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Autore: Carme93    11/07/2015    1 recensioni
Una nuova generazione alle prese con la propria infanzia ed adolescenza, ma anche con nuove minacce che si profilano all'orizzonte. I protagonisti sono i nuovi Weasley e Potter, ma anche i figli di tutti gli amici che hanno partecipato alla decisiva Battaglia di Hogwarts. Da quel fatidico 2 maggio 1998 sono ormai trascorsi ventun anni...
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo terzo
 
Basta un sorriso
 
«Ragazzi, un attimo di silenzio, vi prego».
Harry Potter era in piedi davanti al lungo tavolo di legno al centro della Sala Riunioni ed i suoi uomini lo osservavano in attesa di scoprire per quale ragione avesse convocato l’intero corpo Auror. Si schiarì la gola e continuò:
«Tra pochi minuti il Ministro sarà qui, vuole parlarci».
Gli Auror cominciarono a bisbigliare sorpresi ed incuriositi, finché un uomo di colore non entrò nella stanza, accompagnato da una signora anziana. Tutti si alzarono in segno di rispetto, senza nascondere un certo stupore per la presenza di quest’ultima. Il Ministro fece loro segno di sedersi, Harry gli lasciò il suo posto a capotavola ed evocò due sedie, una per sé ed una per la donna. Kingsley Schacklebolt sorrise e si congratulò con loro:
«L’arresto di Mcnair e lo smantellamento della sua organizzazione è stato il risultato di un ottimo lavoro di squadra» fece un cenno ad Harry, che lo ringraziò. Teddy ed i suoi amici, che avevano partecipato all’operazione solo marginalmente in quanto ancora inesperti, ascoltavano seri le parole del Ministro.
«Comunque oggi sono venuto anche su richiesta di Percy Weasley. Lui ritiene che sia opportuno sorvegliare i Malfoy, quando verranno scarcerati da Azkaban. Tu che ne pensi Harry?».
L’interpellato divenne pensieroso: era consapevole che Lord Voldermort fosse solo la punta dell’iceberg e che i suoi seguaci rimasti in vita per lo più continuavano a credere nei suoi ideali, di conseguenza rappresentavano un pericolo costante. Non guardò il suo vice e migliore amico, perché sapeva già che per lui tutti i Mangiamorte sarebbero dovuti marcire in galera.
«Se tu lo ritieni opportuno ti metterò a disposizione due dei miei uomini, ma non credo sia il caso. Narcissa ha scontato la sua pena e su Lucius sarà gettato un incantesimo, visto che la sua è una libertà vigilata».
Kingsley annuì: «Va bene, come vuoi tu, niente scorta, ma li terremo comunque d’occhio. E’ meglio non sottovalutarli. Abbiamo visto tutti Mcnair».
Rodolphus Mcnair era il figlio di una mangiamorte, condannato a vita ad Azkaban, e lì aveva da poco raggiunto il padre: a suo carico c’era la morte di diversi babbani a cui aveva venduto sostanze nocive. Kingsley si rivolse alla donna, seduta alla sua sinistra.
«La professoressa McGrannit vorrebbe parlare con tutti voi».
 La donna si schiarì la voce e disse:
«Vi ringrazio. Come forse alcuni di voi sapranno, il professore Osvald McBridge di Difesa contro le Arti Oscure è andato in pensione. Hogwarts vuole sempre offrire il meglio ai suoi studenti, per questo sono venuta a chiedervi se qualcuno di voi desidera sostituirlo».
Un ragazzo seduto accanto a Teddy scoppiò a ridere in maniera poco rispettosa, suscitando l’ilarità di un altro amico seduto vicino a loro.
