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Autore: Raven_Phoenix    09/07/2015    4 recensioni
ATTENZIONE: Questa fanfic é l'atteso seguito di "Chocolate and Smoke on the School" quindi consiglio di leggere prima quella ^^
Molte cose sono cambiate da quella partenza, ma molte altre sono rimaste sempre le stesse, come i ricordi che lottano per tormentare Mello. Nuovi e vecchi personaggi daranno vita a nuove avventure deliranti in una delle città più stravaganti e imprevedibili del mondo: Londra
"Dopo circa un’ora, grazie ai pochi e semplici passaggi di: una lunga doccia rigeneratrice, crema idratante per il corpo, asciugatura/lisciatura dei capelli, controllo brufoletti, controllo eliminazione di qualunque pelo superfluo sul mio viso, passaggio di cremine energizzanti, un filo di correttore e scelta dei vestiti con obbligo di abbinare la cravatta al colore dei calzini… potevo dire di avere un aspetto presentabile. Sembravo il perfetto uomo d’affari carismatico, il gilet nuovo di pacca che avevo messo era indubbiamente la chicca della giornata.
Ora si poteva dirlo seriamente: Ecco a voi Mihael Keehl in tutto il suo splendore!"
Mettetevi comodi, afferrate una tavoletta di cioccolato e qualche biscotto al burro by Harrods e buon divertimento!
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: L/Light, Matt/Mello
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Esce di soppiatto dalla tana dell'orso su per le montagne*
SONO IN VACANZAAAAAAAAAA ç______ç sia lodato il cielooooo!
E come primissima cosa ho pensato a voi, che non ricevete miei segnali di vita da un bel po', ma ora ci sono, ce la posso fare XD
Diciamo che questo capitolo pre-natalizio non é proprio azzeccato siccome in questi giorni si fa fatica anche solo a respirare per il caldo o_o spero di rinfrescarvi u.u
Non aggiungo altre chiacchiere (se non che, come sempre, mi scuso della mia lunga assenza, chiedo perdono T__T) e vi anticipo solo che questo capitolo avrà un finale abbastanza interessante u.u
Buona lettura ^__^



Capitolo 13:
 
 
-Potrei avere un orgasmo in questo preciso momento, sono seria.- disse una Rox totalmente in extasi, circondata da almeno una decina di piatti diversi.
-Potrebbe essere una reazione abbastanza esagerata, seppur interessante.- commentò Ryuzaki, che a sua volta era sommerso dal cibo… rigorosamente dolci, ovviamente.
-Non preoccupatevi, lo fa ogni volta che scopre un nuovo ristorante che le piace.- intervenni tempestivo concedendomi di alzare per un secondo la testa dalla mia immensa ciotola di udon in brodo, una delle cose che forse mi erano più mancate.
Dopo la simpatica reunion, che aveva come minimo destato l’interesse di tutto il vicinato, avevamo optato per andare a cena nel nostro ristorante tipicamente giapponese preferito, dopo una LEGGERA insistenza da parte di Rox che sembrava avere un buco nero nello stomaco.
-Di che ti preoccupi? Ormai qui ci conoscono e a distanza di anni si ricordano perfettamente delle nostre comande ai limiti dell’umano.- disse Light alzando gli occhi al cielo.
-È vero! Pensa che hanno addirittura inserito nel menù gli Apple-maki in mio onore.- fece eco Ryuk adorante.
-E io che pensavo lo dicessi sempre per scherzo.- commentò Rox che aveva già accuratamente fatto una foto alla famigerata pietanza segnata tra la lista dei piatti principali.
-Fidati, Ryuk non smette mai di sorprendere.- disse allegramente Near che da tutto il tempo aveva un sorrisetto pacifico, quasi inquietante.
-Tornando a parlare di cose serie, da quando avevate in mente di tornare qui per Natale, e soprattutto PERCHÉ non mi avete fatto sapere assolutamente niente? Vi diverte così tanto farmi fare figure imbarazzanti tanto per distruggere il mio orgoglio?- non avevo ancora fatto in tempo a chiederglielo, eravamo stati tutti troppo impegnati ad insultarci amorevolmente a vicenda fino a pochi minuti prima siccome avevamo parecchi anni di arretrati. Aaaah, i bei vecchi tempi!
