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Autore: charliespoems    08/07/2015    6 recensioni
Il dolore e l’odio di Sasuke erano troppi per essere contenuti in quell’esile corpo. Lo spirito combattivo di Naruto, invece, gli lacerava l’anima. Tutte quelle emozioni erano esagerate anche per loro, quelli che sarebbe dovuti diventare gli eroi, ma che morirono da tali, uccidendosi a vicenda.
In una pozza di amore e sangue, con le parole non dette sulle labbra, le lacrime incastrate nelle ciglia e il cuore che, debolmente, batteva. Eppure a tutti è data una seconda possibilità, e Sasuke deve ancora riscattarsi. Deve riscattare lui, gli Uchiha, l’amore del ragazzo che giace al suo fianco.
E tutto si racchiude in un fascio di luce, che lo accoglierà accarezzandolo. Gli ricorda il suo Naruto, e ci si tuffa dentro.
Sasuke sconterà la sua pena, capirà i suoi errori in modo giusto seppur doloroso. Lo stesso dolore che, a causa sua, ha subito Naruto.
Perché nel nuovo mondo - quello di città, dove nessun coprifronte o casata conta - Sasuke dovrà rincorrerlo, e fare di tutto per essere di nuovo suo.
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Storia nata da una fanart trovata su Tumblr. É un esperimento; considerata un AU, ma sempre collegata al mondo del manga.
É la mia prima storia, spero vi incuriosisca!
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Sorpresa | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo sesto.
Squarci di ricordi; squarci di anime.
 

     Caffè. Caffè ovunque. Nella sua divisa, sul tavolino apposito, sul pavimento, sulle altre tazzine, su alcuni fazzoletti. Il borbottio della gente era cessato, lo sapeva che stavano guardando lui, lo sapeva eccome. Gettò ogni strumento all’aria, attento a non guardare in faccia a nessuno, mentre sentiva lo sguardo di Itachi premuto sulle sue spalle. Sospirò ad alta voce, mentre stringeva forti le dita di entrambe le mani. Nonostante tutto si sentiva calmo, o meglio, doveva esserlo. In fondo avrebbe tanto voluto uccidere qualcuno, in quel momento. Magari Sakura, che lo aveva bellamente preso per il culo, o Suigetsu, che lo stava guardando arricciando le labbra in un’espressione che non gli piaceva per niente, o Naruto, che al bar non ci faceva proprio un cazzo, in quel momento. Sì, avrebbe tanto voluto ucciderli tutti, ma si ritrovò a sospirare di nuovo quando i clienti cominciarono a parlottare tra loro. Itachi si scusò con tutti. «Oggi è una giornata piena di emozioni, a quanto pare» aveva detto, facendoli sorridere. Oltre alla sfuriata precedente si sarebbe beccato un’altra bella ramanzina, ne era sicuro. E ancora non sapeva se esserne felice o meno. Nell’altra vita avrebbe voluto stare con lui, apprendere ogni cosa da lui. Era la sua ambizione in tutto, voleva essere tale e quale a lui. Però Itachi brillava, sempre. Indipendentemente dal luogo. E lui doveva arrangiarsi.

     Lo sentì avvicinarsi. Jugo nel frattempo aveva provveduto alla macchinetta, cercando un qualcosa per aggiustarla. Sperò di non aver fatto niente di grave, anche perché il caffè era la bevanda più richiesta. «Sono contento che non ti sia rintanato in un qualche sgabuzzino» gli sussurrò, tentando di rimediare al danno. Sentiva Karin lamentarsi continuamente del fatto che nessuno la stesse aiutando, ma cercò di non darle importanza. «Te l’ho detto, Itachi, non ho dieci anni» rispose lui, con tono fermo. Prese un panno, aiutando il fratello ad eliminare tutto quel caffè in eccesso. Avrebbe dovuto lavare anche le maledette tazzine. Poco gli importava, non ne avrebbe rotta nemmeno una, quella volta. Vide Suigetsu parlottare con quelli che dovevano essere Naruto e Sakura, e lo guardò di sbieco. Quando l’amico gli rivolse lo sguardo aveva sempre la solita espressione in volto, e lo incenerì. Quando sentì uno sbuffo divertito, poi, avrebbe davvero voluto avere una katana con sé. Ma fu quando lo vide scoppiare a ridere, che avrebbe davvero voluto strangolargli quella maledetta gola con le sue mani. Rideva di gusto, tenendosi la pancia, mentre Itachi alzava gli occhi al cielo e Jugo lo fissava esasperato. Karin nemmeno a nominarla, dato che il suo colorito era diventato più acceso dei suoi capelli. «Amico» lo chiamò lo stronzo, fra le risa. «È stata la scena più divertente di tutta la mia vita». «Suigetsu» rispose, lanciandogli malamente uno strofinaccio sul naso. «Pulisci e stai zitto»

