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Autore: ___Ace    08/07/2015    3 recensioni
Piccola Raccolta riguardante la vita incasinata di Ace, studente universitario, e quella ordinata di Marco, ragazzo all'apparenza pacato e normale, entrambi incontrati per caso durante un'anonima, ma fatidica, giornata in un'accogliente caffetteria.
*
1. Una bella giornata: Quando il suo sorriso si aprì e divenne più ampio, decisi che quella era senza dubbio una bella giornata.
2. Quel ragazzo dell'altro giorno: Sghignazzai fiero, mentre dentro di me mi sentivo lusingato dall’aver scoperto che si ricordava del nostro incontro. Voleva dire che gli avevo fatto una certa buona impressione, tutto sommato.
*
Ace/Marco.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Marco, Portuguese, D., Ace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 55. Ogni mia giornata.

 

«Dici sul serio?».
«Si».
«Ma, voglio dire, sul serio, sul serio?».
Roteai gli occhi al cielo, sbuffando divertito mentre finivo di asciugare l’infinita pila di bicchieri che avevo messo in equilibrio precario sul lavello.
«Si, Thatch, sul serio. Ora, mi lasci finire di lavora…».
Qualcosa di simile ad un ululato isterico partì dalla gola dell’uomo accanto a me, spaccandomi i timpani e rischiando di farmi perdere la presa sulle stoviglie.
«Per favore, vorresti calmarti?» sbottai, mollando il lavoro a metà e lasciando lo strofinaccio sul ripiano, voltandomi verso il castano con le braccia sui fianchi. Avevo tentennato fino all’ultimo, ma alla fine avevo deciso di dare la notizia a Thatch, fidandomi di lui e della sua praticamente inesistente capacità di tenere la boccaccia chiusa. Evidentemente avevo fatto la più grande cazzata di sempre.
«Oh no, ragazzino, scordatelo!» mi disse, piazzandomi un indice ammonitore sotto al naso e avvicinandosi troppo con la sua faccia alla mia, «Non puoi pretendere di dirmi che vai a vivere da Marco e sperare che non mi venga un infarto!».
Gli spostai il braccio, superandolo e uscendo da dietro il bancone, diretto in cucina. Se voleva sbraitare era meglio che lo facesse in un posto meno pubblico della sala principale del bar dove chiunque poteva origliare. Anche se non ero del tutto certo che avrebbe conversato a bassa voce, ma tanto valeva provarci.
«Quando ti trasferisci? E te lo ha chiesto lui? Come? oh, aspetta, aspetta! Ti ha regalato un anello?» iniziò a domandare a raffica, afferrandomi per la collottola e guardandomi con occhi spiritati non appena varcammo la soglia della porta sul retro. Mi ritrovai a guardarlo preoccupato, leggermente in imbarazzo per quello sguardo che sembrava non aspettare altro che una mia parola per saltarmi addosso e riempirmi di abbracci, cosa che speravo vivamente di evitare.
«Ehm, senti, non è che mi molleresti prima?» gli chiesi, anche se risultò più come una supplica.
«Scordatelo! Sputa il rospo, forza!».
Non ero sicuro che sbattermi a destra e a sinistra come un sacco di patate fosse un buon modo per invogliarmi a confidarmi con lui, ma, fortunatamente, in quel momento fece il suo ingresso Marco, il quale, intuendo la situazione, venne in mio soccorso, prendendo Thatch per i capelli e stringendo la presa, facendolo bloccare sul posto.
«So che ci tieni ai tuoi capelli» mormorò il biondo, sorridendo maligno e beccandosi un’occhiataccia dal fratello.
«Esatto, quindi non toccarli».
Marco negò, facendo un cenno con il capo verso di me. «Prima lascia andare Ace».
Thatch sembrò sul punto di dire qualcosa, ma all’ultimo si trattenne, liberandomi dalla sua presa e venendo a sua volta graziato. Fu allora che, dopo essersi sistemato con nonchalance la camicia, si schiarì la voce, deliziandoci con le sue cazzate.
«Il principe azzurro ha salvato la principessa».
Fui più veloce degli improperi di marco e delle gambe di Thatch, perché riuscii a centrargli il sedere con un calcio giusto prima che si defilasse dalla cucina, ridendo sguaiatamente e informandoci a gran voce che avrebbe provveduto ad avvisare tutti con un messaggio sul gruppo di famiglia che condividevamo nei cellulari.
Marco fissò la porta perplesso, chiedendomi cosa diavolo avesse combinato quella volta da dover informare i fratelli restanti, insospettendosi ulteriormente quando mi vide farmi piccolo, piccolo contro la credenza.
«Ace, che hai fatto?» fece, assottigliando lo sguardo e incrociando le braccia al petto.
«Uh, perché pensi che sia colpa mia?» dissi con finta innocenza.
«Perché Thatch una la minaccia del messaggio ogni volta che scopre qualcosa» spiegò con ovvietà, facendo un passo avanti, verso di me.
Sospirai, preparandomi a vuotare il sacco. Prima o poi lo avrebbe comunque scoperto, soprattutto grazie a quel deficiente di fratello che si ritrovava. Pazienza il mio, ma anche con Thatch, in quanto a stupidità, non si scherzava.
«Gli ho detto di quella cosa. Insomma, della novità» farfugliai a testa bassa.
«Non ci posso credere. Gli hai detto del trasferimento?».