-Beh, in realtà ne avevamo già tutte le intenzioni già da un po’, ma eravamo indecisi. Quando però Ryuk ci ha avvertiti in anticipo delle tue intenzioni non abbiamo esitato, e per tutto il tempo abbiamo sfruttato la nostra inquietante spia per sapere il tuo itinerario.- spiegò pacificamente Ryuzaki come se fosse la cosa più naturale e logica possibile.
Mi voltai verso Ryuk esterrefatto.
-Quindi volete darmi a bere che questo qui è riuscito per una volta a mantenere un segreto e ha saputo essere discreto senza farmi presagire assolutamente niente?! Di che nuova e misteriosa droga ti fai?!- urlai additandolo.
-Te l’ho detto, non smette mai di stupire.- ripeté Near prima di accanirsi violentemente su un piatto di spaghettini di soia con frutti di mare.
-E pensa che ha anche avuto l’accortezza di non far sapere assolutamente niente nemmeno a me fino a quando non eravamo in aeroporto.- aggiunse Rox.
-Beh, non ci vuole un genio per capire che se si vuole tenere qualcosa segreto a Mello non si deve andare a raccontarlo a te che sei come una parte integrante del suo organismo.- rispose Ryuk orgoglioso.
-Che ci vuoi fare.- ridacchiò lei, e io effettivamente non potevo che essere d’accordo con quella affermazione.
La cena andò avanti come una “normalissima” serata vecchio stile (valeva a dire che nonostante il separé dove ci avevano quasi rinchiuso non avevamo mancato di turbare qualche altro cliente e fummo costretti a lasciare una lauta mancia per scusarci), discutendo di cosa avremmo potuto fare nei giorni successivi.
Ci lasciammo concordando di sentirci il mattino dopo per decidere insieme cosa fare il giorno della vigilia.
Io e Rox arrivammo a casa mia leggermente brilli, e mi accorsi di non avere nemmeno preso le chiavi di casa.
-E adesso?- chiese Rox accigliata.
-Mpf… mia madre non sentirà il campanello nemmeno se avesse il suono di una sirena anti incendio, e tiene sempre il cellulare spento di notte.- ci pensai per una manciata di secondi –Dovrò usare il solito vecchio metodo.-
Mi avvicinai alla porta del garage e mi abbassai. Avevo rotto la serratura quando avevo otto anni, e l’unico modo per tenere chiusa la porta era mettere un vecchio e instabile moschettone da arrampicata dall’interno come soluzione temporanea, ma ovviamente mia madre aveva sempre rimandato per ripararlo.
Guardai sotto al vaso di fiori vuoto che stava sempre li accanto e vi trovai il solito ferro ricurvo. Lo infilai sotto alla porta e armeggiai per un po’, finché non riuscii ad agganciarmi al moschettone, e tirando un paio di volte lo sentii sganciarsi e cadere a terra.
-L’ho sempre detto che la mia famiglia discende da Mcgyver.- dissi sollevando soddisfatto il portone cigolante.
-Hai idea che se tu facessi una cosa simile a Londra nel giro di tre giorni ti ritroveresti la casa senza neanche più l’asse del cesso?- commentò Rox divertita.
-Certo, ma chi vuoi che rubi il sensazionale asse del cesso con i fiorellini di mia madre?- risposi con una smorfia.
Ridendo e scherzando gettai l’occhio verso l’angolino del garage, e notai qualcosa di piuttosto voluminoso coperto da varie plastiche. Mi fermai fissando quell’unico punto, e improvvisamente fu come se qualcuno si stesse divertendo ad annodarmi l’intestino.
Sapevo esattamente cosa c’era li sotto, mi ero praticamente dimenticato della sua esistenza, pensando che prima o poi mia madre se ne sarebbe liberata in qualche modo.
-Me’? Che fai?- disse Rox che già aveva aperto la porta che dava sul corridoio di casa.
-Niente, ho solo visto una cosa. Ti raggiungo tra un attimo.- risposi facendo finta di interessarmi ad una fila di scaffali traballanti pieni di vecchie cianfrusaglie.
Forse leggermente inibita dai brindisi con il saké non obiettò ed entrò in casa canticchiando a bassa voce. Aspettai ancora qualche istante prima di muovermi.
Trafficai per un po’ con gli strati di plastica incrostata di polvere, infine vidi qualcosa luccicare alla fioca luce della lampada a neon del garage.
