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Autore: MuchLoveNoah    14/07/2015    2 recensioni
Noah Regan si trasferisce all'estero per portare avanti i suoi studi. Incontrerà quattro ragazzi un pò strani, ma tutto sommato simpatici, durante il suo soggiorno. Non può immaginare a cosa la porterà questo incontro.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Capitolo 2

Esitai un attimo.
-“Io sono Noah” strinsi la sua mano, era fredda.
Finalmente arrivammo alla seconda sede della scuola, nel centro di Boston. Lì la gente era tutta super impegnata e non si guardava un attimo indietro, in giro però c’erano gruppetti di ragazzi che chiacchieravano e le aule erano davvero in stile americano, come chiunque se le immaginerebbe.
Io e Brad ci presentammo al desk informazioni, una ragazza sui 20 era sommersa da carte e moduli e aveva attaccato al vestito un cartellino con su scritto “Erika”. Freddamente ci chiese i nomi:
-“Noah Regan”
Spostò un po’ di fogli sul tavolo, poi sembrò trovare il mio e me lo consegnò
-“allora… letteratura inglese, stanza 13, il test inizia tra mezz’ora” annuii. Brad si fece avanti.
-“Bradley Simpson”
La ragazza cercò concentrata tra la sua pila di fogli; un’espressione rilassata le si disegnò sul volto quando lo trovò
-“cultura inglese, stanza 5, il tuo test comincia tra circa venti minuti”
-“e se volessi spostarmi a letteratura?” chiese lui tranquillo. La ragazza staccò lo sguardo dalla scrivania e lo guardò dritto negli occhi.
-“tu sei quello della Berklee, vero?”-Brad annuì-“ ieri mattina sei rimasto a discutere con il signor Gibson per non so quanto affinchè ti lasciasse partecipare al test di cultura inglese, già completo, e ha deciso di fare un’eccezione per te dato che sei qui solo per ottenere crediti. E adesso, dopo tutto questo giro, pretendi di ritornare a letteratura?” chiese lei visibilmente urtata.
-“Ascolta, capisco che forse ieri ho un po’ esagerato, però pensaci: mi metto nel corso in cui sarei dovuto stare, e non causerò problemi, e poi il corso di cultura inglese non mi vedrà nemmeno in foto.” 
Ci fu un attimo di silenzio
-“E va bene”- disse Erika sbuffando, gli scrisse qualcosa sul foglio e lo lasciò andare.
Io ero in piedi vicino l’aula tredici, e lui mi stava raggiungendo, camminava in modo strano, quasi come se quel corridoio fosse una passerella, stringeva le bretelle dello zaino che aveva sulle spalle; per qualche motivo trovai quel suo atteggiamento divertente.
Eravamo stati un po’ in silenzio, io ero immersa nei miei pensieri e poi non ero un mostro di eloquenza.
-“Certo che proprio letteratura inglese dovevi scegliere, eh?” mi chiese con aria divertita.
-“L’hai scelta anche tu” -dissi incurvando le sopracciglia divertita-“ anzi, hai fatto molte più storie di me per frequentare questo corso”- risi, in cerca di una spiegazione.
Lui mi guardò ridere sorridendo a sua volta e poi disse:
-“bhe… i crediti! Non mi piace letteratura inglese, ma… cosa non si fa per i crediti!” disse annuendo esageratamente.
Scoppiammo a ridere entrambi
-“Seriamente, cosa ti ha spinto a fare… questo?”-disse tranquillamente facendo un gesto con entrambe le mani
-“ mi piacciono le lingue, tutto qui. Amo le culture diverse, i paesi e la gente che non conosco, le tradizioni, la geografia. Per me è molto più che il piacere di seguire una lezione, è una vera passione”- dissi sorridendo. Lui annuì.
-“E tu… la tua musica?”
