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Autore: Alice_Leonetta    15/07/2015    10 recensioni
Dal secondo capitolo:
|| “Non c’è stato un momento preciso, ricordo solo di esserlo sempre stata. Ed era magnifico”. Francesca sorride e mi accarezza il braccio destro con la mano. Ha gli occhi lucidi, come se le fosse stata appena raccontata la fine tragica di una bellissima storia d’amore. Forse è così. “Eravate davvero una bellissima coppia, Vilu”. Serro le labbra, abbassando la testa ed annuendo. “Già… eravamo”. ||
|| “Posso chiederti qual è la cosa che ti piaceva di più, di lui?” chiede alzando di poco gli angoli della bocca. Sorriso leggermente abbassando la testa sulle mie dita, poi la rialzo con lo sguardo nel vuoto. “Mi piaceva guardarlo negli occhi. Dio quanto mi piaceva! Ci passavo giornate intere, e ti posso giurare che non mi stancavo mai”.||
Salve a tutti! Questa è una piccola trama (Sempre se si possa chiamare così. Diciamo che è un piccolo pezzo di un capitolo) di questa storia. E’ il sequel di Salvami, Amore mio. Quindi, se avete intenzione di leggere questa, vi consiglio di dare prima uno sguardo all’altra. Spero di ricevere molte visite, soprattutto dai lettori della prima storia. Grazie, bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.
“Ehi, Vilu!” mi sento chiamare da Maxi. Mi volto verso destra, e lo vedo che mi fa cenno di raggiungerlo al centro della pista, insieme a tutti i nostri amici. Si stanno scatenando di brutto, ma dopotutto è una festa… sono solo io la stupida che non si diverte alle feste. Non mi sono mai piaciute più di tanto, ma per quel poco cercavo di divertirmi. Questa sera non ci riesco. Sarà la musica, saranno le luci, il forte odore dell’alcool, o il fatto che loro due siano insieme. Ma com’è possibile? Si erano lasciati… perché li vedo di nuovo ridere e scherzare, come se niente fosse accaduto? Saranno tornati insieme? Non lo so, e non lo voglio sapere. Ora voglio solo andarmene da questa festa e tornarmene a casa… non ho più voglia di stare a sentire nessuno. Sono stanca, di tutto e di tutti. Non ne posso più! Come fa ad essere così bugiardo? Ci stavamo riavvicinando, appena ha rotto con lei, si è subito riavvicinato a me. A Ferragosto, siamo andati anche al mare insieme… con i nostri genitori. E’ stato bellissimo, vedere mio padre, Alejandro e Clara di nuovo insieme, felici, mi ha riempito di gioia. Era da troppo tempo che si erano distaccati, ed era ora che facessero pace. Ora è qualche giorno che io e lui non ci parliamo più. Vorrà tornare con lei? Ho paura. Non voglio perderlo di nuovo, per me lui è tutto, e lo sa bene. Non so per quale motivo mi abbia voluto abbandonare. Stavamo così bene insieme, eravamo così felici. I nostri genitori erano così felici, ma ovviamente ha dovuto mandare tutto in frantumi. Una vita insieme, e l’ha rovinata. Non capisco il perché, ma forse a pensarci meglio… è perché non mi amava più, anzi, non mi ama più. Ora è tutto più chiaro… vuole tornare con lei. Ovvio che vuole tornare con lei. “Andiamo, Vilu!” grida, questa volta Camilla facendomi lo stesso segno di Maxi. Mi avvicino a loro, ma non per ballare. “Scusate, ragazzi… io torno a casa”. “CHE!” gridano tutti in coro. Tutti, tranne uno. “No, Violetta. Per favore, resta… è il mio compleanno, e ci tengo, per favore” supplica Federico congiungendo le mani come se pregasse. “Scusa, Fede. Ma non mi sento molto bene”. “Certo, la solita scusa alla Violetta” ribatte Maxi continuando a ballare “Dicci la verità, perché vuoi andare via?” continua facendo fare una giravolta alla sua ragazza. Incrocio le braccia ed abbasso la testa sui miei sandali estivi. “Maxi!” grida Francesca dandogli un colpo sul braccio “Ok, scusa. Ma per