Lesson 21 Tana per Draco
LESSON
21: TANA PER DRACO!
Non era passato molto tempo dal ballo, giusto
qualche settimana, che Draco ebbe i primi sospetti su cosa stesse accadendo.
Ovunque si girasse, trovava Pansy ad osservarlo con sguardo soddisfatto e
gongolante. Non ne capiva il motivo, ma era inquietante trovarsela ovunque con
quello sguardo strano. Sospettava quasi che avesse scoperto il suo lavoro di
spia e che lo avesse riferito al paparino, mangiamorte della vecchia guardia,
proprio come Lucius. In quel caso, i mangiamorte sapevano chi era la causa
della fuga di informazioni avvenuta negli ultimi mesi e si preparavano a fargli
la festa. Anche se gli sembrava improbabile che Pansy potesse essere tanto
arguta da capire tutto.
Magari, lei era la spia di Voldemort li a scuola,
per controllare i piccoli servitori del Signore Oscuro, lui non lo sapeva,
certe informazioni il suo indegno genitore non le rivelava, quando parlava con
i suoi scagnozzi al Manor. Era preoccupato. Voleva parlarne a Silente, ma forse
era meglio scoprire prima qualcosa di più, per non fare figure idiote davanti
al vecchio preside.
L’occasione si presentò a lui di sua spontanea
volontà il giorno dopo. Pansy gli aveva fatto ancora la posta, e lo aspettava
appoggiata ad una colonna, fuori dalla sala grande, dopo cena.
-Ti devo parlare, Dracuccio. Perchè non andiamo
in un posto più tranquillo, che ne dici? – disse la ragazza, con un sorriso
malizioso, indicando la via per i sotterranei.
-Va bene, andiamo in camera mia. – rispose serio
il biondo, facendole strada.
Ovviamente lei era quella che meglio di tutti
conosceva la strada per la stanza del Principe delle Serpi, ma lo fece comunque
passare per primo. Arrivato nella stanza, lei si mise al centro del pregiato
tappeto persiano, a braccia conserte, mentre lui sigillava la porta e
insonorizzava la sua camera.
-Forza, non farti pregare, che stai combinando
ultimamente, Pansy? – chiese Draco, appena si girò verso di lei. Lei ghignò.
-Io, Dracuccio? Sono io che dovrei chiederlo a te.
Sai, ad un certo punto mi ero stufata di essere rifiutata da te, soprattutto
perché non ne capivo il motivo. Ma poi ti ho osservato per bene, e ho capito:
una certa sgualdrinella ti ha messo un laccio al collo, non è vero, Dracuccio?
Ti ha sistemato per bene, non c’è che dire! A detta di tutte le ragazze di
Hogwarts, non frequenti il letto di nessuna, ti ha messo proprio a cuccia, eh,
playboy? –
Rispose lei, ridendo sguaiatamente, in modo
maligno. Draco era trasalito e impallidito a vista d’occhio, man mano che la
serpe parlava. Però ancora non aveva fatto nomi, forse c’erano speranze…
-Se proprio volevi una grifondoro stronza e amica
di Potter potevi scegliertene una più anonima e meno riconoscibile, Draco, mi
hai deluso. –
disse poi Pansy, tranciando le gambe a qualsiasi
speranza di Draco di salvare la situazione.
-Sai, la Parker non è nulla di speciale. È pazza
e lunatica, è aggressiva e casinista, non è adatta a te. A te serve una ragazza
che abbia classe, una vera purosangue, non un surrogato come lei. Avrà anche il
sangue puro, ma ogni giorno lo macchia di più frequentando Potter e soprattutto
la Mezzosangue, non ti merita. –
Disse cattiva la mora, con occhi rabbiosi. Per
tutta risposta, Draco ghignò.
