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Autore: Respirandoparole    13/07/2015    0 recensioni
Tutti noi deriviamo dal nostro passato, chi ne è privo non ha una storia, non è persona. Edera non ricorda niente del proprio passato solo di essersi svegliata in una stanza bianca attorniata da un equipe di medici dagli occhi stanchi. Ha ricominciato la sua vita come una ragazza normale, con degli amici e dei genitori eppure a volte si nota qualcosa di strano in lei, qualcosa che spaventa perché nessuno riesce a spiegarlo. Spaventa gli altri ma soprattutto spaventa lei.
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Casa.
Edera salutò Theo abbracciandolo quando e si diresse velocemente verso casa infilando anche l'altro auricolare. Passò davanti al supermercato, alla pasticceria, al negozio di giocattoli, al parco giochi, al vecchio pub di quartiere. Si sentiva la protagonista di un film senza trama in uno di quei momenti mimati dove si sente solo la musica. Le piaceva costruire storie diverse attorno alla sua camminata a passo svelto e stravolgerle quando cambiava la musica. Arrivò a casa. L'ultimo piano di un piccolo condominio giallo. Non le era mai piaciuta particolarmente: era piccola, senza ascensore, con il giardino da sistemare ma aveva una cosa che, invece, la faceva impazzire: era gialla. Una casa per piacere ad Edera doveva essere gialla. Non importava la sfumatura: se era giallo acceso, giallo limone, giallo ocra. Le bastava che fosse gialla. Non sapeva perché. Era una di quelle cose di cui sei convinto e basta e non le sai dare una spiegazione logica. Ti piace così. Salì le scale facendo i gradini a due a due, entrò nell'appartamento, levò le scarpe con un calcio, abbandonò lo zaino sul tappeto in entrata ed entrò in cucina. Sua madre le aveva lasciato il pranzo sul tavolo: pasta al sugo e insalata. Mangiò senza troppa voglia inforcando le penne al pomodoro come se la forchetta fosse stata un tridente. Poi uscì e andò in camera trascinandosi dietro la cartella. Afferrò il libro dallo scaffale e si mise a sfogliarlo guardandolo come se fosse ricoperto di melma. Non le piaceva quello scrittore. Non le piaceva quel libro. Non le piaceva quello stile. A dire il vero era convinta fermamente che i professori facessero a gara tra di loro a chi facesse leggere alla propria classe i testi peggiori. Si sedette alla scrivania, accese il computer e cominciò a scrivere la scheda libro.
Finì tre ore dopo con gli occhi brucianti.
Dai Edera, ancora altri nove mesi e sarà tutto finito, si ripeté sarcastica.
Spense il computer stropicciandosi gli occhi poi si gettò sul letto e con la faccia affondata nel cuscino sospirò:
-Ma chi me l'ha fatto fare!
Sul comodino il cellulare vibrò per l'ennesima volta quel pomeriggio: la I G scaricava sul gruppo la frustrazione da primo giorno di scuola. Edera lo afferrò tenendo un occhio aperto e uno chiuso e cercò di registrare un messaggio vocale:
-Ragazzi, cercate di sorridere che la vita è bella, oggi era abbastanza leggero e sopratutto siamo ancora all'inizio. -  Ginger rispose con tono scherzoso:
-Ecco la filosofia di vita che bisogna seguire! Facciamoci portare dalla maestra Edera verso la luce...
-Tranquillo Ginger, la mia favolosa filosofia di vita serve solo a far smettere di vibrare il mio cellulare per un po'.
-Che delusione... E io che pensavo di aver trovato una valida alternativa al buddismo...
Finì che quella che era cominciata come una conversazione che doveva convincere tutti a smettere di scrivere messaggi inutili su quanto fosse duro il rientro dopo le vacanze estive si trasformò in un'ondata di altrettanto inutili riflessioni sul senso della vita. Forse un po' meno pesante, forse un po' più sereno.

