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Autore: Hastatus    08/07/2015    3 recensioni
"Ecco com'è cominciata la nostra grande amicizia. Se non ti fossi annoiato quel weekend non sarebbe mai nata"
"Ehi, c'erano tremila persone a quel convegno. Eri l'unico a non sembrarmi noioso, non è poco!"
[Stagione 5, episodio 4: "Impronte genetiche"]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Greg House, James Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Era seduto su quella sedia da oltre mezz’ora. Inizialmente aveva pensato che quella sedia imbottita e foderata di rosso fosse una benedizione per le sue articolazioni, dopo aver passato tutto quel tempo in piedi in coda alla reception. Ma ora il suo fondoschiena aveva cominciato a fargli notare che sarebbe stato utile sgranchirsi, e il caldo estivo lo stava facendo sudare come un malarico. Come se non bastasse, le sue orecchie e il suo cervello erano stufi marci di continuare a sorbirsi il noioso monologo che un uomo sulla sessantina sciorinava dall’altro capo della sala conferenze, gremita di persone.

Si alzò, voltò le spalle all’oratore e attraversò la stanza diretto all’uscita. Quel polpettone infinito sulla capacità delle proteine G di trasdurre il segnale nelle cellule l’aveva annoiato a morte. Gli organizzatori pensavano forse che non si aggiornasse? Sarebbe stato difficile ignorare un argomento da premio Nobel! Tuttavia aveva notato che i due terzi della platea ascoltavano rapiti; ovvero, i due terzi dei medici presenti al convegno erano idioti incompetenti.

Pensò di raggiungere la sua camera e di depredare il frigo bar, ma l’idea di recarsi al bar vero e proprio gli parve migliore: faceva un caldo infernale, e lì avrebbe potuto ordinare una soda ghiacciata.

Oh, dannazione.”

Il bar era ricolmo di gente in vena di fare festa. Un gruppo di persone ballava in modo scomposto intorno a un vecchio juke-boxe che mandava musica alla moda di dieci anni prima. Notò che otto delle persone nel locale erano medici del convegno.

Almeno qualcuno si aggiorna” – pensò – “O almeno ha capito che l’ultima conferenza è inutile…”

Ordinò la sua soda e rimase al bancone. Il barista gli rivolse la parola mentre pescava i cubetti di ghiaccio con la pinza.

“Lei è un medico? Partecipa al convegno?”

“No” rispose, guardando la gente al juke-boxe. Sapeva di non avere esattamente l’aspetto ordinato e inamidato degli altri suoi colleghi.

“Oh, bene” continuò il barista “Perché questa storia è una seccatura, una vera seccatura. Quei medici continuano a lamentarsi del baccano nel locale. Ma insomma, questo è un bar! Pensi che ieri…”

Smise di ascoltare il barista a metà della sua frase. La sua attenzione era stata attratta dalla scena che si rifletteva sul lungo specchio appeso all’altro lato del locale.

…If I need a room to escape / when the moment arose…

“Mi scusi, non vorrei sembrarle sgarbato…”

Un uomo si era avvicinato al juke-boxe. Si stropicciava le mani, continuava a voltare la testa e guardava verso il basso mentre parlava con l’individuo che aveva inserito l’ultima canzone.

“… Ecco, è la quinta volta che fa partire Live a Tender Moment Alone e, insomma, a qualcuno potrebbe dare fastidio…”

L’interlocutore non lo degnò di uno sguardo: afferrò la bottiglia di birra che stava sul bancone e ne bevve un sorso. Poi riprese a canticchiare tra sé e sé, sordo alle parole dell’altro, che si allontanò verso i tavoli ruotando gli occhi in un gesto di impazienza.

“Che idiota” pensò mentre sorseggiava la sua soda “Non ci ha nemmeno veramente provato. Avrebbe potuto insistere, minacciarlo, o portare con sé altre persone cui la canzone fa schifo, guardale là… almeno avrebbe fatto numero. Codardo”.

Due minuti dopo, l’uomo fece un nuovo tentativo. Ormai aveva finito la soda, ma rimase al bancone. La vicenda aveva l’aria di farsi interessante. Lo osservò con più attenzione. Era più giovane di lui di qualche anno, almeno sei o sette. Era in maniche di camicia: voltò la testa verso i tavoli e trovò la sua giacca, grigio metallico, appesa a una sedia. Sul bavero era fissato il tesserino di riconoscimento del convegno, quindi era un medico anche lui. Fresco di studi, evidentemente. Sullo stesso tavolo c’era una cartella di documenti.

Ormai completamente incuriosito, si spostò verso i tavoli senza dare nell’occhio, mentre la discussione tra i due ricominciava.

Mi scusi ancora…”

Che diavolo vuoi?”