-E chi sarebbe la mia donna ideale? Tu? Ma non
farmi ridere! La sgualdrina tra te e lei sei sempre tu! Non è certo lei che
saluta a gambe aperte tutti i ragazzi che vede! Se non altro, sono sicuro che
frequenti solo il mio letto, e non quello dell’intera popolazione maschile
della scuola!! –
disse altrettanto cattivo Draco. Era pur sempre
il Principe delle Serpi, dimenticarsene era un errore madornale. Lei ghignò a
sua volta però, a dispetto delle previsioni del ragazzo.
-Puoi considerarmi stupida, se ti fa piacere, ma
ho occhi per vedere, Draco. Te ne sei innamorato, povero sciocco. Ma lei sta
con Potter, e se io lo dico al tuo paparino, lui prima uccide la sgualdrina,
poi uccide anche te. È questo che vuoi, Draco? È da quando vi ho visti in
corridoio, poco prima di Natale, che muoio dalla voglia di ucciderla,
quell’insulsa traditrice del suo sangue! Da quando ho riconosciuto quegli
orrendi capelli blu, solo lei li potrebbe mai portare! Mi sono appostata fuori
dalla stanza delle necessità, ma non ne è mai uscita, così non avevo prove che
fosse davvero lei, la luna fa strani scherzi, sai…. avevo bisogno di prove
sicure per ricattarti, e stavolta le ho. –
Pansy lo fissava con aria trionfante, lui sempre
più arrabbiato, stringeva i pugni e la fissava con astio e odio.
-Gli sguardi che vi scambiavate durante le
lezioni non bastavano, ma seguire la pazza dopo il ballo è stata una buona
idea, perché anche tu l’hai seguita proprio come il suo fedele cagnolino, anche
se era venuta alla festa con Potter e con Potter se ne era andata. Stavolta vi
ho visti chiaramente in faccia, mentre entravate nella Stanza delle Necessità,
e ne uscivate il giorno dopo, tutti sconvolti e con le occhiaie. Per due nemici
che non sopportano nemmeno la vista l’uno dell’altra, sembravate un po’ troppo
reduci da una nottata di sesso. –
concluse la piccola serpe, avvicinandosi al
ragazzo. Per un attimo, Draco ebbe l’impulso di obliviarla. Lei era la sola che
sapesse tutto, a parte Blaise ovviamente. Se l’avesse obliviata, ogni problema
sarebbe svanito. Ma avrebbe dovuto cancellare più di tre mesi di memoria, non
sarebbe stato duraturo come incantesimo. Decise di prestarsi al gioco, per
vedere dove sarebbe andata a parare la piccola ricattatrice.
-Arriva al punto, Pansy, che cosa vuoi in cambio
del silenzio? – chiese Draco, con voce dura, gli occhi come lame di ghiaccio
che trapassavano chiunque osasse sfidarle.
-Voglio te. – rispose lei. Lui c’era rimasto di
sasso. Dopo quel disastroso invito al ballo, pensava che lei lo odiasse,
l’aveva guardato così male.
-Spiegati. –
-È semplice. Molli lei, e ti metti con me. In
cambio, io non parlerò con nessuno di quello che so. –
Quello era il patto, quelli erano i termini del
ricatto. Doveva lasciare l’unica donna che avesse mai amato in vita sua, per
permetterle di vivere in pace. Se Pansy avesse vuotato il sacco, Grace sarebbe
stata in costante pericolo, l’avrebbero voluta morta a tutti i costi, senza
scampo. Di quello che sarebbe capitato a lui, non gliene importava un bel
nulla, ma Grace era tutto per lui, era l’aria che respirava, non poteva
sopportare di saperla in pericolo per causa sua come faceva Potter. Quindi, la
soluzione era solo una, accettare il compromesso e sperare che tutto andasse
bene.
Sospirò.
-Va bene, ho capito. – disse poi.
-Bene, allora avvicinati, sigilleremo il tutto
con un voto infrangibile. – ghignò lei. Lui si sentì morire, ma si consolava
pensando che lo faceva per Grace. Per la sua Grace, e per nessun altro.
-Va bene, ma sarà doppio, tu giurerai con me. –
disse lui sicuro.
