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Autore: steph808    11/07/2015    2 recensioni
Cinque amiche in università, alcuni animali che fanno pasticcio, la nascita di un amore travolgente… e nessuna trama sensata.
In brevi capitoli di circa 80 righe (su un normale programma di scrittura) questa storia racconta alcune scene di vita in università e improbabili avventure semiserie liberamente tratte dalla vita reale e dalla fantasia più sfrenata, con l'obiettivo di divertire, poi di intrattenere e infine di far riflettere, perché anche le storie senza trama hanno un filo conduttore.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo7
Capitolo 7
Nel quale un avvenimento felice lascia il posto ad una improvvisa tragedia
 
«E poi?» domandarono tutte insieme le amiche.
«Sono scoppiata a ridere.»
«E lui?»
«Ha riso e ha detto che iniziava a diventare un’abitudine.»
«E poi?»
«Ragazze, è mezz’ora che continuate a domandarmi “e poi?” Trovate un sinonimo!»
«E dunque?»
Chiusi gli occhi, esasperata.
«Abbiamo fatto quattro chiacchiere.»
«Sulla tesi?»
«No, abbiamo parlato di quanti professori universitari ho investito nella mia carriera. Sì certo, abbiamo anche parlato della tesi. Me l’aveva appena chiesto.»
A Candida spuntarono gli occhi a cuoricino.
«Ho approfittato per chiedergli cosa sono di preciso i dottorandi di ricerca» dissi.
«Così, gliel’hai chiesto di punto in bianco?»
«Sì, Alice. Ho sempre avuto questo dubbio.»
«Te l’ho già spiegato più volte, Stefania» intervenne Sofia. «Mio fratello è dottorando in fisica…»
«E io t’ho già spiegato che ho la memoria di un pesce rosso. Mi sono dimenticata, va bene? Ho preferito chiederlo a lui.»
Alice era d’accordo con me. Anche lei – disse – nelle mie condizioni avrebbe scordato molti dettagli.
«Lo sapevi che anche i dottorandi devono scrivere una tesi?» continuai.
Sofia annuì.
«Io no, invece. A proposito, in questo posto chiamato università le tesi non finiscono mai?»
«Mai.»
«Mi ha detto che se ho bisogno di un consiglio lui è disposizione.»
«E poi?»
«Ancora un “e poi?” e ti taglio la lingua, Candida. Gli ho risposto che ho molta confusione in testa in merito alla tesi e avrei accettato volentieri non solo un consiglio ma anche un aiuto e se, per caso, si fosse offerto di scrivermela per intero avrei accettato con molto piacere.»
«Ci stai prendendo in giro.»
«Non ho usato le esatte parole, ma il senso era questo.»
«E… – volevo dire – lui cosa ha risposto?»
«Ha riso e ha detto mi avrebbe aiutato con molto piacere. “Oh, bene, grazie” ho risposto. “Le ho quasi distrutto il telefono, è giusto che mi sdebiti” ha dichiarato Paolo. “Quando vuole lei, signorina.” “Anche subito?” “Sì, certo, anche subito.” “Ehm, purtroppo adesso ho lezione” “Dopo la lezione, allora.” “Ho la giornata abbastanza piena.” “Domani, allora! Che ne dice di domani?”»
«Quindi hai appuntamento per domani nel suo ufficio?» domandò sbigottita Sofia.
Alzai le spalle. «Sì.»
«Per parlare della tesi?»
«Ma… Stefania… cosa pensi di dirgli?»
«Parleremo di Star Trek. Magari è un appassionato.»
Sofia si mise le mani nei capelli. Lei è pratica e realista, non si lascia influenzare dagli slanci di romanticismo.
Le bionde invece erano entusiaste. «Il nostro piano ha funzionato!»
«Quale piano?»
«Trovarti un fidanzato.»
«Da quando avete questo piano?»
«Dall’anno scorso…» iniziò Alice.
«… da quando tu e…» continuò Candida.
«Non fare quel nome!» intimai.
«Beh, quando tu e lui eravate…»
«Non eravamo niente!»
«Stefania, ammettilo che eravate innamorati. Pensavo che l’avessi superato!»
«Certo che l’ha superato» riprese Candida. «Adesso sta con il dottorando più carino dell’università.»
Mi vedevano già di bianco vestita, col velo in testa e il bouquet in mano. È da tempo che sto pensando di comporre una bella marcia nuziale, ma non ho ancora avuto l’ispirazione. Né per la marcia né per la cerimonia in sé.
«Vuoi che ti accompagno?» domandò Claudia.
«Ma anche no!» replicai. «Intendo dire… grazie, Claudia, ma posso farcela da sola.»
«Sono curiosa di sapere di cosa gli parlerai, eccettuata l’Enterprise e le spade laser» disse Sofia la scettica.
«Io sono curiosa di sapere come ti vestirai» aggiunse Alice la modaiola.
Iniziarono a darmi consigli non richiesti. Decisero che dovevo mettere un abito da cocktail di un colore pastello, perché mi avrebbe donato. Come se io fossi invitata a un ricevimento formale ogni settimana e possedessi abiti da cocktail. Affrontarono l’argomento scarpe e accessori ma fummo interrotte da una telefonata che ricevette Claudia.
Da sorridente e spensierata, la nostra amica impallidì e subito le spuntò una lacrima all’angolo dell’occhio.
«È successa una disgrazia.»
Al telefono era la mamma di Claudia, che conosce l’affetto della figlia per i suoi animali e aveva deciso di avvisarla senza ritardo del fattaccio. Era accaduto che lo sciopero dello zoo di casa sua si era trasformato in una congiura ai danni di Agenore. Quella mattina, la nostra amica aveva riempito d’acqua un catino di plastica a sponde alte, l’aveva portato in giardino e vi aveva immerso Agenore a far colazione con le alghe. Senonché, Leone era sceso dagli alberi e aveva girato attorno al catino incuriosito. Attirato dal movimento, era arrivato anche Mogano dalla cuccia. L’insolita coalizione tra cane e gatto aveva rovesciato il catino e gettato Agenore e le sue alghe sul lastricato del giardino. Riconoscendo lo sgradito ospite, Mogano si era volatilizzato. Leone, invece, l’aveva diabolicamente sospinto indietro, con la complicità di Coupé, che, ritirata nel guscio, impediva al crostaceo di fuggire per altre strade. Senonché, il fato. Il padre di Claudia aveva portato la macchina fuori dal garage in retromarcia e non si era accorto che Agenore passava sul vialetto in ritirata dagli attacchi di Leone, il quale, invece, conosceva bene il rumore del motore della macchina e si era allontanato a balzi al momento giusto. Il povero crostaceo aveva terminato sotto un pneumatico un’esistenza avventurosa degna di un dipartita più onorevole.
«Povero Agenore, che triste fine!» osservammo noi.
Claudia era commossa.
«Non poteva morire quel deficiente del criceto?» osservò, con gli occhi velati di lacrime.
  
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