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Autore: SandFrost    10/07/2015    1 recensioni
In un mondo dopo tutto è possibile, anche un ospedale può essere un ottimo luogo di incontro.
Perché è proprio in un ospedale che ha inizio questa storia.
Questa storia che parla di un'amicizia vera e pura.
Questa è storia di un amicizia, l'amicizia fra Rachel e Mercedes, che diventa qualcosa di più.
[...]
"...Abbiamo trovato una famiglia quando non riuscivamo a trovare neanche noi stessi. Ci siamo trovati nello stesso momento, aspettando l’istante i cui i nostri cuori sarebbero stati pronti per il nostro amore. Non importa il tempo, le difficoltà, la distanza, niente potrà farci smettere di essere una famiglia, perché è quello che siamo ed è quello che saremmo sempre, quindi asciugatevi gli occhi perché non andiamo da nessuna parte se non siamo insieme"
[...]
Dedicata alla mia Rachel. Ti voglio bene Jacobba.
Genere: Angst, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Mercedes Jones, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Andavano avanti da ore ormai, senza mai fermarsi. C’era musica natalizia che riempiva ogni stanza della casa, per quanto era alta, e luci abbassate per creare l’atmosfera, forse un idea di Kurt. Alcune patatine erano finite sul pavimento durante una giravolta di Finn, finita male, come anche una quantità di bicchieri mezzi pieni - con chissà quale tipo di bevanda - ornava ogni punto della stanza e sul bancone della cucina. I palloncini, quelli sopravissuti, erano ancora sul pavimento o sul divano ma la maggior parte erano esplosi o mossi dal vento chissà dove.

Le testa di Rachel girava come non mai e pure, non ricordava di aver bevuto più di due bicchieri. Tutto quello che proveniva alle sue orecchie erano mormorii e risate, probabilmente di Mercedes che stava provando ancora una volta, a spingere Blaine a invitare Kurt per un ballo, dato che quel’ultimo stava ballando, o meglio dimenandosi da solo, al centro del soggiorno. I suoi movimenti erano fluidi, forse dovuti al alcool nel suo corpo. Era quasi impossibile smettere di fissarlo.

“Oh andiamo Blaine, tutti ballano alle feste e poi se continui cosi, Kurt si accorgerà che stai sbavando su di lui. Se proprio devi farlo, va e fallo in sua presenza. Okay, forse questa frase non ha molto senso e tu non dovresti ascoltarmi, anzi, spero che Kurt non mi abbia ascoltato, altrimenti sono nei guai. Aiuto! Rach, ho bisogno di te qui, dove seeei” urlò Mercedes, sovrastando la musica e facendo scoppiare Blaine in una risata. Probabilmente il più sobrio tra tutti, se si considerava che Finn era mezzo addormentato sul divano, Kurt che balla senza più logica, Mercedes che rideva cercando di accoppiare tutti e Rachel che sentiva la testa come un palloncino pronto a esplodere per la troppa pressione.

La ragazza si mosse piano dal pavimento, cercando di sorreggermi al muro per trovare un equilibro, più o meno stabile. Quando arrivò, si sentì confusa perché non sapeva cosa si aspettasse che facesse. Restò in piedi accanto alla padrona di casa per qualche secondo, con occhi spalancati e un dito sul mente, cercando di far funzionare il suo cervello e far qualcosa di utile. Quando l’idea arrivò, non cercò di analizzarla o metterla a fuoco, semplicemente urlò: “Kurt, corri, Merc sta cercando di importunare il tuo ragazzo” perché non si poteva considerare parlare quel tono di voce cosi alto. Ma alla fine sorrise e si sentii fiera quando Kurt corse da loro, che erano in cucina.

Il ragazzo dagli occhi azzurri e la pelle chiara macchiata di rosso - per le ore sulla pista da balla, se cosi la si poteva definire - fissò la scena che gli si presentò d’avanti e, sicuramente, senza neanche accorgersene, quasi urlò: “Chi è che sta importunando il mio futuro ragazzo, eh?” restando a fissare con occhi sorpresi Blaine che si era alzato e, dopo aver chiesto curioso e con un ghigno sulle labbra: “Chi sarebbe il tuo futuro fidanzato?” si era lasciato spingere da Mercedes di nuovo in soggiorno e poi trovato avvinghiato a Kurt, dato che anche lui era stato spinto in soggiorno e ora ballavano imbarazzati.  

