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Autore: CassandraBlackZone    09/07/2015    0 recensioni
Tutto accade il 29 giugno del 2016, data in cui viene ritrovato il cadavere di Slenderman, leggenda metropolitana reputata da sempre una mera invenzione di Internet. Questa scoperta non può far altro che suscitare una curiosità tale da spingere un gruppo di scienziati a studiare il corpo della Creepypasta; curiosità che portò alla rovina la razza umana. Bastò una sola incisione e un potente virus si diffuse indisturbato in tutto il mondo confondendosi con l'ossigeno. Esso venne denominato CRP. Le conseguenze? Quando una Creepypasta muore, essa rinasce successivamente in un qualsiasi individuo in cui il virus si è ben sviluppato. Pur sapendo la sorte che l'attende, l'umanità è tenuta a proteggersi dai soggetti infetti, i quali sono destinati a seguire il loro istinto di uccidere.
Genere: Azione, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jeff the Killer, Nuovo personaggio, Slenderman
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Liu gettò nel cesto della biancheria la felpa e la sciarpa sporche di sangue, incurante della presenza di Jane, che lo osservava in silenzio attraverso gli occhi di stoffa della sua maschera. Ritornati a casa, Laughing Jack iniziò a prendere in giro Liu nei modi più fastidiosi possibili, imitando le sue modalità d'attacco e il suo comportamento abituale senza il minimo pudore. «Non una parola. Non ho bisogno di un'altra ramanzina» ringhiò il ragazzo.
«Tranquillo, non ne avevo l'intenzione. Volevo solo capire se era veramente andata come Laughing ha raccontato al nostro ritorno a casa» disse Jane piegando accuratamente i vestiti della piccola Sally.
«Scusa, ma da quando in qua credi alle parole di quel pagliaccio?» le chiese Liu con un sopracciglio alzato.
Jane alzò le spalle.«Mai, ma solo di una cosa posso essere d'accordo con lui.»
«Avevi promesso niente ramanzina.»
«La mia non è una ramanzina, ti sto semplicemente dicendo la verità.»
«La verità, eh? Il fatto che uccidere quei soldati ogni notte è importante per la nostra sopravvivenza? È questa la verità?!» Liu non si aspettò minimamente di poter alzare la voce contro Jane, al che si vergognò subito e arrossì violentemente.
Un atteggiamento del genere se lo poteva permettere con altri, ma sicuramente non con lei che fu la prima, se non anche l’unica, a prendersi cura di lui e Jeff al loro arrivo, comportandosi da sorella maggiore, sempre pronta ad aiutarli e a guidarli nei momenti difficili. Liu si ricordò del loro primo anno, in cui il loro CRP ancora non del tutto sviluppato li recava non pochi problemi: più volte rischiarono un rigetto e quindi la morte, il loro istinto omicida era incontrollato a tal punto da essere pericolosi anche per le stesse Creepypasta, ma nonostante tutto, Jane era sempre lì al loro fianco.
«Scusa, Jane. Io… non so cosa mi sia preso» si arruffò i capelli nervosamente. Non aveva idea di come comportarsi in quell’imbarazzante situazione. «Io, ecco… sono solo…»
«Preoccupato per quello che ti ha detto tuo fratello. Sì, lo so» concluse Jane avvicinandosi al suo discepolo per abbracciarlo forte a sé «Liu, ascolta. So che è difficile per te, ma devi stare tranquillo. Prima o poi il suo corpo lo accetterà.»
«E se… ciò non dovesse accadere?» chiese il biondo affondando il volto sulla spalla dell’amica.
«Non devi pensarlo minimamente, ok?»
«Agli altri non importa cosa gli potrebbe accadere. È sempre successo, ma nel mio caso è diverso! Lui… è davvero mio fratello! Sangue del mio sangue! Io… non voglio che lui…» soffocato dalle lacrime, Liu si aggrappò alla schiena di Jane e ingoiò il più silenziosamente possibile il groppo che aveva in gola. Vedere il suo amato fratellino in agonia ogni notte era una sofferenza: era impotente davanti a quei autolesionismi, urla di dolore e invocazioni d’aiuto, perché lui vedeva solo nero, freddo e morte, tutto accompagnato dal suo pianto disperato e dalla sua assurda richiesta.«Mi ha chiesto di ucciderlo»,disse Liu tutto ad un fiato, «mi ha chiesto di ucciderlo con le mie stesse mani, Jane.»