       Naruto, dal canto suo, pensò che quel ragazzo fosse particolarmente sfortunato.
Non appena era entrato aveva visto il sorriso caldo di Sakura-chan. Il loro appuntamento era in quel bar di cui nemmeno ricordava il nome – non si era soffermato a leggere l’insegna – e di cui Sakura gli aveva parlato molto bene. Solamente che, non appena lo aveva salutato, la macchinetta del caffè era quasi esplosa nelle mani del barista. In un primo momento sarebbe scoppiato a ridere, e quasi lo fece, ma uno sguardo di Sakura bastò per fargli cambiare idea. Un ragazzo dai capelli rossi si avvicinò per chiedere scusa e verificare se l’attrezzo potesse venire aggiustato. Era davvero grosso: alto e ben formato. Sembrava quasi una montagna. A Naruto metteva un po’ soggezione. «Come hai detto che si chiama, questo posto?» chiese poi all’amica, forse un po’ ad alta voce, perché un cameriere dai capelli chiarissimi e dagli occhi di un particolare viola acceso si avvicinò a lui, sorridente. «Sharingan» lo disse come fosse una formula magica, per poi andarsene velocissimo. Sharingan! Sakura lo guardò preoccupato, mentre una fitta alla testa lo colse impreparato.

      Occhi, occhi strani, cremisi, sfumature, ombre, cloni, tutto vorticava così velocemente da non fargli capire nulla. Eppure c’entrava con gli occhi, ne era sicuro. Come suo solitovide cose poco chiare e che non gli fecero capire granché, lasciando spazio alla disperazione. Sbuffò sonoramente. «Ciao ragazzi, sapete già cosa ordinare?» chiese, quel ragazzo dagli occhi viola. Occhi. Sharingan. Che diamine voleva dire quella parola e che cosa c’entravano gli occhi, in tutto quello? «Per me un’altra Coca, grazie» «Lo stesso» rispose flebilmente, senza pensarci, mentre si sfregava gli occhi. «Arrivano» sorrise di nuovo, mostrando una fila di denti appuntiti. Suigetsu si chiese se il suo migliore amico fosse ancora imprigionato nella sua coscienza. Proprio non riusciva ad uscirne. Non si era ancora voltato da quando aveva combinato quel macello. Mentre prendeva le bevande richieste di disse che probabilmente era tornato quello razionale di sempre, altrimenti avrebbe dato di matto, ne era quasi del tutto sicuro. Sasuke era molto diverso da lui. Se a Konoha rimaneva per i fatti suoi a ciondolare su vendette, piani avvincenti e ben costruiti, in quel mondo era solo un poveraccio con troppi pensieri per la testa. Sperò guardandolo che, finalmente, fosse tornato normale. Nonostante le occhiatacce dei giorni precedenti sapeva che era ancora instabile, eppure quella mattina il suo sguardo lo aveva incenerito davvero, e a suo discapito ne fu contento. Probabilmente Naruto significava davvero qualcosa, per lui.