Fissò la scena con un sorriso sulle labbra perché non c’era niente di più bello di un Kurt euforico che ballava intorno a Blaine e un Blaine che lo seguiva con lo sguardo non riuscendo a muovere un solo muscolo, oltre a passarsi una lingua sulle labbra a ogni movimento particolare o quando veniva sfiorato con il corpo del ragazzo. Cosi presa a osservare, non prestò molta attenzione a Mercedes che alzò il suo braccio, per poi scontrare la sua mano contro la sua aperta, in segnò di vittoria. Semplicemente annuì felice.
 
 



A Mercedes iniziò a girare la testa e si fermò al centro della stanza, proprio a pochi passi da Kurt, che continuava a ballarle intorno, non ancora stanco e pieno di energie. Durante quel ballo - troppo scatenato per i gusti della padrona di casa - Kurt aveva pensato bene di rimproverarla e dopo ringraziarla una quantità di volte infinita per la festa di fine anno, per essere sua amica, per aver invitato Blaine e facendo notare quanto simpatica fosse Rachel, credendo di star sussurrando ma in realtà era chiaro capire cosa stesse dicendo ma lui questo non lo poteva sapere e andava bene cosi. Aveva anche detto qualcosa di gentile su Finn, ridendo alla vista del ragazzo che non riusciva a trovare la forza per restare sveglio anche se voleva chiedermi un ballo a Rachel, o almeno era quello che aveva riferito Mercedes quando le si era avvicinata.

Un’altra canzone terminò e una con un ritmo più pacato prese il suo posto. Mercedes, che si sentiva tanto Cupido a quella festa, si guardò intorno e, con un ghignò sulle labbra che faceva paura, iniziò a camminare verso di Finn che sedeva sul divano, al fianco di Rachel. Erano gli unici due seduti, se non si considerava Blaine che era seduto sul pavimento a guardare Kurt ballare, e Rachel ne aveva approfittato per restare un po’ con Finn, anche se non avevano parlato poi molto. Quando alla fine la ragazza li raggiunse, urlò un raggiante: “Finn, sveglia e invita Rachel a ballare. Questa notte e ancora giovane e Blaine smettila di fare il serio e vieni qui a ballare con noi” battendo le mani felice per quella sua nuova idea.

Nessuno si oppose al volere della padrone di casa e organizzatrice della festa.  Finn iniziò a far volteggiare Rachel per il soggiorno, sorridendole mentre Blaine muoveva lentamente i fianchi a tempo di musica, ballarono quel lento in tre. Dopo Mercedes sparì, fiera del suo lavoro, infondo aveva regalato un lento con la persona desiderata. Forse Kurt l’avrebbe voluta uccidere ancora di più, dato che l’aveva lasciato tra le braccia di Blaine ma dopo sembrò rilassarsi come successe la stessa cosa anche a Rachel.

Sentire le mani di Finn sui fianchi, poter posare le sue mani sul suo collo e nascondere il mio viso tra la stoffa della sua camicia. Erano tutte cose che immaginava quando non lo vedevo ma poter sentire il suo odore, non avrebbe mai retto nelle fantasie. C’erano solo loro e tutto il resto non aveva importanza. L’ospedale era solo un ricordo lontano e il ricordo della sua famiglia, non poteva toccarla. Neanche la sua malattia poteva, ora che c’erano le braccia di Finn a farla sentire protetta o almeno cosi pensava.

La serata trascorse serenamente, Finn e Rachel sembravano sempre più intimi, minuto dopo minuto e ballavano e conversavano senza più nessun imbarazzo, stessa cosa non si poteva di certo dire di Kurt che non la smetteva un secondo di sbavare su Blaine, che cercava di intavolare una conversazione con lui ma senza successo. Kurt era troppo ubriaco e Blaine troppo sobrio. Calò il silenzio quando l’orologio fece notare tutti che mancava solo poco più di un ora alla mezza notte, e quello fu una specie di segnò per Mercedes, che capì che era ora di intervenire con il suo colpo di grazia.

E ne approfittò quando Blaine entrò in cucina per nascondersi da un altro ballo - troppo sobrio per reggere l’imbarazzo o forse qualcos’altro, se ci si soffermava a guardare la patta dei suoi pantaloni. Il moro era riuscito a trovare una via di fuga quando Kurt, troppo euforico e felice per notarlo, aveva proposto un ballo a Rachel, la quale non aveva potuto rifiutare.

