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Autore: Hobbitsss    13/07/2015    1 recensioni
“La minaccia di un malvagio attacco ai nostri regni è sempre più vicina. Tutti gli aiuti possibili saranno ben accetti e necessari. Appuntamento al quartier generale, il Nido. In fede,
Ben Werefkin”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due.
"An unexpected journey."

   Ely non aveva potuto evitare di gridare davanti all'omino violaceo. Nonostante ne facesse parte, il mondo paranormale gli era praticamente sconosciuto. Invece quell'individuo sapeva esattamente chi doveva cercare.
"Signor Jed, mi farebbe un enorme favore se smettesse di gridare evitando così di allarmare l'intera popolazione di questo consunto stabile dall'odore a dir poco nauseante".
Il ragazzo si sforzò di chiudere la bocca, e preoccupato si affacciò sul pianerottolo guardandosi intorno. Perfetto, nessuno si era accorto del delirio del momento. Chiuse la porta spingendo l'omino verso il salotto.
"Si accomodi pure qui - disse indicando il divano di stoffa arancione - sarò da lei tra un attimo".
Non appena il suo ospite si fu seduto arrampicandosi a fatica, Ely corse da Autumn. La trovò ad analizzare la libreria della camera da letto.
"I tuoi amici sono tornati?".
"Non ancora, ma abbiamo un'altra visita. Resta qui per favore. Cosa stai guardando?".
"Io conosco questi libri! Credo di averli letti! Anche se c'è qualcosa di diverso".
"Potresti averli letti in un'altra lingua?".
“Non so neanche dove siamo! Non ricordo da dove vengo, sono certa di non conoscere la tua lingua eppure ti capisco e riesco a parlarti. La sento come un prurito in bocca. Com'è possibile? " "Non ne ho idea. Ma sono certo che prima o poi ne verremo a capo".
"Io so la verità" l'essere dalla pelle viola era comparso nella stanza come per magia.
Autumn si spostò in fretta ponendosi dietro Ely come per nascondersi. Gli poggiò una mano sulla schiena e gli sussurrò nell'orecchio destro alzandosi sulle punte dei piedi: "mi ricordo di lui".
"Certo che ti ricordi di me, ragazzina. Comunque il mio nome è Tobias. Sei qui grazie alla mia padrona e vedo con piacere che sei finita in buone mani. Inoltre non ti sei ancora trasformata, vero?".
Autumn si aggrappò ancora più forte alla maglia di Ely, di qualsiasi ricordo si trattasse non doveva essere dei migliori per la ragazza.
"Trasformata in cosa?".
"Signor Jed, credevo che lei lo avesse capito".
Ely si agitò, lei non avrebbe dovuto saperlo in quel modo. Tobias se ne accorse.
"Lo aveva capito dunque, ma perché tacere? Ragazza mia sei stata morsa da un licantropo e la tua trasformazione è imminente".
"Ely, cosa sta dicendo? Non voglio vederlo".
"Tobias, non mi sembra il caso di spaventarla ulteriormente. Come vi siete incontrati?".
"Non sta a me darvi spiegazioni. Sono qui per portarle un messaggio dalla mia padrona. Deve venire con me".
"Ely, non fidarti di lui".
"Se non mi segue di sua spontanea volontà sarò costretto a farle un incantesimo. Oppure dovrò coinvolgere anche i suoi amici".
"Non osare neanche avvicinarti ai ragazzi".
"Allora andiamo".
Sul volto di Tobias era apparso un ghigno a dir poco agghiacciante. I suoi capelli rossi sembravano lampeggiare come dardi infuocati e la pelle del volto era tesa in modo innaturale.
"Aspettami fuori".
Tobias stranamente ubbidì lasciando la stanza. Non appena uscì, Autumn si staccò da Ely.
"Non puoi andare con quell'essere. Potrebbe farti del male come lo ha fatto a me".
"Cosa ti ha fatto?".
"Ricordo soltanto il suo volto mentre gridavo di dolore".
"Potrà anche aver avuto cattive intenzioni, ma non è stato lui a morderti. Su una cosa aveva ragione: ti trasformerai in un licantropo. Mi dispiace non avertelo detto subito. Non volevo spaventarti".
"Con licantropo intendi la creatura delle leggende?".
"Esattamente. Per questo ti ho portato qui, avevo paura che ti trasformassi e che potessi fare del male a qualcuno oltre che a te stessa".
"Tu non hai paura di me?".
"No, e comunque non potresti farmi nulla. Diciamo che anche io ho subito una trasformazione simile alla tua".
"Cosa intendi?".
"La notte in cui ti ho trovato ero in ospedale per rubare del sangue".
 Per la prima volta Autumn sembrò inorridita. Un mostro che indietreggiava davanti ad un altro mostro.
"Tu sei un vampiro".
Ely aveva praticamente eliminato quella parola dal suo vocabolario. Gli sembrava che non pronunciandola sarebbe stato capace di negare l'evidenza. L'ultima volta che qualcuno lo aveva chiamato in quel modo era stato quando aveva raccontato la verità ai suoi amici. Era passato quindi moltissimo tempo. Adesso sentirlo dalla bocca di Autumn era quasi surreale.
“Sì, lo sono. Ma proprio come nel tuo caso non è stata una mia scelta. Quindi per favore non credere che io sia un mostro perché non lo sono”.
Autumn dal canto suo si dava della stupida per non essersi accorta prima dei particolari così evidenti che differenziavano Ely dai suoi amici. Sapeva che lui era la sua unica possibilità, il suo unico aiuto, ma era anche spaventata a morte. Aveva paura di lui, di Tobias e di se stessa. Decise di scegliere il male minore.
“Va bene. Mi fido di te. Adesso cosa farai?”.
Nonostante avesse deciso che Ely non fosse suo amico, il pensiero di vederlo andare via con Tobias le dava una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Se si trattava di mostri, Ely con i suoi occhioni e l'espressione sempre concentrata, era sicuramente quello che si avvicinava di meno a tale definizione.
