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Autore: lagunablu    10/07/2015    4 recensioni
Unima. Sono passati tre anni da quando il team Plasma è stato battuto, ma ora una grave minaccia incombe sulla regione e rischia di sconvolgere da vicino la vita di una nuova Touko. La ragazza questa volta non è sicura di potercela fare, o per lo meno non da sola.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Touko, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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        La via del ritorno

La nonna di Camilla era solita dire che l’aria frizzante spesso aiuta a schiarire le idee e giova alla mente, così la ragazza, dopo l’inconcludente incontro con Red, aveva deciso di passeggiare per la placida cittadina di Ponentopoli. La bionda stava detestando l’inverno di Unima così rigido e secco, la regione era la sua meta estiva preferita ma riguardo al resto dell’anno avrebbe preferito starsene a Sinnoh. Purtroppo ciò non le era possibile, ritornare era un’opzione da escludere a priori, le faceva male ammetterlo ma era così, troppe cose erano successe e altrettante dovevano accadere, ragione per cui vedeva profilarsi all’orizzonte una scia di tragiche catastrofi dalle quali non era del tutto sicura di riuscire ad uscirne viva. Sapeva anche di aver avuto una reazione esagerata di fronte alle parole del Campione, ma per lei la situazione era troppo tesa e non poteva permettersi sciocchi scherzi al fine di farle perdere tempo. Team Plasma, un tempo avrebbe riso a questo nome, dalla sua comoda poltrona di Campionessa e non avrebbe dato molta importanza alle loro azioni, considerandole di poco conto e inutili. Ora però non poteva più permetterselo, i “cattivi” della storia stavano vincendo e lei al posto di ridere si trovava a brancolare nel buio.
Perfino Nardo, unico suo punto di riferimento in tutta quella faccenda, era stato rapito lasciandola completamente sola e lei si rifiutava categoricamente di ascoltare le parole di Komor. Quel ragazzo non aveva la benché minima stoffa del Campione, viveva da debole, difeso dalle possenti mura della Lega e con la sicurezza che i due Superquattro rimasti, Mirton e Antemia, non lo avrebbero mai tradito. Camilla rise amaramente ritrovandosi a pensare che forse Touko non era poi così male. Poteva essere lunatica, chiusa, a volte anche impaurita, ma sicuramente avrebbe preso le redini di tutto e avrebbe tentato di sistemare la faccenda. Forse non era così però c’era gente che lo credeva e la bionda, disposta a tutto per non perdere quel barlume di speranza, apparteneva a quella frazione.
«Che sciocchezze…» le teorie sulla morte della brunetta erano quelle che più spopolavano. E poi non era stata tutta quella opposizione scontrosa a averla resa una persona così fragile?