Sei e mezza.
Edera smise di badare al cellulare per concentrare l'attenzione sulla madre che era appena entrata in casa.
-Ciao mamma
-Ciao tesoro, tutto bene a scuola oggi? Com'è stato il rientro?
-Traumatico.
-Come sei drastica
-No no, sul serio. È stato infernale: c'erano...
-I primini che non sapevano dove dovevano andare, la professoressa della prima ora che durante le vacanze si è preparata su come essere il più noiosa possibile e si è messa d'accordo con quella dell'ultima per stendervi già il primo giorno.
-Analisi perfetta dottoressa.
-Ah, non è molto diverso da quando andavo a scuola io. - sua madre appoggiò la valigetta e si tolse le scarpe con un sospiro.
-Qualcosa mi dice di si invece.
-Bah, non ho voglia di confrontarle ora. Che vuoi per merenda? - si avviò verso la camera per infilare il pigiama. Lo faceva sempre appena entrata in casa.
-Niente, bevo un succo e sono a posto.
-E per cena? - per sua madre il cibo era sempre stato importante ma forse più che il cibo lo era il momento in cui si sedevano tutti insieme a tavola a fare la famiglia felice.
-Va bene tutto, non ho troppa fame. - Edera entrò in camera e chiuse la porta.
Sulla parete di fonte a lei stava un quadro che aveva fatto il mese dopo "essere tornata al mondo".
Olympia e Guglielmo, quelli che adesso chiamava mamma e papà, ce l'avevano messa tutta per farla sentire a casa: le avevano detto di scegliere l'arredamento per la sua camera, l'avevano portata a comprare i vestiti, le avevano dato la possibilità di avvicinarsi a tutte le attività possibili perché scoprisse le sue passioni e l'avevano informata su com'era il mondo. Tutto in sette mesi. Era un giorno d'aprile quando la portarono in un campo poco distante da casa, appoggiarono una grande tela bianca a terra, le misero un pennello in mano e i colori a fianco dicendole di buttare su quella tela la sua personalità. Aveva cominciato tratteggiando un paesaggio a matita, poi un gatto, delle parole. Cancellò tutto e intinse il pennello nel colore lanciandolo sulla tela bianca. Il risultato era una crosta delle più svariate tonalità di colore che si fondevano e si separavano gocciolando e colando. Ogni sfumatura era un'emozione. Eccola la sua personalità. Un misto confuso di tutto ciò che è la voglia di vivere.
Si tuffò di nuovo sul letto stendendosi sulla schiena e chiuse gli occhi. Immaginò di essere in un luogo sperduto chissà dove tra le montagne e il mare avvolta in una coperta non troppo pesante e una cioccolata fumante tra le mani. Immaginò le zampe di un gatto che le premevano sulle gambe. Aprì gli occhi. Yasir la guardava con i suoi occhioni verdi attorniati dal pelo morbido poi, con un miagolio, le saltò dai polpacci alla pancia e le si accoccolò sull'addome facendo le fusa. Al quadretto che aveva creato mancava solo un principe azzurro che la stringesse nel suo abbraccio avvolgendola con le mille sfumature del suo profumo. Si allungò sulle coperte cercando di acchiappare il cellulare dal comodino facendo attenzione a non far cadere il gatto tigrato le le si era acciambellato sul ventre. Entrò su Whatsapp . L'ultimo accesso di Theo era stato alle tre e trentasei, Ginger era ancora in linea e Fiamma era uscita un'oretta prima. Poi controllò il profilo di Paride. Non le scriveva da due giorni e l'ultima volta che gli aveva dato la buonanotte lui non aveva risposto. Digitò un " Ehi " poco convinto e appoggiò il telefono dove lo aveva preso chiedendosi cosa stesse succedendo. Alle sette rientrò suo padre.
-Come stanno le mie signore? - chiese infilando le chiavi in tasca
-Guglielmo! Bene dai... Non ci sono casi particolarmente difficili in questo periodo. -Olympia andò a baciare il marito
-E tu piccola? Com'è stato il primo giorno?
-Niente di entusiasmante direi...
-Vuol dire che non c'è niente che va male. È una buona notizia in se.- suo padre la baciò sulla fronte. Edera sorrise poi entrò in cucina e apparecchiò la tavola. Aprì le ante della credenza, dispose i piatti, i bicchieri, le postare e i portatovaglioli. Poi si sedette con le spalle contro il muro e aspettò che sua madre impiantasse la cena. Mangiò di fretta, quasi come se avesse qualcosa di importante da fare dopo ma si ritrovò in camera sua a fissare il soffitto con gli auricolari nelle orecchie e la musica al massimo.
Stringeva il cellulare cercando di capire perché Paride avesse deciso di ignorarla. Ormai aveva visualizzato da due ore. Si addormentò così, cullata dal picchiettare insistente della pioggia dopo aver messo il pigiama a righe che le avevano regalato per il compleanno due anni prima. Il suo compleanno... Quel giorno era solo una convenzione: nessuno sapeva quando era nata e alla clinica avevano detto che i dati riguardanti il suo caso non erano accessibili a nessuno. Avevano deciso che il suo compleanno, come poi avevano dichiarato all'anagrafe, sarebbe stato il ventotto febbraio, il giorno in cui aveva messo piede in casa Montichiari.

*Angolo dell'autrice*
Terzo capitolo. Forse adesso il personaggio di Edera è un po' più chiaro, con il proseguire della storia lo sarà sempre di più. Come al solito spero che vi sia piaciuto e vi invito a scrivermi se avete consigli da darmi. Diciamo che come al solito non ho molto da dire se non che tra un paio di capitoli la storia si farà finalmente interessante e non sarà la semplice cronaca di una sedicenne a caso con halzaimer precoce ;). Per il momento arrivederci gente.
   
 
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