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Autore: Fragolina84    11/07/2015    0 recensioni
Sequel di "Il resto dell'universo può aspettare"
SPOILER del film "Avengers: Age of Ultron"
Sussurri nel buio... tutto inizia con un sussurro che cambierà per sempre la vita di Victoria Stark e di suo marito Tony. La donna sarà una pedina fondamentale nella lotta contro Ultron.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Ultron, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I love Avengers'
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Il capitolo si svolge durante la festa
organizzata dagli Avengers
per festeggiare la vittoria in Sokovia
e comprende l'esilarante scena
della sfida a Thor e Mjolnir.
Buona lettura!


 
 
VIOLAZIONE DI DOMICILIO

Tony era tornato da tre giorni, ma Victoria non l’aveva visto molto in quel tempo. Era stato impegnato con Bruce nel laboratorio in cui lei si rifiutava di entrare finché lo scettro di Loki, del quale aveva un sacro timore, fosse rimasto lì.
Sicché lo scrutò con attenzione quando lo vide fare il proprio ingresso nel salone, in completo scuro e camicia nera, abbigliamento che approvò e che lo rendeva tremendamente sexy. Se solo quel dannato mal di testa l’avesse lasciata in pace: era dal giorno in cui gli Avengers erano tornati che non le dava tregua.
Tony la raggiunse accanto al bar e le baciò la guancia, approfittando per rubarle il bicchiere e bere un sorso del suo cocktail, che gli strappò una smorfia.
«È analcolico!» sbottò, come se fosse un crimine gravissimo.
«Ho preso un analgesico per il mal di testa, volevo evitare che entrassero in conflitto. E comunque nessuno ti ha obbligato a bere dal mio bicchiere» replicò soavemente lei.
Tony si appoggiò al bancone e girò lo sguardo per la sala, soffocando un sussulto quando vide Elizabeth che ballava sospesa sui piedi di Thor.
«Brutto pezzo di somaro biondo, sta cercando di rubarmi la figlia».
Fece per muoversi, ma Victoria lo bloccò e fortunatamente intervenne Rhodey per distrarlo. I due si persero in chiacchiere e la donna sospirò di sollievo e salutò Clint.
«Come stai?»
«Tutto a posto. Ho anche un fianco sintetico adesso» disse, battendosi la mano sul punto che le futuristiche attrezzature della dottoressa Cho avevano rigenerato in fretta.
Natasha li raggiunse in quel momento, abbracciando Clint da dietro.
«Scusatemi, ma Alexander non voleva addormentarsi stasera. Gli ho dovuto leggere due volte la stessa fiaba».
Alexander Barton, figlio della coppia, aveva tre anni e mezzo ed era adorabile con quei suoi riccioli castani che lo facevano assomigliare ad un cherubino. Victoria gli aveva fatto da babysitter mentre i suoi genitori erano in missione.
La convivenza tra gli Avengers e le rispettive compagne aveva del miracoloso. Che fossero alla Hall a Malibu o alla Tower di New York, tutto filava sempre liscio. Non c’erano mai stati problemi nonostante alle cinque coppie si fosse presto aggiunto un piccolo squadrone di figli. Alla festa di quella sera mancavano soltanto Violet e Jane con il piccolo Adam, entrambe rimaste a Malibu a causa di impegni di lavoro.
Violet era la sorella di Victoria e aveva perso la testa per il timido professor Banner e per il suo esplosivo alter ego, Hulk. I due facevano coppia fissa ormai da tre anni e Victoria sperava sempre che, nonostante le difficoltà di quel rapporto che proprio lei all’inizio aveva ostacolato, i due convolassero alle nozze. Violet aveva un effetto calmante su Hulk e aveva aiutato Banner a trovare equilibrio.
Jane Foster, brillante astrofisica che ora lavorava per le Stark Industries, aveva sposato Thor in una suggestiva cerimonia su Asgard solo due mesi prima con il piccolo Adam, il frutto della loro unione nato tre anni prima, che barcollava con il vestito della festa.
Erano una compagnia variopinta ed eterogenea ma era piacevole vivere insieme.
La festa proseguì senza intoppi. Victoria spedì a letto Elizabeth quando ritenne che l’ora si stesse facendo troppo tarda. La ragazzina obbedì dopo aver protestato con garbo che ormai aveva dodici anni e che non aveva bisogno di andare a letto presto come i suoi fratelli. Le lamentele non valsero a nulla e Zoey la accompagnò al piano di sotto, nell’appartamento degli Stark dove già i suoi fratelli erano a letto da un po’.
Victoria l’avrebbe seguita volentieri: il suo mal di testa non accennava a placarsi. Anzi, era perfino peggiorato, martellandole le tempie senza pietà, probabilmente a causa della musica e del brusio degli ospiti.
Questi iniziarono finalmente a sfollare, finché soltanto gli Avengers rimasero nel salone. Si accomodarono chi sui divani, chi sul pavimento, bevendo l’ultima birra o l’ultimo scotch della giornata. L’atmosfera era rilassata: l’ultima missione aveva centrato l’obiettivo e non c’era motivo di preoccupazione immediato.