Era lì, esattamente dove l’avevo lasciata. Il suo corpo nero e imponente sembrava darmi il bentornato.
Ginger, la moto che mi aveva regalato Matt.
Incredibilmente non aveva un aspetto troppo trascurato; probabilmente mia madre la faceva controllare e sistemare regolarmente nell’evenienza che tornassi e avessi bisogno di usarla per spostarmi, ma sinceramente non ero nemmeno sicuro di ricordarmi ancora perfettamente come si guidasse. Avevo noleggiato una moto o una macchina raramente negli ultimi anni, la metropolitana e i treni erano di gran lunga più comodi.
Ma forse mi stavo facendo tutte quelle domande solo per allontanarmi il più possibile da quel ricordo, per quanto avessi voglia di sedermici sopra. I primi periodi in cui ero a Londra avevo fatto una sorta di patto con me stesso: mi ero detto di riuscire a mettere da parte la somma esatta di quanto era costata Ginger, per poi ridare tutto a Matt, per disfarmi di quel pesante fardello, e ci ero riuscito, ma con il tempo avevo capito che molto probabilmente non l’avrei mai più rivisto, e infine avevo usato i soldi usati per pagarmi una bella vacanza alle Maldive.
Ricoprii Ginger con cautela ed entrai in casa cercando di non dare nell’occhio, e Rox non sospettò assolutamente niente.
Quella notte, però, non riuscii a chiudere occhio. Ero felice di essere tornato a casa, ma c’era ancora qualcosa che non mi faceva stare tranquillo. Era come se avessi paura di essere catapultato nel passato ed essere costretto a rivivere tutto, anche se sapevo benissimo che era solo il delirio del mio piccolo e inutile cervello da biondo.
Mi ripromisi di dover tornare a visitare i posti principali dove era successo tutto, e convincermi che ormai di quei ricordi non era rimasto niente, che il mondo era andato avanti, che io ero andato avanti.
La mattina dopo fui buttato giù dal letto con le mie orecchie che recepivano soltanto “centro commerciale”, “regali”, “shopping”, “vestiti”, e chiamatemi indovino, capii subito dove intendevano andare gli altri.
-Di tutti i posti che si possono vedere volete proprio andare a fare compere natalizie il giorno della vigilia?- dissi mentre mi appiattivo contro al finestrino della macchina che aveva noleggiato Light, in modo da non ritrovarmi gli spigolosi gomiti di Rox tra le costole.
-Certo che sì! è inammissibile non andare a prendere gli ultimi regali all’ultimo momento. È una tradizione, e tu dovresti saperlo benissimo.- urlò lei sconvolta con una delle sue note particolarmente acute, come se avessi appena bestemmiato.
-Aah, è questa la “voce del demonio” di cui ci hai sempre parlato, Mello.- disse pacifico Near che con quella corta ed apparentemente insignificante frase era riuscito a mettermi nella merda.
-Voce del demonio… VUOI SCHERZARE?!- strillò Rox iniziando a prendermi a pugni sulle braccia.
-ARGH! AAAAAAH! SMETTILA!-
-WRESTLING IN AUTO, YA-HUUUUUU!- urlò Ryuk iniziando a dondolarsi sul suo sedile come se gli avessimo appena detto che saremmo andati al Luna Park.
-Fatela finita! Quest’auto è a noleggio e devo riportarla indietro ancora intera, cretini!- si aggiunse anche Light che aveva quasi il volante in bocca per quanto aveva tirato in avanti il sedile per evitare di prendere colpi da noi.
A mettere la ciliegina sulla torta su quella scena delirante fu Ryuzaki, che improvvisamente alzò il volume dell’autoradio e si mise a cantare Eye of the Tiger senza riuscire ad azzeccare neanche una nota.
Fare shopping pre-natalizio con “la grande famiglia allargata” non fu cosa per niente semplice. Rox, che non aveva mai visto un centro commerciale così zeppo di roba scontata, correva strillando da un reparto all’altro, sparendo nei camerini con pile inimmaginabili di vestiti, mentre gli altri, che in fin dei conti conoscevano quel posto come le loro tasche, si fermavano a commentare qualsiasi cambiamento, curiosando tra i nuovi negozi. Il loro entusiasmo per il nuovo, però, non durò tanto siccome poco dopo si piantarono irremovibili nell’enorme negozio di elettronica, come sempre.