«Landerson, Harper. Sono rimasta sorpresa e soddisfatta nello scoprire che entrambi avete superato gli esami per diventare Auror, ma state tranquilli non mi rivolgevo certo a voi. Sareste capaci di far piombare la scuola nell’anarchia» disse lei severamente. I due risero ancora più forte, ignorando le occhiatacce dei loro superiori. La Preside continuò, senza farci caso, insomma li aveva già sopportati per sette anni: «E non mi rivolgo nemmeno a lei signor Lupin. La tua offerta l’hai già avuta. La professoressa Macklin ha fatto esplicitamente il tuo nome. Entrambe riteniamo che il tuo futuro sia la trasfigurazione. Se voi siete d’accordo, visto che adesso è un Auror del ministero, Ted diventerà un insegnante di Hogwarts» le ultime parole erano rivolte ad Harry e Kingsley. Teddy rosso in volto guardò il suo padrino: aveva ricevuto la lettera della professoressa quella mattina e avrebbe voluto parlarne con lui dopo la riunione. Harry era molto orgoglioso di lui e si limitò ad annuire.
«Naturalmente, professoressa. Il Ministero è sempre pronto a collaborare per istruire al meglio i nostri giovani maghi. Se Lupin è d’accordo, sarà esonerato dai suoi incarichi per tutta la durata dell’anno scolastico» rispose Kingsley.
«Bene, signor Lupin ci pensi con calma. L’aspetto nel mio ufficio. Le do tempo fino ad i primi di agosto per decidere. Allora nessuno è intenzionato ad insegnare difesa contro le arti oscure?».
«Io proporrei Gawain Robards» replicò il Ministro.
Robards era l’ex-capo del dipartimento Auror: nel 2007 troppo stanco per continuare a conservare questo ruolo, l’aveva lasciato ad Harry Potter. Era, comunque, rimasto nella squadra ed aveva guidato il giovane sostituto per i primi anni. Tutti si voltarono verso di lui: era conosciuto per la sua austerità e rigidità. Harper e Landerson ringraziarono il cielo di essere già diplomati: uno così avrebbe fatto in modo che venissero espulsi alla prima infrazione del regolamento. La Preside sorrise.
«Per me sarebbe un onore» rispose quello dopo qualche secondo.
«Ne sono lieta signor Robards… o meglio adesso dovrei chiamarla professor Robards. L’aspetto domani nel mio ufficio per discutere un po’ più tranquillamente».
«La riunione è terminata» annunciò Harry.
Minerva McGrannit li ringraziò e fece per congedarsi.
«Non prende qualcosa con noi, Minerva?» la invitò il Ministro.
«No, vi ringrazio. Ho un appuntamento».
La Preside, uscita dal Ministero, si smaterializzò in un vicolo deserto. Si riassettò la veste e lasciato il vicolo, si avviò lungo il viale alberato. Si trovava nella periferia di Londra ed era una strada decisamente tranquilla. Non ci mise molto a trovare l’edificio, che cercava. Era abbastanza fatiscente e cupo. Fece una smorfia: non le piaceva per niente quel posto. Un uomo, non ancora quarantenne, le fece cenno e lei si avvicinò in fretta.
«Buongiorno, professoressa».
«Buongiorno, Neville. Ti ringrazio di essere venuto».
«Si tratta di chi penso io?».
«Esattamente. In caso contrario avrei lasciato che se ne occupasse Justin. In qualità di insegnante di babbanologia è certamente più adatto per questo genere di incarichi. Ma non potevo spiegargli tutto, così ho preferito venire di persona» rispose e poi entrò rapidamente nel cortile.
Era un luogo squallido: sembrava che nessuno si prendesse la briga di tagliere l’erba da molti mesi, vi erano pezzi vecchi di giostre, probabilmente abbandonati lì da anni.
Neville si mordicchiò il labbro nervoso, non era un bel luogo dove far crescere dei bambini. Lui non avrebbe mai permesso ai suoi figli di entrare in posto simile. Sobbalzò lievemente nel notare qualcosa muoversi tra l’erba: chissà quanti animali c’erano lì dentro. Si bloccò di fronte alla porta d’ingresso, la Preside aveva già suonato ed attesero in silenzio.