La discussione, forse stimolata dalla quantità di alcol che alcuni di loro avevano in corpo, verteva sul martello di Thor. Era un’arma formidabile in grado di sbaragliare qualsiasi nemico. Solo Thor era in grado di impugnarlo in quanto Mjolnir poteva essere brandito solo da chi ne era degno.
Gli Avengers contestavano l’affermazione, ritenendola una smargiassata. Così, il semidio di Asgard li sfidò: se volevano, erano liberi di provare a sollevarlo.
Clin fu il primo, ma il martello non si mosse. Tony fu il secondo: secondo la leggenda, chi fosse riuscito a sollevare Mjolnir, avrebbe avuto il diritto di governare su Asgard e Tony, sicuro di sé, promise che sarebbe stato un sovrano giusto.
Ovviamente non accadde nulla e il martello rimase saldamente appoggiato al tavolino. Non successe nulla nemmeno quando Tony ci riprovò indossando il guanto dell’armatura Ironman, né quando a lui si unì Rhodey, anche lui coadiuvato dalla propria armatura.
Anche Banner ci provò, con gli stessi risultati.
Toccava a Steve e Victoria si scoprì incuriosita: se davvero bisognava essere degni per impugnare Mjolnir, non le veniva in mente persona più integerrima e irreprensibile del Capitano Rogers. Ma proprio mentre Steve si apprestava all’impresa, una nuova fitta alla testa obbligò la donna a chiudere gli occhi, portandosi una mano alla tempia. Tony se ne accorse subito.
«Qualcosa non va?» chiese, mentre Natasha rifiutava con garbo di inserirsi in quella sfida ad alto contenuto di testosterone.
«È solo che questo mal di testa non mi passa» rispose, massaggiandosi le tempie. «Forse sarebbe meglio che mi ritirassi».
«Secondo me dovrebbe provare Victoria» intervenne la dottoressa Cho, che non si era accorta del malessere dell’amica. «Sopporta Stark da così tanto tempo che secondo me ne è degna».
La compagnia rise e Tony accolse l’affermazione con un sorriso tirato.
«Prenditi pure gioco di me» disse. «Mi chiedo come continuerai a sperimentare con i tuoi giocattoli quando ti revocherò tutti i fondi».
Victoria sorrise stancamente: «Non credo di essere abbastanza in forma per dare il meglio di me» replicò alzandosi. «E inoltre non vorrei umiliare mio marito» aggiunse con un sorriso.
Le risate scrosciarono e anche Tony batté le mani, accogliendo con un sorriso la battuta di Victoria.
«Se volete scusarmi…» iniziò quest’ultima, ma si bloccò all’improvviso. Chiuse gli occhi, ripiegandosi su se stessa e portando le mani alla testa.
Tony le fu immediatamente accanto, sostenendola.
«Vicky, che succede?»
La donna non rispose ma allontanò bruscamente le sue mani. Si raddrizzò e si voltò, puntando lo sguardo di sotto. Loro erano sul piano rialzato, ma Victoria guardava verso la zona più in basso, quella che dava accesso al laboratorio.
Tony seguì la direzione del suo sguardo, ma non c’era nulla. Erano soli e il comportamento della moglie iniziava a preoccuparlo.
«Victoria, che sta succedendo?»
«C’è qualcosa…» disse lei.
La donna non era pienamente consapevole di cosa stava accadendo. Di una cosa era certa: aveva sentito un sussurro nella propria testa ed era sicura che nessuno degli altri l’aveva udito. Era qualcosa di abbastanza inquietante e, se unito a quel mal di testa che era diventato un tormento indicibile, la faceva preoccupare alquanto.
Era altresì sicura della direzione da cui era provenuto, per quello si era girata, vagamente conscia del fatto che il suo comportamento doveva risultare strano ai suoi amici. Stava per voltarsi e scusarsi, chiedendo a Tony di accompagnarla a letto, quando un fischio acuto risuonò attorno a loro.
Tutti, istintivamente, si chinarono, cercando di proteggersi le orecchie. L’unica che non parve sorpresa fu Victoria, che rimase ritta in piedi, continuando a scrutare il buio. D’improvviso, qualcosa apparve nell’oscurità.
Il sibilo tacque, mentre un rottame che doveva essere un’armatura si faceva avanti barcollando. Gli Avengers balzarono in piedi: Steve spinse istintivamente Beth dietro il bancone del bar e Thor impugnò meglio Mjolnir.
L’armatura si fece avanti. Era parzialmente danneggiata, quasi che qualcuno avesse preso i pezzi sostituiti della Iron Legion e li avesse assemblati a caso. All’androide mancava un braccio e perdeva un liquido di qualche genere, imbrattando il pavimento, ma Victoria non vide praticamente nulla di tutto ciò.
Tony chiamò Jarvis che, stranamente, non rispose. Victoria sapeva di essere in pericolo: la creatura (ammesso che si potesse definire tale) che aveva davanti non avrebbe dovuto essere lì. Inoltre, percepiva un sentimento di delusione e rabbia nei confronti di Tony anche se si rendeva conto che non ne aveva motivo. Eppure sentiva la furia crescere dentro di sé, un sentimento gelido che parve annullare tutto il suo essere.
«Non avresti dovuto giocare con il fuoco» mormorò rivolta al marito con una voce che non riconobbe.
Non udì mai la replica di Tony perché si scatenò il finimondo.
  
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