«Liu, tesoro. È vero, il Fato ha voluto che proprio voi diventaste Jeff the Killer e Homicidal Liu, e mi dispiace. Ora come ora però dobbiamo solo aspettare. Passerà.»
Liu tirò su col naso e malvolentieri si staccò da Jane.«Anche Slenderman me l’ha detto.»
«E finora ha mai mentito?» chiese Jane sorridendo.
«Mai. Che io sappia» ricambiò lui.
«Bene. Allora è tutto a posto. Riguardo alla storia delle missioni, cerca di fare del tuo meglio, ok? Tanto sai come lavoriamo. Lo sketch comico di Jack di questa mattina era sì provocatorio, ma più un invito a riflettere su quello che ora sei tenuto a fare. Sai cosa succede, no? Se non lo fai.»
Liu esitò.«Sì, lo so.»
«Bene» Jane si avvicinò nuovamente a Liu e gli stampò un bacio sulla guancia. Quelle labbra di ceramica a contatto con la pelle lo fecero inizialmente rabbrividire, ma gli lasciò subito dopo una piacevole sensazione di calore «Forza. Andiamo a fare colazione. Questa mattina ci sono i pancakes.»
«Adoro i pancakes!»
«Lo so.»
Liu e Jane uscirono dalla lavanderia e camminarono insieme per raggiungere la sala da pranzo. Ad ogni corridoio, ogni Creepypasta salutava Jane con un piccolo inchino e Liu con un cinque ( o una leccata affettuosa). Avvistati i due fratelli maggiori, Sally saltò a capofitto prima su Liu e poi sulla sua adorata compagna di stanza.
«Ehi Sally! Hai fatto la brava mentre ero via?» chiese affettuosa la mora.
«Sì! Sally sta giocando con Ben! Ma Ben non si fa trovare!» sbuffò la piccola.
«Ancora nascondino, eh? » scherzò Liu prendendole il naso.
«É cattivo… lo sa che non sono brava a questo gioco…»
«Beh, ti confido un piccolo segreto»Liu si avvicinò all’orecchio della bambina insanguinata e le sussurrò:«Solitamente, il suo posto preferito è la sala computer del terzo piano.»
Gli occhi della piccola si illuminarono.«Waaa! Davvero? Grazie Liu! Grazie!» con un salto felino, Sally scese da Jane e corse verso le scale che l’avrebbero portata al terzo piano.
Liu adorava Sally: sempre allegra, solare e instancabile, vestita con la sua solita camicia da notte rosa confetto con tanto di pizzo. Spesso gli dispiaceva che una bambina così piccola fosse in un posto come quello. Ogni notte tutto ciò che poteva fare era restare al fianco di Slenderman, ma non appena si ricordava della loro differenza d’età di circa una ventina anni, allora la cosa si risolveva con una piccola risata interiore.
«Ben ti odierà a morte per questo, Liu»ridacchiò Lostsilver, appoggiato alla porta della sua stanza.«Però sono curioso di vedere come reagirà.»
«Così impara a lasciare ogni volta sotto il mio letto Tails» sogghignò maligno il biondo.
«Non hai tutti i torti.»
«Forza, Liu»richiamò la sua attenzione Jane,«abbiamo delle cose da fare dopo, visto che Slenderman non tonerà prima delle dodici.»
«Eh? Dodici? E perché?» chiese Liu perplesso. In effetti, pensò lui, non lo aveva visto tornare con loro.
«Be’, sai che ogni mattina si fa la sua passeggiata con Masky e Hoodie, ma non è questo il motivo. Sai che giorno è oggi, no? Anzi, oggi è anche più importante del solito. È il cinquantesimo anniversario dell’arrivo del CRP.»
«Ah, già. Me ne dimentico sempre» sbuffò Liu roteando gli occhi.
«Liu, sei con noi da molto tempo ormai. È ora che te lo ricordi.»
«E perché mai dovrei farlo? Non è proprio un bel giorno da ricordare. Quello stupido di Laughing mi ha anche obbligato a cantare quello stupido inno…»
«Parli dell’inno dei poachers?» chiese Jane con una nota di disgusto.
«Esatto…»
«Ok… su questo posso anche darti tranquillamente ragione.»
«Sono circa le otto. Fra un po’ al campo d’addestramento inizieranno a cantarla.»