Si strinsero la mano, e un nastro argentato
intangibile si strinse attorno ai loro polsi.
-Io giuro di non dire nulla di quello che so su
te o Grace ad anima viva. – giurò Pansy.
-Io giuro…che lascerò Grace e mi metterò con te.
–
-Hai scordato
di dire per sempre, Draco! – esclamò furiosa Pansy, mentre il nastro diventava
incandescente e sanciva il patto infrangibile dei due ragazzi.
-Mi dispiace, Pansy, avresti dovuto essere più
specifica con le tue richieste. – le disse il biondo ghignando, mentre il
nastro spariva. Aveva compiuto il suo dovere, aveva legato due anime in un
doppio voto infrangibile: che dei due avesse rotto la sua promessa ci avrebbe
rimesso la vita.
Erano passati giorni, anzi settimane, ormai da
quella famosa discussione che aveva avuto con Harry, e Grace era tornata
felice. Tutto sembrava andare bene, a parte… a parte che la nausea e il mal di
pancia non se ne erano affatto andati. A quanto pareva, non era l’alcool, non
era Draco, e non era nemmeno l’ansia di perdere Harry il problema. Il problema
era lei. Si alzava al mattino già con la nausea. Si sentiva sempre stanca e
spossata, e spesso le girava la testa, soprattutto dopo aver modificato
interamente il suo corpo, tanto che si era arresa e non lo faceva più, non
usava più i suoi poteri di mutaforma. Per lei tutto era sempre stato diverso
rispetto alle altre ragazze, il suo corpo non reagiva come quello di chiunque
altro, era molto più sensibile e imprevedibile, per via della sua stessa natura
di metamorfomagus.
Aspettava quel giorno però, prima di
preoccuparsi. E ora sì, sì che doveva preoccuparsi. Certi sintomi possono
essere un’ influenza, altri la stanchezza e l’ansia, ma nessuno di quelli ti
causava un salto del ciclo. No, c’era una sola spiegazione per quello, ed era
che fosse rimasta incinta.
INCINTA.
Quant’era grossa quella parola. Forse aspettava
un bambino, un bambino di Draco, del ragazzo che più amava al mondo. Era
felice, ora che se ne stava rendendo conto, ora che pensava a questa
eventualità. Sdraiata a pancia in su sul suo letto, non faceva altro che
sfiorarsi la pancia piatta, nella speranza di percepire un segno che le dicesse
se aveva ragione oppure no. Era una scemenza, lo sapeva anche lei. Con madre e
sorella medimaghe, sapeva benissimo tutto quanto delle gravidanze, e i sintomi
c’erano tutti. Quello che doveva fare era decidere cosa fare del bambino che forse
aveva in grembo.
No, il forse non doveva esserci. Mamma le aveva
dato la ricetta della pozione che fungeva da test di gravidanza. Non doveva
fare altro che comporla, infilarci un po’ della sua saliva, e il colore della
pozione le avrebbe detto l’esito. Facile, veloce e indolore. E soprattutto
infallibile.
Ci mise poco a creare la pozione, era facile per
chiunque prepararla. Al momento era trasparente, poteva passare per semplice
acqua del rubinetto, quella contenuta nella fiala. Si chiuse nel bagno della
sua stanza, prese un grosso respiro, e non molto finemente sputò nella fiala.
Era una caduta di stile lo sputo da camionista, e si mise a ghignare di se
stessa pensando a questo, ma era sola ed era un momento così importante della
sua vita, che non le fregava nulla di sembrare fine e tantomeno delicata.
Ci volevano due minuti perché la pozione reagisse
con gli ormoni tipici della maternità, e si colorasse di rosa, in caso di
positività. Se invece era negativo, diventava bianca, il liquido diventava un
bianco opaco non molto bello da vedere.
Grace fissava quella fiala senza distogliere lo
sguardo nemmeno una frazione di secondo, nemmeno per sbattere le palpebre.