«Buongiorno» disse una ragazza aprendo. Poteva avere all’incirca una ventina d’anni. Il suo tono non era stato per niente cortese, al contrario sembrava piuttosto seccato.
«Buongiorno» replicò asciutta la McGranitt «La direttrice ci sta aspettando, abbiamo un appuntamento con lei».
«Ah, siete quelli che vogliono nella loro scuola quello strano» disse tutto questo masticando una gomma con la bocca aperta «Seguitemi».
Neville gettò un’occhiata alla professoressa, come sempre la sua espressione era indecifrabile, ma le labbra stavano diventando più sottili, il che non era un buon segno.
«Avete un bel coraggio a volere quel bambino. E’ davvero una piaga. Comunque ci fate un favore».
«In che senso una piaga?» domandò la Preside.
«Ve lo spiegherà la direttrice». La sua espressione divenne dubbiosa: «Forse non dovevo… ora non lo volete più?».
Loro non risposero e lei riprese a camminare. In silenzio la seguirono lungo un corridoio spoglio e per nulla accogliente. A tratti sentivano voci di bambini. Probabilmente si trovavano nel cortile sul retro. La ragazza si fermò davanti ad una porta blindata, cosa che lasciò basito Neville visto che quella d’ingresso aveva l’aria di poter cadere al minimo soffio di vento. Lei bussò e poi con un gesto della mano li fece segnò di entrare.
«Buongiorno» li accolse una donna di mezza età, tutta truccata e con un vestitino, così corto che fece assottigliare ancora di più le labbra della Preside di Hogwarts «Sono Odette Flan, la direttrice di questo orfanotrofio».
«Buongiorno, io sono Minerva McGranitt, Preside di Hogwarts e lui è il professor Paciock. Le avevo scritto per avvertirla del nostro arrivo e per anticiparle il motivo».
«Si, si. Accomodatevi» li invitò indicandoli due sedie imbottite di fronte alla scrivania. Lei si sedette dall’altro lato.
L’ufficio non era piccolo, ma era così pieno di mobili e di oggetti da risultare soffocante. Quella donna aveva un gusto pacchiano ed insulso. Neville pose l’attenzione su di lei, che sorrideva in modo falsissimo.
«Bene, bene… Quindi se ho capito lei vuole offrire un posto nella sua scuola a Samuel Vance? Perché?».
«E’ la Scuola che ha frequentato anche la madre. E’ iscritto dalla nascita».
«Davvero?» chiese la donna sospettosa «Noi la madre l’abbiamo vista una volta sola. Lei la conosce?».
«Sì, è stata mia allieva diversi anni fa. Non la vedo da molto tempo, so che si trova all’estero».
«Già. Ogni tanto scrive al bambino, ma non specifica mai dove si trova. In effetti lei ci aveva detto che al compimento degli undici anni sarebbe venuto qualcuno a cercarlo. Lei mi ha dato la sua autorizzazione, con la sola preghiera di riaccoglierlo nelle vacanze estive».
«Quindi non vi è alcun problema per lei se Samuel frequenterà la nostra Scuola da settembre?».
«No, anzi. Viste le parole della madre, immagino che porterete via il bambino comunque… anche se vi dico qualcosa che non vi piace su di lui. Sbaglio?».
«Non sbaglia. La prego, mi dica tutto ciò che ritiene necessario su Samuel».
«Fa sempre cose strane e litiga sempre con gli altri bambini. Quando qualcosa non gli va bene è capace di stare in silenzio per ore, se non per giorni. E’ indisponente… si isola sempre… gioca sempre solo e se lo costringiamo a stare con gli altri si ammutisce… è insopportabile… impertinente… fa troppe domande. Fa sempre i capricci…».
«Ha reso perfettamente l’idea, la ringrazio. Ma non si deve preoccupare, dirigo la mia Scuola da più di vent’anni ed insegno da molto di più. Non ho alcun problema ad affrontare ragazzini difficili».
