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Autore: Fangirl97    12/07/2015    2 recensioni
Lei: una studentessa universitaria, gentile, timida, allegra e dolce.
Lui: un militare che cerca di ricominciare, gentile, altruista, sorridente e scherzoso.
Due persone che sembrerebbero dover stare insieme, ma è realmente così? Nonostante tutte le cose che hanno in comune riusciranno a superare le molte divergenze e i problemi?
Una storia d'amore fuori dall'ordinario, con colpi di scena, con scene allegre, divertenti, gioiose, dolci, tristi e distruttive.
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[L'ambientazione, i caratteri, le età, gli amici e le professioni sono state cambiate per adattarle alla storia]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era una giornata piuttosto soleggiata per essere autunno, ma il freddo cominciava a farsi sentire. D’altronde Princeton era nota anche per le sue temperature non proprio calde.
In cielo ogni tanto si vedevano degli stormi di uccelli che emigravano verso zone più calde, come la vicina California.
Quella mattina nelle strade si sentiva un gran via vai di automobili, che avevano alla guida uomini o donne stanchi, ma che dovevano andare a lavoro. Le serrande dei negozi cominciavano ad alzarsi, i bambini andavano a scuola e gli studenti universitari ancora dormivano.

Intanto in un piccolo appartamento una giovane ragazza dai capelli rosso chiaro e gli occhi scuri e profondi si stava affaccendando per preparare la colazione in fretta, prima di correre all’università. Le maniche del suo giacchettino leggero le ricaddero giù per l’ennesima volta e così lei se le ritirò su con foga e cercò di posizionarle in maniera tale da tenerle su il più possibile. La temperatura di quei giorni le aveva fatto togliere dall’armadio tutti gli indumenti più estivi, o perlomeno quasi tutti.
La cucina era in un completo disordine, poiché la sera prima nessuno dei suoi coinquilini aveva pulito, né tantomeno rimesso in ordine, così la giovane aveva dovuto lavare vari piatti e padelle per poter preparare una colazione degna del suo nome. I pensili erano tutti aperti, mentre lei lavava, asciugava e rimetteva tutto al proprio posto. Non sapeva se avrebbe fatto in tempo, ma sperava proprio di riuscirci. Mentre lavava gli ultimi piatti cominciò a fissare i palazzi, che si vedevano fuori dalla finestra. Un po’ le mancavano i paesaggi che offriva la sua città, dove le persone si svegliavano presto, aprivano i loro negozi o andavano a lavorare la terra o a prendersi cura degli animali. Le mancavano un po’ i paesaggi tranquilli e pittoreschi, dove sembrava che il tempo si fosse fermato.

- Qualcuno ha visto le mie mutande? – urlò un ragazzo dal corridoio, sul quale si affacciavano tutte le camere da letto.
La ragazza ritornò alla realtà e finì di riordinare. Certo la sua città e la sua casa le mancavano, ma lì non aveva i suoi amici.

- No. – si sentì un coro generale da tutti gli altri suoi coinquilini.

- Lydia, le hai viste tu? – arrivò in accappatoio uno dei ragazzi. Aveva una chioma riccia e scuro sulla testa e degli occhi di un verde intenso.

- Prova a cercare tra la montagna delle vostre mutande. – sorrise Lydia, mentre metteva in tavola i piatti, aspettando che i toast fossero pronti.

Il ragazzo annuì e scomparve. La ragazza doveva combattere ogni giorno con quattro ragazzi, molto disordinati, ma sperava che quando l’unico laureato tra loro avesse trovato un lavoro se ne sarebbe andato. Giusto per avere un po’ di tregua. E poi avrebbe tanto voluto trovare una coinquilina, con cui potersi disperare.
Tornò vicino ai ripiani della cucina e afferrò al volo i toast, li mise su un piatto, afferrò la marmellata e il burro d’arachidi e li posò sul tavolo. Si avvicinò al frigo e ne tirò fuori una brocca di latte e una di succo di arancia.

- Ragazzi la colazione è a tavola! – disse Lydia, prima di sedersi. Scansò la sedia e ci scivolò sopra, per poi riposizionare gli occhiali sul suo naso.
Quattro ragazzi si precipitarono in cucina, pronti per mangiare. Ognuno di loro aveva qualcosa fuori posto. Chi i capelli arruffati, chi la maglia al contrario, chi era ancora in mutande e chi aveva il segno del cuscino sulla guancia.