      Dopo aver tentato, in un modo o nell’altro, di mettere in ordine il banco, Sasuke finalmente si voltò verso Sakura, che l’osservò con un sorrisetto di scherno in volto, e che lui ignorò. Voleva guardare Naruto negli occhi, ma nonostante sentisse il suo sguardo addosso decise di non ricambiarlo, non in quel momento. «Scusi» Piano fallito, stolto di un Uchiha. Alzò quindi lo sguardo, incontrando quello chiaro di Naruto. Inutile dire che vederlo così da vicino gli fece quasi venire un colpo al cuore. Il Dobe era lontanamente più decente del solito. I capelli biondi erano più lunghi, arrivavano alla base del collo, mentre i ciuffi sparati in aria alla bell’e meglio erano sempre gli stessi. L’azzurro degli occhi, bè, era identico a come lo ricordava, ma averlo davanti era tutta un’altra cosa. Non pensava di stare andando contro il suo orgoglio, anzi: stava solamente facendo la radiografia al viso del suo ragazzo. «Vedi di non eccitarti e rispondigli, altrimenti sei nella merda davvero» la voce fastidiosa di Suigetsu lo fece ridestare, ma anche divertire – per quanto Sasuke Uchiha potesse divertirsi, ovviamente. Alzò il mento, come ad invitarlo a parlare, mentre Suigetsu serviva le Coca Cole richieste. «Potrei avere un bicchiere d’acqua, per favore?» la sua voce era sempre la stessa: arzilla e con una nota fastidiosa. Sul per favore si era soffermato un attimo a sorridergli, mostrando i denti bianchi. Era il suo sorriso infantile, quello che si erano rivolti al ponte, da bambini; quello che gli aveva rivolto quando aveva promesso di prendere tutto il suo odio con sé, una volta ucciso Danzo. Era convinto che sarebbero morti insieme, loro.

       Il braccio sinistro gli fece male, mentre prendeva il bicchiere e ci versava dentro l’acqua. Non seppe perché questo piccolo smarrimento, ma un braccio non poteva funzionare a seconda delle emozioni di una persona. Il punto era: che emozioni stava provando? Non era in subbuglio, come suo solito. Si sentiva abbastanza calmo, nonostante la minuscola tensione che avvertiva nella pancia. Però averlo lì davanti, diviso dal bancone, in fondo non gli fece quell’effetto devastante che era convinto di avere una volta avuto il suo viso a due palmi dal naso. Probabilmente perché, anche se non lo aveva ancora ben realizzato, era talmente abituato alla sua presenza che averlo con sé era una cosa più che naturale. Alla fine Naruto faceva parte di lui. Quei tre anni di assenza non contavano, perché quegli sguardi e le parole dette nella Valle dell’Addio – dove loro, il loro addio, se l’erano dati come forma di arrivederci – avevano per certo colmato le pozze di malinconia che l’uno aveva provato per l’altro. Il suo posto era lì, insieme a lui, e l’avrebbe capito molto prima di quanto lui stesso pensava.

     Aveva commesso la stupidaggine di passargli il bicchiere con il braccio malfunzionante, e quando sentì una fitta a livello della spalla lo vide inclinarsi. Non avrebbe permesso, però, a quel Dobe di causare un’ennesima macchia nel suo orgoglio. Per colpa sua in quegli ultimi mesi ne aveva formate anche troppe, per i suoi gusti. Vide immediatamente il braccio destro di Naruto avvicinarsi, mentre tendeva la mano per afferrare il bicchiere, ma inaspettatamente anche il suo si bloccò, causandogli una smorfia di dolore. A Sasuke parve di sentire a rallentatore il spaccarsi del vetro sul bancone, e l’insieme dei suoi sbuffi capitolare uno dietro l’altro. Invece no, il bicchiere era al suo posto, di fronte al biondo, mentre Suigetsu sogghignava. «Et voilà! Tutto calcolato» fece l’occhiolino ai due clienti, per poi andare ad aiutare i suoi compagni negli altri tavoli. Sasuke l’osservò allontanarsi, pensando si trattasse di una mera coincidenza. Eppure, se non ci fosse stato, sarebbe accaduto un macello. Si segnò mentalmente, mordendosi la lingua, di ringraziarlo una volta che quell’assurda giornata fosse finita.