Con una fitta di nostalgia mi accorsi che il negozio di Danielle era stato sostituito da una graziosa profumeria, e vedere le pareti rosa chiaro luminose al posto degli scaffali pieni di corsetti, anfibi e borse tempestate di borchie faceva un certo effetto. Senza dare troppo nell’occhio scattai una foto e la mandai a Danielle.
“Che abominioooooo T__T” scrissi velocemente in allegato.
Non passarono nemmeno cinque minuti che il cellulare squillò e sullo schermo apparve “1 notifica whatsapp: Dani <3”
“Che bellooo, siete tornati a casa? *___* Comunque aspetta e vedrai, prima o poi riuscirò a riappropriarmi di quel negozio u.u metterò dei commessi belli quando Khal Drogo solo per voi XD”
Mi ritrovai a ridere come un coglione da solo immaginandomi Danielle che diceva quelle parole con la sua solita enfasi, e forse con l’aggiunta di qualche imprecazione.
“Sì, stiamo qui per le feste. Tu non torni? Manchi solo tu *_* (e l’idiota =__=)”
Vidi che stava subito scrivendo una risposta, e attesi trepidante. Mi sentivo uno stupido bambinetto, stavo scrivendo messaggi come se niente fosse con una persona famosa che sicuro tre quarti delle persone attorno a me idolatravano e mi sentivo la persona più figa del mondo. Eppure in fin dei conti avrei dovuto pensare che si trattava “solo” di Danielle, se gli altri avessero saputo che mi inalberavo così tanto ogni volta che la sentivo mi avrebbero preso in giro per tutto il resto della vita e anche oltre.
Arrivò la risposta.
“Spero di riuscire a tornare almeno per capodanno ç__ç ti farò sapere al più presto! Godetevi le vacanze, salutami tutti <3 ^___^”
Sarebbe stato davvero meraviglio se anche lei fosse potuta tornare, anche se chiaramente con lei non avremmo potuto fare neanche mezzo metro per strada senza che mi fermassero.
“Speriamo *_* buon tour <3”
Digitai velocemente la risposta e rimisi il cellulare in tasca per poi preoccuparmi di controllare dove fossero finiti tutti, ma non dovetti andare troppo distante.
Verso le tre del pomeriggio finalmente uscimmo dal centro commerciale con sacchi e sacchettini che rischiavano di far esplodere il bagagliaio, ma ce la cavammo lo stesso.
-Vi siete divertiti, tesoro?- chiese mia madre quando rientrammo.
-Sì, tutto a posto, come una “normale” giornata di shopping.- risposi mentre controllavo i miei acquisti con soddisfazione, e facendo attenzione a nascondere per bene il foulard che avevo preso per lei e che avevo tempestivamente già fatto incartare.
-Povera cara, è esausta.-
Mi voltai notando che Rox si era addormentata di botto appena aveva toccato il divano, non aveva nemmeno avuto il tempo di prendere un sorso dalla tazza di tè che aveva abbandonato sul tavolino.
-È incredibile la sua capacità di addormentarsi ovunque e in qualunque momento.- borbottai alzando gli occhi al cielo.
-Lasciala riposare, meglio che recuperi un po’ di energie per la cena di stasera.- disse mia madre ammiccando verso la cucina dove sentivo il borbottio di mille pentole e padelle in previsione della famigerata cena della vigilia. Sarebbero arrivati anche gli altri, mentre il pranzo di Natale l’avremmo passato tutti con le rispettive famiglie.
Ci pensai su un attimo, e decisi di prendere la palla al balzo.
-Io allora esco un attimo, ok?- dissi ricacciando tutti gli acquisti nei sacchetti e trascinandoli di sopra facendo meno rumore possibile per non svegliare Rox.
Lanciai tutto sulla scrivania e cercai di fare mente locale.
Avrei potuto prendere tranquillamente la macchina di mia madre e sperare di ricordarmi come si faceva a cambiare le marce.
Anche se… un altro modo c’era.
Ridiscesi di nuovo le scale e andai verso il garage combattuto. Una volta dentro feci passare lo sguardo tra la macchina e Ginger ancora imballata nelle plastiche.