“Andrò con lui. Non ho altra scelta. I miei amici devono già avere a che fare con me tutti i giorni e la cosa è di per sé pericolosa. Non posso permettere che un pazzo omiciattolo li coinvolga in qualcosa che neanche io capisco. Poi da quello che mi hai detto, Tobias sa qualcosa della tua trasformazione e se andare con lui significa trovare delle risposte alle tue domande potrebbe essere vantaggioso per tutti”.
Autumn sentì che il suo cuore aveva saltato un battito quando Ely aveva ammesso che lo avrebbe fatto anche per lei. Sperava solo che piano piano lei avrebbe imparato a fidarsi di lui.
“Così mi fai sentire terribilmente in colpa. Ti sto causando solo altri problemi”.
“Non ti preoccupare. So badare a me stesso. C'è solo una cosa che dovresti fare per me anche se ti costerà molto, credo”.
Autumn si disse che avrebbe fatto di tutto per ringraziarlo tranne... “Dovresti venire con me. Non mi sento sicuro a lasciarti qui.”
Ecco, la ragazza temeva proprio quello. Qualcosa nella sua testa le diceva che era sempre stata una persona codarda e incapace di accettare sfide. Che fosse l'ombra di ricordi che riaffioravano? Non lo sapeva e non sapeva neanche dove avrebbe trovato la forza di seguire Tobias. Certo non poteva neanche biasimare Ely per quella decisione. Lei era pur sempre una minaccia per chiunque e nonostante il ragazzo non lo ammettesse apertamente era certa che dopo l'episodio con Cedric e Hazael neanche lei si sarebbe fidata a rimanere da sola con quei ragazzi.
“Ti prometto che non ti succederà niente. Poi dai, sei sempre in compagnia di un tipo pieno di risorse”.
Ely sorrise mostrando i suoi canini affilati che Autumn giurò di non aver mai notato. Ma nonostante la serietà del momento rise di cuore. Quel ragazzo era veramente pieno di risorse.
“Va bene”.
“Perfetto, allora andiamo”.
Autumn non voleva smorzare l'entusiasmo del ragazzo, ma c'era un piccolo problema da risolvere.
“Ely, scusa ma non credo di poter andare da nessuna parte in questo stato. Magari dovrei fare una doccia e indossare dei vestiti un po' più pesanti”.
Ely squadrò la ragazza con attenzione forse per la prima volta. Era molti centimetri più bassa di lui e molto esile. I capelli neri e lisci le arrivavano sulle spalle che erano coperte semplicemente, come il resto del corpo- da un camice blu dell'ospedale da cui si poteva intravedere la fasciatura. Sotto il peso di quello sguardo Autumn arrossì e si dondolò sui talloni scalzi.
“Hai ragione. Vediamo che si può fare”.
Il ragazzo raggiunse a grandi falcate il suo armadio e iniziò a cercare qualcosa di abbastanza piccolo che potesse andarle bene. Autumn rise davanti all'ordine maniacale con cui tutto era sistemato. Le maglie erano ordinate per colore e l'armadio emanava un odore di muschio. Dopo qualche minuto Ely si arrese. Contro tutti i suoi principi prese il telefono e chiamò Hazael.
“Haze, devi aiutarmi. Dovresti andare giù da Zuze e comprare dei vestiti per la nostra ospite. Mi raccomando cerca di prendere la misura giusta. Ci servono anche delle scarpe...aspetta - coprì il microfono del cellulare rivolgendosi a Autumn - che numero porti di scarpe?”.
La ragazza rispose senza pensarci minimamente. Era felicissima di ricordare qualcosa di se stessa anche se si trattava solo di cose futili. Intanto Ely aveva riattaccato e stava risistemando con cura quello che aveva tolto dall'armadio.
“Intanto puoi usare il bagno per fare una doccia. Non appena arriveranno i vestiti te li porto”.
La ragazza ringraziò e seguendo le indicazioni di Ely si chiuse in bagno. Non fece in tempo a togliersi il camice che già richiamò il ragazzo. Lui arrivò correndo, ma prima di entrare bussò chiamandola. Ely entrò soppesando ogni singolo passo. Trovò Autumn seduta sul bordo della vasca con le gambe penzoloni. Sembrava preoccupata e fissava il pavimento. Si vedeva che stava per dire qualcosa che la imbarazzava.
“Scusami ancora, ma non so come fare con la mia ferita. Non credo di poterla bagnare giusto? E poi ho paura di vedere sotto la fasciatura. Credo di ricordare di non sopportare la vista del sangue”.
“Allora sono felice che tu non sia come me”.
Ely tornò a sorridere e Autumn cercò di fare lo stesso senza però riuscirci.
“Tranquilla, ti aiuto io. Innanzitutto escluderei l'idea della doccia e per quanto riguarda la fasciatura Haze saprà cosa fare. Se per te va bene avrei un'idea”.

 
   Qualche ora dopo, le valigie di Alisha erano pronte ed accatastate contro la porta d'ingresso e Lincoln parlava con sua madre per spiegarle cosa sarebbe stato di sua figlia. Diceva che Alisha avrebbe frequentato una prestigiosa università nello Shire (senza specificarne il nome) e che ci sarebbe rimasta fino ad un tempo indefinito. La ragazza si torturava le mani l'una con l'altra per il nervosismo. Non poteva evitare di chiedersi se stesse facendo o meno la cosa giusta. Jeremy le si avvicinò subito dopo e la fece sobbalzare. Aveva la strana capacità di comparire nelle stanze con passo felpato senza fare il minimo rumore.
"Qualcosa non va, signorina Keene?" domandò.
Alisha guardò in basso allisciandosi le pieghe del maglione.
"Tutto bene, Jeremy. Grazie".