favore, resta”. Alzo la testa e sospiro “Poco”. I miei amici sorridono, mentre Federico mi salta letteralmente al collo. “Fede… resto ma lasciami”. “Oh, scusa”. Si allontana di poco da me, ed io gli sorrido “Esco fuori a prendere una boccata d’aria” dico ricevendo un’approvazione da tutti i miei amici… quasi tutti. Lancio un’ultima occhiata a loro due, e lo vedo fissarmi senza espressione. Distolgo immediatamente lo sguardo, e mi circondo le braccia spalancando l’enorme porta del locale. Anche se sono le undici e mezza di sera, fa un caldo tremendo. Bhè, ovvio… il 10 settembre, è naturale che faccia caldo. Chiudo gli occhi, respirando a fondo l’odore della salsedine, ascoltando le onde che leggere si infrangono sulla riva per poi rinsaccarsi. Amo il mare. Mi volto verso l’enorme edificio dal quale sono uscita, e la grande insegna blu a neon con so scritto ‘Vampires Black, illuminava tutto quello che c’era intorno. Questa è l’unica discoteca di Buenos Aires, che si trova sulla spiaggia. Forse è per questo che è sempre così affollata. Mi incammino verso la riva, e quando sento l’acqua fredda sfiorarmi i piedi, mi immergo fino ai polpacci dopo essermi tolta i sandali. Porto le mani ai fianchi, e respiro a fondo l’aria del mare. E’ così strano ritrovarmi su questa spiaggia sola, senza di lui. Ci venivamo sempre insieme, e ritrovarmici da sola… fa uno strano effetto. “Ehi” sento pronunciare improvvisamente da una voce cristallina. Cosa ci fa qui? Non era dentro a ballare? Non serve che mi volto per parlare… “Ciao, Bel” dico circondandomi di nuovo le braccia con le mani. “Cosa ci fai qui?” le chiedo abbassando la testa sull’acqua ed ammirando il riflesso della luna nel mare. “Volevo parlare con te”. “Ti ascolto”. La sento fare un respiro profondo, e pian piano avanza verso di me, restando comunque a debita distanza. “Senti… se vuoi andare via perché io e L…” la interrompo, cercando di non farle dire quel nome “No” pronuncio schietta fermandola alla prima lettera. “Non è per voi. Non mi sentivo bene… ma ora sto meglio, mi serviva solo una pausa da tutto quel rumore, e dall’alcool” mento. Ultimamente mi risulta molto facile mentire, chissà il motivo… “Violetta ti conosco molto bene, so quan…”. “Cosa?” esclamo voltandomi di scatto, ed alzando qualche schizzo che le bagna il perfetto e corto vestito verde acqua. “Tu mi conosci molto bene? Sei seria?” domando con gli occhi di fuoco ed il sangue al cervello. Non riesco a credere a cosa ha appena detto. Lei mi conosce molto bene? “Tu non mi conosci affatto, Isabel” continuo serrando i pugni e chiamandola con il suo nome completo. “Ti conosco abbastanza”. “No, invece. E se pensi che me ne sia andata perché tu e L… perché voi due stavate ballando, ti sbagli di grosso”. Rimane a fissarmi con gli occhi lucidi. Alza le spalle e dice: “Non capisco cosa ti ho fatto, Violetta. Cosa ti ho fatto per farti arrabbiare così tanto?”. Scuoto leggermente la testa, sentendomi un po’ in colpa vedendo uscire le prime lacrime. “Ma io non sono arrabbiata. Non sono arrabbiata con te” dico più tranquilla “E allora cosa ti succede?”. “Succede che mi sono stancata. Mi sono stancata di tutto e di tutti”. “Io ti posso aiutare? Posso far qualcosa per farti stare meglio?”. Forse sì, ma non glielo chiederei mai. Neanche ad una come lei. Sarei troppo egoista, dev’essere lui a tornare da me, anche se so che non accadrà mai. “No”. Annuisce lentamente, sto per dire qualcosa ma mi si mozzano le parole in gola ed il respiro è sempre più affannoso vedendo una figura –molto famigliare- avanzare verso di noi. Non riesco a spostargli lo sguardo di dosso, sembra un Dio greco. Poggia le sue mani sui fianchi di lei, la quale si spaventa al suo tocco e si porta una mano sul petto. “Mi hai spaventata”. “Scusa… Ti dispiace se parlo un attimo con Violetta”. “Oh, certo. Non ci sono problemi” risponde sorridendogli. E’ ancora innamorata di lui, lo guarda nello stesso modo nel quale lo guardo io. Isabel sposta lo sguardo su di me, tornando seria “Ciao, Vilu”. “Ciao” sussurro flebile vedendola allontanarsi. “Ciao” dice dolcemente lui guardandomi. Alzo un angolo della bocca, cercando di sorridere. “Ciao”. “Ti va di fare due passi?”