«Già. Fortunatamente non la sentiremo. Siamo abbastanza lontani da lì.»
Ed era effettivamente così. L’imponente reggia delle Creepypasta era posta al centro della Black Forest, cresciuta in soli due anni grazie a Slenderman e alle straordinarie capacità del suo CRP. Difficile stabilire quanto quella distesa di arbusti oscuri si estendesse, poiché essa, dal primo giorno, continuò a crescere: approssimativamente parlando, si potrebbe dire che sia grande quanto una piccola città di paese.
Al di là della foresta, superata la brughiera, vi era invece il più grande campo di addestramento dei poachers del mondo. Fu costruita a partire dal 2026, inizialmente imposta solo ai militari di ogni nazionalità. Solo due anni dopo pensarono che fosse doveroso richiedere la presenza anche dei giovani. Raggiunti i tredici anni d’età, ogni famiglia aveva l’obbligo di iscrivere i propri figli, affinché imparassero come difendersi dalle temibili Creepypasta e, solo tempo permettendo, diventare dei veri e propri cacciatori. Per la sopravvivenza umana, ogni individuo era tenuto a fare delle scelte difficili: uccidere o venir uccisi. Ovviamente la scelta predominante dell’intera popolazione fu uccidere. Il 29 giugno del 2016 fu di certo un giorno terribile per l’intero genere umano, ma nonostante tutto, ebbe la forza di rialzarsi e quindi reagire.
Il campo Menschen Sieg era sì ispirato ad un campo d’addestramento militare, ma nel corso degli anni, tutte le strutture ed equipaggiamento cambiarono radicalmente in fatto di tecnologia. Le armi più usate erano pistole e armi da taglio, ma raggiunta una certa esperienza era possibile l’utilizzo di armi più complesse. Esternamente tutti gli edifici avevano l’aspetto di capannoni industriali rettangolari di marmo bianco e finestre antiproiettile, ma al loro interno si celava ogni sorta di tecnologia sofisticata degli ultimi anni: da semplici droni da bersaglio a veri e propri androidi a immagine somiglianza delle Creepypasta. Se trent’anni prima venivano costruite delle piccole foreste, ora era possibile ricrearne di infinite in stanze apposite più grandi all’interno, utilizzando ologrammi ad alta definizione. Ogni istruttore era severo quanto bastava per tirar fuori il meglio di ogni recluta.
Allenamento intensivo per ogni fascia d’età dalle sette del mattino alle dieci di sera compresi i quindici minuti di tempo per colazione, pranzo e cena; ddi notte i soldati dai diciotto anni in poi erano tenuti ad eseguire un’escursione completa della Black Forest con conseguente cattura di Creepypasta. Numero di successi? Pari a zero, specialmente la notte prima del cinquantesimo anniversario dell’arrivo del CRP. Il 29 giugno del 2066, più che una vittoria fu una tremenda sconfitta, sicché il numero di soldati morti era superiore rispetto agli ultimi cinque anni: all’alba, non venne cantato nessun inno in memoria dei caduti.
« È davvero… orribile, non crede, signore?» disse il generale a due stelle,Rodrigo Martinez, sfogliando i curriculum dei soldati deceduti. Ne aveva almeno contati una cinquantina se non di più. «Insomma… è un numero piuttosto consistente rispetto agli anni scorsi. Stanno diventando più forti.»
«Ultimamente sembra anche che abbiano più coscienza di loro stessi. La settimana in cui decisi di seguire la caccia notai che le loro prestazioni non erano più confusionarie come un tempo» disse il generale a cinque stelle, Joey Cherubi, seduto alla sua scrivania.
«La penso allo stesso modo, signore. Anche i tenenti hanno riferito la stessa identica osservazione.»
«Perché è vero.»
«Nora Hogan. Diciotto anni. Accidenti… l’unica adolescente presente. È stata brutalmente uccisa dal… sangue infetto» disse Martinez scuotendo la testa.«Che tragedia.»
Cherubi schioccò la lingua disgustato.«Come pensavo. I giovani non sono pronti per questo. Si fidi di me, non è vero? Martinez?»
Non appena alzò la voce, Martinez indietreggiò d’istinto e fece un profondo inchino.«M-Mi dispiace, signore… Io ero davvero convinto che…»
«Il motivo della tua insistenza è che vuoi portare nella foresta Annabelle, non è forse così?» il generale pluridecorato si alzò dalla poltrona in pelle bordeaux per avvicinarsi al suo subordinato ancora chinato, mentre quest’ultimo deglutiva invano.