E con stupore, con trepidazione, vide il liquido
diventare rosa in un vortice di colore.
ROSA.
POSITIVO.
MADRE.
SAREBBE STATA MADRE.
Si era accasciata pesantemente al suolo, fissando
quella fiala di una sostanza completamente rosa che le diceva che sarebbe stata
madre di un bambino, figlio del suo ragazzo.
Grace Amelia Parker, a soli diciotto anni, era
davvero incinta.
Rimase appoggiata al muro del bagno per un tempo
che non seppe quantificare, a pensare.
Dentro di lei, in quel momento, stava crescendo
una nuova vita, frutto del suo amore per Draco e viceversa. Quando era
successo? Facile. La sera del ballo. Quella misera quantità di champagne
bevuta, mista all’impellente desiderio di stare con Draco dovevano aver avuto
un qualche effetto alla fine. Doveva aver sbagliato qualcosa nell’incantesimo
anticoncezionale. Oppure, l’alcool aveva reagito contrastando l’incantesimo e
annullandone gli effetti, mamma aveva detto che era possibile. Tuttavia quello
che aveva bevuto le sembrava troppo poco per scatenare una tale reazione.
Comunque fosse andata, le cose non cambiavano.
Era incinta, e questo non variava al sapere o no perché fosse successo.
Quello che doveva fare ora era valutare bene le
possibilità che aveva di fronte.
Poteva abortire, nel mondo dei babbani. In quello
dei maghi era illegale, ma da loro si poteva. Tuttavia, perché avrebbe dovuto farlo?
Se avesse saputo che il bambino era sano, lo avrebbe tenuto.
Sì, avrebbe avuto suo figlio, a costo di
rimetterci lei. La vita di quel nuovo essere umano era nelle sue mani.
Non sarebbe mai stata in grado di crescerlo
dentro di se per nove mesi per poi darlo in adozione ad un’altra coppia, non se
ne sarebbe potuta separare, e di ucciderlo non ne parlava. Era una sua
responsabilità e l’avrebbe sostenuta, ormai aveva deciso.
Ma come l’avrebbe presa Draco?
Erano molto giovani, c’era in corso una guerra,
entrambi potevano non vedere l’alba del giorno dopo. Se la sarebbe sentita di
avere un bambino con lei? E se non avesse voluto, cosa avrebbe fatto lei?
Lo avrebbe tenuto lo stesso. Era decisa, lo
voleva quel bambino. Per lei avere un bambino era il massimo segno d’amore. Lo
amava già, tanto quanto amava il padre. Sarebbe stata dura, ma ce l’avrebbe
fatta. Se non per se stessa, solo per il bambino. O bambina. Pensare di avere
una piccola vita da crescere un po’ la spaventava…anzi, la spaventava parecchio,
a dir la verità, ma lei ce l’avrebbe fatta, ad ogni costo. Decise di andare
subito da Madama Chips, per farsi controllare, e il giorno dopo avrebbe detto
al suo Draco che aspettava un figlio. Un figlio suo. Un piccolo Malfoy. Sorrise
all’idea di avere una piccola copia del ragazzo, e di vederla scorrazzare in
una casa tutta loro, con un bel giardino e magari un cane.
Magari dopo la fine della guerra sarebbe stato
davvero così, ma non voleva illudersi più di tanto. Sognare era bello, ma si
finiva sempre per scottarsi, e non era quello che voleva, non in quel momento.
Draco era furioso. Aveva appena sbattuto fuori
Pansy dalla sua stanza, dopo averlo costretto ad accettare i termini del
ricatto, e ora non sapeva più che pesci pigliare. Doveva lasciare Grace.
L’eventualità di dover fare una cosa del genere non gli era mai nemmeno passata
per la mente. Era la prima ragazza che avesse mai davvero amato, al punto da
volerla sposare anche subito, se avesse potuto. Invece, se voleva darle una
vita sicura doveva lasciarla.