Mercedes aveva tentato ancora con le parole ma dopo l’ennesimo rifiuto da parte del medico, aveva deciso di far intervenire la sua arma segreta e chiamò Rachel. La ragazza, ormai abituata ai comportamenti di Blaine, semplicemente gli feci notare che: “Andiamo Blaine, mi hai spinto tu a uscire di più dall’ospedale e di passare più tempo con la gente e in questo momento, mi farebbe davvero felice vederti ballare un nuovo lento con Kurt”.

Il medico scosse la testa ma alla fine uscì dalla cucina rassegnato. Con sé portò anche una bottiglia d’acqua che porse a Kurt, prima di farlo sedere e assicurarsi che la bevesse tutta perché: “Okay, va bene, mi arrendo ma è ora che quel ragazzo torni sobrio o la mia vita cesserà di esistere prima del nuovo anno, se continua a muoversi intorno a me in quel modo. Ma nessuno sente caldo qui?”. Rachel rise seguita da Mercedes per quel commento finale. Restarono a fissare la scena in silenzio, per paura di rovinare il momento con le loro voci troppo alte.

“Credi che dovremmo intervenire?” iniziò Mercedes seduta al fianco della ragazza, entrambe sul ripiano della cucina “Voglio dire, credi che si baceranno questa sera? Non è mia intenzione anticipare i tempi ma quei due stanno letteralmente esplodendo e noi due siamo come le loro fate madrine e dovremmo fare qualcosa ma onestamente non ho più idee. Quei due sono difficili da convincere e se non riesce a scioglierli l’alcool, la vedo dura. Tu che ne pensi?” chiese di nuovo. Rachel si passò una mano tra i capelli prima di rispondere.

“No” disse istintivamente dopo, fissando Blaine avvolgere un braccio intorno al petto di Kurt per aiutarlo ad alzarsi e camminando insieme fino alla finestra ancora chiusa, per una boccata d’aria. Mercedes non aveva tutti i torti, ed era vero, quei due erano difficili ma entrambi provavano qualcosa, anche se a loro non era ben chiaro. Potevano vedere la reazione dei loro corpi ma non la velocità dei loro cuori ma se li guardavi, anche un occhio meno attento avrebbe capito. Si sentiva subito che c’era un qualcosa tra di loro ma aveva bisogno di tempo e fiducia per nascere e loro non potevano fare molto sotto quel punto di vista. “Lascia che si scontrino, lascia che siano fuochi d’artificio” esclamò, in un momento di sobrietà.

Ma il momento passò subito e fu il delirio; Blaine che chiedeva indicazione a Mercedes per il bagno - dato che Kurt gli aveva sussurrato che aveva bisogno di vomitare ma non riusciva a dirgli dove si trovava esattamente -, Kurt che si rifiutava di essere portato da Blaine perché non voleva essere visto in quelle condizioni, Mercedes che gli urlava contro che doveva smetterla di fare il bambino e infine di nuovo Blaine, che alla fine optò per prendere il ragazzo in braccio come una sposina per non rischiare di farsi vomitare addosso. E Finn che rideva della situazione non aiutava affatto e Rachel..

Lei si lasciò cadere sul divano sorridendo, lasciò andare la testa all’indietro e chiuse gli occhi. liberando la sua mente da ogni rumore esterno. Da ogni respiro o risata. Sentiva ancora la testa esplodere, come un fastidioso martellare nei timpani che dirigevano una fastidiosa orchestra in tutta la sua testa ma cercò di non darci peso e fece un respiro profondo ma non servì poi a molto. In meno che non si dica, si era ritrovata nella sua stanza di quando abitava ancora con i suoi papà. Era di fronte allo specchio e, con una spazzola tra le mani, cantana una canzone.

Non riuscì a capire le parole né a percepire alcun suono perché un nuovo fastidioso rumore disturbo quel momento. Si vide accasciare al suolo, attraverso il suo riflesso nello specchio, la spazzola finita al suo fianco, caduta prima ancora che se ne rendesse conto. Non riusciva a sentire altro che quel dolore nella testa. Non riuscì neanche a percepire la porta della sua camera aprirsi o uno dei suoi papà entrare, spaventato dagli urli che stava emettendo ma che ancora fatica a ricordare.

Sapeva essere solo un ricordo eppure..