Il ragazzo sorrise e si appoggiò allo stipite della porta d'ingresso con le braccia incrociate. Alisha notò solo allora che portava svariati anelli di metallo, su uno dei quali erano incise due lettere in corsivo. Per quanto la ragazza si sforzasse, non riusciva a ricollegarvi alcun nome. Pensò che tutto sommato aveva delle belle mani, anche se le nocche erano un po' troppo grandi rispetto al resto. Decise che l'aveva osservato abbastanza perciò, mentre Jeremy sorrideva sornione perché si era accorto di quello sguardo, spostò gli occhi altrove. Ormai si era fatto buio, le giornate a Londra duravano molto poco in inverno. Fuori, sulla carrozza, delle lanterne erano state accese ed appese vicino alla cassetta. Olimpia sembrava ancora molto nervosa. Alisha sospirò e si guardò intorno cercando di memorizzare ogni cosa che la circondava. Quel posto le sarebbe mancato così tanto. Partirono che erano quasi le dieci di sera. Jeremy ebbe il compito di caricare i bagagli di Alisha sulla carrozza e legarli ben stretti per evitare che cadessero, mentre Lincoln era seduto alla guida e teneva le redini di Olimpia. Alisha osservò la madre che la osservava dalla finestra con un sorriso e si chiese cosa vedesse al posto di quella bizzarra carrozza, poi salì. Lo spazio era molto gradevole: le poltroncine erano di un elegante velluto rosso ed erano molto comode. Jeremy si sedette al suo fianco e la carrozza partì silenziosa. L'aria attorno a loro era colma di silenzio ed Alisha si sentiva altrettanto taciturna. Giocherellò per qualche secondo con le mani sul grembo, finché Jeremy se ne accorse e le separò con un gesto secco delle sue.
"Mi state infastidendo, signorina".
Alisha trattenne il fiato ed estrasse il cellulare dalla borsa di stoffa. Il messaggio sullo schermo la avvisava che Max e Charlie l'avevano cercata per tutto il tempo in cui era stata a casa. Decise di inviare velocemente un messaggio ad uno di loro per avvertirli che andava tutto bene. Prima che potesse, però, riporre lo strumento nella borsa Jeremy la precedette: "cos'è quello?".
Alisha guardò il telefono.
"Il mio cellulare" disse. Jeremy aggrottò le sopracciglia ed Alisha pensò che era davvero buffo con quell'espressione.
"Cellulare?" domandò incerto prendendo l'aggeggio e rigirandolo fra le mani. Alisha annuì.
"Serve per telefonare e mandare messaggi".
Jeremy sorrise e premette un pulsante; quando lo schermo si illuminò di una luce accecante, il ragazzo lo allontanò con un leggero disgusto.
"Immagino non ci siano più i piccioni".
"Piccioni?" domandò Alisha.
Ma Jeremy era tornato a guardare fuori dal finestrino. Il paesaggio scorreva sotto gli occhi del ragazzo che nel frattempo pensava alla miriade di cose che avrebbe dovuto fare di lì a poco tempo. Anche se aveva imparato a non darlo a vedere, era estremamente nervoso.
"Jeremy?" chiese Alisha in un sussurro.
Il ragazzo si voltò verso di lei sorpreso, come se si fosse reso conto solo in quel momento di trovarsi in sua compagnia.
"Posso chiederti da dove vieni?".
"Lo avete già fatto, signorina Keene".
Alisha sorrise e guardò in basso, stringendosi nelle spalle.
"Samradh".
"Samradh? - domandò Alisha - Samradh. Mai sentito".
"Si trova geograficamente a Nord dell'attuale Scozia. Vi si accede tramite portale".
Alisha aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Certo, portale. Non era certa di sapere esattamente cosa fosse un portale, ma aveva la sensazione che lo avrebbe scoperto molto presto.
"E ti manca casa tua?" domandò ostentando.
Jeremy sospirò, chiuse gli occhi ed appoggiò le mani sulle ginocchia.
"Ma voi fate sempre così tante domande?".
Alisha sorrise di nuovo. Sembrava che quella fosse l'unica cosa di cui fosse capace nelle situazioni di nervosismo. Per non parlare del fatto che Max e Charlie non si erano fatti mancare l'occasione di ribadire quel suo difetto molto spesso. Alisha si strinse nelle spalle; non aveva esattamente una risposta da fornire, quindi sperava che con quel gesto Jeremy potesse accontentarsi. E fu esattamente così. Il ragazzo sembrò non far caso al fatto che probabilmente Alisha gli stava rubando molte più informazioni di quante Jeremy non ne avesse mai date a nessun altro. Era pur vero che Jeremy non si era mai ritrovato a fare semplice conversazione con nessun altro, a parte suo fratello. A Samradh le persone non erano esattamente socievoli. Stavolta fu Jeremy a sospirare e sorridere. Il suo sorriso sembrava più malinconico che altro e i suoi occhi avevano iniziato a fissare l'anello con le iniziali che Alisha aveva intravisto poco prima. Immaginava si trattasse delle lettere iniziali dei nomi dei suoi genitori. Jeremy, poco dopo, rispose che no, Samradh non gli mancava affatto. Ma dall'incrinazione della sua voce Alisha poteva capire che non era quello che Jeremy in realtà pensava. La ragazza tornò a guardare fuori dal finestrino; era ormai notte inoltrata e le stelle brillavano limpidamente nel cielo. Da casa sua non riusciva a vederle brillare a quel modo e, nel fissarle, si sentì invadere da un piacevole senso di beatitudine. Alisha era sempre stata stranamente attratta dall'astrologia, interesse che aveva probabilmente ereditato da suo padre. Ripensò ancora una volta al fatto che avesse appena lasciato casa sua per seguire due ragazzi che non aveva mai visto prima. Si sentì estremamente... stupida. Fu mentre era immersa in questa catena infinita di pensieri e i suoi occhi erano ancora fissi sulle stelle, che le sue palpebre iniziarono a calare finché l'ultima cosa che ricordò fu l'oscurità che l'avvolgeva.

 
   “Dobbiamo scoprire di più su questa storia” affermò deciso Narwain rivolgendosi a Meldon.
“È tutto molto sospetto. Dobbiamo partire il prima possibile” concluse rispondendo allo sguardo dell’altro e poi a Ophelia.
“Scusa?! Il dobbiamo non include anche la strega, vero?” esplose l’elfo parlando come se Ophelia non fosse lì.
Quest’ultima lo guardò male e incrociò le braccia sul petto, ma Meldon la anticipò: “la include, invece. Non credo sia un caso che il messaggio sia arrivato proprio in questo momento. E poi dice tutti gli aiuti possibili quindi come porteremo Eruanna, anche Ophelia verrà con noi”; la strega non fiatò.
Se c’era qualcuno che poteva tenere testa a Narwain quello era Meldon. E poi non vedeva l’ora di mettere alla prova le sue abilità.
