la borsa da terra e dividendo il contenuto in zainetti e borsette varie. Qualcosa finisce anche nella mia pochette.

Il grande rosso distribuisce una borsa ad ognuno di noi e ci assegna le zone da fare per questa sera, tutte vicino casa.

“Sarà un lavoretto molto easy” commenta felice Slash, che sembra un po' troppo entusiasta della cosa.

Axl non bada alle varie opinioni e ai dubbi di ognuno di noi e divide le coppie: io sono con Slash, come già aveva detto prima, lui andrà con Jeff mentre Steven starà con Duff.

 

“Perchè sempre io con Steven?” protesto, beccandomi una gomitata tra le costole da riccioli d'oro. Nulla contro di lui, per carità (a parte il fatto che parla sempre), ma io non ho voglia di ricominciare quel discorso su Nicole eccetera.

“Posso elencarti una serie infinita di buone ragioni, se tu non ci arrivi da solo” risponde Axl, iniziando a contare sulle dita “Prima ragione: io non sopporto Steven, e se lo porto con me domattina dovrete cercare il suo cadavere in qualche vicolo di Los Angeles”

Annuiamo, attendendo le altre motivazioni. Dato che nessuno a parte Slash sembra scalciare per uscire a spacciare, prendiamo posto sul divano e stiamo in ascolto di sua maestà.

“Seconda ragione” continua lui, alzando un secondo dito “Se faccio andare Steven assieme a Izzy stiamo sicuri che qualcuno li pesta dopo dieci minuti che ci siamo separati”

Non ha tutti i torti, in effetti.

“Terza ragione: se mando il biondo con l'altro ricciolone, si pestano tra di loro e si tirano i ricci per tutta la sera”

Concluso il discorso, Axl annuncia che è mezzanotte e siamo già in ritardo. Strano, il fatto che noi siamo in ritardo: siamo così puntuali, solitamente. La vera cosa particolare che il nostro ritardo è solo di un'ora.

Scendiamo velocemente le scale del condominio e ci salutiamo, il rosso e Izzy imboccano una strada diversa da quella di me, Steven e gli altri due.

 

“Ma se noi non ci separassimo e stessimo insieme tutta la sera?” chiede Steven, piuttosto spaventato.

“Sì, così domani dobbiamo sentire il grande capo che ci fa la predica” boccio l'idea, prendendo Slash a braccetto e inoltrandomi in una stradicciola sulla destra. I ragazzi mi salutano, entrambi un po' impauriti. Tento di mandare un sorriso incoraggiante, mentre Slash fa il suo solito sguardo da 'Io non ho paura di niente', quando si vede benissimo che nemmeno a lui piace quello che stiamo facendo.

“Pronta?” mi chiede. Stringo più forte il suo braccio, nel tentativo di calmarmi un po'. Tra non molto inizieranno pure a tremarmi le ginocchia, lo so.
“No, non sono per niente pronta” rispondo in un sussurro, sentendomi talmente insicura e impaurita da desiderare persino di tornare a stamattina, quando Axl stava per vincere. L'avrei lasciato fare, se avesse significato non immischiarmi in questo casino.

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Nota dell'autrice:
Pensavate di esservi liberati di Febbraio, eh? Invece sono di nuovo qui dehehe, mi ero solo presa una pausa (di sei mesi .-.) per raccogliere le idee (seh, come no), ma sono tornata e Febbraio è ricominciato (ora che siamo a Luglio, sembra una presa per il culo). Probabilmente spammerò questa storia per giorni in tutti i social in cui sono iscritta per mostrare a tutti che Jeanette e gli altri non sono morti (please spargete la voce anche voi, se potete).

Comunque, vorrei ringraziare tutti quelli che non mi hanno ancora mandata a quel paese per i ritardi e che leggeranno questo capitolo con lo stesso entusiasmo con cui hanno letto gli altri (lo so che siete euforici ad ogni capitolo di Febbraio, sì sì uu).

Okay smetto di scrivere perchè altrimenti è più lungo questo pezzo che la storia (a propostito, qualcuno mi ha fatto notare che i capitoli di un'altra mia storia, The Pentacle (pubblicità occulta) sono troppo lunghi, per caso lo sono anche questi?). Ditemi tutto quello che pensate in una recensioncina, ditemi anche che vorreste bastonarmi con una mazza chiodata per i miei ritardi, io vi amo lo stesso.
Bacioni, 
euachkatzl.

  
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