Era una giornata di sole, troppo bella per correre verso l’ospedale. Stesa sui sedili posteriori tutto quello che riusciva a sentire, era il sole caldo sul suo viso. Le braccia sulla sua testa, come calmate a quel rumore che la stava facendo impazzire e sul suo corpo, rannicchiato come protezione. Ma la voce di suo padre che imprecava al telefono perché non c’era campo per chiamare un’ambulanza o il suo altro papà, era solo un sfruscio troppo distante per essere reale. Erano tutti suoni lontani; il traffico, le auto, i clacson, le sirene, le sue stesse urla. Le sue lacrime. Non lo sapeva ancora, mentre me ne stava nella mia stanza a registrare un altro video da poi caricare, ma stava per cambiare ogni cosa e avrebbe fatto paura.

“Ehi, va tutto bene?” quella voce. Quella voce non centrava niente con quel ricordo realmente troppo lontano. Con quel dolore ancora troppo vivido sulla sua pelle. Quella voce che aveva lo stesso calore rassicurante di quel sole che la toccava e riscaldava la pelle, l’unico che potesse toccarla mentre lentamente impazziva. Finn. Credeva che Finn sarebbe stato l’unico a poter avere quella importanza nella sua vita, perché era stato l’unico che aveva visto oltre quel freddo e finti sorrisi. Come il sole che non chiede il permesso e passa attraverso le tende, segnando un nuovo inizio.

Ma il sole ha i suoi raggi e adesso li poteva sentire, ridevano e facevano rumore ma soprattutto erano reali. Erano intorno a lei e la facevano sentire viva. E quei raggi riuscivano a superare quel rumore insopportabile e a darle dei nuovi suoni da ascoltare, come la risata di Mercedes, gli acuti di Kurt, la voce calda di Blaine. E Finn. Finn che ci era riuscito quando credeva che sarebbe stato impossibile perché non poteva accedere, perché ci aveva messo più di un anno ad accettare la sua diagnosi e la sua solitudine ma lui, come quel sole, aveva toccato la sua pelle fredda e il suo cuore spaventato e stanco e aveva regalato un nuovo brivido, una nuova emozione, un nuovo ricordo da portare con se. Un nuovo inizio da vivere fino in fondo, senza paure.

“Io” esclamò incerta, aprendo i suoi occhi con lentezza perché lui era la sua sicurezza e aveva bisogno di vederlo per realizzare che non era solo un altro sogno ma la realtà e lui era proprio lì, al mio fianco, proprio come ricordava; con un sorriso preoccupato sul volto e gli occhi caldi. Le stava spingendo una mano ma non l’aveva percepita, persa in quel rumore nella sua testa. Quasi si sentì svenire, sentendo la presa della sua mano sulla sua. Era calda e rassicurante proprio come quel sole e forse non era solo una sensazione. Forse stava per svenire sul serio.

Aprì la bocca ma non ne venne fuori alcun suono, allora la richiuse e fissò con attenzione quella di Finn. Sembra stesse parlando eppure, per quanto si sforzasse, non riusciva ad ascoltare nessun suono e quello fu il segno che stava succedendo. Che stava succedendo di nuovo. La testa continuava a girare, sempre più in fretta, fino a sentire i conati di vomito. Provò a respirare ancora e ancora ma non riuscì a capire se lo stesse realmente facendo o se lo stesse solo immaginando e quello fece scattare una serie di pensieri.

Era realmente lì? Aveva realmente conosciuto Finn Hudson o era solo una sua fantasia per non sentirsi di nuovo sola? Era forse ancora in quella macchina, in preda alla frenesia di arrivare in tempo? Forse avrebbe dovuto chiedere di Blaine Anderson una volta arrivata in ospedale, magari lui era reale, forse lui esisteva. E Mercedes Jones e Kurt Hummel? Mercedes l’aveva davvero invitata a casa sua, si era davvero presentata nella sua stanza in un giorno gelido per informarla che sarebbe rimasta, per dirle che ci sarebbe stata? E Kurt, avrà baciato Blaine? Ha rovinato ogni cosa? Che ore erano.

Un rompo più fastidioso degli altri sovrastò il suono dei suoi pensieri, ma non era nella sua testa, quel suono era reale. Mosse il capo e fissò l’orologio sul mobile bianco, era mezza notte e un nuovo anno era appena iniziato. Sorrise perché se quel suono era reale, allora tutto il resto sarebbe dovuto esserlo, non era forse cosi? Doveva esserlo. Allora dove erano finiti tutti e dove era finita? Non voglio cadere un’altra volta, aiutatemi, per favore.