“Allora è deciso! - disse con aria di sfida prima che Narwain potesse controbattere - come si arriva a questo Nido?”.
“Se non mi sbaglio, e ovviamente no, il Nido si trova nel regno degli umani. Nella così chiamata Inghilterra. Dovrebbe esserci un portale tra quella e la nostra isola, sospeso sul mare - dopo una breve pausa continuò - avevo una cartina con tutti i regni e i portali che li collegano, sarà meglio controllare”.
“Io vado ad avvertire Eruanna, ci vediamo tra poco”, sembrava si fosse arreso all’idea di avere una strega nella squadra.
Intanto Meldon, seguito da Ophelia, si diresse nella sua stanza dove un’immensa libreria si estendeva lungo tutta la parete. I libri erano ordinati per genere e nome; ogni tanto tra una fila e l’altra erano posizionate delle statuine di legno intagliate a forma di gnomi, orchi, gufi e draghi, erano lavorate perfettamente e rifinite nei minimi dettagli. L’abbigliamento e le armature degli orchi erano incredibili; tutte le asce e i coltelli erano ornati da particolari assolutamente realistici, per non parlare delle scaglie dei draghi e le piume dei gufi che si potevano contare una ad una. Nella camera i raggi del sole provenienti dalla finestra creavano un’atmosfera mistica e placida; la luce era diretta verso la libreria e i fasci luminosi sembravano dirigersi di proposito nei punti in cui posavano le statuine. Ophelia si avvicinò ad una che rappresentava un gufo con le ali spiegate, pronto a prendere il volo e Meldon la raggiunse silenziosamente: “ti piace? Sai, ci ho messo un pomeriggio intero per farlo”.
“Accidenti, sono bellissimi!” poi si diresse affascinata verso un drago posizionato all’estremità opposta della libreria e che era rivolto verso la finestra.
“Questo invece l’ho fatto quando mia sorella dormiva ancora in questa stanza. Aveva paura che di notte qualcuno entrasse dalla finestra e le facesse del male, e lui doveva proteggerla - fece una breve pausa e con un sorriso ammiccante continuò - poi lei ha voluto un’altra stanza e l’ho convinta a lasciarmi il drago perché completasse la collezione e poi.. dai mi sono superato, è perfetto!”.
La strega sorrise e continuò a curiosare nella stanza.
“E questi cosa sono? Ciondoli?” su un comodino ai piedi del letto c’era una ciotola di vetro contenente dei ciondoli sempre intagliati in legno e su ognuno di essi c’era un simbolo.
“Sì, sono degli amuleti con su inciso un emblema elfico. Prendine uno” disse mentre la osservava da davanti la libreria.
“Va bene! Dimmi cosa significano, altrimenti non so scegliere” affermò entusiasta mentre pescava tre ciondoli insieme.
“Scegli il disegno che ti piace di più e poi ti dirò che significa”.
Alla fine Ophelia decise per uno su cui era incisa una mezza luna, in alto era sospeso un cerchio e sotto invece un rombo.
“Vivacità, sì ti si addice decisamente” sorrise per poi cercare quella cartina.
Intanto la strega soddisfatta stava attaccando il simbolo ad uno spago per farne una collana.
“Inoltre questi amuleti emanano forze curative perché contengono estratti di pietra lunare” continuò mentre sfogliava vari manuali della libreria.
“C..cosa? pietra lunare?” Ophelia lo guardò con occhi allarmati, iniziò ad indietreggiare lasciando cadere la collana. No, non ora! Doveva rimanere un segreto e invece di lì a poco lo avrebbero saputo tutti. Continuava a fissare preoccupata i ciondoli, finché non si sentì le gambe instabili e molli, come fossero di gelatina.
“Io… mi dispiace” si accasciò a terra sostenendosi al legno del letto.
 

   Qualche minuto più tardi Autumn era seduta in terra con la schiena contro la vasca da bagno, mentre Ely seduto sul bordo di quest'ultima le lavava i capelli come si fa con i bambini, versando l'acqua poco a poco e facendo attenzione a che il sapone non andasse a finire negli occhi della ragazza. Quella situazione era paradossale, ma nessuno dei due sembrava essere a disagio. Il momento di tranquillità fu interrotto dalle grida dei coinquilini. Ely scattò in piedi e si gettò fuori dal bagno. Trovò i suoi amici in salotto con delle buste intenti ad osservare Tobias - che Ely aveva completamente dimenticato - seduto sul loro divano. Quella specie di folletto stava realizzando degli origami con i fogli di giornale che aveva trovato sul tavolino basso davanti al divano.
“Ragazzi, tranquilli. Non vi farà nulla. È una storia lunga, venite con me. Tobias, dammi ancora del tempo e non combinare guai”.
Ely trascinò i suoi amici in camera sua e spiegò loro la situazione. Mik non sapeva dove guardare, Cedric camminava nervosamente per la stanza e Hazael stava semplicemente dando di matto.
“Ely, perché adesso vuoi cacciarti nei guai per forza?! Cavolo, stiamo parlando di un folletto! Creature come lui non dovrebbero neanche esistere!”.
Hazael era sempre stato quello che si occupava di tutti e di tutto insieme ad Ely. Erano sempre sulla stessa lunghezza d'onda e facevano fronte comune in tutte le situazioni. Apparentemente in tutte tranne che in quel caso.
“Haze, credi che non abbia paura anche io? Ma creature come lui esistono e io ne sono la prova. Quindi ti prego solo di non rendere le cose più difficili di quanto non siano già. Puoi aiutarmi con la ferita di Autumn?”.