. Annuisco debolmente, ed insieme usciamo dall’acqua. Mi sento prendere la mano, quando sposto lo sguardo su queste intrecciate fra loro. Lo guardo, ma fissa l’orizzonte della spiaggia. “Mi dici perché sei uscita? Anche se già so il motivo?”. “Se lo sai perché te lo devo dire io?”. Fa spallucce abbassando la testa sulle sue scarpe, per poi rialzarla “Voglio sentirtelo dire”. “Lo sai che non sono mai stata brava a confessare i…”. “Dillo”. Faccio un respiro profondo, distogliendo lo sguardo dal suo perfetto profilo “Perché… ti amo. Ancora. E vedendoti insieme a… lei… bhè lo sai” sussurro abbassando la testa sui miei piedi. Con la coda dell’occhio lo vedo sorridere leggermente, e dopo qualche secondo si blocca, facendo arrestare anche me. Si volta lentamente nella mia direzione, prendendomi per i fianchi “Perché non me lo hai detto qualche settimana fa?”. “Perché sei ancora innamorato di lei”. “Ne sei sicura?” domanda sorridendo. Annuisco abbassando la testa, e togliendo le sue mani dai miei fianchi, e continuando a camminare sola. “E cosa te lo fa credere?” chiede seguendomi con le mani nelle tasche degli bermuda bianchi “Il semplice fatto che non riesci a toglierle gli occhi di dosso…” rispondo tristemente, cercando di trattenere le lacrime “…la guardi come guardavi me. E per lei è lo stesso. Lo vedo come ti guarda”. Mi fermo, giocherellando con la sabbia. Lo sento di nuovo prendermi per i fianchi, da dietro, e posare il mento nell’incavo del mio collo. “E come mi guarda?” sussurra al mio orecchio facendomi rabbrividire. Mi volto di scatto, trovandomi ad un paio di centimetri dalle sue due labbra. Il respiro è diventato più affannoso, meno regolare. Il cuore sta pulsando ad una velocità incredibile, e le gambe mi tremano. Ho una voglia matta di premere su quelle labbra. Ma come sarà la sua reazione? Brutta, ovviamente. “Come ti sto guardando io adesso” soffio sulle sue labbra, per poi fiondarmici con violenza. Da quanto tempo! Avevo proprio un assoluto bisogno di sentirle di nuovo, di assaporarle ancora. Lo sento subito rispondere al bacio, e tirando fuori un’intraprendenza che neanche io sapevo di possedere, allaccio le mie braccia attorno al suo collo ed affondo le dita nei suoi capelli, tirandoglieli ed avvicinandolo a me. La sua stretta sui miei fianchi si fa più salda, e mi attira a sé facendo scontare i nostri petti. Ci stacchiamo per un secondo, per poi ricominciare. Mi lascia un tenero morso sul labbro inferiore, per poi passarci la sua lingua e dopo facendola incontrare nuovamente con la mia. “Ne sei ancora convinta?” domanda sorridendomi dolcemente. “Mmm, avrei bisogno di un’altra prova” rispondo ricambiando il sorriso. Scuote la testa, e mi lascia un ultimo bacio a fior di labbra. “Ora non ne sono più convinta”. “Ma non era mica questa, la prova” dice facendomi poi accigliare. “Cos…”. “Vieni con me” mi incita prendendomi per mano. I miei sandali ormai sono pieni di sabbia, a stento riesco a reggere la sua corsa. “Leon, non riesco a correre! Ho i sandali pieni… AH!” grido sentendomi prendere in braccio. “Sei sempre il solito!”. “Bimba, sei tu che non riesci mai a seguirmi!”. “Eh, vero? Chissà qual è il motivo. Mi vuoi dire dove stiamo andando?”