- La mattina dovreste svegliarvi un po’ prima. – commentò Lydia, guardando i suoi amici e sorridendo. Afferrò un toast e se lo mise nel piatto, per poi cominciare a spalmarlo di marmellata alla ciliegia.

- Scherzi? E quanto dovrei dormire? Un’ora? – replicò uno dei giovani, quello con la maglia al contrario. Aveva i capelli molto corti, appena rasati e gli occhi azzurri, ma erano ancora spenti, per via del sonno.

- Dovreste giocare di meno ai videogiochi e andare a dormire prima, allora Michael. – sorrise la ragazza, osservandoli. Sembrava che fosse passato un treno merci su di loro. Erano così rintontiti, che non si sarebbero accorti se il palazzo fosse andato a fuoco. 

- Finché non si finisce il livello è proibito. – esclamò il giovane con il segno del cuscino sul volto, mentre teneva gli occhi così sgranati da ricordare un gufo. Era a pezzi, eppure quel giorno aveva delle lezioni all’università.

- Siete proprio dei nerd. – commentò sorridendo Lydia, per poi alzarsi da tavola. Posò il suo piatto e il suo bicchiere nel lavandino e poi corse a prendere la sua borsa in camera da letto. Era una stanza piuttosto piccola. Dentro ci entravano a malapena un letto singolo, un armadio e una scrivania. Sulla parete davanti alla porta c’era una piccola finestra, da dove entrava la luce. L’armadio era subito sulla destra, mentre sulla parete adiacente era appoggiato il letto. La scrivania si trovava sulla parete opposta.

Doveva andare all’università con i mezzi, finché non sarebbe stata in grado di comprarsi una macchina sua. Ogni tanto i suoi amici le davano un passaggio, ma quel giorno sarebbero rimasti tutti a casa ancora per un po’.

- Non torno per pranzo. Cercate di non ordinare pizza. – disse Lydia, afferrando le chiavi e poi uscire dalla casa, chiudendosi dietro la porta. Sapeva che i ragazzi odiavano cucinare, ma non potevano mangiare sempre cibo spazzatura quando lei non poteva cucinare per loro.

Scese velocemente le scale e raggiunse correndo la fermata dell’autobus, proprio mentre quello partiva. La ragazza sospirò sconsolata, ma alla fine cominciò ad incamminarsi a piedi, sperando in un autobus successivo. Afferrò le cuffiette nella sua borsa e se le mise. Accese il walkman e si incamminò verso l’università.
Le strade erano percorse da macchine, che si dirigevano tutte in posti diversi. Le persone che camminavano per i marciapiedi erano genitori che portavano i figli a scuola, liceali che si dirigevano verso ore di torture e di persone che portavano a spasso i loro animali. Sembravano tutti così spensierati e felici, come se il sole di quella giornata avesse portato allegria nei loro cuori.
Per sua fortuna il sole non era troppo forte, quindi non le dava fastidio e il leggero venticello le faceva andare tutti i capelli davanti, così che ogni tanto doveva metterli dietro le orecchie. Dopo un po’ però si stufò e si fece un coda bassa e molto disordinata. Si prendeva così poco cura di se stessa, che spesso neanche li pettinava. Quelle volte sarebbe potuta passare tranquillamente per una barbona.. o per una studentessa sotto esame. Non amava curarsi di sé, quindi i suoi vestiti spesso le andavano un po’ larghi, i capelli erano spettinati o legati in malo modo e non si truccava mai, se non per andare a qualche festa. Persino gli occhiali le davano un’aria trasandata a volte, eppure non le importava. In tutta l’università si vedevano ragazze vestite di tutto punto, super truccate e ben pettinate, come se dovessero fare delle foto per una rivista di moda, mentre lei e poche altre, che erano davvero rare, si trascuravano.

All’improvviso vide l’autobus passarle accanto e cominciò a correre, cercando di non perdere la borsa. Riuscì ad arrivare appena in tempo e ci salì sopra, con il fiatone. Si ripromise di cominciare a fare un po’ di attività fisica il prima possibile. Suo padre l’aveva sempre spronata a fare dei corsi per l’autodifesa, ma lei era così pigra e preferiva così tanto leggere dei libri, che non li aveva mai fatti e neanche al liceo aveva fatto alcuno sport.
Il conducente chiuse le porte e lei trovò un posto libero. Si sedette e tirò fuori dalla borsa un libro. Lo aprì con il segnalibro e cominciò a leggere, per tutta la durata del tragitto. Lei studiava tutto il giorno, quasi tutti i giorni, ma amava leggere. Non poteva rinunciarci. Le piaceva vivere una vita che non era la sua, affrontare avventure, storie d’amore e avere delle sensazioni che nella vita reale non poteva avere.