-“Passione anche la mia”- disse subito- “l’ho sempre condivisa con gli altri del gruppo, e adesso oltre che passione è un sogno… in quattro ci si sente molto più forti. Oltre al fatto che non ho un piano B”- lo guardai incuriosita-“ insomma, deve funzionare, la musica è l’unica cosa che mi piaccia davvero e di cui capisca qualcosa, se non funziona sono un po’ nella merda” disse ridendoci su-“ ma vale la pena di rischiare”.
Entrammo finalmente nell’aula per sostenere il test, che durò circa un’ora. Mi ero seduta nelle file centrali e avevo perso di vista Brad. Quando ci chiesero di consegnare diedi il mio foglio ed uscii immediatamente dalla stanza, avviandomi verso l’uscita abbastanza velocemente.
-“Non si aspettano gli amici?”- chiese Brad con un sorriso sulla faccia arrivandomi da dietro.
-“Ma noi non siamo amici”- si voltò verso di me serio-“ siamo conoscenti; tu sai qualcosa di me ed io qualcosa di te, tutto qui” dissi accennando un sorriso.
-“E allora, la mia ‘conoscente’ avrebbe voglia di accompagnarmi da Marshalls per prendere dei vestiti?”- mi fermai in mezzo al corridoio, e lui con me.
-“Ad un ragazzo serve l’aiuto di qualcuno per del banale shopping?”
-“ Oh sì. Dai, poi finisco per entrare nei negozi, vedo solo cazzate, le compro a prezzi smodati, rimango senza soldi e giro pure come un barbone. Se c’è qualcuno a moderarmi forse posso farcela”. Io risi.
-“Ti prego?”- mi chiese inclinando la testa con un sorrisetto in faccia.
-“Brad, mi fa schifo fare shopping, e onestamente anche io mi vesto un po’ a caso.” Dissi guardandolo ricambiando il sorrisetto.
-“Va bene allora dovrai solo moderarmi, ancora più facile!” 
Lo guardai meglio. Sembrava tenerci davvero, ed in fondo io non avevo nulla da fare nel resto del pomeriggio. 
-“Andata.” Dissi io.
Finalmente entrammo da Marshalls, che era davvero grande, era impossibile pensare che qualcuno non ci trovasse qualcosa da comprare, dunque eravamo nel posto giusto. Brad andò nel reparto uomo, io lo avrei aspettato fuori dai camerini in una decina di minuti, quando avrebbe finito di provare le cose. Per passare il tempo decisi di recarmi nel reparto donna, e guardai qualche paio di scarpe. Dal lato opposto dello scaffale qualcuno aveva mosso male la pila di scatole, facendone cadere una quasi sulla mia testa. Dallo scaffale spuntò un ragazzo sui venticinque.
-“Mi dispiace tantissimo, scusami! Stai bene?” – chiese agitato
-“Tranquillo, non mi ha neanche sfiorato” dissi con un leggero sorriso. Sembrò tranquillizzarsi.
-“Comunque piacere, io sono…”- alle mie spalle arrivò Brad di colpo.
-“Senza offese amico, ma chiunque tu sia questa tecnica di abbordaggio è un po’ passata”- disse con aria schietta mentre il tizio lo guardava confuso-“ niente di personale , ma devi fartene una ragione”- disse rivolgendogli un sorriso, e trascinandomi via.
-“Ma che ti prende?”- chiesi mentre mi trascinava stringendomi il polso. Si fermò e mi guardò.
-“gli americani sono più schietti di quanto chiunque tra noi pensi. Se vedono una ragazza carina ci provano indipendentemente da tutto”- disse ovvio. La sua affermazione mi fece pensare: io ero sempre stata una di quelle ragazze che difficilmente rimane impressa, avevo dei tratti comunissimi e non ero bella, né possedevo nulla di singolare, e la cosa a dirla tutta non mi dava problemi. Ma avevo anche io notato la schiettezza degli americani, pur essendo lì da pochi giorni.
Lo accompagnai alla cassa. Aveva con sé qualche felpa, giacca e maglione. Vicino alla cassa notai un cesto con gli indumenti in sconto. Presi in mano un maglione grigio con dettagli bianchi e neri.
-“ Questo ti starebbe bene”- dissi avvicinandomi a Brad. Lui squadrò il maglione.