Si muoveva in modo nervoso per tutta la sua
stanza, non riusciva a stare fermo. E più ci pensava, più era triste e
arrabbiato. Eppure, poteva ancora studiare un piano.
Poteva lasciare la ragazza e mettersi con Pansy
fino alla fine della guerra, e una volta finito tutto tornare da Grace e
implorarla di perdonarlo spiegandole la situazione. Sì, poteva fare così,
poteva lasciarla per il tempo necessario alla fine delle battaglie.
Ma se la guerra non fosse mai finita?
Se fossero passati anni, Grace lo avrebbe
aspettato?
Lui era convinto di sì.
Ma lui, ce l’avrebbe fatta a superare tutto senza
averla accanto?
Questo invece non lo sapeva, ed era la cosa
peggiore. Però lo doveva fare, altrimenti la pena sarebbe stata la morte, per
aver infranto un voto infrangibile. E allora, lo avrebbe fatto. Ma non subito.
Voleva godersi quella sensazione di tepore che gli dava la sua compagnia,
quell’indescrivibile emozione che otteneva solo stando con lei, sentire l’amore
di qualcuno solo per te, che ti copre come una coperta quando hai freddo e ti
asciuga le lacrime quando piangi. Dio, quant’era bello sentirsi amati. Avrebbe
aspettato. Avrebbe sentito ancora una volta il suo sapore, il suo respiro sulla
pelle, il suo calore. Sì, l’avrebbe amata ancora una volta, prima di dirle
addio.
Grace non era nervosa. Sapeva che poteva
conservare facilmente il segreto per i primi mesi, non sarebbe stato un
problema così insormontabile. Avrebbe affrontato la cosa con calma, e ne
sarebbe uscita come si doveva. Si stava recando da Madama Chips per farsi
controllare. Entrò piano nella grande stanza bianca, l’infermeria. Intercettò
la medimaga mentre spostava delle pozione da uno scaffale all’altro, in un
angolo. Le si avvicinò piano, poi si schiarì la voce, attirando così l’attenzione
della donna.
-Madama Chips ho bisogno di parlarle di una cosa
seria e molto personale. Lei può assicurarmi che non lo dirà a nessuno, nemmeno
al preside? – chiese la ragazza alla donna, che cominciava a preoccuparsi.
-Beh, sì, sono un medico quindi sono vincolata
dal segreto professionale verso di lei che è maggiorenne. Ma mi dica, è così
seria la faccenda? È sicura che non vuole che il preside l’aiuti? – rispose la
medimaga, guardandola con comprensione. Lei chiuse la porta e si sedette su di
un letto lì vicino.
-Sono incinta, Madama Chips. Avevo preso le
precauzioni necessarie, ma devo aver sbagliato qualcosa con l’incantesimo, e
ora aspetto un bambino. –
disse semplicemente la ragazza. Non sembrava
nemmeno preoccupata, ma era solo una facciata di esteriore forza. Dentro urlava
dalla paura di sbagliare in qualcosa, ma la dignità e l’orgoglio erano troppo
forti in lei, non poteva sopprimerli, farsi vedere forte la faceva sentire tale.
Madama Chips ora era veramente preoccupata.
-Mi dispiace ma temo di doverlo dire al preside,
cara. Una gravidanza è una cosa seria, deve saperlo. E il padre? Lo hai già
avvertito? –
-No, ma lo farò presto. Preferirei abituarmi
all’idea prima di comunicarglielo. Sono venuta qui per farmi fare gli esami, e
chiederle di seguire la mia gravidanza fino alla fine dell’anno. Poi subentrerà
la medimaga di famiglia, ma fino ad allora la segretezza è tutto. Mi aiuterà? –
La Chips ci pensò un po’ su, abbassando lo
sguardo. Poi assentì con la testa.
-Va bene cara, ma insisto, devi dirlo al preside.
Capiterà spesso che tu ti senta poco bene, e in un modo o nell’altro lo
verrebbe a sapere, per quante pozioni io possa darti per stare meglio. –
rispose l’infermiera. Lei sospirò, poi fece cenno di sì con il capo.