         «Scusa, sapresti dirmi dov’è il bagno?» chiese timidamente Naruto, mentre lo guardava di sottecchi, indicando il gomito. E così passiamo dal lei al tu, mh? Sasuke annuì, pensando che probabilmente anche lui aveva avuto un difetto al braccio, in quella vita, e che aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse perché dalla smorfia che prendeva il suo viso non sembrava stare molto bene. «Da quella parte. Ti serve un medico?» chiese, mantenendo sempre il suo tono da saccente. A Naruto cominciava un po’ a dargli sui nervi, ma sentiva qualcos’altro, dentro sé. Nonostante tutto annuì. «Ho un problema al braccio, sono caduto qualche anno fa e-» «Non ho bisogno della storia della tua vita, Dobe. Ti ho chiesto se ti serve un medico» lo interruppe, facendolo diventare rosso dal nervoso. «Sì, diamine! Mi serve un medico!» Sasuke chiamò Itachi e gli spiegò la situazione. «Vai a prendere il kit di primo soccorso, per piacere. Secondo sgabuzzino a sinistra, e se puoi chiama anche Sakura» Sasuke si morse la lingua. Era forse diventato un maggiordomo? Era già tanto servire a dei poveri coglioni quali civili, perlopiù doveva pure andare avanti e indietro a cercare, chiamare, fare. Chiese a Jugo di sostituirlo per qualche attimo, con uno sbuffo. «Sakura, muoviti» la chiamò lapidario, facendole alzare gli occhi al cielo. «Potresti essere un po’ più gentile, sai?» «Non mi avevi detto che aveva un braccio in quelle condizioni» «Non ti ho mai dato il mio aiuto, Sas’ke, o sbaglio?» gli fece la linguaccia, entrando nella stanza dove si trovavano Naruto e suo fratello. Aveva proprio voglia di ucciderla, quella ragazzina.

        «Dove ti fa male?» chiese Itachi. Il tono era molto calmo, lo guardava con gentilezza, e pensò che a primo impatto fosse una persona piacevole. «Il gomito, ogni tanto mi brucia e si blocca. Oppure i primi tempi saltava fuori e usciva parecchio sangue» rispose, cercando di non guardarsi la parte dolente. Odiava vedere il suo osso farsi strada tra la carne, mentre sentiva il sangue che colava giù fino alle mani. Era una sensazione odiosa, e il dolore lo faceva contorcere tutto, causandogli ancora più male. «Mio fratello ha un problema simile al tuo, sai?» «Ho notato. Siete un po’ diversi, voi due» rispose il biondo, un po’ impacciato. «Ma che dici, Naru. Sono praticamente uguali! Lui comunque è Itachi-san, mentre il ragazzo è-» «Sasuke» la interruppe, lasciandola senza fiato. Anche il maggiore si mise a guardarlo, interrompendo il suo controllo. «Era scritto nel cartellino» alzò le spalle poi, facendo riprendere un respiro profondo alla sua migliore amica. Itachi sorrise, stavolta con un velo d’ironia in volto. «Tu sembri calmissimo e pure gentile. Lui mi sembra abbastanza snob, e mi ha pure chiamato Dobe! Ah, quel Teme» sbuffò, incrociando le braccia al petto. Non seppe il motivo ma quel termine gli uscì dalle labbra come se fosse normale. Subito dopo realizzò di avere il fratello affianco, che gli stava passando una pomata su tutto il braccio, e arrossì di botto. «C-Cioè, i-io intendevo dire c-che» «Non preoccuparti» rise Itachi, scuotendo la testa. Era una cosa normale, giusto? Guardò Sakura che, come presa da una forte emozione, aveva poggiato una mano sopra il petto, in direzione del cuore. Era da tanto che non sentiva quello scambio di battute.

       Nel frattempo, il diretto interessato di tutta la questione aveva starnutito una cosa come cinque volte di seguito. Salutava i clienti che uscivano con un cenno cortese, mentre piegava il viso in una smorfia che doveva essere un sorriso a coloro che entravano. Si sforzava sempre di più quando al bar andavano persone mai viste prima. Si sentiva calmo, ancora. Era una sensazione strana, dopo l’agitazione avvenuta nei mesi trascorsi. Non gli mancava essere un pazzo furioso che addirittura chiedeva a Suigetsu di sfracassargli la testa – nonostante fosse accaduto solamente poche ore prima – ma voleva comunque ragionare sia con il Sasuke di Konoha che con quello di Tokyo. «Secondo me ti stanno sfottendo allegramente» gli disse Suigetsu, mentre faceva scaldare dei croissant e preparava tre cappuccini. Sasuke nel frattempo lavava le stoviglie, cercando di mettere tutto al proprio posto. «Non sa nemmeno chi sono» negò, per poi starnutire di nuovo. «È davvero strano sentire Uchiha Sasuke starnutire. Insomma, per te e per il tuo ego è una cosa molto poco virile, vero?» a quelle parole il moro gli diede il solito strofinaccio in testa, ignorandolo, mentre lo sentiva ridere.

