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Autore: Blood Candy    08/07/2015    0 recensioni
Il ragazzo dai capelli neri come la pece e l’animo gentile.
Il ragazzo perfetto.
Il mio salvatore.
Giusto?
Sbagliato.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Introduzione


Forse sono stato uno stronzo.
Forse ho sbagliato tutto.
Forse dovrei prendere il mio orgoglio e il mio egoismo ed usarli per distruggermi.
Forse lo ho già fatto.
Forse mi odio, per tutto.
 
Vai indietro a quel giorno di Febbraio.
Faceva freddo.
L’aria gelida della sera penetrava nelle ossa, sotto al giubbotto nero; stringeva persino i peli del culo.
Frank stava andando in cucina, per la cena.
Il ragazzo dai capelli neri come la pece e l’animo gentile.
Il ragazzo perfetto.
Il mio salvatore.
Giusto?
Sbagliato.
Frank era buono.
Frank aspettava che la sua vita andasse bene, perché lui era buono.
Frank era un illuso.
Si sarebbe seduto e in quel momento sarei arrivato io, pensava.
Io, sfogliando la posta e lamentandomi delle bollette.
Perché io sono piagnucoloso
Perché io sono lagnoso.
Perché io non so fare altro.
Giusto?
Forse.
Avrei chiuso distrattamente la porta con un piede e avrei posato le buste bianche sul tavolo in entrata accanto alla chiavi, pensava.
Avrei alzato lo sguardo e mi sarei trovato accanto il ragazzo perfetto (bugia), il mio salvatore (menzogna).
Avrei atteso che lui s’alzasse sulle punte e mi stampasse un bacio sulle labbra, pensava.
Perché lui era buono e io cattivo.
Perché lui era gentile e io stronzo.
E come al solito il cuore di Frank si sarebbe sciolto nel vedere i miei occhi.
Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima. I miei son color merda marcia.
Frank però è buono. Lui dice che sono olivastri. Lui è il mio salvatore.
Frottola. Fandonia. Falsità.
Cazzate.
I miei occhi color merda avrebbero brillato solo per lui, pensava.
Lui mi amava, diceva.
Balla.
Frank al riparo nella sua dolce casetta colma d’amore (bugia) velocizzò il passo.
Voleva che quella perfetta routine (menzogna) si ripetesse di nuovo.
Mi aspettava allora impaziente, ma io tardavo.
Perché io sono cattivo.
Perché io sono il male.
Perché io sono merda pura.
Giusto?
Giusto.
Le lancette straziavano l’aria con il loro ticchettio subdolo.
Era passato un quarto d’ora.
Avrà trovato traffico, pensava Frank, che come al solito cercava il lato positivo nelle cose.
Perché lui era il ragazzo buono.
Perché lui era il mio salvatore.
Forse mi sta preparando una sorpresa, pensava Frank.
E intanto moriva di fame, ma aspettava.
Non avrebbe mangiato da solo, perché aveva preparato il pasto per due.
Perché lui mi amava. Perché lui mi avrebbe salvato.
Frode. Ciancia.
 