Di questo Neville non aveva alcun dubbio, ma conosceva la Preside da così tanto da rendersi conto che stava facendo buon viso a cattivo gioco, come si suole dire. Una donna altera e severa come Minerva McGranitt non poteva certo tollerare una direttrice frivola e probabilmente inadatta al ruolo che ricopriva.
«Volete conoscerlo?».
«Sì, grazie».
«Seguitemi».
Li condusse fuori dall’ufficio e poi di nuovo lungo il corridoio, che in parte avevano percorso precedentemente. In fondo si trovava una porta spalancata. Le urla dei bambini erano molto più vicine. Il cortile sul retro non era molto diverso dall’altro, sennonché l’erba, spesso calpestata, era rada. Il giudizio di Neville però non migliorò: i bambini era completamente soli e più che giocare con il pallone, che avevano a disposizione, si spingevano e si picchiavano. Istintivamente ne separò due, che lo guardarono malissimo.
«Oh, non si preoccupi» intervenne la direttrice «Sono solo bambini, sfogano così le loro energie. E non possiamo starli sempre addosso».
Neville non replicò, ma vide che la McGranitt non nascondeva più la sua disapprovazione.
«Robert» chiamò la direttrice ed un ragazzino si avvicinò svogliatamente «Dov’è Samuel?».
«Lo sfigato è vicino al muretto, che gioca da solo con il suo pallone» rispose e poi corse di nuovo dai suoi compagni.  
«Che vi avevo detto?» commentò lei scuotendo la testa.
Li accompagnò fin al limite del cortiletto, in uno spiazzo lievemente nascosto da alcuni alberi. Lì un bambino, con capelli castani folti e vestiti troppo larghi per lui, colpiva ripetutamente il muro con un pallone di cuoio.
«Vi lascio soli con lui. Comunque vi avverto è un maleducato, non sapete che responsabilità vi state prendendo».
I due aspettarono che si allontanasse e poi la Preside sussurrò a Neville:
«Comincia tu a parlarli».
Lui annuì e si avvicinò di più.
«Ciao».
Lui sussultò e si voltò.
«Buongiorno» sussurrò.
«Tu sei Samuel, vero?».
«Sì».
«Io sono il professor Paciock e lei è la professoressa McGranitt. Siamo qui per parlarti della nostra Scuola, Hogwarts».
Il bambino, che aveva assunto un’aria spaventata, s’illuminò un poco.
«Davvero?».
«Sì. Sai Hogwarts è una Scuola per ragazzi con doti particolari…».
«Mi scusi, signore» disse lui interrompendolo «Io so che cos’è Hogwarts. So di essere un mago».
Neville guardò sorpreso la McGranitt e lei decise di intervenire.
«Chi te ne ha parlato?».
«La mia mamma. Lei è una strega molto dotata. E’ dovuta andare all’estero quando avevo cinque anni. Però prima di lasciarmi mi ha spiegato queste cose… cioè non so tutto… solo che sono un mago e che Hogwarts è una Scuola di magia».
«Ah, capisco. Questa è la tua lettera di ammissione, signor Vance» disse la Preside porgendogli una busta giallastra, che aveva tirato fuori da una tasca della lunga veste verde smeraldo.
Samuel l’aprì in silenzio, dopo qualche secondo chiese:
«Posso farle una domanda professoressa?».
«Naturalmente».
«Dove si compra tutto questo materiale? E poi io non ho soldi…» disse arrossendo.
«Non ti devi preoccupare, la Scuola ha un fondo per gli studenti con difficoltà economiche. Per quanto riguarda il luogo, sono sicura che il professor Paciock sarà felice di accompagnarti. Vero, professore?».
«Certamente, professoressa».
«Hai altre domande?».
«Per ora no, grazie professoressa».