       Vide Naruto tornare insieme alla stronza e a suo fratello. D’un tratto Karin si avvicinò, lasciando tra lui e Suigetsu un pezzo di torta. «Non è igienico, Uzumaki. Sto lavando i piatti col detersivo e faccio casino, non lo vedi? Levalo» la riprese. «È lì perché così quando volete potete mangiarlo, testone» «Oh, che cara, la piccola e dolce Karin» la prese in giro Suigetsu, ricevendo uno sguardo fin troppo ardente dalla ragazza in questione. «È impossibile» Naruto lo stava guardando, in quel momento. Spostava lo sguardo da lui alla torta. Si chiese cosa gli passasse per la testa. Inarcò un sopracciglio, invitandolo a parlare, mentre Sakura piazzava una mano davanti alla bocca. «A te fanno schifo i dolci, né, Sas’ke?»

          Per poco Suigetsu sputava tutta l’acqua che stava bevendo. La tenne in bocca, gonfiandosi le guance. Sembrava un bambino, e Karin da lontano lo trovò quasi adorabile. Si avvicino in fretta e furia e, una volta arrivata, gli piegò la testa verso il basso e gli premette le guance, in modo tale che l’acqua gli si spargesse sulla divisa. L’albino la guardò intensamente con un cipiglio infastidito in volto. «Cazzo, ma sei seria? E io adesso devo andare in giro con questa macchia enorme addosso? Ho fatto i salti mortali per cercare di non sputarla» «Uno a zero per me» gli diede una pacca sulla spalla, per poi trotterellare fra i tavoli. «Questa me la paghi, piccola pazzoide»

          Sasuke era rimasto ammutolito, con lo sguardo ancora accigliato e gli occhi rivolti verso Naruto che, giurava, lo stava osservando attentamente. Aveva la testa piegata verso destra, e in faccia quell’espressione da stupido imbecille che lo caratterizzava. Gli faceva prudere le mani. Tenerezza. Sembrava particolarmente confuso, mentre beveva la sua Coca Cola. Intanto Sakura era rimasta senza parole, e guardava i suoi due amici con impazienza. Sasuke nonostante tutto non rispose, ignorando la domanda, e Naruto ne sembrò felice. Aveva proprio voglia di picchiare la rosa, in quel frangente. Lui sapeva. Lui sapeva. Lui sapeva! «Infatti, mi fanno schifo le cose dolci» bisbigliò poi, facendosi sentire, mentre puliva con fin troppa energia i bicchieri usati per posarli sul bancone. Dal canto suo, Naruto non aveva la più pallida idea del perché avesse detto quella frase. Lui quel ragazzo nemmeno lo conosceva. Però era interessante, e gli ricordava vagamente qualcuno. Da seduto, mentre lo vedeva pulire gli utensili, poteva osservarlo bene. Aveva sempre quell’aria seria e sofisticata che lo faceva andare in bestia. Ma non lo conosceva, quindi perché tanto nervoso per niente? Era un rompicapo. Se solo avesse alzato bene la testa verso di lui.

        «Per caso ci siamo già visti da qualche parte?» a quel punto per poco non gli cadde una tazza all’interno del lavabo. Non avrebbe fatto alcun casino, ma non si aspettava in ogni caso una domanda del genere. «Si fa audace, il ragazzino» gli sussurrò Suigetsu dietro l’orecchio, facendogli alzare gli occhi al cielo. «No, non penso» e lo guardò. Era proprio quello che Naruto voleva, effettivamente. Che lo guardasse, anche solo un secondo. Si stampò nella mente la faccia di bronzo che si ritrovava. Aveva lineamenti delicati. Con i capelli lunghi lo avrebbe certamente scambiato per una donna, vedendolo solamente in viso. I capelli prendevano una piega strana, verso l’alto, e gli occhi erano nero piombo. Sapeva che quegli occhi potevano gelare ad un solo sguardo, lo sentiva addosso. Gli occhi. Quegli occhi. Lo Sharingan, su quegli occhi neri, che diventano poi scarlatti. Sgranò i suoi, di occhi, e sentì le gambe talmente molli che ringraziò il cielo per essere seduto. La testa però non gli fece male, stranamente. Sentiva solo una grande agitazione a livello del cuore che batteva all’impazzata.

