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Autore: Kary91    11/07/2015    1 recensioni
[Flash Fiction| child!Gale/Mr. Hawthorne | Gale e suo figlio]
“Che combini, discoletto?” domandò Joel Hawthorne, arruffandogli i capelli.
“Gioco a volare” spiegò Gale, spingendo uno dei sassolini fino al padre. “Questi siamo io e te e voliamo via in un posto dove si può sempre correre nei boschi. E portiamo anche la mamma e tutti quelli che vogliono venire con noi.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Mr. Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
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Premessa. La storia è suddivisa in due parti; la prima metà è ambientata durante l’infanzia di Gale, quando il bambino aveva quattro, cinque anni. La seconda è ambientata dopo l’epilogo del Canto della Rivolta; Gale è ormai adulto e ha avuto un figlio di nome Joel. Questa storia è stata scritta per il contest A tutto Fluff indetto da Eireen23 e per l’iniziativa Ready Set, Prompt! Indetta dal gruppo Facebook The Capitol con la canzone “So Volare” della Gabbianella e il Gatto come prompt. Ho utilizzato anche il prompt “Da grande imparerò a volare” lasciatomi da Macy Mclaughlin.

 

 

«Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa.

Se hai un sogno tu lo devi proteggere.

Quando le persone non sanno fare qualcosa

lo dicono a te che non la sai fare.

Se vuoi qualcosa, vai e inseguila.

Punto.»

La ricerca della felicità. 2006

 

 

 

Ti porto a volare

tpav

 

 

Giocava con due sassolini.

Uno era lui, l’altro suo padre. Volavano come falchi, ma presto sarebbero tornati giù a prendere la mamma con il fratellino ancora in pancia.

Quando suo padre lo trovò, sdraiato per terra dietro casa, stava ancora giocando.

“Che combini, discoletto?” domandò Joel Hawthorne, arruffandogli i capelli. Si sedette accanto a lui, sporcandosi mani e pantaloni; non ci badò.

“Gioco a volare” spiegò Gale, spingendo uno dei sassolini fino al padre. “Questi siamo io e te e voliamo via in un posto dove si può sempre correre nei boschi. E portiamo anche la mamma e tutti quelli che vogliono venire con noi.”

Un guizzo divertito animò lo sguardo dell’uomo.

“Però! Mi piace questo gioco. E come facciamo a portare con noi tutta questa gente, se siamo solo in due?”

Il bambino ci pensò su per qualche istante.

“Io e te siamo forti” spiegò infine, fissando assorto il movimento delle pietruzze. “Guarda che ce la facciamo.”

Il padre ridacchiò.

“Ti piacerebbe fare questo come mestiere?”

Gale annuì.

“Io da grande imparerò a volare” confermò con sguardo fiero. “A volare per davvero.”

Il padre gli sorrise; l’orgoglio luccicava nei suoi occhi, inombrato leggermente dalla malinconia del suo sorriso.

“Tu diventerai un pilota, ragazzo” affermò, sfiorandogli una guancia. “Uno di quelli che viaggiano sugli Hovercraft per portare a spasso la gente importante. Sai cosa sono gli Hovercraft, vero? Quegli affari che assemblano nel Distretto 6.”

Il bambino annuì e riprese a giocare con i suoi sassolini, sotto lo sguardo compiaciuto del padre.

“Ricordatelo, Gale” ordinò Joel dopo qualche minuto, sollevando il mento del figlio. “Ricordati sempre quello che prometti a te stesso. Se hai un sogno tu lo devi difendere, anche se prima o poi arriverà qualcuno a cercare di metterti i bastoni tra le ruote. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila. Punto.”

Gale lo ascoltò con attenzione; non aveva ancora compiuto cinque anni, ma il suo sguardo sembrava quello di un adulto.

“Quando cresco scappo di qui e ti porto a volare” dichiarò infine con decisione, mentre si alzava in piedi. “È questo il mio sogno”.

A quel punto corse via, ma prima prese una mano di Joel e vi lasciò dentro uno dei sassolini.

Dentro quel sasso, l’uomo lo sapeva, il bambino aveva deposto un desiderio: il sogno di volare via con lui. Il sogno di liberarlo.[1]

 

«Ora lo so chi sono io

ed il cielo è il posto mio;

e queste ali, lo sento già,

sono la mia libertà.»

So volare. La Gabbianella e il Gatto

 

***

L’Hovercraft guadagnò velocità, rischiarando lo sguardo assorto del pilota che lo stava manovrando.

Gli occhi grigi dell’uomo rimirarono le nuvole che si aprivano per lui, come aveva sognato che facessero sin da quando era bambino.

Chinò poi lo sguardo verso il piccolo Joel, che si era sporto per ammirare a sua volta lo spettacolo che li circondava.

Per anni Gale aveva creduto di aver fallito, pur avendo a imparare a volare[2].

A lungo si era rimproverato per non essere riuscito a proteggere il suo sogno, portando suo padre con sé.

Quel pomeriggio, tuttavia, si accorse per la prima volta di non aver sbagliato del tutto.

Perché suo padre c’era: era nel volto fiero di quel bambino chiamato come il nonno, che sedeva sulle sue ginocchia.

Suo padre era nell’abbraccio in cui Gale stringeva il figlio, nelle sue mani appoggiate a quelle del bambino, mentre lo aiutava a manovrare la cloche. Era nell’affetto che li univa, lo stesso amore incondizionato e gremito di orgoglio e che ancora legava Gale a suo padre.

Così, nello stesso modo in cui le nuvole scoprivano a volte qualche timido raggio di sole, sul volto ombroso del pilota comparve un sorriso.

Suo padre era lì con loro, adesso ne era certo.

Adesso lo sentiva.

 

 

«I piedi miei non toccan più,

sto volando dentro il blu.

Il mondo cambia da quassù:

non ha barriere più

So volare»

So volare. La Gabbianella e il Gatto

 

 



[1] Il concetto di libertà in riferimento a Gale bambino e a Mr. Hawthorne fa riferimento alla one-shot “Il Ribelle” incentrata proprio su questo argomento.

[2] Nel mio future head-canon, Gale si trasferisce nel Distretto 2 per frequentare un’Accademia di Aeronautica militare. Diventa prima pilota militare e, in seguito, pilota di linea.

   
 
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