Hazael seguì Ely pentendosi della sua affermazione sul folletto. Si era accorto di aver ferito il suo amico e ora doveva rimediare. Non gli importava se adesso aveva tutti i suoi attributi vampireschi a difenderlo, per lui Ely restava sempre quel bambino troppo mingherlino che doveva essere protetto dai bulli. Vederlo così preso dalla storia di Autumn lo spaventava. Non voleva perdere il suo migliore amico. Non poteva sapere che in realtà la preoccupazione più grande di Ely fossero i suoi amici. Tutto quello che faceva era per proteggerli. Ogni mattina che li vedeva uscire di casa si chiedeva per quanto tempo avrebbero ancora fatto parte della sua vita immortale e come sarebbe continuato il loro rapporto quando loro avessero costruito delle famiglie. Avendo l'eternità, quelle erano il genere di domande che soffocavano Ely nel cuore della notte. Hazael era l'unico a cui aveva confidato le sue paure e probabilmente l'unica persona al mondo che avesse mai visto piangere un vampiro. Non avrebbe abbandonato il suo amico proprio ora e il fatto che volesse aiutare quella ragazza lo riempiva di orgoglio. Autumn ricevette i nuovi vestiti e si profuse in ringraziamenti con tutti i presenti. Quando fu pronta Hazael e Ely cercarono di sistemare una nuova fasciatura. Avevano garze e materiale da pronto soccorso a sufficienza visto che Cedric tornava sempre dagli allenamenti di rugby con qualche ematoma che puntualmente Hazael sistemava. Quest'ultimo non aveva mai visto una ferita come quella della ragazza e impallidì. Nonostante Ely tenesse la mano di Autumn per darle conforto si chiedeva se non fosse il suo amico quello ad avere bisogno di sostegno. La pelle attorno alla ferita era come pietra - simbolo dell'imminente trasformazione aveva detto Ely. Entrambi erano preoccupati per il dolore che Autumn doveva provare, ma lei li rassicurò dicendo che ormai non sentiva più nulla. Tobias apparì più volte sollecitando i ragazzi. Fortunatamente la genuina idiozia di Mik riuscì a tenerlo impegnato per un po'. Aveva pregato il folletto di iniziarlo all'arte degli origami e così i due avevano finito per creare un esercito di cigni di carta che avevano invaso tutto il salotto. Il momento dei saluti fu la cosa più strana e carica di tensione cui tutti i ragazzi avessero mai assistito. Nessuno sapeva a cosa Ely e Autumn andassero incontro.
“Tobias, dove dobbiamo andare di preciso?”.
“La Polveriera. È lì che vive la padrona”.
“Ely, possiamo accompagnarvi?” chiese Cedric che sembrava sul punto di svenire.
Tobias si intromise afferrando Ely per un braccio e cercando di afferrare anche Autumn che, però, si era rifugiata dietro Hazael, che l'aveva cinta con le braccia con fare protettivo. Ely rimase colpito da quel gesto. Non sapeva se essere felice che Autumn si fidasse del suo amico o se sentirsi già diseredato del suo ruolo di angelo custode.
“Ragazzina, non farmi perdere tempo. Già mi è difficile comprendere perché tu sia stata inclusa in questa spedizione vista la tua inaccettabile inutilità”.
Ely sorprendendo tutti i presenti emise un grugnito gutturale che aveva lo scopo di intimidire Tobias, della serie: “io porterei più rispetto agli amici di un vampiro”. Ely si avvicinò a Autumn e con delicatezza la staccò dal suo amico. Aveva bisogno che lei andasse con lui. La ragazza sembrò farsi coraggio, ma si rifiutò comunque di prendere la mano che Tobias le porgeva per chissà quale motivo. Afferrò invece la mano di Ely. Non appena tutti e tre furono agganciati, si volatizzarono in una nuvola di vapore rosso. Ely e Autumn gridarono, così come i tre ragazzi. Questi ultimi restarono immobili a fissare lo spazio dove gli altri erano scomparsi. Cedric fu il primo a riprendersi e iniziò a raccogliere tutti gli origami di Mik e Tobias.
“Ragazzi, forza aiutatemi! Adesso che abbiamo una ragazza in casa dovremo essere più attenti all'ordine!”
Mik spostò lo sguardo dai suoi amici al pavimento agli origami. Poi iniziò a correre per il salotto gridando.
“Ma dico, avete visto?! Quella era magia allo stato puro! Avete visto la faccia di Ely?! Ragazzi seriamente io amo il mio amico! Credete che la prossima volta ci porterà con lui?!”.
Davanti al delirio di Mik, Hazael fuggì in camera sua dicendo di doversi esercitare per il concerto che la sua orchestra aveva in programma per il week end successivo. Così Cedric si ritrovò a mettere in ordine un salotto devastato con l'accompagnamento di un romantico violino e le grida del suo amico che si era leggermente esaltato.

 
   “Ophelia, che succede? Cos’hai?” Meldon abbandonò la libreria e si piegò davanti a lei poggiandole le mani sulle braccia. Cercò il suo sguardo che ora era rivolto verso il basso. Improvvisamente il tessuto morbido della maglia di Ophelia le scivolò tra le mani.
“Ma cosa..?” Meldon si sospinse all’indietro rimanendo seduto di fronte quel mucchio di vestiti che sembravano coprire qualcosa. L’elfo alzò il velo di quella che fino a un attimo fa era la gonna di Ophelia, ma che ora nascondeva un batuffolo di peli marrone scuro. Quella palla di peli mosse la coda e poi rivolse a Meldon gli occhi verdi e brillanti. Ophelia si era tramutata in un gatto. Si fissarono per alcuni secondi, il gatto non osava muoversi e Meldon non aveva ben chiaro cosa fosse successo, non sapeva cosa fare.
“Ok, un gatto. La pietra lunare ti ha fatto trasformare, ma a quanto pare ti succede solo toccandola, giusto?” guardò il gatto sperando in un segno di assenso. Ma ricevette solo un meow.
“lo prendo come un sì. Credo che saresti capace di farti un incantesimo così accidentalmente - gli sembrò che il gatto gli stesse improvvisamente imbruttendo così continuò - ma sicuramente si tratta di una qualche sorta di maledizione o magia nera...”.
Prese Ophelia in braccio la quale iniziò a dimenarsi forse per imbarazzo e gli graffiò il polso con un artiglio, ma lui continuava a stringerla.
“Senti, devi collaborare però. Non so se hai già una qualche specie di antidoto a casa tua, ma per adesso non abbiamo tempo di andare a prenderlo”.
“Med, hai trovato quella cartina?”.