… I know the moment isn’t right / to told my emotions inside…

La canzone non è male” ragionò ancora, mentre si sedeva sul tavolo di fianco a quello dell’uomo. “Se gli dà così fastidio, deve essere nervoso per qualche motivo…”

Ecco: da quella posizione aveva una visuale migliore sulla cartella. Avendo cura di non essere osservato, gettò lo sguardo verso il tavolo. In quei pochi secondi riuscì a distinguere le parole “Coniuge più agiato” e una data di qualche mese prima.

“Potrebbe cortesemente cambiare canzone? Gli altri avventori cominciano a lamentarsi…”

Era vero. Le persone intorno al tavolo dove si era appena seduto borbottavano maldicenze a ciclo continuo e lanciavano sguardi torvi in direzione del juke-boxe.

“Ah, davvero? Beh, se non vi piace la canzone, andate in un altro locale!”

Ecco perché è nervoso. Questi sono documenti di un divorzio. Recente, sembra… diavolo, se potessi scommettere con qualcuno, scommetterei cinquanta dollari che lo prenderà a cazzotti”.

Voltò lo sguardo verso il bancone e si mise comodo sullo schienale della panca, godendosi la scena. Il giovane medico si stava scaldando: aveva stretto i pugni e fissava incollerito il suo avversario.

“Senta” ringhiò spazientito “O lei cambia canzone adesso, o la faccio sbattere fuori da qui a calci nel sedere”

L’altro rise, e bevve un altro sorso dalla bottiglia.

“Sei ridicolo! Che cosa credi di poter fare…?”

… Sometimes I get so afraid / I’ll say something so wrong…

L’uomo gli strappò la bottiglia di birra dalle mani e la scagliò contro il lato opposto del bar.

Il lungo specchio appeso alla parete andò in frantumi con un boato assordante. Tutte le teste del locale si voltarono da quella parte e ammutolirono, mentre una cascata di vetri infranti pioveva sul pavimento. L’uomo al juke-boxe dovette chinarsi di scatto per evitare due bicchieri che filavano nella sua direzione, che si fracassarono dietro al bancone un istante dopo, mentre tre uomini ai tavoli si alzavano e lo raggiungevano di corsa. Il primo pugno lo colpì in pieno naso. Gli altri cominciavano a diventare troppo numerosi per tenerne il conto.

Stiracchiò le gambe davanti a sé, mise le mani dietro la testa e sorrise.

*

Faceva un caldo asfissiante anche in Broad Street, ma almeno poteva rimanere in piedi. Si era appoggiato con la schiena contro uno dei pali della recinzione che circondava un edificio, un massiccio cubo di cemento che sovrastava le altre costruzioni.

La porta principale si aprì lentamente. Ne uscirono due poliziotti e un uomo in maniche di camicia. Vide i due agenti scambiare qualche parola con l’uomo, che pareva impacciato dall’imbarazzo, e poi lasciarlo scendere i gradini. Egli percorse a capo chino i venti metri di asfalto che lo separavano dal cancello; poi alzò lo sguardo, e lo vide. Scosse il capo incredulo e si diresse verso di lui.

“Sei… sei… tu mi hai pagato la cauzione! I poliziotti mi hanno detto che sei stato tu! Grazie!”

“Così pare” rispose, fissandolo da sotto le sopracciglia per studiarlo. L’uomo tentò di articolare altre parole, ma il risultato fu solo un balbettio scomposto.

“Tieni” continuò, e gli porse la giacca e la cartella che aveva lasciato sul tavolo del bar dell’albergo qualche ora prima. Il giovane strabuzzò gli occhi dalla sorpresa e le prese con sé.

“Io… veramente, grazie… “

“James Wilson, vero?”

L’uomo spalancò ancora gli occhi, tanto che parve avere un esoftalmo.

“Ma tu come fai a…”

“Ho letto il nome sulla cartella” disse, indicandola con un cenno della mano. “Prima che tu prosegua, devo darti due notizie. La notizia bella è che il gestore del locale ti ha denunciato per vandalismo e aggressione, e chiede il risarcimento dello specchio. Evidentemente era piuttosto antico”

Wilson spalancò la bocca. “E questa sarebbe una bella notizia?”

Ghignò al suo sconcerto. “Sì, perché ho chiamato il mio avvocato per le denunce e ho pagato il barista per lo specchio. Me ne occupo io”

Il rumore del traffico dietro di loro riempì l’aria.

“Beh, io… insomma…grazie”

“Oh, che noia! Se mi ringrazi ancora sarò costretto a lanciarti contro una bottiglia”

Wilson fissò l’uomo con la camicia sgualcita di fronte a sé. Poi scoppiò a ridere.

“D’accordo, signor House, non ti ringrazierò ancora… ma qual è la seconda notizia?”

Beh, poco più avanti in Broad Street c’è The big Cheezy. Il miglior formaggio alla griglia di New Orleans”

Un auto passò rombando alle loro spalle, alzando polvere e qualche cartaccia.

“Hai fame?”

“Certo”.

 

 

 

 

 

  
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