-Ma si… se vado piano e la strada non è ghiacciata non faccio niente di male.- dissi fra me e me iniziando a togliere tutte le coperture.
Controllai che nel serbatoio ci fosse un po’ di benzina e la trovai perfettamente pronta a partire. Iniziai a rovistare nell’armadio dove solitamente tenevamo i vestiti pesanti e riuscii a ripescare un mio vecchio giaccone in pelle imbottito e un paio di guanti, e in cima sull’ultimo scaffale vidi il mio casco luccicare, quasi come se mi stesse salutando.
Aprii il portone del garage e portai fuori Ginger, sentendo piacevolmente il suo “dolce peso”, e quando montai in sella fu come se il mio culo avesse ritrovato la sua forma perfetta. Sorrisi come un ebete dentro il casco, e quando la accesi e mi salutò con un rompo profondo ero scoppiato a ridere in preda alla felicità.
Seguivo dolcemente ogni curva della strada riconoscendole ancora a memoria, cercando tutti i particolari che fino a qualche anno fa vedevo quasi tutti i giorni.
Volevo vedere quel posto ancora una volta, nemmeno io sapevo il perché, ma ne sentivo l’assoluto bisogno. Il sole era già basso ormai, e gettava sfumature arancioni o rossastre laddove le nuvole non coprivano il cielo, minacciando una nuova dose abbondante di neve.
I piccoli parcheggi per moto e motorini ora erano provvisti di una tettoia, ma erano sempre gli stessi. Esitai per un attimo davanti a quei cancelli mentre mi toglievo il casco, ma dopo essermi fatto coraggio ed essermi detto che li dentro non poteva esserci un mostro verde dai mille tentacoli mossi i primi passi.
La scuola era esattamente come l’avevo lasciata, sempre grigia e azzurra, con quegli orribili mattoni di cemento armato a vista e le finestre più alte a oblò. Era completamente deserta, tutti gli studenti dovevano essere a casa a godersi le vacanze natalizie che ricordavo di aver sempre aspettato con ansia.
Mi sembrava di rivivere quei momenti: preso dall’eccitazione, con lo sguardo sempre rivolto verso l’orologio appeso al muro che sembrava andasse all’indietro da tanto il tempo non sembrava passare. Le gomitate a Near o gli scarabocchi che ci facevamo a vicenda sulle agende per ingannare il tempo, e poi infine, finalmente, la campanella che ci faceva schizzare tutti in piedi, e allora iniziava la corsa disperata verso l’agognata libertà.
Passo dopo passo mi ritrovai nel cortile interno, immaginandomelo ancora pieno di persone che conoscevo, miei compagni di classe o semplici conoscenti, individuando i miei posti preferiti.
Le panchine di sasso, la piccola scalinata che portava allo stagno artificiale costruito nelle lezioni di scienze, l’angolino dove si facevano gli scambi clandestini di figurine, il prato leggermente in pendenza con gli alberi ombrosi.
Quel prato.
Era come guardare un film, i ricordi si sovrapponevano alla realtà, e non riuscivo a trovare il tasto “pausa”.
Vedevo il giovane Mello correre con la macchia bianca di Near alle calcagna, si gettavano all’ombra del loro albero preferito. Si spintonavano e stuzzicavano continuamente nell’attesa che venissero chiamati insieme agli altri per il solito discorso d’inizio anno.
Sapevo cosa avrei visto di li a poco, mi opposi con tutte le mie forze a quel ricordo, ma non riuscii a fermarmi.
Ecco che mi voltavo causalmente verso il piazzale, ed ecco i miei occhi spalancarsi, pieni di puro stupore. Un lampo rosso a pochi metri di distanza, accerchiato dal fumo di una sigaretta.
I nostri sguardi che si incrociavano.
Ecco che appariva il suo sorriso, ed ecco che io andavo nel panico come un deficiente.
Sbattei le palpebre e mi ritrovai di nuovo solo nel freddo cortile, a fissare come un ebete il punto in cui avevo appena rivisto Matt.
Sorrisi amaramente, dandomi dello stupido per essermi fatto soggiogare dai ricordi, ma non mi scomposi più di tanto, in fin dei conti me l’aspettavo.
-Così è questo è il teatro della tua tragedia greca.- sentii improvvisamente una voce alle mie spalle che mi fece saltare per aria quasi meglio di una cheerleader.