Narwain era tornato con Eruanna e ora si stavano dirigendo verso la camera dove si trovavano Meldon e Ophelia. Quest’ultima non appena li sentì si lanciò bruscamente all’indietro, costringendo l’elfo a lasciare la presa. Corse sotto il letto e trascinò con se i vestiti abbandonati a terra.
“Che stai facendo?” chiese Narwain accompagnato dallo sguardo accigliato della sorella. Meldon si rialzò, ignorò la domanda e senza dire niente si allungò sulla libreria per prendere un libro all’ultimo ripiano. Quel volume dalla copertina in pelle marrone scuro conteneva pergamene, cartine e disegni. Meldon tirò fuori un foglio ripiegato più volte e lo distese aperto sul letto.
“Ecco, questo è il portale” fece l’elfo indicando un quadratino rosso in mezzo al mare mentre gli altri due si avvicinavano per studiare la cartina.
“Bene, non è molto distante” affermò Narwain.
“Per arrivarci potremmo… Med, stai sanguinando!” disse Eruanna sfiorandogli il polso.
“Non è niente, mi sono tagliato mentre cercavo tra i libri” rispose cercando di apparire credibile. Ma gli altri due non erano stupidi, non potevano non notare ancora per molto l’assenza di Ophelia.
“Dove è finita la strega? Ha deciso di abbandonare l’impresa? … Che peccato” disse l’elfo dai capelli corvini e dal sorriso malizioso mentre si accomodava sul letto.
“L’avrai spaventata. Ti è così difficile essere gentile ogni tanto?!” lo sguardo minaccioso di Eruanna che avrebbe fatto tremare chiunque sembrava invece annoiare il fratello che intanto alzava gli occhi ignorandola.
“È andata a prendere una cosa a casa sua, ci raggiungerà più tardi - tagliò corto Meldon - allora, partiremo domani mattina presto, prima dell’alba”, non riuscì a concludere, venne interrotto da una vocina preoccupata che emergeva da dietro la porta.
“Che succede, dove dovete andare?” Brethil guardava il pavimento mentre con le mani accarezzava una lunga ciocca di capelli.
Meldon le si avvicinò e la prese affettuosamente in braccio.
“Io e Narwain staremo via per un po’, poi Eruanna ci raggiungerà, ma faremo così in fretta che neanche te ne accorgerai. Due battiti di ciglia al massimo” l’elfo sorrise per tranquillizzarla.
“Vai a combattere i draghi?” chiese lei, quasi entusiasta all’idea.
“Ora vado a dormire e forse è quello che dovresti fare anche te” Meldon le accarezzò una guancia e la passò nelle braccia di Eruanna
“Andiamo guerriera!”.
Brethil emise un lamento che si interruppe quando l’elfa iniziò a cantare una dolce ballata del mondo elfico, simile ad una ninna nanna. Si allontanò uscendo dalla stanza.

 
   Prima che Alisha riprendesse conoscenza, una mano le aveva scosso leggermente la spalla e una voce le aveva sussurrato numerosi "pss" nelle orecchie. Così la prima cosa che vide appena si fu svegliata furono gli occhi color nocciola di Jeremy. O Lincoln. In un primo momento non fu in grado di vederne la differenza. Ad ogni modo capì subito che la carrozza si era fermata, che qualcuno stava scaricando i suoi bagagli e che qualcun'altro stava chiacchierando fuori dall'abitacolo. Alisha, mentre si sedeva sulla poltroncina, si stropicciò gli occhi parecchie volte per scacciare il sonno e, quando li riaprì, vide la figura di Lincoln o Jeremy scendere dalla carrozza e lo scintillio di un anello sotto la luce della luna. Così capì che si trattava di quest'ultimo. Sospirò e scese dalla carrozza. Ad occhio e croce saranno state le undici di sera ed Alisha si ritrovo immersa nel buio e nella vegetazione di Hyde Park. Rimase per qualche secondo interdetta perché non era mai stata in quel posto a quell'ora della notte. Si guardò intorno e notò solo allora che Lincoln teneva il suo borsone su una spalla e parlava pacatamente con un uomo di mezza età, dai tratti spigolosi, la schiena prepotentemente incurvata e i pochi capelli tirati indietro. Alisha storse il naso osservandolo. Capì che tutti la stavano aspettando quando si ritrovò a ricambiare degli sguardi perplessi e quando vide la mano di Jeremy tesa verso la sua. Alisha la guardò per qualche secondo, ma in un primo momento non la strinse. Nel frattempo Lincoln aveva iniziato a sussurrare parole alquanto bizzarre, in una lingua che Alisha non aveva mai parlato né sentito, e agitava le mani in aria facendole fluttuare come dei ciuffi d'erba mossi dal vento. La ragazza aggrottò la fronte quando vide delle scintille dorate liberarsi dalla punta delle dita. Prese la mano di Jeremy in preda ad un impeto di inquietudine; davanti ai loro occhi si era appena aperto un cerchio nel vuoto che assomigliava a delle semplici spirali fluttuanti nell'aria. Alisha vi guardò attraverso, ma l'unica cosa che vide furono delle lingue di luce di un blu intenso. Socchiuse gli occhi per attenuarne la luminosità e Jeremy le strinse la mano più del necessario. Alisha si voltò stordita verso di lui e vide che un leggero sorriso compiaciuto gli affiorava sulle labbra. Un lampo di luce inaspettatamente forte catturò la sua attenzione e quando Alisha si voltò di nuovo, l'uomo di mezza età era sparito e Lincoln guardava nel cerchio con sguardo complice mentre tra sé e sé pensava che il suo esperimento era sorprendentemente riuscito con successo. Lincoln si voltò verso suo fratello che gli restituì uno sguardo d'intesa, "ci vediamo dall'altra parte" disse, poi saltò nel cerchio come si salta in una piscina dal trampolino più basso.
Alisha trattenne il fiato fin quando il lampo di luce non si estinse. Ora lei e Jeremy erano rimasti soli.
"È il vostro turno, signorina".
Alisha lo guardò di nuovo. Jeremy aveva davvero l'aria di qualcuno di cui fidarsi. Sarebbe di sicuro stato uno di quei ragazzi di cui sua madre si sarebbe innamorata. Deglutì appena.
"Jeremy, non sono sicura di volerlo fare" disse.