Si strinse la sciarpa al collo rabbrividendo, tutte quelle congetture erano inutili, non le rimaneva altro che lottare con tutte le sue forza e sperare in qualcosa di migliore. Non poteva certo pretendere che la soluzione a tutti quei problemi si materializzasse sotto i suoi occhi, doveva pensare da sola ad una strategia vincente.
«Fermati ti ho detto!» un urlo la ridestò dai suoi pensieri, mentre vedeva una figura vestita in nero correrle incontro a rotta di collo.
Un piccolo Blitzle le passò svelto di fianco facendola barcollare mentre la ragazza al suo seguito cercava di raggiungerlo. Senza un minimo di grazia quest’ultima le passò affianco, spingendola distrattamente a terra, per poi continuare la sua corsa senza neanche una parola.
«Ehi si dice “scusa” in questi casi!» urlò allora Camilla non ricevendo risposta.
Si alzò di scatto e iniziò a correre nella stessa direzione di quella maleducata ragazza, senza un preciso motivo in mente. Potevano non capitare tutte a lei? E poi perché stava facendo un gesto tanto inutile? Non ne aveva idea, l’istinto le stava ordinando questo e lei docilmente obbediva. Leggermente spaesata si accorse che si stava dirigendo verso la parte nord della città, non aveva intenzione di avventurarsi nei Percorsi così accelerò la corsa.
«Su, vedrai che non è niente…» sentì sussurrare, così si avvicinò al limitare della boscaglia.
La ragazza di prima stava lì, inginocchiata a terra e con il volto sorridente, quasi in un tentativo di dare conforto al Pokémon di fronte a lei. La carnagione chiara era in netto contrasto col vestiario mentre i capelli ramati ondeggiavano alle lievi folate di vento. La parte finale della manica del giaccone era stata tagliata e ora quel lembo scuro era proteso verso la zampa del Pokémon. Questo sembrava spaventato e, Camilla ci mise un po’ a realizzarlo, perdeva sangue da una ferita vicino allo zoccolo. La misteriosa ragazza era intenta a legare la ferita con meticolosa cura quando la bionda, che incredula si stava avvicinando, pestò un po’ di secco fogliame. Blitzle si allarmò di colpo e prese a scalpitare mentre la sua curatrice di fortuna tentava di calmarlo in ogni modo possibile.
«Loro sono andati, nessuno ti farà nulla…» sussurrava soavemente accarezzando l’irto pelo del Pokémon.
«Wow… è inaspettato che un Blitzle si faccia trattare in modo così amichevole» proruppe la bionda continuando a fissare la scena.
Solitamente erano creature ribelli, difficili da catturare ed allenare.
«Oh s-si suppongo sia così…».
«Tutto apposto?» si sentiva in qualche modo i dovere di chiederglielo.
«O-ovvio… ecco volevo chiederti scusa per prima, non era mia intenzione venirti addosso in maniera così sgarbata…» la voce tremava e la ragazza non accennava ad alzare il capo.
Camilla si incuriosì maggiormente e decise di avvicinarsi al duo, ma Blitzle si dimenò nuovamente facendo arrestare la sua avanzata. Non che avesse paura, ma non voleva certamente aggravare la situazione già in precario equilibrio.
«Perdonalo, credo che d’ora in poi farà fatica a ritrovare fiducia negli umani…»
«Come mai questa affermazione sibillina?» rise Camilla, pentendosene un secondo dopo aver visto l’espressione contrita della sua interlocutrice.
«Tre ragazzi lo stavano importunando, uno gli ha legato la zampa con del filo spinato…» mormorò questa in tono lugubre.
La bionda si schiaffeggiò mentalmente per il poco tatto. Erano cose che non raramente accadevano, le persone a volte si facevano beffe dei Pokémon, così solo per puro divertimento. Era in qualche modo felice che quella strana Allenatrice fosse accorsa per salvarne uno, tuttavia quella voce, quel modo diretto di dire le cose… noncurante della reazione del Pokémon tentò di avanzare nuovamente. Aveva una strana sensazione, quella ragazza le sembrava familiare, ma non voleva prendere un granchio perciò prima indagò.
«Non hai Pokéball con te, non sei una Allenatrice?».
«Mhm dipende…» la risposta evasiva incuriosì maggiormente la Campionessa.
«Eppure te la cavi benone con i Pokémon!».
«C-credo di si…».
Perché non alzava lo sguardo? Quella mancanza di contatto visivo alterava la già irritata Camilla che continuò imperterrita ad avvicinarsi, arrivando a toccare la spalla della ragazza. Questa sussultò ma rimase immobile mentre Blitzle emetteva versi poco incoraggianti verso la nuova arrivata.
«Come ti chia…».
«Gloria!» una voce fuori campo diede il tempo alla ragazza per alzarsi e voltare le spalle alla bionda.
«Red, ehi…!» mormorò sempre tremante.
«Che colpo mi hai fatto prendere, non avevo idea di dove fossi, pensavo al peggio!».
Il corvino era sudato nonostante le temperature sottozero e aveva un’espressione sconvolta in viso, tuttavia cercava di mantenere un sorriso di circostanza per non far cogliere la nota di preoccupazione che lo stava caratterizzando. Ansava come dopo una lunga corsa e sembrava davvero sollevato, cosa che dimostrò con un forte abbraccio ai danni della ragazza. Sempre che di danni si potesse parlare.
«Scusa…» gli soffiò impercettibilmente lei all’orecchio con tono di supplica.
Quella parolina non poteva certo avere un effetto calmante nel cuore affannato del ragazzo, ma per il momento se lo fece bastare, sapeva di non dover dare troppo nell’occhio vista anche la presenza di Camilla. Erano però stati davvero dei minuti difficili, nonostante ogni pronostico la desse come situazione impossibile lui aveva davvero temuto l’ipotesi del rapimento e già cercava di raccapezzarsi per trovare una soluzione. Dentro di sé aveva pensato a più soluzioni simultaneamente, tante vie da poter scegliere, compresa quella di chiedere aiuto a personalità di spicco quali Bellocchio. Il suo sangue freddo era stato battuto da incomprensibili sensi di colpa e terrori profondi che lo avevano lasciato in mano al panico e all’agonia. Poi aver udito la sua voce era stata la cosa più bella che gli potesse succedere. Si era sentito sollevato come non mai e aveva finalmente potuto riprendere a respirare in modo normale, sorridendo come uno stupido.