Dopo dieci minuti, arrivata a fine capitolo, chiuse il libro e lo ripose. Guardò l’ora e scoprì di essere in ritardo. Quel giorno sarebbe andato un militare a parlare loro della sua esperienza in guerra e di come i suoi amici erano rimasti traumatizzati. Per lei che voleva diventare psicologa era un’esperienza imperdibile. Scoprire cosa accade in guerra, come ci si sente a combattere con un fucile in mano, sapere cosa si prova ad uccidere, a veder uccidere i propri compagni e a come si rimane irrimediabilmente scossi. L’aveva sempre affascinata quel mondo, ma era sempre stata consapevole di non poter entrare nell’esercito. Era troppo impressionabile e troppo sensibile. E poi era così goffa. Si sarebbe uccisa da sola. Ripose le cuffie nella borsa e aspettò impaziente che il conducente fermasse il veicolo, mentre vedeva scorrere alberi e qualche casa fuori dal finestrino.
Finalmente l’autobus si fermò e lei scese velocemente, per poi cominciare a correre verso l’entrata dell’università. Continuò a correre senza fermarsi, riuscendo a malapena a non andare a sbattere contro gli altri ragazzi, che invece camminavano tranquilli per il campus. Più di una volta corse il pericolo di inciampare, ma non poteva permetterselo. Doveva arrivare in tempo. Lo aveva sempre desiderato e ora non poteva arrivare in ritardo, non poteva perdere quell’opportunità. Sarebbe arrivata in tempo, se lo sentiva.

Gli alberi e le varie piante le passavano accanto, ma lei non si fermava ad osservarli, come le altre volte. Non si sarebbe fermata ad osservare i ragazzi che suonava la chitarra, o quelli che facevano battute o che cercavano di far colpo su una ragazza. Non si fermò ad osservare le targhe dedicate a studenti che erano diventati qualcuno, o a persone che avevano finanziato l’università. Non si fermò neanche a guardare i fiori che nascevano tra i cespugli, dei bellissimi fiori, di tutti i colori.

Era quasi arrivata all’entrata dell’edificio, quando andò a sbattere contro una persona. Era stata un’imbranata. Non avrebbe dovuto mettersi meglio gli occhiali proprio in quel momento. Sceglieva sempre i momenti meno opportuni.
Cadde all’indietro e la borsa si rovesciò, riversando sul terreno i suoi libri. Si strofinò la fronte e poi aprì gli occhi. Fece un sorriso timido e così imbarazzata per la sua goffaggine.

- Mi dispiace, non ti ho visto. – disse Lydia, rialzandosi a fatica, mentre riprendeva la sua borsa e ci rimetteva dentro il suo contenuto. Ora era in ritardo, in imbarazzo e si sentiva stupida.

- No, è stata colpa mia. Ero distratto. – replicò il giovane, aiutandola a riprendere i libri. Afferrò l’ultimo e si alzò, seguito dalla giovane. Lei si sistemò gli occhiali e arrossì. Era stata così maldestra.

Il giovane era un bel ragazzo. Atletico, occhi e capelli scuri e un bel sorriso. Sulle guance si formavano delle fossette quando sorrideva. Aveva un po’ di barba, ma era davvero rasa. Le fece un sorriso rassicurante, come per farle capire che non era successo nulla.

- Mi dispiace ancora. Ora devo scappare. Scusami. – disse Lydia, correndo verso l’entrata dell’edificio.

Il giovane rimase confuso e con il libro in mano. Cercò di richiamarla, ma non riuscì ad attirare la sua attenzione. Sospirò e abbassò il braccio con il libro in mano. Guardò l’ora e sospirò. Era in ritardo e doveva affrettarsi. Aveva un impegno e non era bello far aspettare. Pensò che avrebbe lasciato il libro alla segreteria dell’università, forse la ragazza sarebbe andata a riprenderlo lì e così si incamminò, salendo le scale. 


SPAZIO AUTRICE: ciao a tutti! spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Come avrete capito qui non è la stessa Lydia del telefilm, l'ho dovuta adattare alla storia, ma spero vi piaccia lo stesso. Se vi piace o non vi piace commentate per farmi sapere cosa ne pensate! Baci a tutti! :D
  
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