-“Non mi convince”- disse storcendo la bocca
-“Ma come? Il grigio ti sta bene”. Sul suo volto comparve un sorrisetto
-“L’altro giorno avevo una maglietta grigia. Quindi quando mi hai visto hai pensato a quanto mi stesse bene” disse divertito.
-“Ho semplicemente detto che questo maglione andrebbe bene per te dato che il grigio ti sta bene, fine” dissi ovvia ma divertita dai suoi giri mentali. Rimase a guardarmi per qualche secondo.
-“Questo è il primo complimento che mi fai”- alzai gli occhi al cielo-“ perciò prenderò il maglione” disse ridendo. La cosa mi fece comunque piacere.
Ci incamminammo verso la sede. Era a circa 5 minuti a piedi, ed erano le 18.30, il che voleva dire che avremmo cenato da lì a poco. Entrammo nell’atrio e prendemmo direzioni diverse. Finalmente entrai nella mia camera, non avevo visto Ariana, la mia compagna di stanza, dalla mattina presto e mi dispiaceva. Parlammo un po’ della giornata e con piacere scoprii che avremmo frequentato circa le stesse lezioni. Ad un certo punto sentimmo bussare alla porta, andammo ad aprire. Era Catherine.
-“Ragazze, sono venuta a darvi una notizia un po’ buona e un po’ cattiva”- disse con un sorrisetto. Io e Ariana ci guardammo.
-“Dunque, quest’anno gli studenti americani e quelli stranieri sono più del previsto, il che vuol dire che dovremo lasciare le stanze al primo piano per i ragazzi americani e spostare gli stranieri”- io e Ariana già sbuffavamo.
-“Dove andremo quindi?”- chiese Ariana
-“Qui arriva la seconda parte della notizia. Verrete messe in una camera più grande, ci sono tre stanze da due con in comune un salotto, il che è una cosa positiva. Però voi sarete le uniche ragazze, dato che ci sono quattro maschi, il che forse è un po’ meno positivo per voi”- disse Catherine stringendo i denti.
Il fatto dei ragazzi non mi dava fastidio, almeno non quanto Ariana, ma non avevo alcuna voglia di spostarmi e condividere il mio spazio con gente sconosciuta che dovevo sopportare tutto il santo giorno.
-“Almeno sappiamo i nomi dei quattro ragazzi?”- chiesi.
-“Sì”- estrasse un foglietto dalla tasca dei jeans-“… James McVey, Tristan Evans, Bradley Simpson e Connor Ball”. Il classico scherzo del destino insomma.
Catherine disse che dovevamo spostarci la mattina dopo e perciò saremmo stati giustificati per l’assenza dalle lezioni del mattino. Io e Ariana ci fermammo a parlare e decidemmo poco dopo di andare a cena. In quel momento mi vibrò il cellulare.


“Sentite le novità? Sembra che saremo costretti a sopportarci! Io ed i ragazzi del gruppo siamo appena arrivati in mensa, se avete voglia di venire potremmo fare le presentazioni. Brad x”

Cinque minuti dopo io ed Ariana eravamo in mensa, dopo aver preso un hot dog e un po’ di patatine ci sedemmo al tavolo e Brad fece le presentazioni. Durante la serata tutti avevano parlato molto, specialmente il ragazzo biondo che doveva chiamarsi Tristan, mentre Connor, che tra l’altro mi sedeva vicino, si limitava a ridere. 
-“Che ne pensi del trasferimento?” dissi a bassa voce voltandomi verso di lui.
-“ Non mi crea problemi”- disse dopo un attimo di spaesamento.
-“Tranquillo, neanche io parlo tanto, perciò non ti forzerò a farlo”- mi rivolse un sorriso.
-“Brad mi aveva detto che eri una in gamba, infatti era felice del trasferimento”- disse. La cosa mi aveva un po’ confusa, ma non ci badai.
Alla fine tornammo in camera verso le undici ed esausta mi buttai sul letto e presi subito sonno.


  
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