«Di chi sono quelle Pokéball?» Camilla ruppe il silenzio creatosi indicando una sacca che Red aveva lasciato qualche metro indietro. Touko aveva mollato la sua borsa in fretta vedendo lo scempio che quei ragazzini stavano facendo alla povera vittima, ma questo il ragazzo non poteva saperlo.
I due si sciolsero dall’abbraccio e la ragazza, che ora più che mai incuriosiva la Campionessa, alzò timidamente il braccio. Era arrivato il momento, ora o mai più.
«Avevo ragione sei un’Allenatrice!».
«Sì, probabilmente non lo sai ma io e te ci siamo già battute» era la prima frase che diceva senza tremare, alzando il capo.
Era il momento, non poteva tergiversare ulteriormente. Se avesse perso anche quell’ultima possibilità non ce ne sarebbero state altre, ne era consapevole. Aveva già fatto un gran passo ad arrivare fin lì e non doveva tirarsi indietro proprio in quel momento; doveva dare un taglio a quell’insensata paura e compiere quel piccolo gesto. “Stai chiedendo solo un misero consiglio” ma nonostante si ripetesse quelle parole all’infinito il terrore che l’atterriva non accennava a svanire. Cercò disperatamente il coraggio che ormai da tempo non possedeva più, convincendosi a svelarsi alla bionda una volta per tutte, dopo sarebbe finita quella pesante tortura.
«Oh beh io non posso ricordarmi di tutti i miei sfidanti m-» mormorò la bionda prima di essere interrotta.
«Touko!» .
Quel nome, urlato come se fosse una maledizione, per la ragazza fu difficilissimo da pronunciare. Sentì le gambe molli ma non desistette e mantenne alto lo sguardo, si stava togliendo un grosso peso, ora le cose forse sarebbero state in discesa, Camilla le avrebbe detto che andava tutto bene e lei avrebbe potuto tornarsene tra i monti. L’occhiata che l’altra le scoccò però abbatté in un secondo tutte quelle ridicole speranze. Nel cuore della bionda quella parola era stata come un grosso pugno, una pugnalata alla schiena, un boccone troppo amaro. All’inizio aveva faticato a capire ma, collegando i fatti, la cosa risultava ovvia ed anzi si era data della stupida a non averlo capito prima. La presenza di Red, l’affinità con i Pokémon e quel suo fare evasivo, erano tutti indizi che potevano riportare ad una sola persona. Quando Touko si tolse la parrucca e occhiali rivelandosi per ciò che era, Camilla trasalì ancor più se possibile. Erano mesi che non vedeva quel viso, tutto quel tempo a credere nella sua morte ed ora eccola qui. Non poteva certamente dirsi contenta, ma per qualche frazione di secondo provò a cercare le ragioni che avessero spinto quella ragazza a fare un simile gesto, parzialmente ancora misterioso per lei. Poi però un senso di disgusto la investì e si sentì presa in giro come mai nella vita. La ragazza aveva tradito tutti, se ne era fregata ed era sparita, lasciando la regione in mano al niente più assoluto e dando così via libera ai Plasma. Un menefreghismo così grande era insopportabile per la bionda che mai avrebbe pensato di agire come la sua ex collega, come poteva ora ripresentarsi dopo i danni fatti?
Scattò, mossa da odiosi pensieri, e tirò un poderoso schiaffo nella guancia della brunetta che divenne immediatamente rossa. Stranamente ella non parve affatto turbata, sembrava anzi che si aspettasse un simile gesto e per una frazione di secondo Camilla credette quasi che lo desiderasse. Era un déjà-vu, se nello sfondo ci fosse stato il mare al tramonto la scena sarebbe stata identica a quella di mesi prima a Spiraria. Niente di più falso, mentre quella volta la reazione di Touko era stata un misto tra apatia e noia questa era totalmente diversa. La ragazza stava difatti sorridendo, aveva inclinato leggermente la testa verso sinistra e infine aveva esclamato un “grazie” sempre con quel vago e amaro sorriso.
«Hai fatto bene…!» continuò lei ma la bionda non la sentiva, persa tra mille pensieri.
Cosa stava succedendo? Chi era quella ragazza davanti a lei? Sfregio, rabbia, apatia, o una qualsiasi emozione, questo doveva aspettarsi dalla vera Touko ma non quel sorriso scialbo e quel viso falsamente sereno. La osservò meglio, sembrava dimagrita di poco e decisamente più pallida, leggere occhiaie le marcavano gli occhi socchiusi e acquosi mentre le labbra screpolate mantenevano quell’espressione senza significato. Tutto di lei dava l’impressione di una stanchezza infinita, associata ad una tristezza che pochi potevano capire ed il tutto era maggiormente marcato dalle spalle lievemente ricurve e le mani tremanti. Cosa poteva provare una persona come lei, odiata da molti e probabilmente anche da sé stessa? Quanto doveva aver lottato per rimettere piede ad Unima? Ma soprattutto quanto aveva sofferto e continuava a soffrire, trattenendo dentro sentimenti troppo amari per poter essere ascoltati?
No, non si sarebbe mai fatta impietosire, poteva sorriderle quanto voleva ma la Touko codarda non era scomparsa, la parte peggiore di lei era lì e aveva preso il sopravvento sul resto. Troppe cose aveva fatto, troppi sbagli per poter essere perdonata e Camilla, seppur a malincuore, si impose di non cercare di capire quello scialbo fantasma che era diventata la brunetta.
«Red, da te una sorpresa del genere non me l’aspettavo…» mormorò chiamando in causa anche il ragazzo, che era rimasto a fissare la scena impotente.
Seguirono attimi di straziante silenzio, poi l’ex Campionessa accennò l’ennesimo sorriso e, seppur torturandosi le mani, si sedette a terra.
«Immagino tu sia curiosa e voglia una spiegazione!».
«Credo che me la dobbiate…» rispose aspramente lei, poi d’impulso aggiunse; «sappi che, qualsiasi cosa tu mi dica, non mi farà cambiare idea…».
«Riguardo a cosa?».
Camilla diede un’ulteriore occhiata al volto sfatto sella ragazza, volò con la mente a tutte le tragedie avvenute a causa della sua assenza e respirò a fondo.
«Per me tu rimani l’essere più disgustosamente vigliacco che io conosca».
E dopo questa dura affermazione si sedette a sua volta, mentre quelle odiose parole andavano a scontrarsi con l’ormai inerme cuore ghiacciato di Touko che simulò un altro sorriso ed iniziò a parlare.