«Io… sono pienamente convinto che lei sia in grado di combatterli, signo-…»
«Anche se ti ho dato l’ordine di scegliere i soldati» lo interrupe Cherubi, «Se si tratta di Annabelle, sai bene che me ne devi parlare. Visto che ci siamo: la mia risposta è no
Temendo il peggio, Martinez chiuse gli occhi pronto a ricevere la sua punizione, ma si rilassò avendo sentito i passi del suo superiore spostarsi verso l’enorme finestra ad arco, che dava sul campo esterno. Tirò un sospiro di sollievo.
«L’ordine impartito a tutti i soldati?» chiese Cherubi dando le spalle a Martinez.
«Già riferito. Giornata libera, quindi possibilità di ritornare dalle proprie famiglie per un giorno. Potrei sapere il motivo di tale decisione, signore?»
«Sai che giorno è oggi, Martinez?»
«Ovviamente, signore. È l’anniversario del virus CRP.»
«Sì, va bene. Quello lo sappiamo tutti. Pensaci.»
Il povero Martinez roteò gli occhi senza farsi notare e cercò di risalire alla risposta. Cosa c’era di più importante dell’arrivo del CRP, continuò a chiedersi.«Signore… io non so che dire, sul ser-… Oh… giusto. Ha ragione. Oggi è…»
« Esattamente. Inoltre, lui arriverà qui» lo precedette Cherubi, «verso le dieci.»
«Capisco. Che rarità. Solitamente chiede di essere ricevuto privatamente nel tardo pomeriggio.»
«Sono sorpreso quanto te» Cherubi era pronto a dar l’ordine a Martinez di congedarsi, quando dell’attività sul campo esterno non attirò la sua attenzione e sorrise. «Ma tu guarda. A quanto pare, un gruppetto di soldati semplici ha deciso di restare qui.»
Martinez si avvicinò al cenno del generale e spalancò gli occhi.«Ma quelli sono…»
«Che dici, Martinez? Diamo un’occhiata?»
 
La sabbia sotto le suola di gomma degli stivali scricchiolava ad ogni passo. I cuori di entrambi i soldati battevano celeri e all’unisono. Le loro orecchie non lasciavano che le urla dei loro compagni li distraessero. Gli occhi color ametista di Annabelle brillavano sugli occhi color nocciola di Marcus, che per un attimo si lasciò intimidire.
«Lo fai apposta, vero?» cercò di prendere tempo il moro.
«Non so di cosa tu stia parlando, Marcus. Sto semplicemente aspettando che tu faccia la prima mossa.»
«Allora ti toccherà aspettare.»
«Sì, come no» se c’era una cosa che odiava Annabelle, era aspettare, perciò, mossa dall’adrenalina accumulatasi nel suo corpo, non poté far altro che andare alla carica e correre verso l’amico «Arrivo!» finalmente, lo spettacolo stava per iniziare: ogni attacco della quindicenne veniva assorbito dalla difesa perfetta del diciassettenne che, pur mostrando indifferenza, resisteva al dolore mordendosi il labbro inferiore. Lo doveva ammettere, rispetto al loro ultimo incontro che risaliva poco più di cinque mesi fa, la tecnica di combattimento di Annabelle era migliorata più di quanto immaginasse: ora come ora, le arti marziali miste non avevano più segreti per lei, qualche carenza nel Krav Maga, ma il suo Aikido e Taekwondo agli occhi del moro erano perfetti, rispetto a lui che conosceva solo Jujitsu e Jeet Kune Do.
Marcus rischiò diverse volte di perdere l’equilibrio per la sua scarsa capacità di risposta, poiché il dolore iniziò a farsi sentire assieme alla stanchezza. Al contrario di Annabelle, che sembrò essere in grado di combattere ancora per un bel po’.
“Maledizione. Non ce la faccio più” pensò Marcus, ormai sul punto di arrendersi.
«Bene, posso darti il colpo di grazia» disse compiaciuta la ragazza, che inavvertitamente si abbassò per colpire alle gambe dell’amico tale da farlo cadere, e così accadde.