«Mi ha stressato per tutto il pomeriggio!» scoppiai a dire alla fine, esausto e mentalmente distrutto. Thatch aveva passato l’intera giornata a farmi domande su cosa ci facessero degli scatoloni davanti la porta dell’appartamento di Marco e come mai lui non ci fosse a lavoro. Aveva usato un sacco di trucchetti per cavarmi le parole di bocca e alla fine avevo ceduto, rotto le scatole fino allo sfinimento. Avrei voluto vedere lui al mio posto. «Non mi ha mollato nemmeno per un secondo. Ce l’avevo attaccato al culo persino quando prendevo le ordinazioni!».
Marco, al contrario di quello che avevo pensato, scoppiò a ridere, coprendo le distante e arrivando a scompigliarmi i capelli come faceva di solito, passandomi poi un braccio attorno alle spalle e attirandomi a sé.
«Va bene così, idiota. Tanto glielo avrei detto io a breve».
Sbuffai, ricambiando l’abbraccio e inspirando il profumo di biscotti di Marco. «L’unico idiota qui è Thatch» borbottai, fingendomi offeso, aprendo gli occhi e adocchiando una mano che sbucava dalla porta della cucina reggendo un telefonino. Un click mi giunse alle orecchie, rendendo fin troppo chiaro che l’idiota in questione era tornato alla carica con la sua idea di fare un album fotografico per, parole testuali, il matrimonio del secolo.
E per matrimonio intendevano il mio, peccato che non avessero ancora capito che a sposarmi non ci pensavo proprio, e Marco nemmeno.
Stavamo troppo bene nel suo appartamento, senza problemi o pensieri, liberi di fare quello che volevamo senza renderne conto a nessuno.
Così, giusto per rendere chiaro il concetto, iniziai ad accarezzare lentamente le spalle del mio ragazzo, quello mi avevano costretto ad ufficializzarlo, staccandomi da lui quel poco che bastava per trovare le sue labbra e catturarle con le mie in un bacio lento, ma sempre più intenso.
«Uh, Ace, in cucina?» mormorò non proprio a bassa voce, ammiccando. Aveva sentito anche lui lo scatto fotografico del cellulare di Thatch e, a quanto pareva, sembrava d’accordo con me nel metterlo in imbarazzo.
«Certo, dopotutto, è l’unico posto dove non l’abbiamo ancora fatto» ribattei a mia volta, scandendo bene le parole, ma rendendole abbastanza maliziose da farle sembrare casuali, il che, con Marco tra le mie mani, mi veniva facile.
«Se proprio insisti» acconsentì, sollevandomi e poggiandomi al ripiano, sistemandosi fra le mie gambe e riprendendo a baciarmi con più passione del previsto, tanto che presi in considerazione l’idea di andare fino in fondo.
Passarono solo pochi secondi prima che sentissimo la voce schifata di Thatch provenire dall’altra parte della sala.
«Mio Dio, datevi un contegno, accidenti!».
Sarei scoppiato volentieri a ridere se non fossi stato tanto impegnato.
Dire che fossi euforico era dire poco. Giusto qualche settimana prima, Marco mi aveva proposto di condividere l’appartamento, di stare da lui, di vivere con lui.
Certo, significava lasciare libero la casa che condividevo con i ragazzi, ma non mi preoccupavo poi molto, sapendo che la mia stanza sarebbe finita al mio fratellino Rufy, dato che per lui finiva il liceo e iniziava una nuova vita. inoltre, ero certo che a Bepo non sarebbe dispiaciuto avere compagnia, visto e considerato che anche Trafalgar e Penguin avrebbero presto levato le tende.
Inoltre, avrei continuato a lavorare e avrei continuato gli studi, contando anche che ero praticamente stato adottato da un’enorme e numerosa famiglia e la cosa, se proprio dovevo essere sincero, non mi dispiaceva affatto.
Per quello, quando Marco me lo aveva chiesto, lo avevo baciato come stavo facendo in quel momento e avevo detto semplicemente di si.
Perché avevo capito che era ciò che volevo, che quel posto era ormai diventato casa mia e che le persone che mi circondavano ogni giorno erano le migliori che avessi mai potuto sperare di incontrare.
Erano tutto ciò di cui avevo bisogno e Marco, beh, lui mi faceva sorridere sempre, costantemente.
«Se ne è andato?» chiese dopo che entrambi fummo rimasti senza respiro.
«Per nostra fortuna, si» dissi soddisfatto.
Marco sorrise, guardando i fornelli. «Ehi, ti va un caffè?» chiese, allungandosi per prendere una tazza arancione. La mia, per la precisione.
«Bollente e zuccherato?» mi accertai, seguendolo con gli occhi.
Lui annuì, guardando il tempaccio e la grandine che cadeva fuori dalla finestra. «Quello giusto per le giornate di pioggia».
«Allora si» dichiarai, saltando a terra e avvicinandomi per aiutarlo, andando alla ricerca dei biscotti che Thatch aveva nascosto da qualche parte.
Quando riuscii a trovarli, Marco aveva ormai finito e, porgendomi la tazza mentre io aprivo il barattolo con dentro i miei dolci al cioccolato preferito, lo ringraziai.
«Questo lo offre la casa» precisò, lasciandomi per un istante senza parole.
Sorseggiai il caffè, pensando a quando ero stato fortunato e a quanto marco fosse sexy con quella oscena maglia con un ananas stampato sopra, riflettendo sul fatto che lui riuscisse a rendere bella ogni mia giornata.
 