-Rox!- imprecai, chiedendomi subito dopo cosa ci facesse li.
Lei decifrò la mia espressione e alzò le spalle.
-Mi sono svegliata e tua madre mi ha detto dove potevo trovarti, così mi sono fatta prestare la macchina.- Si guardava intorno incuriosita –Mi sembra di essere a visitare una di quelle rovine che si studiano e si vedono sempre alla tv. Ne senti parlare talmente tanto che quando le vedi dal vivo hai addosso l’ansia.-
-Sensibile come pochi.- borbottai continuando a passeggiare.
In un certo senso vedere Rox che curiosava nel cortile delle mie ex scuole mi suscitava una certa stranezza. Il vecchio e il nuovo si mescolavano lasciandomi come stordito, era come vedere un personaggio di Super Mario all’interno di un film di Star Wars, non so se mi spiego!
Improvvisamente mi chiesi cosa ci facevamo lì, a guardare una semplice scuola che aveva ospitato mille altre storie disastrose come la mia, c’erano posti peggiori che potevano evocare quei ricordi. Eppure cosa mi aveva spinto proprio li?
Andai a sedermi proprio sul prato, al mio solito posto, su un cumulo di neve, e di nuovo fui sopraffatto dai ricordi.
Rox doveva aver notato il mio sguardo perso e si sedette accanto a me, ero talmente assorto da non calcolare nemmeno che non l’avrei mai e poi mai rivista sedersi per terra e sulla neve.
-Ero qui la prima volta che ho visto Matt.- dissi improvvisamente.
-Proprio qui?- chiese Rox guardandosi attorno meravigliata.
-Sì, ero qui con Near, e lui era appoggiato lì.- gli indicai l’albero –È come se… lo potessi vedere.-
-Sto cercando di immaginare un piccolo Mello che sbavava seduto su questo prato.- disse ridacchiando.
-Sì, non nascondo che fosse abbastanza patetico.- risposi ridendoci su anch’io.
-A volte vorrei sapere anch’io cosa si prova.-
-Non credo che tu lo voglia veramente sapere.- risposi per poi voltarmi e trovarla seria, con il mento appoggiato sulle ginocchia.
-Invece sì.- replicò lei –Credo che queste cose in qualche modo ti facciano sentire davvero vivo. Credevo che con gli anni ti dimenticassi qualche particolare o gonfiassi le cose, invece qui tutto è esattamente come me l’hai raccontato. È… incredibile.-
-Certo, ma… a che prezzo? Non poter più vivere a casa tua per il terrore di andare nel panico per la minima cosa che mi ricorda quello che è successo… Dio, mi sento come la sfigatella di Twilight.-
Stavamo ridendo entrambi quando un improvviso rumore ci fece prendere un mezzo infarto. Una delle porte secondarie si era aperta, e stava uscendo qualcuno.
-Chi cazzo ci può essere in una scuola alla vigilia di Natale?!- disse Rox che si era messa una mano sul cuore per lo spavento.
Mi fermai come se avessi appena ricevuto un’ incudine in testa quando capii di chi si trattava.
-Me’?- mi chiamò Rox non capendo.
-Aspettami qui.- risposi mentre mi alzavo e correvo nella direzione del nuovo arrivato.
Non mi ero sbagliato, e nonostante gli anni l’avessero incartapecorita ancora di più (e non pensavo potesse essere umanamente possibile) preservava sempre quella espressione che avrebbe potuto far scappare anche Arnold Schwarzenegger.
-Signora Hikari.- dissi avvicinandomi, e fu più forte di me, ma istintivamente mi preparai ad assumere la mia posizione da difesa convinto che da un momento all’altro mi avesse lanciato una spugna o un gessetto.
Sì, lei. La megera.
Lei mi guardò con aria arcigna facendomi una scansione totalbody da farmi venire i brividi, finché non mutò progressivamente espressione rimanendo a fissarmi con gli occhi sgranati.
-Mihael?- dissi con tono incerto, quasi “umano” e non gracchiante con volumi spaccatimpani.
-Sì.- dissi sorridendo timidamente.
-Che mi venga un colpo.- mormorò avvicinandosi per guardarmi meglio.