 

 

L’Atelier di Austropoli era il posto più ridicolo in cui Adelaide avesse mai messo piede. Le pareti erano tappezzate di foto ritraenti modelle in abiti succinti e pose plastiche. Erano tutte identiche, capelli lunghi in acconciature che sfidavano le leggi della gravità, fisici asciutti e per la maggior parte ossei e un trucco pesante che risaltava sui quei giovani volti come una maschera. Anche i Pokémon a loro vicini erano artefatti, pieni di nastri, polvere luccicante e ridicoli accessori. La ragazza non si era mai interessata alla moda, come avrebbe potuto d’altronde, e questo suo disgusto la rendeva ancor più insofferente all’ambiente circostante. D’altro canto lei era lì per Ghecis e non poteva dunque permettersi di lamentarsi, era già un miracolo che l’uomo l’avesse chiamata visto che era qualche settimana che non lo vedeva di persona. Il Re dei Plasma guardava distrattamente quelle immagini, più attento però alle reazioni della sua sottoposta.
«Che ne pensi?» chiese direttamente.
«Non capisco il motivo del mio essere qui, signore…» rispose lei cercando di non far trapelare il fastidio e la noia.
«Ahah, volevo mostrarti la mia ultima scoperta in realtà».
La bionda non si spiegava il motivo del tono ilare dell’uomo ma non fece domande e lo lasciò continuare.
«Guarda che esseri superficiali stiamo diventando, una volta questo Atelier esponeva manoscritti, leggende e non cose tanto inutili!».
I due passarono davanti al bancone dove un omino tremante li fece passare nella seconda stanza. Sorprendentemente in questa le pareti erano vuote. Solo in fondo, nel muro più lontano, stava appeso un qualcosa che Adelaide non riusciva ad identificare.
«Ricordi quel manoscritto che mi portasti da Roteolia?».
La ragazza annuì, aveva ucciso un tale per ottenerlo, ma ne era valsa la pena vista la felicità del suo capo nell’averlo fra le mani. Non aveva idea del contenuto ma qualcosa le suggerì che da lì a poco lo avrebbe scoperto.
«Non poteva essere sicuro della veridicità del documento, poteva essere un falso. Ho mandato i migliori ricercatori per trovarne una copia e alla fine la mia pazienza è stata ripagata!» l’uomo sembrava felice, il suo atteggiamento era nettamente diverso rispetto al solito.
«Ricordo che parlava di qualche vecchia leggenda di Unima…».
«Esatto, tutti conoscono la storia dei leggendari, ma il “prima”?».
Adelaide non capiva. Non aveva avuto la fortuna di frequentare una scuola per Allenatori né conosceva tanto bene le leggende che circolavano.
«Prima, mia cara, c’era dell’altro. Agli albori esisteva due fratelli che crearono questa regione con l’ausilio di un solo e potente Pokémon. I due litigarono, uno voleva un mondo di ideali e l’altro di verità, così il Pokémon si divise negli oggi conosciuti Reshiram e Zekrom. Ti è chiaro?».
L’uomo aveva snocciolato una leggenda che alla bionda era completamente ignota. Un solo Pokémon Drago, la ragazza si immaginò la grande potenza che questo essere doveva aver avuto in passato e intuì le intenzioni di Ghecis.
«Conta di riportare questo antico Pokémon in vita, signore?».
«Esattamente, ho il rituale e, grazie alla presenza di N, Reshiram è in mano nostra. Manca solo Zekrom e poi, con l’immenso potere ricavato, potremo dirigersi in altre regioni!» l’uomo parlava in tono sognante, «pensa a questo Pokémon, un re praticamente…».
Adelaide sorrise fomentata da quelle parole ottimistiche. Ormai Unima sarebbe caduta nelle loro mani, la tattica del loro capo non aveva falle e la mancata presenza di Touko aveva giocato a loro favore. Restavano pochi passi e poi sarebbero definitivamente saliti al potere, una volta presa la Lega non ci sarebbero più stati grossi ostacoli.
«Come riusciremo a prendere Zekrom? La sua Allenatrice sembra scomparsa…» propose cautamente la bionda.
«Senza un eroe il leggendario tornerà sotto forma di Scurolite nella Torre Dragospira. Non mi stupirei di trovarlo lì quando ci recheremo per il rito» per l’uomo era ormai una cosa già fatta; «per quanto riguarda mio figlio, ottimo lavoro!».
«C-che intende dire signore?».
«Il lavoro di persuasione su di lui ha avuto ottimi risultati e un po’ di merito va anche a te. Continua così, ricorda che è imperativo che non abbia ripensamenti… per quanto naturalmente mi fidi del macchinario di Zania».
«Senza scrupoli, signore! Il nostro Principe è un gran credulone…» esclamò lei.
Quelle parole tuttavia le provocarono una fitta non trascurabile al petto, in corrispondenza del cuore. Ma cosa andava a pensare? Non poteva dubitare di sé in quel momento, N era solo un mezzo per entrare nuovamente nelle grazie di Ghecis e lei doveva andare avanti così, zero ripensamenti.
«Mi piace il tuo modo di ragionare!» rise soddisfatto l’uomo; «bene questo è tutto».
Captato il congedo Adelaide si inchinò ed imboccò l’uscita, ancora frastornata. Non era il tipo da sensi di colpa o pentimenti eppure trattare in quel modo N… Cos’era quelle felicità unita ad un terribile rimorso che la prendeva quando era in sua compagnia? Scosse violentemente la testa, non voleva pensarci, era troppo stanca. Percorse dunque qualche via secondaria per dirigersi all’appartamento nel quale alloggiava, ma, non senza sorpresa, si trovò di fronte ad un vicolo cieco. Si perdeva spesso, questa era la realtà. Fece per tornare indietro quando sentì uno strano rumore provenire da uno dei cassonetti all’angolo. Senza tante remore lo aprì, tappandosi il naso per l’odore. Al suo interno c’era un bambino, era impossibile dargli un’età vista la magrezza, ma non doveva aver superato i dieci anni. Stava rovistando tra i sacchetti alla ricerca di qualcosa, evidentemente cibo visto il suo sguardo famelico. Non ci mise molto ad accorgersi di essere osservato e girò quel volto emaciato verso la nuova arrivata. Questa lo fissava spaventata, come se avesse visto un fantasma; sentiva le ginocchia tremare e non riusciva a togliersi dalla mente scene appartenenti al suo passato.
«Signorina, avrebbe qualcosa da darmi…?» la fame a volte supera la paura, nonostante il bambino avesse riconosciuto benissimo l’uniforme dei Plasma si era esposto.
Adelaide non muoveva un muscolo, quella non era la giornata giusta. Prima i dubbi su N e ora questo, era esausta, avrebbe voluto prendere e fuggire da quella situazione come spesso faceva. No, lei era il futuro braccio destro di Ghecis, avrebbe spazzato via i nemici come formiche, il suo futuro di vittorie l’aspettava e lei non poteva permettersi la strada della bontà. Sarebbe stata la migliore e non avrebbe perso di vista il suo obbiettivo, non doveva cedere a partire da quel bambino, ironica finestra sulla sua triste infanzia.
«La prego…» la supplicò flebilmente la creaturina, ma lei non mollò.
«Se vuoi vivere diventa una recluta, altrimenti c’è la strada dei perdenti…» mormorò in tono freddo e, lasciato il piccolo nella confusione più totale, si allontanò a grandi falcate, ripetendosi le parole di Ghecis come un mantra.