Neville si avvicinò e gli scompigliò affettuosamente i capelli, gli ricordava tanto suo figlio Frank. La McGranitt, dopo essersi guardata intorno un attimo, estrasse la bacchetta, che Samuel osservò a bocca aperta, e con un rapido gesto fece sparire un brutto livido che il bambino aveva sulla guancia e quelli sulle braccia. Lui sempre più sorpreso balbettò un “grazie”. La donna si limitò a un lieve sorriso.
«Vedrai ti troverai bene ad Hogwarts» gli sussurrò Neville.
Subito dopo lo salutarono. Neville fu sicuro di aver visto spuntare un sorriso sul suo volto.
*
Fred e James si svegliarono presto, infastiditi dal troppo caldo. Scesero al piano di sotto con l’intenzione di fare colazione. Sul tavolino del salottino nell’ingresso troneggiava la coppa di Freddie: “Il miglior giovane pozionista”. Sorrise, suo cugino era stato grande, si era rivelato più bravo di tutti gli altri partecipanti, che provenivano da altre scuole d’Europa. Era stato in grado di preparare un perfetto Distillato della morte vivente nonostante facesse parte del programma del sesto anno. Era finito sia sulla “Gazzetta del Profeta” sia su “Il pozionista” e naturalmente zio George aveva comprato entrambi i giornali. Era molto orgoglioso del figlio.
«Dormito bene, ragazzi?» li accolse la nonna.
«Insomma, fa un caldo…» commentò James sbadigliando.
«Mettiti la mano davanti alla bocca» lo rimproverò Ginny sedendosi a tavola accanto a lui. «Buongiorno a tutti» aggiunse dopo averli lanciato un’occhiataccia.
Iniziarono a mangiare in silenzio. Dopo un po’ li raggiunsero Albus, Rose e Louis. Improvvisamente Fred disse qualcosa, che risultò incomprensibile poiché aveva la bocca piena. Cominciò a gesticolare ed alla fine si affogò; comunque Louis aveva compreso e si alzò ad aprire la finestra per fare entrare otto gufi, che elegantemente planarono sul tavolo. La nonna usò l’incantesimo “apneo” su Fred, che riprese a respirare e corse ai piedi della scala gridando:
«Gufi da Hogwarts per tuttiiiiii. SCENDETEEEE».
Tornò a sedersi per cercare la sua busta, mentre il cugino liberava i gufi, che volarono subito via.
«Buongiorno». Un uomo alto, dai capelli rossi e lunghi legati in una coda e con un orecchino a forma di zanna, fece il suo ingresso in cucina. Diede un bacio a Louis ed alla madre.
«Bill devi andare a lavoro oggi?» chiese lei.
«No, io e Fleur abbiamo ancora un paio di giorni di ferie».
Fleur, alta e dalla lunga chioma bionda, li raggiunse sedendosi accanto al marito, seguita dagli altri ragazzi. Per un attimo ci fu silenzio, mentre ognuno di loro cercava la propria lettera nel mucchio. All’improvviso Fred scattò in piedi, rovesciando la sedia.
«Sei sempre il solito pasticcione» lo apostrofò la madre che stava scendendo le scale in quel momento.
«Se tu sei stato nominato Prefetto» commentò Dominique, fingendosi sconvolta «la McGrannit è invecchiata tutta in una botta!!!!».
Qualcuno rise, ma James, atterrito alla sola idea, corse dall’altro lato del tavolo per leggere la lettera del cugino. Spalancò la bocca per la sorpresa e tutti li osservarono.
«Che succede?» chiese zio Charlie sedendosi accanto a Bill.
Fred capovolse la busta ed una spilletta gli cadde sul palmo aperto. James gettò un urlo, mentre il cugino rialzò la sedia e ci salì sopra all’in piedi. Con tono di voce solenne proclamò:
«Sono il nuovo capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro».
Tutti cominciarono ad urlare uno sopra l’altro e nel giro di pochi secondi il neocapitano si trovo schiacciato a terra dai cugini, dalla sorellina e dal padre.