 
*Special*
«Certo che ce ne hai messo di tempo».
«A fare che?».
«A capire che sono il meglio in circolazione. Il più attraente, il più affascinante, il più simpatico…».
«Il più cretino».
«Smettila di fare il ritroso».
«Thatch, ma non ti riesce di stare zitto?».
«No, Dolcezza, forse dovresti trovare un modo adeguato per obbligarmi».
«Non mi tentare».
«Peccato, almeno ci ho prova…».
Non finii la frase perché mi ritrovai impegnato ad intrattenere la lingua di Izou con la mia. Finalmente quella piaga aveva ceduto. Era stato un calvario, ma alla fine ce l’avevo fatta.
Dovevo congratularmi con me stesso.
Click.
Mi gelai sul posto, tanto che anche Izou smise di baciarmi, osservandomi confuso e chiedendomi cosa mi fosse successo.
A rispondergli, però, non fui io, ma bensì Ace.
«Come siete carini» fece smielato, sventolando il cellulare con il quale mi aveva appena fregato, «Sono sicuro che ai ragazzi piacerà un sacco quando gliela invierò» disse sorridente, scomparendo dal salotto nel quale mi ero rintanato per stare tranquillo.
Mi alzai di scatto, incurante di aver fatto cadere Izou a terra, e rincorrendo il moccioso, più che deciso a fermarlo e ad ucciderlo, se fosse stato necessario.
«Occhio per occhio, Thatch» sentii dire alle mie spalle, ma la risata del ragazzino mi incitò a continuare.
Quel piccolo bastardo.
*
 
The FUCKING End.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice.
Eh, insomma, buonasera.
*schiva una vagonata di oggetti improponibili*
Dopo, aspettate, quanto è passato? Un anno ormai, credo. Insomma, dopo un macello di tempo, ecco che finalmente concludo anche questa raccolta che mi è costata sangue, dolore, unicorni e arcobaleni. Non è sfociata nel rosso (so sorry), ma ha avuto i suoi bei momenti direi. Oww, sono così contenta del lieto fine per la mia OTP ** li amo, non posso farci niente, sono l’AMMORREH!
Mi dispiace che sia durata così tanto, che alla fine mancasse solo un capitolo e di aver tergiversato A LUNGO. Me ne rendo conto e chiedo scusa a chi l’ha aspettato con ansia e curiosità. Ormai era agli sgoccioli, ma penso sia sempre bello vedere qualcosa concludersi a tutti gli effetti.
Anyway, alla fine eccolo qui, meglio tardi che mai!
Colgo l’occasione per ringraziare TUTTI, dal primo all’ultimo, a partire da quel famoso giorno in cui la long è iniziata. Grazie di cuore a chi l’ha seguita, a chi ha riso con me di tutte le avventure passate tra questi due, a chi ha adorato Thatch e Izou, a chi ha apprezzato ogni piccolo particolare e a chi ha aspettato tra insulti e bestemmie.
GRAZIE.
E non preoccupatevi, anche se adesso ci sarà un po’ di pausa, prima o poi qualcosa di rosso tra Ace e Marco verrà fuori, mlmlml.
If You Know What I Mean.
 
E’ ora di andare, ma mi sento male ;_______;
Un abbraccio enorme, un bacio e Buone Vacanze a tutti ^^
 
See ya, as always.
Ace.
 
  
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