 

 

 «E questo è tutto…!» Touko aveva mal di gola a forza di parlare, aveva passato l’ultima ora a raccontare ogni avvenimento fino a quel giorno.
«Come pensavo, ciò non mi fa cambiare opinione…» mormorò Camilla con tono duro.
Aveva ascoltato attentamente le parole della brunetta, ma nonostante questo le sue idee non erano cambiate. Certo, ammetteva che non doveva essere stato facile per la ragazza passare tutti quei brutti momenti, ma era comunque sbagliato il modo in cui li aveva affrontati e questo non poteva perdonarlo. Lei era ancora lì a combattere, era ovvio che la strada della fuga fosse più semplice eppure lei non aveva mai mollato. Touko invece lo aveva fatto con estrema facilità e ora non poteva tornare sperando che tutto si fosse sistemato da solo.
«Già…» sussurrò rispondendo ai suoi pensieri, «perché sei tornata?».
«Avevo bisogno di una mano» non c’era emozione nella sua voce.
«Per fare cosa?».
«Ecco io… volevo una tua consulenza. Speravo potessi dirmi cosa fare…».
La brunetta non capiva perché, dicendolo ad alta voce le sembrava una cosa così stupida. Era venuta per quello no? E in cosa consisteva il “quello”?
«Ahah, e tu ti aspetti che io ti dica cosa di preciso…?» Camilla stava ridendo senza ritegno, quasi sprezzante.
«Beh se…» già, cosa si aspettava?
La bionda capì e se possibile rimase ancor più stranita. Quella ragazza era debole, senza spina dorsale, totalmente incompatibile con una come lei tant’è che si sorprese di esserle stata amica in passato. Forse un tempo aveva abilmente coperto questo lato del suo carattere ma ora che veniva fuori la Campionessa non poteva far altro che rimanere disgustata. La scintilla che tempo addietro aveva intravisto nel suo sguardo era stata solo un fugace miraggio.
«Tu sei venuta qui sperando che io ti dicessi cosa fare!» quella che voleva essere una domanda divenne un’affermazione.
Touko annuì. Sì, era così, aveva sperato fino all’ultimo che qualcuno la potesse sorreggere e guidare, ma solo ora si rendeva contò di quando stupida era stata.
«Ma sai cos’è la cosa peggiore?» Camilla stava alterando la voce «tu stai sperando che io ti dica che va tutto bene e che non devi far nulla!».
Quelle parole che la ragazza aveva sputato come veleno fecero alla malcapitata un effetto disastroso. Perché doveva essere così dannatamente debole e paurosa? Cosa credeva di ottenere, nessuno poteva fare quella precisa scelta per lei, questo era indubbio. Stava al suo cuore decidere se rimanere e lottare o tornare nell’ombra, eppure aveva pregato che le si potesse dare una mano. No, quelli erano problemi che doveva risolvere da sola, anche se palesemente non ne era in grado. Non poteva pretendere che qualcuno allungasse la mano per tirarla fuori da quella voragine, non esisteva nessuno in grado di farlo perché ormai lei si era convinta del peggio. Era una strada del non ritorno, si faceva schifo da sola. Soppresse le lacrime con un altro sorriso, si sentiva ridicola.
«Se proprio vuoi… resta» la bionda lo aveva detto in modo inflessibile, ma qualcosa nel suo cuore si era mosso. Non era bello vedere una persona provare una sofferenza tanto grande.
«N-non posso!» rispose l’altra pur rimanendo immobile, «tu hai ragione, io ho sperato che tu mi dicessi di andarmene, ma…».
Non ce la faceva, era troppo. Si sentiva così inutile, avrebbe fatto morire altra gente per la sua incapacità. Avrebbe dovuto rimanere a casa…
«Devi smetterla di crederti quello che non sei e cominciare a vivere. Trova il tuo obbiettivo, nessuna azione passata è così sbagliata da rendere una persona così debole, devi continuare a rialzarti anche se farà male! Dovrai soffrire ma nessuno può permettersi il lusso di smettere di avanzare!» la bionda era fuori di sé mentre l’altra la guardava sorpresa, «non so cosa ti passi per la mente, probabilmente non comprenderò mai ciò che hai passato, ma questo non cambia le cose. Non puoi fari scudo con la tua sofferenza, è da vigliacchi, questo sentimento dovrebbe essere per te motivo di riscatto!».
Era strano, ma ora quei pensieri pessimistici nella testa delle brunetta si erano bloccati, c’era nuovamente quel rimasuglio di forza che non le permetteva di sprofondare completamente, nonostante avesse voluto non ci sarebbe riuscita. Le dava fastidio. Non il giudizio di Camilla, non quello di tutta la regione né quello di N. Si dava fastidio, provava orrore nei suoi confronti perché stava mollando e solo ora se ne rendeva veramente conto. Quando il pensiero di poter continuare ad andare avanti le era balenato in mente aveva faticato ad accettarlo ma ora era il suo nutrimento, la sua ancora. Non sapeva come né perché ma era importante conservare quella piccola fiammella, non sarebbe stata capace di tornare a Mogania, avrebbe passato il resto della sua esistenza ancora peggio che in passato. Doveva smettere di crogiolarsi nell’auto commiserazione, era una cosa schifosa, non poteva più rimanere in quel limbo, doveva reagire per sé, perché solo così avrebbe smesso di farsi del male. Non le importava di morire nel tentativo, la sua morte sarebbe stata tornare alla vita passiva, alzando la testa avrebbe finalmente ritrovato la vecchia Touko e avrebbe messo fine a tutto quel dolore che non le dava mai pace. Perché era l’unica cosa che sapeva fare, combattere, era l’unica cosa che la rendeva in qualche modo fiera di sé; sapeva di essere stata una delusione ma non poteva nuovamente farsi abbattere da ciò. Se voleva riscattare ciò che era stata, quella era l’unica via. Se per il mondo non fosse andato bene ciò tanto meglio, d’ora in poi avrebbe preso le decisioni per sé.
«Camilla, dove sono i tuoi Pokémon?» non poteva perdere tempo, a momenti la parte codarda avrebbe ripreso il sopravvento, doveva sfruttare quell’attimo di coraggio finché le era possibile.
«Ancora in mano ai Plasma, è per questo che non sono mai tornata a Sinnoh…».
«Hai una vaga idea di dove si trovino?».
La sua testa era ormai nella confusione più totale ma sentiva di averne bisogno. Necessitava di passare all’azione anche solo per un glorioso minuto, desiderava poter dire che almeno ci aveva provato e non aveva mollato al primo ostacolo.
«Beh, Austropoli è diventata la loro base quindi suppongo lì. Dalle informazioni consegnatemi da Bellocchio anche Nardo potrebbe trovarsi lì».
“Una volta trovato Nardo potrai scoprire dove tengono Belle e poi avrai fatto la tua parte” pensò rincuorata la brunetta. Effettivamente il suo più grande rimpianto era quello di aver lasciato l’amica da sola e ora che era stata rapita la situazione non faceva altro che peggiorare i suoi sensi di colpa.
«Touko che hai in mente? Entrare ad Austropoli è praticamente impossibile! Equivarrebbe ad un suicidio!» Red, che era stato in silenzio fino a quel momento, provò a ribellarsi intuendo le intenzioni della ragazza.
«Sono convinta che Camilla si sentirebbe meglio a riavere i suoi Pokémon e la regione sarebbe pure in buone mani con Nardo a piede libero!» continuò imperterrita la brunetta.
Il corvino le si avvicinò celermente per parlarle all’orecchio senza farsi sentire.
«Non è per questo che siamo venuti qui, se Ghecis ti scopre scoppierà il putiferio e lo sai…» non capiva il motivo di tanta preoccupazione.
Non era forse stato lui a fare di tutto per convincerla a tornare? Che persona incoerente stava diventando, la compagnia di Touko non faceva che destabilizzarlo.
«Se Nardo viene liberato io divento inutile e noi potremmo tornare in pace a Mogania» aveva davvero utilizzato il “noi”?
Tutte le attenzioni di Red non la infastidivano di certo ed anzi era più che felice di averlo al suo fianco, le dava sicurezza.
Dalla sua il corvino sorrise lasciandole un veloce bacio sulla guancia, cercando di non farsi notare da Camilla, inutilmente.
«Starò attenta…» mormorò lei pur non riuscendo a reagire a quel gesto.
«Potresti spiegarmi che significa tutto ciò, Touko?» alzò la voce la bionda per farsi sentire.
«Red sta per raggiungere la Lega e trattare un po’ di ospitalità!» la sua non era una decisione semplice ma aveva abbozzato un piano e questo le bastava.
«E tu vorresti infiltrarti nel cuore dei Plasma? Lì non si hanno possibilità di fuga…».
«Oh, usa il plurale, noi ci infiltreremo e so anche come!» continuò a sorridere la brunetta non dando troppo peso alla frecciatina.
Stavolta non avrebbe fallito, si sarebbe impegnata con tutta sé stessa e i risultati l’avrebbero liberata da tutti quei pesanti rimorsi. La bionda dalla sua non era spaventata ma le sembrava comunque un’azione troppo rischiosa per solo due persone. Red non le avrebbe aiutate e ci sono casi, come quello che stavano per affrontare, che richiedevano l’aiuto del più grande Allenatore in circolazione. L’unico pensiero che la sollevava era la remota possibilità di poter riabbracciare la sua squadra e decise di provare a farselo bastare. Così, mentre seguiva quella ragazza a cui aveva dato i peggiori insulti, Camilla pensò che sua nonna aveva proprio torto. L’aria della mattina ammattisce le persone.