«Che cos’è questo chiasso?» una voce autoritaria si levò al disopra delle loro grida: sulla porta svettava l’alta figura di zio Percy. Louis con la coda dell’occhio scorse i suoi genitori ancora seduti a tavola, ma che ridevano insieme a zio Charlie che poi corse ad abbracciare il nipote ed a complimentarsi con lui.
«Magnifico» commentò nonno Arthur «il quarto capitano di Grifondoro in famiglia». Nel novero erano compresi suo figlio Charlie ed i suoi cognati Harry ed Angelina, che commossa abbracciò il figlio. Lei in più era una giocatrice professionista: aveva giocato per lunghi anni nelle Holyhead Harpies, però, nel momento in cui avrebbe dovuto fare il salto di qualità entrando nella nazionale inglese aveva rinunciato, scegliendo il ruolo di allenatrice che le permetteva meglio di stare vicino alla famiglia che stava iniziando a crescere con la nascita di Freddie. Percy, irritato, ignorò i fratelli e sedette accanto alla figlia maggiore, mentre la madre gli porgeva una tazza di thè. Finalmente ritornò un po’ di calma e Molly annunciò:
«Sono stata nominata Caposcuola».
«Oooooh bravissima tesoro mio» gridò la nonna abbracciandola.
Percy era fuori di sé dalla gioia.
«Dobbiamo assolutamente festeggiare» cinguettò la nonna «Stasera».
«Invitiamo anche Lys e Lorcan? Ed Alice?» chiese subito Lily, appoggiata da Hugo.
«Certamente».
«Ciao a tutti» disse Teddy entrando «Fred, avrei bisogno di parlare con tutti voi. Quando finite di fare colazione, saliamo un attimo su, per favore».
Prima che i cugini lo trascinassero nelle loro discussioni, Louis si rivolse al padre:
«Papà».
«Che c’è Lou?».
«Posso andare con Vic e Teddy a Neal’s Yard pomeriggio?».
«Che cos’è?» chiese Fleur lanciando un’occhiata a Teddy.
«E’ un quartiere di Londra, un vicolo tra Short Gardens e Monmouth Street che si apre in un coloratissimo “courtyard”. Od almeno così ha detto Vic. Mi sono informato e Neal’s Yard prende il suo nome da Thomas Neale, che nel 1690 ottenne un appezzamento di terra da William III e creò l’area conosciuta come Seven Dials. Fu però Nicholas Saunders negli anni ’70 a salvare Neal’s Yard (un posto infestato da ratti) dalla demolizione e a renderlo il posto interessante che è ora. Saunders nel 1976 si trasferì al numero 2 di Neal’s Yard, dove aprì un negozio di alimenti integrali, che rapidamente diventò piuttosto popolare e permise all’area di svilupparsi e di diventare il centro di una piccola comunità di negozi indipendenti tra loro, ma che si definiscono “una piccola famiglia “».
 
«Non avrei saputo dirlo meglio» commentò Teddy con un sorrisetto.
 
Ancora una volta Bill e Fleur rimasero sconcertati dalla quantità d’informazioni e nozioni che riusciva a snocciolare ed a memorizzare in pochissimo tempo: Louis era decisamente molto intelligente e loro alle volte non erano in grado di rispondere adeguatamente alle sue esigenze, anche perché aveva anche un carattere molto chiuso, spesso dovevano costringerlo a parlare per capire che cosa gli passasse per la testa. Era capace di rimanere in silenzio per molto tempo, se non sollecitato.
«Si, certo» rispose Bill «Se per tua sorella e per Teddy non ci sono problemi, puoi andare con loro».