E nella frenesia di quei pensieri folli e senza controllo, non si rese conto che non vedeva più niente. Provò ad aprire gli occhi ma non c’era nessuna luce intorno. Quando era andata a dormire e chi aveva spento le luci? Tentò di alzare una mano per passarmela sul volto allora, per assicurarmi di essere reale, di essere sveglia ma era pesate come tutto il suo corpo, impossibile da muovere. Sembrava di star vibrando nell’aria e allo stesso tempo sentiva la gravità che la schiacciava al suolo. Tutto aveva perso peso e forma e stava precipitando nella sua mente. Persa ma lì, li poteva vedere.

I suoi papà che la guardavano con le lacrime agli occhi e dei sorrisi spenti sulle labbra. Le mani intrecciate nella mia camera d’ospedale, cercando di capire come sia potuto succedere. Medici che entravano ed uscivano dalla stanza per controllare le flebo e le analisi, per nuovi prelievi e ancora altri controlli. L’ultima cosa che ricordava, era una infermiera che la guardava e le sorrideva amaramente, forse pensando a quanta ingiustizia ci fosse in tutto quello, passando una mano sulla croce d’argento che portava al collo. Provò a sorriderle ma tutto si spesse e sparì alla sua vista.

E si sentì pronta ad andare, a dire addio alla sua famiglia, al suo sogno, a se stessa. Sorrise amaramente, stesa in quel letto d’ospedale, proprio come aveva fatto quell’infermiera poco prima, ascoltando i singhiozzi di suo padre e quelli trattenuti del suo altro papà, che cercava di dargli forza e gli continuava a ripetere che sarebbe andato tutto bene, che sarebbe stata bene. Socchiuse le labbra ma non emise alcun suono, nella sua testa li salutò. Era pronta, lo era sul serio e non avevo paura ma poi..

Una scossa la mosse dal suo letargo riportandola via da quella realtà lontana. Lacrime non sue bagnarono il suo volto, un urlo spezzato distrusse quella bolla di silenzio che l’avvolgeva ricordandola che, quella volta, non si sarebbe arresa cosi facilmente.

E le sembrò di essere di nuovo viva, in vita, e poteva respirare. Respirò piano a bocca aperta, provò ad aprire di nuovo gli occhi ma era troppo difficile e ci rinuncò. Un altro urlo arrivò frammentato alle sue orecchie ma riuscì comunque sentire il suo nome che veniva urlato da qualcuno. Provò a dire che stava bene e che ora era al sicuro ma con quell’urlo e con quell’urlo si lasciò andare, perché era troppo stanca e aveva bisogno di riposo. Si addormentò nella pazzia di quei pensieri, troppo disperati e solitari. Per troppo tempo tenuti sepolti. La sua mente troppo stanca per generare un altro pensiero. E tutto finì cosi.











Note:

Hola bella gente, non ci posso ancora crede ma sta succedendo HO AGGIORNATO.
Probabilmente non ci sarà più nessuno che voglia leggere questa mia storia ma eccola qui.

Rileggendo i vari capitoli precedenti ho realizzato vari cose, una tra queste è che questa storia meritava una fine ma soprattutto una trama. Mi sono resa anche conto che potevo fare di questa storia una meraviglia ma ho sprecato molto tempo e parole ma adesso sono pronta a rifarmi. E adesso passiamo a spiegare questo capitolo.
Come forse avrete notato, ci sono molti punti senza spiegazione ma è voluto. Questo capitolo è descritto dal punto di vista di Rachel, quindi ho scritto tutto quello che Rachel vede e sente. Nei prossimi capitoli questa serata verrà descritta anche dagli altri quattro, andando a calcare altri momenti e scambi di battuta, come a esempio Blaine ci mostrerà la sua serata con Kurt e Kurt ci farà entrare nella sua euforia. Entreremo nei pensieri di Finn e nella mente contorta di Mercedes. Ognuno di questi capitoli finirà nello stesso modo; cos’è successo a Rachel?
Da questo capitolo la storia prenderà una strada diversa e il racconto sarà molto più introspettivo. Spero che vi piaccia questa mia idea. Voglio farvi conoscere i personaggi, le loro storie e i loro legami. Voglio farvi vedere tutto quello che io vedo ma che ancora non sono riuscita a mettere a parole. E vi prometto che ne vale la pena.

Ps: La frase che dice Rachel a Mercedes “Lascia che si scontrino, lasciano che siano fuochi d’artificio” è stata la prima frase che ho scritto quando mi è nata l’idea di questa ed è una emozione unica sentirla dire dalla mia Rachel.

Spero che ci sia ancora qualcuno a leggermi e che questo capitolo vi piaccia *attende recensioni in un angolino*
Alla prossima, personcine

Sandfrost in Jacobba’s

 
  
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