 

 

Quando c’è qualcosa che puzza solitamente si dice “odore di fogna” per riferirsi ad una percezione disgustosa, ma per Camilla le fogne nelle quali stavano passando lei e Touko erano qualcosa di così putrescente, maleodorante e nauseante, che il detto popolare sembrava al confronto una sciocchezza. Una via alternativa lo era certamente, nessuno avrebbe avuto un’idea tanto stupida. Il pensiero che la sua accompagnatrice, si asteneva dal chiamarla amica, fosse cambiata così da un momento all’altro non la sfiorava minimamente, ma era comunque ammirata dal tentativo che stava facendo. Era sì una totale pazzia, ma se poteva portarle a qualcosa di concreto allora le andava bene.
«A momenti saremo arrivate, ti consiglio di tirare fuori la Ball che Red ti ha gentilmente prestato…» era una delle poche frasi che la ragazza aveva detto durante l’intero tragitto e alla bionda dava fastidio.
«Era ora, speravo in qualcosa di meno lungo!» l’esclamazione rimase senza risposta.
Svoltarono l’ennesimo vicolo di quello schifoso paesaggio, accostavano il reflusso verdognolo del canale fognario, anche se il pavimento sopra il quale stavano camminando non era nelle migliori condizioni. Col muschio presente non ci avrebbe messo molto a cadere, magari in un attimo di disattenzione e non ci teneva affatto a farsi un bagno in quella che sembrava più melma radioattiva. Si riscosse sentendo un altro colpo di tosse, la brunetta ne aveva fatti molti durante l’intero tragitto, evidentemente non stava bene.
«Prova a tossire più forte così magari riescono a scoprirci!».
«Sapevo che l’aria metropolitana non mi avrebbe fatto bene…» mormorò irritata Touko tossendo.
«Che intendi?» la curiosità della bionda era stata stuzzicata.
«Mettiamola così: sopravvivere ad un incendio che distrugge un’intera cittadina a volte porta anche delle conseguenze».
Durante il periodo passato a Mogania si era quasi dimenticata dei danni che i suoi polmoni avevano subito. L’aria di quella cittadina era pulita e ciò aveva giovato alla sua tosse, ma tornare alla civiltà era stato un duro colpo. Non amava lamentarsi ma se fosse entrata in una delle sue crisi allora non ci sarebbe stato molto da fare.
«Uff… avrei dovuto ascoltare Red e portarmi qualche rimedio…» mormorò più a sé che ad altri.
«Ah già. Cosa c’è di preciso tra te e Red?» Camilla si era tenuta dentro quella domanda da quando li aveva visti ma ora non poteva più trattenersi.
«C-cosa?» l’altra sembrava spiazzata.
«Il tuo atteggiamento conferma i mie sospetti…».
«Ma smettila!» troppo tardi Touko si accorse di aver urlato a voce troppo alta.
Il suono rimbalzò da una parete all’altra, diffondendosi con un fastidioso rimbombo. Questo non andava bene, erano ormai vicine all’uscita e se ci fossero state delle guardie, come sarebbe dovuto essere, allora non sarebbero rimaste nascoste a lungo.
«Ehi, là in fondo c’è qualcuno!» urlò una voce sconosciuta.
Bingo, le avevano scoperte. Ora non restava che sperare che fossero in pochi, ma Touko non ci faceva molto affidamento, era pur sempre una delle poche entrate libere della città e sicuramente doveva essere salvaguardata.
«Prepariamoci…» sussurrò allora, sentendosi una specie di Capitan Ovvio.
Dal tunnel di fronte a loro, quello che avrebbe dovuto portarle all’uscita, sbucarono quattro reclute, le Pokéball in mano pronte per essere usate.
«Quella è Camilla, la Campionessa di Sinnoh!» urlò una e Touko rimarcò nella sua mente il concetto “Capitan Ovvio” di prima.
«Forza, se la porteremo a Ghecis potremmo avere una promozione!».
La brunetta sospirò sollevata, aveva fatto bene a rimettere la parrucca così almeno non avrebbero potuto riconoscerla. Di problemi ce n’erano già, primo fra tutti la minoranza schiacciante nella quale si trovavano.
«Direi che siamo in netto svantaggio, non sarà facile…» biascicò nervosa la brunetta.
«Se qualcuno non avesse urlato forse non ci avrebbero scoperti!».
Un violento fascio di luce passò accanto a loro, distruggendo la parete. L’attacco Iper Raggio da parte del Watchog nemico le aveva mancate di poco, ma certamente non potevano star lì a non far nulla. Le avevano attaccate velocemente, volevano eliminarle in fretta, segno che perlomeno nei paraggi non ci sarebbero state altre brutte sorprese ad aspettarle.
«Un altro, forza!».
Questa volta Touko fu più veloce, scattò di lato portandosi dietro Camilla che dal suo canto sembrava più scioccata che altro. Ingaggiare una battagli senza che gli avversari avessero i loro Pokémon a disposizione era da vili imbroglioni.
«Comunque è colpa tua, dici cose senza senso altrimenti non avrei urlato» le bisbigliò la brunetta all’orecchio riscuotendola dai suoi pensieri.
«Allora c’è davvero qualcosa!» non poteva trattenersi.
«Iperzanna!» la seconda recluta attaccò.
«Samurott intercettalo con Conchilama!».
Con una velocità impressionante la ragazza aveva estratto la Ball e ora il Pokémon stava facendo loro da scudo. La forza dell’attacco fu impressionante, tanto che Watchog fu costretto ad arretrare. Le altre due reclute stavano ferme, non sembravano ancora intenzionate ad attaccare ma guardavano con interesse la lotta, studiando eventuali strategie. La cosa preoccupò maggiormente Touko, dovevano sveltirsi o non ne sarebbero uscite vincenti.
«Invece di dire cavolate perché non mi dai una mano?» urlò così alla compagna.
Lo sbattere di ali dietro di lei le fece capire che il possente Charizard di Red era pronto allo scontro.
«Lanciafiamme!».