Così Jeremy sospirò, le lasciò la mano e la portò sulla sua spalla. Jeremy non era mai stata molto bravo nel convincere le altre persone; era per quel motivo che avevano incaricato Lincoln di fare il grosso del lavoro al posto suo. Jeremy la guardò negli occhi e per un attimo si sentì come se gli ricordassero casa sua.
"Signorina Keene, abbiamo bisogno di voi. Il destino di un gran numero di persone dipende da noi".
Alisha aveva sentito una certa urgenza, in quelle parole. Era la prima volta, in tutta la sera, che qualcuno faceva un po' di chiarezza su tutta la faccenda. Ma Alisha si sentiva ancora estremamente confusa ed intrappolata in una dimensione distante anni luce dalla sua vera vita. Si voltò di nuovo verso il portale e fece un respiro profondo. L'ostentazione era evidente in ogni suo gesto. E così Jeremy le prese di nuovo la mano.
"Lo attraverseremo insieme" disse ed Alisha per un attimo si sentì gratificata.
Prima che potesse accorgersene, lei e Jeremy erano già saltati nel cerchio e ora fluttuavano in un mare di onde color argento. Alisha sentiva delle voci in lontananza, ma non riusciva a capire di chi fossero, poi un brivido gelido le attraversò la schiena e, prima che potesse accorgersene, si ritrovò dall'altra parte del cerchio con la mano ancora stretta saldamente in quella di Jeremy. I due si trovavano davanti ad un imponente cancello di ferro battuto dietro il quale si stagliava un edificio in stile gotico. Accanto a loro vi erano altre persone, ma Alisha giurò che non li aveva mai visti in vita sua. Provò ad alzarsi ma sentì che le gambe le cedevano di nuovo. Dietro di loro le spirali si dissolsero ed Alisha pensò che attraversare un portale era estremamente diverso dal teletrasportarsi.
 

   Nel frattempo le grida di Ely e Autumn erano avanzate nello spazio fino ad arrivare in un luogo che Ely conosceva bene. I ragazzi atterrarono sul duro pavimento in pietra dell'interno della Polveriera. Tobias toccò il suolo con grazia e si inginocchiò immediatamente. Ely si assicurò che Autumn non si fosse fatta male e poi spostò la sua attenzione sulla figura che era seduta in terra contro la parete d'ardesia. Aveva l'aspetto di una ragazza, bellissima ma inquietante allo stesso tempo. Aveva la pelle color miele e i capelli dorati la avvolgevano come uno scialle di seta preziosa. Indossava un frusciante abito arancione che si espandeva in onde sul pavimento. Tutto quell'aspetto magnifico si annullava nel momento stesso in cui si notavano le carte di un solitario disposte davanti alla ragazza. Sembrava veramente molto annoiata. Tobias si gettò ai suoi piedi.
“Padrona! Perdonatemi, ma l'insolenza di costui è a dir poco deplorevole. Non ha il minimo rispetto e si è trascinato dietro una nostra vecchia conoscenza”.
La donna alzò finalmente lo sguardo dalle sue carte rivelando degli enormi occhi dello stesso colore dell'abito. Le sue labbra dipinte di nero si aprirono in un sorriso alla vista di Autumn.
“Mia cara, avvicinati. È meraviglioso rivederti, e ti chiedo scusa per le cattive maniere che Tobias ti avrà sicuramente mostrato”.
Autumn forse per la prima volta da quando aveva incontrato Ely, non ebbe bisogno del suo supporto. Si alzò e si avvicinò alla donna lasciandosi prendere il volto tra le mani, ma rimanendo ancora in silenzio.
“Vedo che Ely ti ha trovata. L'ho sperato con tutta me stessa. Non c'è persona migliore cui avrei potuto affidarti”.
Una lacrima silenziosa era scivolata sul volto di Autumn. Ricordava perfettamente quella donna. Laurel. Era stata lei a portarla a Praga. Adesso i ricordi avevano iniziato ad affluire nella mente della ragazza, almeno in parte. Nel frattempo Ely era rimasto a guardare non capendo nulla di quello che stava succedendo, tranne per il fatto che il ritrovamento di Autumn non era stato casuale come lui aveva pensato. Aveva bisogno di spiegazioni. All'istante. Come se gli avesse letto nel pensiero la ragazza lasciò Autumn e si rivolse a lui.
“Ely, io sono Laurel. Mi hanno incaricato di farti arrivare al Nido. Sei stato scelto per una missione di massima importanza”.
Ely continuava a capire meno di zero. Chi era lei? Cosa era il Nido e chi aveva bisogno di lui per cosa? E soprattutto come diamine si conoscevano Laurel e Autumn?
“Ely, smettila di dare di matto e di fare diecimila domande. E sì, posso leggerti nel pensiero. Sì, posso leggere i pensieri di chiunque. Allora, andiamo con ordine, ma prima accomodatevi”.
Laurel fece apparire un salotto completo munito di divani e tappeto nel bel mezzo della torre. Ely e Autumn si accomodarono titubanti su uno di essi, fianco a fianco. Tobias invece si volatizzò, lasciando i tre soli.
“Dunque ragazzi, io sono quella che la gente comune definirebbe strega, anche se personalmente preferisco il termine maga. I miei superiori mi hanno incaricato di trovarti Ely perché una minaccia incombe sui nostri mondi, e i migliori rappresentanti di tutte le specie, magiche e non, sono stati scelti per aiutare. Sono lieta di annunciare che il tuo nome è stato tra i primi ad essere proposto, dalla sottoscritta ovviamente. Ti ho tenuto d'occhio dal momento della trasformazione e fino a quel giorno non avevo mai ammirato così tanto un vampiro, veramente. Quindi non deludermi. Il prima possibile ti spedirò al Nido tramite portale e cercherò di raggiungervi il prima possibile. Per quanto riguarda Autumn, diciamo che ho tenuto d'occhio anche lei. Non sono riuscita a scoprire molto del suo passato, ma vi dirò tutto quello che so”.
Ely la interruppe.
“Sei sicura di voler sapere quello che ti è successo? Non sei obbligata a starla a sentire, anche perché tutta la storia che ha raccontato non mi convince molto. Possiamo sempre andarcene”.