-Ok, ho capito, glielo dirò. Manderò una lettera
ai miei, avviserò il mio ragazzo e il preside, ma nessun altro, finché sarà
possibile nasconderlo, dovrà sapere delle mie condizioni, o saremo in pericolo
entrambi. – disse Grace, sfiorandosi il ventre. La medimaga annuì, e prese la
bacchetta per farle gli esami, facendola stendere sul letto.
Ci era voluto un po’, ma Madama Chips aveva
finito gli esami. Il piccolo aveva, come ipotizzava, poche settimane di vita,
il concepimento doveva essere avvenuto proprio dopo il ballo. Era andata in
camera sua, a pensare.
Pensava a cosa avrebbe detto la madre, il padre,
o il nonno.
A Harry, Hermione e Ron e a come l’avrebbero
presa.
Poi volle vedere Draco. Il giorno dopo gli
avrebbe detto la grande notizia, ma prima voleva godersi un ultima notte da
coppia senza troppi problemi.
Lo cercò e lo trovò in biblioteca, che leggeva un
grosso tomo di storia della magia, cosa più unica che rara per il ragazzo, ma
ci sarebbero stati tra poco i M.A.G.O e la cosa non la stupì più di tanto. Si
nascose dietro uno scaffale, poggiando la schiena contro i libri impolverati.
Strinse tra le dita il ciondolo che le pendeva sul cuore, come sempre e chiuse
gli occhi. In quel mentre, Draco sentì l’orologio d’argento che gli aveva
regalato Grace vibrare piano all’altezza del petto, dal taschino interno del
mantello leggero in cui l’aveva sistemato, e sentì la voce della ragazza, come
se gli stesse sussurrando qualcosa all’orecchio.
‘Ciao Draco’
‘Ciao Grace’
‘Ho bisogno di vederti, Draco, sarebbe meglio
subito.’
‘Sì, anch’io ne ho bisogno. Dove sei ora?’
‘Dietro lo scaffale di trasfigurazione. Andiamo
nella stanza delle necessità?’
‘Sono già lì’
pensò il biondo ghignando. Si alzò, ripose il
libro in uno scaffale a caso ed uscì dalla biblioteca. Grace era appena uscita,
camminava davanti a lui. Arrivarono in fretta alla parete, e desiderarono una
stanza da letto, entrambi e con la stessa intensità. Entrarono, e trovarono
quello che volevano. Al centro c’era solo un enorme letto a baldacchino rosso e
un sacco di candele accese galleggiavano nell’aria, profumandola e rendendo
l’atmosfera romantica e suggestiva. Lui le mise le mani sui fianchi guidandola
fino al bordo del letto, dove la fece stendere delicatamente. Le scivolò sopra,
sorreggendosi con le braccia possenti per non pesarle addosso, e la guardò.
Quanto gli sarebbero mancati quegli occhi lucidi e languidi che guardavano solo
e soltanto lui a quel modo? Non era quantificabile. Si abbassò piano,
guardandola socchiudere gli occhi e infine serrare delicatamente le palpebre
quando le labbra si toccarono. Sembrava un primo bacio. Il loro primo bacio era
stato passionale, carnale, succube della smania di assaporare il corpo
dell’altro. E questo era dolce, casto, delicato, speciale.
Lei gli aveva messo le mani sulle guance e gli
sfiorava piano le labbra con le sue con movimenti lenti e teneri. Poche volte
Draco l’aveva vista così delicata. Voleva assaporare ogni attimo e lo avrebbe
fatto. Lui accarezzò piano un fianco, senza fretta. I consueti brividi
passarono per la schiena di Grace, che passò ad accarezzare la nuca del biondo
con entrambe le mani, per scendere poi verso l’apertura della camicia bianca.