Marcus si ritrovò col sedere per terra dolorante.«Ahia! Maledizione, Annabelle! Questi scherzi sono poco… sportivi!» disse lui senza pensare, suscitando ilarità tra i compagni di addestramento venuti ad assistere.
«Poco sportivi?! Ma non mi dire!» disse Annabelle ridendo.«Forza, alzati. Una bella doccia e andiamo a mangiare qualcosa.»
«Davvero notevole, non c’è che dire. Sei migliorata moltissimo» una voce alle sue spalle fece trasalire Annabelle, avendo avvertito la presenza, ma appena si girò di scatto abbassò la guardia, ritrovandosi davanti l’imponente figura di Cherubi, vestito con l’appariscente divisa decorata dalle medaglie meritatamente ottenute.
«Buongiorno, papà» sorrise lei.
Cherubi ricambiò il sorriso alzando di conseguenza i suoi mustacchi grigi.«Buongiorno, tesoro. É bello vedervi sempre in allenamento pur essendo un giorno libero. Ne terrò conto, sai?»
«Recentemente non abbiamo avuto il tempo di confrontarci. Così ne abbiamo approfittato.»
«Bene, ne sono contento. Mi spiace disturbarvi, ma ora vorrei parlarti, Annabelle. In privato.»
Annabelle annuì.«D’accordo.»
«Bene. Vatti a cambiare. Ci vediamo nel mio ufficio.»
Accarezzata la testa della figlia, Cherubi, sempre accompagnato da Martinez, ritornò verso il suo studio con passo fiero e le mani dietro la schiena.
«Che strano… che cosa vorrà tuo padre?» chiese sospettoso Marcus.«Probabilmente ti chiederà per l’ennesima volta di cambiare rango.»
«Sa bene che gli risponderei di no. Saranno i soliti auguri di compleanno» rispose lei scocciata. «Non ho voglia di cambiarmi. Vado così.»
«Oh, giusto! Oggi è il tuo compleanno! Auguri!» disse Marcus, seguito da tutti gli altri.
«Grazie, ragazzi. Ora scusate, ma devo andare. A dopo!»
 
Cherubi lasciò che la sua mano sfiorasse la foto che ritraeva lui stesso e la piccola Annabelle all’età di cinque anni, nell’atto di prenderla in braccio e lanciarla in aria. Entrambi sorridevano, pur essendo confinati in un campo d’addestramento militare. Pian piano la sua mente mise da parte le pesanti responsabilità di generale, delle missioni e del CRP per far spazio ai quindici anni passati con la sua piccola Annabelle: le sue risate, i suoi teneri abbracci e suoi occhi viola scintillanti, preziosi e unici che si riflettevano nei suoi, erano tutto ciò che serviva a penetrare la sua pesante corazza.
Per Cherubi, la cosa più importante era Annabelle, ma soprattutto lo era la sua stessa felicità. Quel giorno, promise a se stesso che non avrebbe interferito nelle decisioni della quindicenne e che l’avrebbe sostenuta sempre. Qualunque cosa sarebbe successo.
 «Eccomi, papà» subito il generale, ripose la foto nel cassetto e si rialzò, senza nascondere la sua sorpresa nel vedere sua figlia ancora vestita con la divisa mimetica e gli stivali di pelle pieni di fango. I capelli semidorati, nonostante fossero arruffati, parevano sempre morbidi e perfetti ai suoi occhi «Che cosa volevi dirmi?»
«Be’, credevo fosse ovvio» Cherubi si avvicinò ad Annabelle e l’abbracciò forte a sé «Buon compleanno, bambina mia.»
Imbarazzata, Annabelle cercò di aggrapparsi all’ampia schiena del padre. «G-Grazie… papà.»
«Oh, sei sempre così… rigida, quando si tratta di certe cose» rise l’uomo.
«Scusami…»
«Non preoccuparti. È giusto così. Dopotutto, io non sono veramente tuo padre.»
«Lo vedi? Ogni anno è la stessa storia. Riapri sempre questo discorso» Annabelle si staccò dall’abbraccio e squadrò truce Cherubi. «Non mi importa, va bene? Tu sei e sarai sempre mio padre. Qualunque cosa accada» dimenticandosi del precedente imbarazzo, Annabelle riuscì a guardare in faccia l’uomo che l’aveva presa con sé e accudita con amore, l’uomo che l’aveva salvata da morte certa, l’uomo che da quel giorno divenne suo padre.«Insomma, ormai dovresti averlo capito, no?»