Per tutti gli anni in cui l’avevo odiata e temuta mi era sembrata peggio di Isma delle Follie dell’imperatore, ora invece vedevo solo una signora in là con gli anni un po’ irrigidita (anche se a dirla tutta era sempre e comunque brutta come la morte!).
-S…Sì, é…passato un po’ di tempo.- dissi titubante senza ancora escludere che potesse colpirmi con qualcosa. –Lei cosa ci fa qui?-
-Oh, ho dimenticato nel mio ufficio i miei occhiali. Ormai la vecchiaia e i nervi distrutti dagli strilli dei miei allievi mi fanno fare queste cose. Credevo che non ti avrei mai più rivisto. Ho saputo da tua madre che ti sei trovato più che bene in Inghilterra.- disse con aria compiaciuta e… oddio, era un sorriso quello?!
-Già, questa è la prima volta che ritorno in Giappone da quando sono partito.- risposi abbastanza spiazzato ma cercando di non darlo a vedere.
-Facciamo quattro chiacchiere se hai tempo, sono proprio curiosa.- disse battendo le mani facendomi sobbalzare.
Guardai verso Rox che se la stava ridendo bellamente sotto i baffi e mi fece cenno di andare per poi prendere in mano il cellulare e chiamare con tutta probabilità sua madre.
Iniziammo a passeggiare per il cortile.
Iniziai a raccontare come erano stati i primi periodi a Londra, spiegandogli poi che lavoro facessi e che piega avessero preso le mie giornate.
-Non posso nascondere di essere molto contenta, è raro che uno dei miei studenti faccia carriera.- disse convinta guardandomi come un sergente orgoglioso della sua recluta.
-Grazie… beh, il merito è anche suo se mi ha spinto a voler stare meglio.- dissi cercando di non arrossire; non ero decisamente abituato a sentirmi rivolgere belle parole da lei, ma del resto era vero. Se non mi avesse spronato anche lei non sarei arrivato a combinare nulla della mia vita.
-A proposito, Mihael- disse con circospezione –hai mai più rivisto…- da come parlava capii subito di chi stava parlando.
Scossi la testa.
-No, io… non ho più rivisto…Matt.- risposi aprendomi spontaneamente in un sorriso triste.
Colsi comprensione nello sguardo della signora Hikari.
-Non ho mai indagato, ma… ho sempre avuto il presentimento che il vostro fosse un legame speciale.-
-Già.- ammisi chiedendomi quanto agli occhi di tutti fosse stato visibile, e forse molta gente era arrivata prima di me a capirlo.
-Non voglio sembrarti invadente.-
-Non lo é. Non si preoccupi.- la tranquillizzai, in fin dei conti un parere in più non mi avrebbe fatto male.
-Proprio non hai più avuto sue notizie?-
-Nessuna.-
-Mh…- corrucciò la fronte –ci sono sempre state delle cose che non ho mai capito fino ad oggi su quella faccenda.-
-Quali?- chiesi accigliato.
Lei rimase per una manciata di secondi in silenzio, come combattuta sul da farsi.
-Ascolta Mihael, non voglio turbarti più di quanto tu non lo sia già stato in passato.-
-Cosa? N-no… io voglio sapere, davvero. La prego, se sa qualcosa me lo dica! Anche se non servirà a niente é… è sempre qualcosa in più.- la implorai per poi pentirmene amaramente subito dopo, dovevo essere sembrato stupido e debole.
Rimase a scrutarmi ancora per qualche istante per poi sospirare.
-Vieni con me.-
Feci cenno a Rox che sarei tornato subito e lei annuì con un cenno del capo mentre blaterava al telefono con il suo pesante accento britannico.
Seguii la signora Hikari all’interno della scuola, avvertendo quell’odore di matita temperata tipico di ogni scuola, e che non sentivo da un sacco di tempo. Ci dirigemmo verso la sala insegnanti, e ad ogni passo il cuore iniziò a battermi forte inspiegabilmente; avevo la sensazione che di li a poco sarebbe successo qualcosa.
-Per tutti questi anni non ho mai voluto dire niente nemmeno quando incontravo per caso tua madre, proprio perché non sapevo in che rapporti foste rimasti tu e Hikinori.- disse mentre trafficava con il lucchetto del suo armadio personale.
-Che vuol dire?- chiesi con la voce che mi tremava.