Nel frattempo lui passava le dita leggere sul ventre, facendola sussultare un
poco. Il bacio non era stato interrotto se non pochi secondi per respirare e
sfilarsi le cravatte di dosso. Era sempre lento e dolce, anche se ora erano
entrate in gioco anche le lingue, che lottavano senza tregua tra loro, danzando
come fossero inscindibilmente legate. In ginocchio tra le sue gambe, Draco le
sbottonò la camicia, accarezzandole le spalle e slacciando subito dopo il
reggiseno bianco. Glielo sfilò senza mai staccare le mani dalla sua pelle
accaldata e fremente. Accarezzò gentilmente un seno, mentre succhiava piano e
stuzzicava l’altro con la lingua. Lei sospirava sommessamente e ogni tanto
gemeva, passando ripetutamente le mani tra i capelli platinati, che tanto le
piacevano, del ragazzo. Erano unici, proprio come lui, e adorava passarci
dentro le mani e sentirli scorrere via come sabbia tra le dita, morbidi e lisci
come seta.
Lui le baciava il collo e lei gli slacciava la
cintura. Poi gli abbassava i pantaloni, e lo sfiorava piano. L’eccitazione di
lui già palese dietro ai boxer scuri, lo stuzzicava piano facendolo sussultare
e trattenere a fatica i gemiti di approvazione che gli erano saliti alle
labbra, occupate a torturare l’incavo del collo della ragazza. Le tolse la
gonna e le calze autoreggenti blu scuro. La sfiorò nell’interno coscia
sentendola fremere al suo tocco, per poi passare alla sua intimità e sentirla
pronta per lui, già eccitata a dovere, e ancora doveva fare sul serio. Le sfilò
le mutandine di semplice tessuto bianco e introdusse due dita dentro di lei. Lei
gli aveva sfilato i boxer con una velocità sorprendente e lo stava facendo
impazzire con i suoi movimenti e le sue carezze arditi e disinibiti. Poi la
vide divaricare un po’ di più le gambe, e lui colse il messaggio e vi si
posizionò in mezzo. Sempre baciandosi, entrò piano in lei. E rimase lì, così,
per qualche secondo.
Calore.
Il suo calore l’aveva avvolto, come ogni volta,
si sentiva bene come mai prima. Prese a muoversi lentamente, e lei si
aggrappava alle sue spalle, gemendo piano.
Aumentava la velocità, e lei gli artigliava la
schiena urlando il suo nome.
Raggiungeva l’orgasmo, e lei lo seguiva, forse
per la seconda volta, accarezzandogli le spalle, la nuca, trascinandolo in un
bacio senza fine. Lei lo incatenò dentro di se, trattenendolo, legando le gambe
intorno al suo bacino.
-Che fai, Grace? – chiese il biondo, confuso dal
piacere e con voce roca ma tono languido.
-Non lasciare che finisca, Draco. È così
bello…solo un altro istante, ti prego. – disse la ragazza, con gli occhi
lucidi, sussurrando nel suo orecchio.
Quella frase poteva avere molti significati per
entrambi, ma Draco in quel momento voleva pensare solo al più impellente. La
fece voltare ed entrò in lei da dietro, ricominciando tutto da capo, ma sempre
assaporando tutti i gemiti e i sospiri, e le calde parole d’amore che con voce
spezzata e roca si bisbigliavano.
Si addormentarono uno sull’altra come sempre. Non
cenarono e non si svegliarono fino alla mattina dopo, non volendo spezzare la
magia che si era creata, e che con gli incantesimi non aveva nulla a che fare.
Antro dell’autrice
(Autrice si nasconde in un bunker antiatomico)
Scommetto che ora vorrete la mia pelle per farci
un tappeto…lo so, sono maligna…
Draco: Nooo, maligna è riduttivo: perfida,
insensibile, antipatica, scontrosa, crudele, funesta…
Nami: ssssì, ho capito -.-
Aspetto con ansia le vostre recensioni ( anche se
saranno piene di insulti ^.^).
Alla prossima settimana,un bacio graaande grande
a chiunque legga, by by!
Firmato: Nami l’autrice insonne