. Sorride incrociando il suo sguardo nel mio, ed improvvisamente le porte del paradiso si sono aperte. “No, Leon!” esclamo intuendo i suoi scopi. “Volevi un’altra prova? L’avrai!” risponde facendomi sedere sul sedile del passeggero. Fa il giro dell’auto, e sale in macchina anche lui. “Ma ci sono gli altri… Poi è il compleanno di Federico! Non possiamo lasciarli così… Senza neanche averli salutati”. Non faccio in tempo a finire la frase che ha già messo in moto, ed è partito a razzo. “Shhh, torneremo presto”. “Ma ho lasciato tutte le mie cose dentro!”. “Uffa… la vuoi piantare? Vuoi la prova o no?”. “Sì, ovvio!”. “Allora taci”. Lo guardo con gli occhi ridotti a due fessure, per poi accavallare le gambe ed incrociando le braccia al petto. Arriviamo a casa sua in un batter d’occhio. Alejandro e Clara non sono in casa, per fortuna. “Leon, e dai… smettila” dico cercando di spostarlo dal mio collo. “Almeno prima apri la porta” gli suggerisco. Infila le chiavi nella serratura, ed entra in casa, tirandomi per un braccio. Lancia il mazzo di chiavi sul mobiletto, e mi prende in braccio, facendomi adagiare dolcemente sul divano. Si mette a cavalcioni su di me, avventandosi nuovamente sulle mie labbra ed iniziando ad accarezzarmi il ventre spostando la maglietta. Sorrido sulle sue labbra, mentre me la sfila. “Perché non me lo hai detto?”. “Perché avevo paura che non fosse più lo stesso, per te” ammette scendendo sul mio collo, poi sulla scollatura per poi arrivare al seno coperto dal reggiseno. “Scherzi? Non ho mai smesso di amarti”. Lo sento sorridere, quando poi dolcemente mi bacia il seno destro, poi quello sinistro. Pian piano risale, facendomi eccitare sempre di più. “Hai detto una cosa bellissima”. “E’ la verità". "Non voglio più separarmi da te, Bimba. Ti amo”. “Ti amo anch’io, Leon” sussurro sulle sue labbra per poi baciarlo ancora, ancora e ancora. Penso che non sarò mai sazia dei suoi baci.
 
 
 Alcune volte esser forte significa anche resistere. Ma non resistere nel senso di muscoli, forza… resistere a tutto. Resistere al dolore, alla sofferenza, alla perdita… Questo pomeriggio è stato uno dei più duri. Non so cosa mi abbia spinto a restare lì con loro, con lui. Era da molto che non lo vedevo, e vederlo in sua compagnia, è stato davvero difficile. Da quanto ha detto Camilla si sono rimessi insieme ieri… quindi ha dimenticato quella notte. Quindi si è davvero dimenticato di tutto, ora. Si è dimenticato per sempre di me. Non ci posso credere. Dopo tutto questo tempo, dopo tutto quello che abbiamo passato. Non posso crederci, non voglio crederci. Non può essersi dimenticato di tutto, no. Mi rifiuto di crederci. Lui non è un mostro, non è tornato quello di qualche anno fa. Quello che si drogava e che andava con una diversa ogni sera. Quello che se ne fregava di tutto e tutti, che non dava né troppo peso né troppa importanza a niente. Quel ragazzo non esiste più, è scomparso parecchio tempo fa ormai, e non tornerà mai più. Lui adesso è buono, è tutt’ un’altra persona. E’ cambiato, ma non so perché…. ma non è più quel ragazzo che un tempo avrebbe dato tutto per me. Quel ragazzo che avrebbe dato la vita per proteggermi, anche solo per una sciocchezza. Quel ragazzo con cui passavo notti intere a guardare le stelle, o con cui facevo tardi la sera. Quel ragazzo che mi amava alla follia, e che amavo anch’io… che amo anch’io. L’unica cosa che non è cambiata: il mio amore per lui. E’ passato un anno da quel giorno, eppure non c’è giorno che non ci ripensi. Mi ha distrutta, mi ha bruciata viva. Forse riuscirò a dimenticarlo, solo che lui mi ha già dimenticata. Delle volte mi chiedo: Come si fa a sentire la mancanza di qualcuno che mi ha distrutto completamente? E mi rispondo così: mi manca perché a lui ci tenevo. Fa male perché m’importava. Ci tenevo, e mi ha distrutta. Non riesco più a pensare ad altro. Ormai la mia mente è invasa di suoi ricordi. Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre? Io opto per la seconda. Perché so che non tornerà da me, so che non tornerà mai più. Ora ha lei che senso ha tornare da me. Cosa sono io? Niente. Non sono assolutamente niente. Non sono più niente, per lui. C’è una parte di me che sa benissimo cos’è successo. L’altra fa finta di niente, per poter vivere lo stesso. Ma è davvero difficile, sì… è davvero troppo difficile. Perché mi ha raccontato tutte quelle bugie? Perché mi diceva che ci sarebbe sempre stato, quando invece è stato il primo ad andarsene? Perché? Sì, anche io ho fatto degli errori, ma la vita non ha istruzioni, giusto? Cara grammatica, ti sei sbagliata… il verbo ‘restare’ non è all’infinito. Improvvisamente la porta della mia camera si spalanca di scatto, e la figura che entra mi fa davvero rimaner senza parole. “FRAN! ORA NON SI BUSSA NEANCHE!”. “Scusa, Vilu… E’ stato tuo padre a farmi salire” rispose lei richiudendo la porta. Solo in quel momento noto che in mano a cinque enormi bustoni di carta. Mi spavento solo al pensiero di cosa potrebbero contenere. “Cosa c’è lì?” domando preoccupata indicando le buste con l’indice destro. Sorride come se dovesse scusarsi di qualcosa, poi a grandi falcate raggiunge il letto e si siede, lasciandole cadere accanto alla scrivania. “Nulla, nulla. Ne parleremo più tardi”. “Perché sei qui?” domando sistemandomi meglio il plaid rosa sulle gambe “Volevo vedere come stavi” risponde con compassione “Sto bene, Fran. Non serve che tutti veniate a controllarmi ogni momento! So cavarmela da sola, grazie!” grido, senza rendermi conto di quel che ho appena detto. Mi guarda con un’espressione tra la dispiaciuta e la preoccupata “D’accordo. Mi dispiace, ora vado via”. “No, no. Aspetta” la fermo, passandomi poi una mano sulla faccia “Scusami. E’ solo che… che tutta questa situazione mi fa star più male del solito. Prima la mamma, poi lui, e adesso anche la nonna” continuo tristemente. Già… la nonna. Mi manca da morire. Se ne è andata solo da qualche giorno, eppure la sua assenza si sente. Eccome se si sente! Ultimamente veniva tutti i giorni a trovarci, ed ero molto felice… bhè, più o meno. Mi voleva far distrarre, e ci riusciva alla grande. Forse solo con lei mi sentivo felice di nuovo; ma ora che non c’è più, che se ne è andata anche lei, mi sento più triste e sola che mai. So che i miei amici continuano a ripetermi che non sarò mai sola, che loro ci saranno per sempre… ma non è la stessa cosa. “Tranquilla. Però ora te lo chiedo esplicitamente… Come stai?”. Faccio un respiro profondo, e provo a non mentire. “Normale (Hai presente le foglie in autunno, quando diventano marroni ed è un piacere sentirle scricchiolare, saltandoci sopra? E poi hai presente i palloni da football, quando sono tutti perfettamente gonfi, e non appena ti capitano a tiro gli dai subito un calcio? E ancora, hai presente le solette delle scarpe? Calpestate ogni secondo. Hai mai pensato a come si sentirebbero se avessero un’anima?)”. “Facciamo finta che io creda alle tue parole. Se dici di star bene, allora perché non esci?”. Colpita e affondata. Alzo le spalle, come se niente fosse “Non ne ho voglia”. “Certo, facciamo finta che creda anche a questo”. Faccio un respiro profondo, e da qualche parte –non chiedetemi dove- trovo il coraggio di sfogarmi. “Ascolta, Fran… non è vero che quando qualcuno ti ferisce si riesce a farselo scivolare via di dosso. Non si riesce ad essere indifferenti, tutto resta impigliato negli occhi, sotto la pelle, nella mente, tra i ricordi”. Mi guarda con un debole sorriso, con gli angoli della bocca leggermente alzati… e due occhi lucidi. “Nessuno meglio di me, può capirti, Vilu. So come ci si sente, anche io ci sto passando… e so che è terribile”. “Già, anche troppo”. “So che è anche un mio amico, e sai perfettamente che gli voglio bene… ma sei conscia sì o no che lui sia uno stronzo?”