“No Ely, lasciala parlare, mi fido di lei”.
“Dovrò fidarmi anche io allora. Prego, vai avanti”.
“Allora, Autumn è apparsa qui nella torre tre giorni fa. Era completamente coperta di sangue. Cercai subito di soccorrerla e curai le ferite superficiali. Potevo curare tutto, tranne annullare l'effetto del morso. Così sapendo che tu quella notte avresti fatto irruzione nell'ospedale, ho fatto in modo che i medici umani la trovassero. Per il resto non mi restava che sperare che tu la trovassi”.
“Ma perché io? Cosa avrei fatto per aiutarla?”.
“Esattamente quello che hai fatto. Non è facile trovare creature di buon cuore e tu mi sei sembrato adatto a prenderti cura di lei. Io non potevo e non posso farlo. Questa è una città in cui non posso permettermi nessuna distrazione. I livelli di magia devono essere costantemente controllati”.
“Va bene, ma adesso quale è la prossima mossa? Io non sono una specie di soldato e non sono pronto a lasciare tutta la mia vita qui per chissà quale missione”.
Sul volto di Laurel era comparsa un'espressione di infinita tristezza. Gli occhi si velarono di lacrime dorate.
“Ely, ti prego devi aiutarci e aiutare te stesso, altrimenti non ci sarà nessuna vita a cui tornare. Credimi la situazione è tra le più gravi. Nessuna guerra umana regge il confronto con quello che potrebbe scatenarsi. Fallo per il tuo futuro, per quello di Autumn, di Hazael, di Mik, di Cedric e per me, oltre che per tutto il resto del mondo”.
Ely era ciò che meno assomigliava ad un combattente, ma non avrebbe mai rifiutato di aiutare qualcuno. Laurel aveva colpito nel segno, ma soprattutto Ely aveva la straordinaria capacità di capire le persone al primo sguardo. Negli occhi di Laurel aveva letto soltanto dolore e sincerità.
“Sono con voi”.
Autumn nel frattempo era rimasta in religioso silenzio, temendo di poter rovinare qualcosa. Non aveva ancora capito quale sarebbe stato il suo ruolo nel piano e la cosa la metteva a disagio. Aveva notato come l'espressione di Ely si fosse addolcita ma allo stesso tempo poteva scorgere nei suoi occhi una cieca determinazione, che fino ad allora non aveva mai visto.
“Io cosa devo fare?” Autumn aveva parlato più per se stessa che per gli altri.
“Laurel?” Ely sperava che la maga trovasse una soluzione.
“Ely è inutile chiedere. Sai già cosa devi fare” Laurel non sembrava molto contenta dell'idea che Autumn venisse sballottata attraverso i portali, ma sapeva anche che Ely non avrebbe potuto affidarla a nessun altro. Autumn capì immediatamente.
“Va bene, andiamo” Laurel non disse nulla, ma spinse la ragazza tra le braccia di Ely. Nessuna parola di incoraggiamento. Laurel pronunciò una specie di formule e uno squarcio dorato si aprì nel muro della torre. I ragazzi senza avere il tempo di reagire furono spinti dalla ragazza verso il portale. Un istante dopo erano spariti.
 

   Era mattina presto quando Meldon si alzò per partire. Ophelia era rimasta in camera sua dopo che gli altri due erano tornati a casa e nonostante l’elfo avesse cercato per lunghe ore un antidoto alla trasformazione, la strega era ancora un gatto. Tuttavia era riuscito a realizzare degli infusi che gli avrebbero permesso di mischiarsi tranquillamente agli umani una volta arrivati in Inghilterra. Meldon si vestì e dopo aver dato un bacio a Brethil, che dormiva beatamente nel suo letto, prese le sue armi e la bacchetta di Ophelia, la quale lo seguì fino alle rive del fiume. Narwain era lì ad aspettarli, aveva preparato una barca che li avrebbe portati fino al portale e nel mentre stava lucidando una splendida spada argentea.
“Buongiorno - fece Narwain in lingua elfica - dov’è la strega?” chiese senza togliere gli occhi dalla spada.
“C’è stato un piccolo contrattempo” rispose Meldon mostrando il gatto dagli occhi verdi.
Narwain guardò prima lui e poi il gatto aggrottando la fronte.
“Non voglio sapere come è successo, ma ti giuro che se è in grado di parlare anche da gatto la buttò in acqua”.
Meldon sorrise e portò Ophelia sulla barca che intanto aveva iniziato a soffiare contro Narwain.
Tennero sotto controllo la cartina e in poco tempo raggiunsero il portale. Ora si trovava di fronte a loro, era un grande ovale, trasparente, su cui riflettevano vai colori grazie al gioco di luci, come fosse una bolla di sapone.
“Lo hai mai usato prima?” chiese Narwain.
“No … andiamo?” alle parole di Meldon remarono la barca sempre più vicino e senza che se ne accorgessero erano già passati oltre.
In lontananza si vedeva quella che era l’Inghilterra. Man mano che si avvicinavano Meldon parlò a Narwain degli infusi che aveva preparato e prima di toccare terra ne presero un sorso per uno. Nel modo più normale possibile si diressero ad un parco, Hyde Park. Arrivarono nel punto in cui secondo la cartina bisognava aprire il portale.
“Ah bene, va aperto… una strega-gatto è alquanto inutile se non riesce ad usare la sua bacchetta - disse Narwain incrociando le braccia e guardando Ophelia - una scimmia era meglio, almeno ha i pollici opponibili”.
Ophelia saltò via dalle braccia di Meldon e con aria altezzosa mosse le sue zampette sull’erba, dopo di che si rivolse soddisfatta ai due elfi mentre dietro di lei si apriva il portale.
“A quanto pare anche un gatto va bene!” affermò Meldon sollevando Ophelia e spingendo l’altro nel cerchio azzurrognolo.
 
Note della autrici:
Salve mondo! finalmente siamo tornate! speriamo che la lunga attesa non abbia scoraggiato i nostri pochi lettori, ma ora che siamo libere dalla scuola e mature, eccoci con un nuovo e lungo capitolo. speriamo che vi piaccia e d'ora in poi cercheremo di essere più presenti.
A presto :)

 
   
 
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