Cherubi non sapeva se essere stupito o commosso, ma di certo non riuscì a smettere di sorridere e di trattenere le lacrime.«Oh, tesoro mio» il cinquantenne si avvicinò ad Annabelle e si inginocchiò alla sua altezza«Anche per me. Tu sarai sempre mia figlia, ma ribadisco: tutte le cose che hai cercato di evitare di fare con me, tienile per il tuo vero padre. A partire da questa mattina.»
Sorpresa, Annabelle spalancò gli occhi:«Scusa… come hai detto?»
«Tesoro… questa mattina incontrerai tuo padre. Verrà qui e… ti chiederà se vorrai andare via con lui.»
«No…» disse Annabelle scuotendo la testa,«No, io non voglio andarmene…»
«Figlia mia, pensaci. Potrai condurre una vita normale. Potrai vedere il mondo.»
Annabelle evitò la mano del padre intenta ad accarezzarla su un guancia.«Sì, il mondo che cade a pezzi.»
«Non c’è solo quello, Annabelle. Fidati di me. È vero, il mondo è succube del CRP, ma ciò non significa che tu non possa essere una ragazza comune.»
«Perché mai dovrei incontrarlo, scusa?»
«Perché lui è già qui» si intromise Martinez, che intanto stava alla finestra e teneva d’occhio tre figure avvicinarsi all’edificio principale, due vestite con un completo bianco e una maschera Okame nera, mentre la terza, al centro di quest’ultime, indossava un mantello di piume nere e un’enorme maschera Oni  rosso bordeaux e visibilmente grottesca.«Appariscente come sempre.»
Padre e figlia raggiunsero il generale senza nascondere il loro stupore.
«Quell’uomo alto al centro. Non è l’uomo che finanzia il campo?» chiese Annabelle confusa.«Voglio dire… ricordo che lo vidi attraversare la mensa una volta.»
«Sì, è lui» confermò Cherubi, «è proprio lui.»
«Ed è veramente…»
Annuì.
Ferita, delusa e disorientata. Annabelle si sentì esattamente come il giorno in cui suo padre le disse che era stata adottata: aveva dieci anni. Se a quel tempo reagì nascondendosi nella dispensa della cucina, cosa avrebbe potuto fare ora per poter scappare, pensò lei. No. Non era ancora pronta ad affrontare la verità.«E tu lo sapevi da sempre? Perché parlarmene solo ora?» chiese con una nota di disappunto.  
«Io… lo scoprì l’anno scorso. Dopo il nostro consueto incontro, mi rivelò tutto.»
«Chiunque sarebbe in grado di parlare di qualcuno.»
«Di certo nessuno, a parte me, poteva sapere di… tu sai cosa
Annabelle si voltò contrariata.«Eh? Lui… lo sa?»
«Mi spiace interromperla, signore» disse Martinez «Ma mi hanno appena avvertito che il signor Kuro è appena entrato nella solita stanza.»
«Kuro?» ripeté Annabelle.
«D’accordo. Forza, tesoro. È il momento di andare» insistette Cherubi, forzando un sorriso.
«Papà… io...» ti voglio bene. Annabelle sperava davvero di poterlo dire, ma qualcosa sembrò bloccarla. Non era rabbia, non era vergogna, semplicemente… non ci riusciva, e non sapeva il perché.
Cherubi allargò un sorriso leggero, del tutto consapevole del dilemma interiore della figlia adottiva.«La scelta sta a te, figliola. Qualunque essa sarà, io la accetterò.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: Bene… Bene… Maturità: passata. Non brillantemente come speravo, ma sono fuori. Finalmente. Ora… posso finalmente dedicarmi alle cose che amo, ovvero: scrivere, vedere anime e telefilm, leggere manga e libri e…. la lista è lunga. Ad ogni modo, questo capitolo a parer mio potrebbe confondere qualcuno, ma state tranquilli. Pian piano tutto sarà più chiaro. Spero, come sempre, di non avervi annoiato. Anche perchè... credo... di aver esagerato un pochino in fatto di lunghezza... la prossima volta farò più attenzione.
Alla prossima!!
 
Cassandra
 
Menschen Sieg= vittoria umana ( tedesco)
Maschera Oni /Okame = maschere usate nel teatro tradizionale giapponese

   
 
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