-Beh… forse lui era convinto che saresti tornato a scuola nei giorni dopo la sua partenza. Non credo che li avesse dimenticati per caso. Perciò credo che…- mi si avvicinò con un piccolo sacchettino tra le mani –li avesse lasciati per te.-
Mi si chiuse la gola quando presi tra le mani quel fagotto di plastica bianco leggermente macchiato dal tempo, e contai mentalmente fino a tre prima di aprirlo e sbirciarci dentro, quasi avessi paura che ne uscisse una qualche nube tossica.
Fu anche peggio quando vidi il contenuto.
Li feci scivolare fuori esterrefatto, e li soppesai con delicatezza estrema come se fossero di cristallo.
Gli occhiali da aviatore di Matt.
Non erano altri occhialini simili, erano proprio i suoi.
L’arancione sui bordi era un po’ sbiadito e gli angoli leggermente usurati, ma erano loro.
Mi si fermò il cuore e per un momento, non sto scherzando, mi sentii morire.
Perché li aveva lasciati a me? Cosa voleva dire? E io ero andato avanti senza nemmeno immaginarmi una cosa simile.
Me li strinsi al petto come se non volessi farli vedere a nessuno.
-Gra…grazie.- sussurrai.
-Tutto sommato ho fatto bene a non buttarli via.- disse tutta compiaciuta la signora Hikari.
-I-io credo che… dovrei andare.- balbettai impaziente di levare le tende.
-Certo, certo. Tra poco si inizierà a festeggiare la vigilia.-
-Beh… allora arrivederci.-
Lei sorrise.
-Arrivederci, Mihael. E buon ritorno in Inghilterra.-
-Grazie.- dissi quando era già praticamente sulla porta della sala insegnanti.
Scappai letteralmente, correndo a perdifiato lungo i corridoi e mi lanciai fuori, nel cortile, raggiungendo Rox.
Appena mi vide sbarrò gli occhi.
-Me’… perché piangi?-
Non mi ero nemmeno reso conto di avere iniziato a piangere. Non dissi niente, le diedi gli occhialini e mi misi le mani tra i capelli raggomitolandomi su una delle panchine di sasso.
-Sono i suoi?- la sentii chiedere, e io annuii in silenzio.
Erano sempre stati lì, e io non l’avevo mai saputo. Per anni mi ero dannato  e avevo desiderato avere qualcosa di suo,  una minima cosa, ed ora mi ero ritrovato fra le mani il ricordo che pesava più di tutti.
Soffocai i singhiozzi nascondendomi il viso, pensando di non essermi mai sentito così male da quando mi ero reso conto che non avrei mai più rivisto Matt sette anni prima.
-Ehi.- mi arrivò improvvisamente alle orecchie la voce di Rox.
-S-sto bene… passerà. Passera…- singhiozzai.
-No, non intendevo quello!- alzai appena la testa, e la vidi studiare gli occhialini di Matt da vicino, sembrava essere oltremodo stupita. Spostò lo sguardo su di me –C’è un biglietto incastrato in una lente.- sussurrò.
-COSA?!- mi alzai di scatto e per andare a vedere.
Non era vero, non poteva essere vero.
Rox me li porse con mani quasi tremanti, e fu quando ne studiai l’interno che notai un piccolissimo pezzetto di carta ripiegato più volte e incastrato sotto una lente. Con qualche difficoltà lo staccai e lo aprii.
Poche parole.
La sua scrittura.
Il mondo si raggelò, e io non capii più niente.
 
“Scusami, Mel. Verrò a cercarti appena potrò, te lo giuro.
Matty”




Ohohohohohohohohoh, lo so, sono una persona tanto cattiva XD
E quindi forse si può iniziare a farsi qualche domanda concreta su cosa sia successo al povero e disperso Matt, si accettano ipotesi, sono curiosa di sentire come la pensate ** 
E il povero Mello in crisi riuscirà ad indagare oppure rimarrà chiuso in casa con un pacco famiglia di fazzolettini? u.u' 
Ringrazio tanto tanto tutti i miei lettori che mi seguono sempre e che resistono all'impulso di uccidermi ogni volta che passano mesi da un capitolo all'altro, siete fantastici <3
Appuntamento al prossimo capitolo, dove, chissà, ci potrebbero essere altri chiarimenti é_è
Ciauuuuu
Raven :3
  
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