Tic..Toc..Tic..Toc..
E il tempo passava.
E le lancette tintinnavano.
E il telefono taceva.
Se fossi stato in auto lo avrei chiamato, pensava il piccolo santo.
Frank era sempre il mio pensiero, pensava il Gesù Cristo della situazione.
Ma sui cristalli rotti del telefonino non compariva nessun nome.
Quei dannatissimi diamanti non s’illuminavano.
Perché per Me Frank era l’intero universo. La luce che illuminava le mie notti ed il sole che rallegrava le mie giornate. Il mio eroe.
Bugia. Menzogna. Cazzata.
Era un ombrello sotto cui ripararmi dalla pioggia. Era la mia casa.
Finzione. Illusione.
La piccola sagoma dell’angelo senz’ali rassegnato si alzò dalla sedia, e andò a mettere via i pasti diventati ormai troppo freddi per essere consumati. Povera anima (balla).
Il principe azzurro prese il suo bicchiere di vino e si diresse verso la finestra, e scenicamente avrebbe volto il suo sguardo avvilito verso le nostalgiche luci della città, cercando con i suoi occhioni verdi – e non verdi merda marcia, più verdi smeraldo trattato ed incastonato in un anello d’oro da 12 carati, comprato da Tiffany – la mia sagoma giù nella strada colma di macchine rumorose.
Provò a chiamarmi, e non risposi.
Oh, perché la mia anima è merda marcia.
Oh, povera creatura celeste.
Era passata un’ora, e il supereroe era deciso a trovarmi.
Ed allora prese la prima giacca che gli capitò in mano e s’infilò distrattamente le scarpe da ginnastica e il piccolo cavaliere si precipitò come una saetta dalle scale.
E correva il nostro eroe! Correva così veloce che le probabilità di inciampare e frantumare il suo cranio angelico erano salite oltre il 70%. Ma il principe stellare non se ne importava.
Poi i singhiozzii.
Quelli provenivano dal sottoscala, ed erano più rumorosi dei passi di Frank.
Ma il mistico salvatore dapprima neppure si avvicinò per scoprire chi li stesse producendo, tanto era impegnato nella ricerca del suo amato (frottola).
Ma l’angelico eroe, spinto dai sensi di colpa (fandonia) tornò indietro.
Ed ero io.
Il semidio della situazione si avvicinò velocemente.
Mi hai fatto preoccupare sai? Non farlo mai più, diceva, e tentava di abbracciarmi.
E io gli diedi uno schiaffo, in risposta.
Io deturpai il suo bel visino.
Io mancai di rispetto a Gesù Cristo.
 Ed allora lui, il Misericordioso, provò semplicemente ad avvicinarsi.
E io mi allontanai ancora.
Ehi, sono io, che succede?, diceva.
Gerard sono solo io, ripeteva, Frank.
Il mio salvatore. Il mio principe azzurro.
Frode. Falsità.
Ed io rimasi muto, ed andai via.
Lo lasciai solo.
Io lo stronzo, lui il gentile.
Io il cattivo, lui sempre il buono.
Non mi seguì.
Il suo sguardo di Giade luminose graziò il terreno, e si soffermò su una busta aperta.
E il nostro eroe non capì.
Poi notò: era la lettera.
Se n'era completamente scordato, poverino.
Era successo tanto tempo prima.
Preso dall'emozione dei suoi amici si era iscritto al volontariato per la guerra, per fare il soldato.
Perché non gli bastava essere il mio salvatore. Lui voleva salvare il mondo. Giusto? Non lo so.
Il povero angelo credeva che la burocrazia non avesse notato il suo nome.
Credeva di esserne sfuggito, il Supremo.
Ma ora quella lettera era là, spiegazzata a terra e bagnata di lacrime salate.
Il karma aveva funzionato male a quanto pare.
Perché lui era buono.
Perché a lui la vita sarebbe dovuta andare bene.
Bussò alla porta, non ricevette risposta.
Tentò ancora una volta. Due. Tre
Silenzio. Silenzio. Silenzio.
Tirò quindi fuori le chiavi dalla sua giacca spiegazzata, per aprire da sé.
E io ero chiuso in camera, e lui mi poteva sentire urlare.
E io potevo sentire il suo cuore trafitto da ogni lacrima che colava sulle mie guance.
E me ne fregavo, perché io sono cattivo.
Sarei uscito prima o poi, pensava Frank.
Non sarei rimasto per sempre là, pensava.
 
Ma passarono delle ore, e io non m’ero mosso.
E forse avevo fame, pensò il Supremo.
Il Santo pensò di passarmi il piatto che aveva precedentemente messo via attraverso la finestra, magari lo avrei apprezzato. Giusto? Sbagliato.
Potevo nutrirmi dello schifo della mia anima sporca, non mi serviva il cibo.
E nella notte più fonda, quando il cavaliere magico che attendeva il suo amato accanto la porta si era addormentato, io uscii dalla porta.
Ma non feci tempo a raggiungere la bottiglia d'acqua che Frank si svegliò, e decisi di lasciargli il suo attimo di gloria.
Un altro.
Lasciai nutrire il suo ego.
Di nuovo.
E mi lasciai bloccare senza far troppa resistenza.
Così nel mezzo della notte dovetti sentire scuse che non volvevo sentire e ascoltare spiegazioni che non volevo ascoltare.
E non versò neanche una lacrima il Mistico.
No, non poteva mostrarsi debole, non poteva avere paura.
La sua paura avrebbe potuto significare una qualche insicurezza, non poteva avere dubbi sulla sua sopravvivenza.
Se fosse morto, lo sapeva che Gerard non l'avrebbe mai sopportato.
Cazzate.
 
La settimana successiva passò così, io non rivolgevo parola a Frank e il Meraviglioso non mi guardava negli occhi.
Tutto era rimasto fermo a quella notte.
Ma le cose non si sistemavano.
 
E poi io, bastardo senza cuore, dopo il lungo fischio del treno, decisi di rompere il silenzio.
Ed allora un piccolo infame Ciao, un saluto senza emozioni, distrusse quel silenzio tanto romantico.
 
Perché questa è una storia d’amore.
Giusto?
   
 
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