Il calore dato dalla fiammata si propagò velocemente all’interno di quello stretto canale fognario e la brunetta sentì la pelle che iniziava a scottarle. Fu Samurott a mettersi accanto a lei ed a esercitare un debole getto d’acqua per alleviarle il leggero bruciore. La ragazza sorrise di fronte a quel gesto così affettuoso e si apprestò ad attaccare. Non ce ne fu bisogno, uno dei due Watchog aveva caricato e si stava avvicinando a balzi, puntando dritto a Touko con Iperzanna, evidentemente ferire gli Allenatori era lecito per i Plasma visto che anche Adelaide tempo prima aveva attentato alla sua vita. Il Pokémon Dignità rispose con un preciso Idrocannone, facendo sbattere il nemico contro la parete opposta.
«Turbosabbia!» esclamarono all’unisono le due reclute in campo.
Troppo tardi la brunetta si accorse del pericolo che correva. La sabbia, oltre a togliere visibilità, rese l’aria irrespirabile per i deboli polmoni della ragazza. Sentendosi soffocare iniziò a tossire in preda all’ansia più totale. No, doveva rimanere lucida e sbarazzarsi il prima possibile di tutta quella polvere.
«Sbatti le ali il più forte possibile…» Camilla le era a fianco mentre il Pokémon di Red la salvava da una situazione non del tutto rosea. La sabbia si diradò, ma com’era da aspettarsi la tosse non smise subito.
«Liepard, Sbigoattacco!» anche la terza recluta aveva iniziato a combattere mirando proprio a lei che si era appoggiata ad una parete per rimanere in piedi.
«Intercettalo con Attacco D’ala».
Charizard bloccò l’attacco con una facilità disarmante mentre la bionda le si avvicinava maggiormente e le dava all’altra qualche pacca sulla schiena.
«Non posso permettere che il grande amore di Red muoia così…».
«F-finiscila…!» rispose Touko tra un colpo di tosse e un altro, pur sorridendo divertita.
Nonostante le pessime condizioni in cui versavano la ragazza dovette ammettere che si stava divertendo. Quando era Campionessa prendeva ogni sfida come un dovere personale, un lavoro al quale non poteva sottrarsi volente o nolente e questo le aveva fatto perdere col tempo la voglia di allenarsi. Ad ogni lotta rimaneva concentrata e inflessibile, ordinando ai suoi Pokémon mosse che seguivano sempre le stesse strategie e non trovando il minimo svago in ciò che faceva. A Mogania però, in tutta quella calma in cui era immersa, le era riuscito naturale tornarsi ad allenare e aveva fatto ottimi passi avanti, era sciolta e più in sintonia con i suoi compagni, aspetto che nei mesi precedenti era venuto a mancare. Aveva visto la forza della sua squadra aumentare in modo impressionante, perciò non era preoccupata riguardo all’esito dello scontro.
«Liepard, vieni fuori!» la quarta recluta fece la sua mossa.
«Non hanno una grande fantasia queste reclute in fatto di Pokémon…» mormorò Camilla mantenendo una posizione di difesa.
Gli avversari le stavano accerchiando, non c’era possibilità di fuga e la bionda aveva avuto modo di vedere la violenza dei loro attacchi. Le reclute sembravano ridere sornione, avevano già stampato nei volti un sorriso tra il beffardo e il vittorioso.
«Ragazza bionda, se eri venuta fino ad Austropoli per i tuoi Pokémon…».
«Sappi che potrebbero già non essere più vivi…».
«Come te tra poco!» finì la frase il terzo.
Camilla tremò. Non era possibile, non poteva aver perso la sua squadra. Era tutta colpa sua, avrebbe dovuto muoversi prima anche a costo di agire da sola, ma la paura l’aveva bloccata per troppo tempo.
«Nessuno sa che effetti facciano gli esprimenti condotti dentro i laboratori!» esclamò la quarta recluta allegramente.
«Mostri… mostri vigliacchi!» la bionda fu accecata dalla rabbia e con uno scatto da velocista fu addosso alla seconda recluta, unica donna del gruppo, atterrandola in un secondo.
Le sue braccia si muovevano da sole tirando pugni al volto della malcapitata vittima. Il suo buonsenso e sangue freddo erano stati cancellati dalle terribili parole degli avversari. Tuoko riusciva a capirla, dopotutto l’amica era sempre stata una persona calma e riflessiva, una notizia così però avrebbe potuto sconvolgere qualsiasi persona. Una delle reclute, quella che sembrava più ben piazzata, la prese per i fianchi sollevandola di peso e tenendola a mezz’aria. La bionda scalciava ma non sembrava avere speranze di liberarsi.
«Ora… attacchiamo tutti assieme!» esclamò tronfiamente la prima recluta.
«Guarda Campionessa di Sinnoh, osserva bene la tua amica morire!» gracchiò quella che era stata colpita dall’ira della ragazza, poi le passò vicino sputandole in faccia un misto tra sangue e saliva.
Intanto i Pokémon avversari stavano stringendo il cerchio attorno a Touko che a malapena si reggeva in piedi. Non era spaventata, stava riflettendo sul da farsi anche se vedeva poche possibilità di sopravvivere a quell’attacco combinato. Con molta probabilità sarebbe stata investita da quattro Iper Raggio contemporaneamente anche se non era esattamente l’idea più allettante per una morte.
«Forza, tutti Iper Raggio» urlarono all’unisono le reclute, in un quadretto che alla brunetta pareva patetico e ridicolo allo stesso tempo.
«Scontati… oggi sarà qualcun altro a perire in questo scontro…».
Se si fosse potuta vedere non si sarebbe riconosciuta. Chinata a terra, intenta a tossire e scuotere la testa, sembrava così debole e vinta. No, questa non era l’impressione che aveva dato ad una recluta, quella che tra tutte sembrava la più anziana. L’umo infatti indietreggiò di un passo, sconvolto dal tono lugubre dell’avversaria e dal suo sguardo fuori dall’ordinario.
«Questa è follia…» biascicò incredulo.
Camilla percepì questa frase, così incomprensibile in un momento simile, poi si disperò. Touko non sarebbe riuscita a salire in groppa a Charizard in tempo e non aveva delle difese abbastanza potenti per tener testa ad un attacco di simile portata. Se non si fosse allontanata avrebbe potuto aiutarla o perlomeno morire con lei, invece ora affrontava tutto da sola, la bionda avrebbe visto la sconfitta definitiva della vera Campionessa di Unima. Fece in tempo a sentire una lacrima solcarle la guancia quando un grido straziante le perforò i timpani e il buio completo l’avvolse.