«Mi raccomando non farli arrabbiare» disse Fleur, ma Bill sapeva che era una raccomandazione inutile: Louis non era il tipo da dare fastidio o da disubbidire. Vic e Lou erano molto legati e lei spesso se lo portava con sé quando faceva qualche cosa di particolare con il fidanzato. Teddy infatti fece loro segno di non preoccuparsi. Il bambino annuì e corse dai cugini, che erano già saliti in camera di Freddie. Prese posto accanto a Fabiana, buttata sul letto di Fred, ai suoi piedi si posero i gemelli. Gli altri cugini si sedettero sugli altri letti o sul tappeto al centro della camera. Teddy entrò sorridendo insieme a Vic e Molly:
«Dovreste smettere di escludere Molly» disse facendo arrossire la ragazza.
«Mmm lei fa la spia e lo sai».
«Non la farà. Avete la mia parola».
«E sia. Che cosa devi dirci?».
«Non vorrete dirci che diventerò zia?!?!» lo precedette Dominique «Io la mia benedizione ve l’ho data, ma non pensate nemmeno che io cambierò pannolini o vi farò compagnia quando trascorrerete notti in bianco».
«Come lo chiamerete?» intervenne Lily eccitata.
«Al posto del latte avete bevuto whisky, stamattina? Voi diventerete zii, solo dopo che ci saremo sposati» disse ferma Vic, Teddy era diventato paonazzo. Louis si rilassò, non era pronto a vedere sua sorella con il pancione.
«La McGrannit mi ha offerto il posto di insegnante di trasfigurazione».
Le sue parole furono accolte da un silenzio scioccato.
«Cioè la Macklin se ne va in pensione?» proruppe James.
«Si e vuole che sia io a sostituirla».
«Il mio amore promessa della trasfigurazione» gongolò Vic baciandolo.
«Sei sicuro che non diventeremo zii? Forse sarebbe stato meglio» commentò Dominique «Cioè ora dovrei darti del voi e portarti rispetto?».
«Ragazzi, non ho ancora accettato. Quindi se non volete, non c’è problema».
«Non se ne parla nemmeno» sbottò Vic fulminandoli con lo sguardo «Se lo costringete a rifiutare, vi affatturo».
Nessuno prese per scherzo le sue parole, in quanto era maggiorenne e quindi poteva benissimo usare la magia quasi impunemente.
«Non è che non siamo felici per te» intervenne Jamie «ma Domi, ha ragione insomma è un po’ strano… già è difficile con zio Neville».
«Beh fa meno paura della Macklin» disse Rose in suo favore.
«Allora se io dovessi, diciamo, fare saltellare un topo per tutta la classe scatenando il panico tra le ragazze, anziché trasformarlo in una spazzola adatta ai tappetti… mi puniresti per una settimana?» chiese Fred con finta aria innocente.
«Miseriaccia Freddie, quella è stata una delle più belle lezioni di trasfigurazione di sempre».
Teddy lo osservò, sapeva che era serio, così rispose: «Per un giorno solo?» preferì non immaginare la faccia della Macklin in quel momento.
«Va bene, allora. Approvo» annunciò Fred seguito a ruota dagli altri.
«Quando non c’è nessuno ti posso insultare?» chiese Dominique con la sua miglior faccia da schiaffi.
«Meglio di no, se tocchi il mio Teddy ti tiro tutti i capelli» disse Vic con un ghigno, che deformava il suo viso perfetto.
«Tranquilla Vic, veglieremo su di lui» promise Fred, divertito dalla conversazione.
Prima che qualcuno potesse aggiungere qualcos’altro la porta s’aprì ed entrò George.
«Niente piscina oggi?».
«Arriviamo» rispose Rose.
 «Freddie ti va una scopa nuova? Insomma il nuovo capitano ha bisogno di una scopa decente».
«Wow, davvero papà?».
«Si. Tu e Roxi venite a Diagon Alley stamattina. Mamma è libera oggi e così potete comprare il materiale per la scuola» poi rivolto ai nipoti «Chi vuole farsi un giro con noi è il benvenuto. Vi aspetto di sotto» sorrise ed uscì dalla stanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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