. Mi fa scappare una risata flebile “Non è uno stronzo, lui non è affatto così”. “Ah no? Ti devo ricordare che ti ha lasciata per una che aveva appena conosciuto? Che fra parentesi mi è sempre stata antipatica”. Mi raggomitolo su me stessa, le ginocchia all’altezza del mento. “E’ solo innamorato”. “Violetta, tu sei la ragazza più importante della sua vita! Ma ti vuoi svegliare una buona volta!” grida passandomi più volte la mano davanti al viso. “Ero, casomai. Ma per lui è stata solo una storiella da niente”. Mi rimane a guardare con la bocca aperta ed un’espressione come a dire ‘Spero tu stia scherzando’. Chiude gli occhi e fa un respiro profondo “Violetta… ti giuro che sto perdendo la pazienza” fa una breve pausa “Vi conoscete da quando siete nati, siete cresciuti insieme per dodici anni, e ripeto DODICI! Siete sempre stati innamorati l’uno dell’altra, e finalmente dopo tanto tempo vi eravate decisi a mettervi insieme. Una storia di più di un anno, con la ragazza che ha sempre amato, con la sua bambina… E TU HAI ANCORA IL CORAGGIO DI DIRE CHE PER LUI E’ STATA SOLO UNA STORIELLA!”. Infosso il viso nelle ginocchia, mi sto trattenendo dal non piangere. “Può essere anche stata importante, ma ormai è finita”. “E quindi torniamo al mio discorso che è uno stronzo”. “E’ solo innamorato” ripeto rialzando la testa, e poggiando il mento sulle ginocchia “Sta mentendo, Vilu. Non è davvero innamorato di Bel”. Mi scappa un’altra piccola risata, questa più per il nervosismo che per la battuta di Francesca. “Ti rendi conto di costa stai dicendo? Se non è davvero innamorato di lei, allora perché ha lasciato me, per mettercisi?”. “Perché. E’. Uno. Stronzo. Ti è chiaro adesso?”. Scuoto la testa e la riabbasso “E’ colpa mia se è diventato così”. “Ma cosa vai dicendo!”. “La verità… se nell’ultimo periodo nel quale eravamo ancora insieme non lo avessi trascurato troppo, adesso sarebbe qui”. Posa le sue mani sulle mie, alzo la testa e strizzo gli occhi umidicci “Non è colpa tua, Vilu. Non fartene una colpa. Tu non sai com’era prima che tornassi, è possibile che…”. “No, Josh non c’entra nulla. Sì, lavorano insieme in un’officina, ma non sono tornati quelli di una volta. E’ cambiato, questo sì, ma non tornerà quello di qualche anno fa”. Per qualche secondo restiamo a guardarci, nessuna delle due sa cosa dire… forse non ne abbiamo il coraggio. Mi sorride leggermente, con gli occhi pieni di compassione. “Quando hai capito che eri innamorata di lui?”. Le sorriso abbassando lo sguardo sfocato. In realtà non ricordo quel giorno, forse perché non c’è mai stato, o forse semplicemente perché sono sempre stata innamorata di lui. “Non c’è stato un momento preciso, ricordo solo di esserlo sempre stata. Ed era magnifico”. Francesca sorride e mi accarezza il braccio destro con la mano. Ha gli occhi lucidi, come se le fosse stata appena raccontata la fine tragica di una bellissima storia d’amore. Forse è così. “Eravate davvero una bellissima coppia, Vilu”. Serro le labbra, abbassando la testa ed annuendo. “Già… eravamo”. Alzo la testa e con il dorso della mano mi asciugo le lacrime “Parliamo d’altro. La nuova canzone è pronta, c’è giusto da provarla tutte insieme. Quando facciamo?” domando raddrizzandomi con la schiena “Quando vuoi, noi siamo tutte disponibili”. “Facciamo domani pomeriggio? Prima è meglio è”. “D’accordo, avverto Maxi, così magari proviamo un’altra volta tutti insieme… la prova di ieri non era una delle migliori”. Tutti insieme? Tutti, tutti? “Ehm…d’accordo”. Mi guarda confusa, aggrottando leggermente le sopracciglia “Se non vuoi veder…”. “No, no. Va benissimo… lui è andato avanti”. “Anche tu lo hai fatto”. “Sì, è vero. Ma è completamente diverso”. “Cosa vuoi dire?”