 

 
La Cioccolateria di Guna

Giorno strano per pubblicare, che mai starà succedendo? Niente di che, parto per due settimane e questo capitolo andava pubblicato. È il più lungo mai scritto, sono quasi 7000 parole gente, spero non vi abbia annoiato, ma vi avevo promesso un poco di azione ed eccovi serviti! Non sono del tutto soddisfatta anche perché l’ultima parte è stata scritta ieri e io solitamente finisco il capitolo 5 giorni prima della pubblicazione per poterlo sistemare (dalle cretinate che scrivo). Spero solo che vi sia piaciuto, davvero.
E niente, in caso di recensioni e mancate risposte sappiate che vado in un posto senza internet e wifi (si praticamente un altro mondo) e non potrò esserci per due settimane. Mi rivolgo anche a tutte quelle persone che devo recensire, arriverò una volta tornata, perdonatemi ma ve lo prometto.
Bene dopo avervi annoiato ad oltranza mi prendo un momento per rompervi maggiormente le scatole.
100 recensioni. Ok. Allora comincerei con un grande “ahaha evidentemente ho sbagliato a leggere e c’è scritto 10” e finirei con “grazie di cuore”. Davvero non ho parole, voi tutti siete la ragione della mia felicità nel pubblicare. Anche voi lettori silenziosi, mi fate sempre contentissima perché dovete avere tutti una resistenza ferrea per non esservi stancati della storia e per non volermi linciare. Guna apprezza e dona del cioccolato a tutti voi.
La finisco qui che vedo già qualcuno con la lametta in mano, ci vediamo al prossimo capitolo!

 

  
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