        «Sakura» chiamò l’amica, mentre continuava a fissare Sasuke. Lo ignorava, ma a lui non importava. Lo guardava sistemare il bancone, pulire, servire ai tavoli, rispondere con una cortesia che a lui non aveva riservato. Eppure non gli diede fastidio, perché era una cosa normale. Lui lo conosceva, sapeva com’era fatto, ma perché? Perché sapeva che odiava i dolci, e che non era un tizio così espansivo, soprattutto se con lui? Perché sentiva quell’odore di sangue e quello sfregare di scintille così nitide, in quel momento? «Sakura» ansimò, mentre l’amica lo guardava preoccupata. Continuava a respirare affannosamente, mentre vedeva e sentiva maree di cose, sensazioni. Non riusciva a capire niente, era tutto così contorto e confuso che avrebbe solamente voluto urlare. Poi si fermò, imbronciandosi di botto. «Mi sento come se fossi una fottuta pentola a pressione» l’amica gli diede uno scappellotto nella nuca, urlandogli addosso che l’aveva fatta spaventare a morte. Finì la sua Coca Cola e la sua acqua di getto, dopo di che pagò l’albino e decise che doveva tornare subito a casa e dipingere.

          «A-Aspetta, ma» Sakura tentò di fermarlo, voleva che almeno si guardassero, un’altra volta. «Ti stai dimenticando la giacca, Naruto» la voce di Sasuke lo ridestò, facendogli notare la giacca al proprio posto. Lo aveva chiamato per nome. Lo sapeva. Ne era sicuro. Si avvicinò a grandi falcate, tuttavia cercando di non farsi notare dal resto della gente, prendendolo per il colletto e facendolo abbassare in modo da guardarlo dritto negli occhi. «Io e te ci conosciamo. Dimmi balle e ti prendo a pugni» Sasuke sgranò impercettibilmente gli occhi, per poi sbuffare quella che doveva essere una risata.  «Allora le mie condoglianze, non ne uscirai vivo. Nemmeno questa volta» calcò molto sulle ultime parole, per poi voltarsi e continuare a sistemare il bancone. Naruto sorrise, prese la giacca ed uscì in fretta e furia. Doveva dipingere, doveva vedere tutto quello che la sua mente non riusciva a mostrargli.

              Vivrò eccome, Teme. Vivremo senz’altro.














Angolo autrice della cogliona:
sono puntuale, evviva.
La mia contentezza finisce qui, perché a mio parere questo capitolo è lo schifo assoluto. Dovevo fare in modo che il primo incontro sarebbe stato perfetto, ma il fatto è che loro due non si conoscono proprio, devono solo cercare di rievocare i ricordi di quel pezzente di Naruto. Quindi diciamo che il lavoro meraviglioso che mi ero messa in testa è stato brutalmente stuprato da me medesima. Ergo, se questo capitolo non avrà nemmeno una recensione/non se lo filerà nessuno/farà schifo ai cani, avrete tutta la mia approvazione.
Ho deciso di postarlo ugualmente perché avendolo pronto e non riuscendo a cambiare proprio nulla - nonostante io abbia l'ispirazione - non mi sembrava giusto farvi attendere.
Questo capitolo è prinicipalmente povero, pieno di incongruenze e terribilmente piccolo. Posso solamente dire che ormai questi due deficienti si sono incontrati e che la storia ha il suo pieno svolgimento a partire da adesso. Dunque mi impegnerò al massimo per fare in modo che obbrobi del genere non capitino mai più. Promesso!
Non saprei nemmeno come commentarlo. Al massimo più avanti lo rivisionerò, in modo tale da renderlo decente.
Davvero, mi dispiace parecchio, anche perché ci tenevo molto a rendere il loro incontro entusiasmante.
Principalmente ho messo in evidenza il punto di vista di Sasuke, per poi passare a Naruto e anche a qualcosa di Suigetsu che dev'essere onnipresente per tenere a bada quel povero smidollato che è il suo migliore amico. Inoltre il moro in questione sembra essere tornato il cinico di sempre con un puf! Ma non è così, c'é un motivo per cui proprio con Naruto torna il bastardo cinico che lo caratterizza.
E niente, il biondo è sempre più rincoglionito e stupido. Il fatto delle braccia volevo si notasse perché credo sia un qualcosa che li leghi ancora di più.
Bene, spero di pubblicare il seguito al più presto. E magari mi eserciterò su come schivare pomodori, patate e ortaggi vari in caso di altre schifezze simili.
Perdonate eventuali errori.
Un bacio!
Charlie;

 
   
 
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