. “Lui è andato avanti perché voleva. Io perché dovevo. Capisci la differenza?”. Butta fuori l’aria dai polmoni, e mi abbraccia di slancio “Che stupida che sono stata a crederci, vero?”. “No. Assolutamente no. Non sei stata stupida, come hai detto tu… eri solo innamorata. Ed anche lui lo era… lo è tutt’ora!”. Scuoto la testa contrariata “Non lo è più”. “Posso chiederti qual è la cosa che ti piaceva di più, di lui?” chiede alzando di poco gli angoli della bocca. Sorriso leggermente abbassando la testa sulle mie dita, poi la rialzo con lo sguardo nel vuoto. “Mi piaceva guardarlo negli occhi. Dio quanto mi piaceva! Ci passavo giornate intere, e ti posso giurare che non mi stancavo mai”. Ricambia il sorriso “Con lui mi sentivo davvero libera… libera come quando la gente mi chiede quanti anni ho, e io vorrei rispondere ‘Dipende. Ho cinque anni quando mi danno una bella notizia, e mi metto a saltare ed urlare. Ho dieci anni quando sono spensierata. Ho quindici anni quando prendo il cellulare con la speranza che qualcuno si sia ricordato di me, e mi abbia cercato. Ho diciotto anni quando mi prendo qualche libertà. Ho vent’anni quando sono persa e mi sembra di aver già provato tutta la vita. Ho quarant’anni quando qualcuno mi racconta qualche episodio ed io non ricordo. Ho cent’anni quando raggiungo un traguardo che credevo impossibile. Sono già morta… quando qualcuno se ne va’” Mi piacerebbe una volta rispondere così alla solita domanda ‘Quanti anni hai?’”. “Quanti anni hai?” domanda tranquilla, come se ci fossimo appena conosciute all’asilo, e stessimo facendo amicizia in questo momento. Rimango a guardarla negli occhi, mentre i miei ricominciano ad essere lucidi “Secondo te?”. “Secondo me, adesso hai quindici anni, più tardi… magari verso l’ora di cena ne avrai venti… e questa notte sarai morta. Sbaglio?”. Scuoto la testa per poi abbassarla nuovamente “Non sbagli”. “Dimmi la verità… quando ti ha las… Sì insomma, hai capito… hai mai pensato che sia un cretino, uno sfigato…”. “Oh, certamente! Moltissime volte, ma più me lo ripetevo, più mi accorgevo che non era vero. Lui non era tutte quelle cose, e non le sarà mai”. “Certo. Hai trovato mille pretesti per giudicarlo un cretino, uno sfigato, brutto, spregevole. Però sceglieresti lui. Lo sceglieresti sempre. Perché quando ti immagini con lui, ti brillano ancora gli occhi”. “Lo sceglierei sempre e comunque. E’ stata la miglior cosa che mi sia mai successa. Però senza di lui, adesso, qui, che mi rassicura, che mi abbraccia e che mi conforta… mi sento uno schifo. So che devo essere forte, ma non ci riesco… davvero, non ci riesco. Come si chiama quell’istante che stai per crollare, ma non crolli? Come si chiama quel momento in cui sei sull’orlo di un precipizio, ma non cadi giù? Come si chiama quello in cui tutto trema, ma tu sei ancora stabile? Mi sento come in quei momenti: debole. Come se la tua vita stesse giungendo alla fine”. “MA LA TUA VITA NON E’ FINITA, VILU!”. “Lo so, ho solo vent’anni, ma è difficile, Fran. Tu non immagini quant’è difficile” dico infine gettandomi fra le sue braccia, scoppiando in un pianto isterico. “Basta, shhh. Ci sono io con te. Non ti lascerò mai sola”. “E’ quello che ha detto anche lui, prima di andarsene”.
 
 
 Mi oppongo, giuro che mi oppongo. Non possono, no, no. Il mio compleanno è già passato ormai da dieci giorni, e non possono farlo. “Giuro che non vengo, Cami!”. “Dai, Vilu. E’ la festa per il tuo compleanno, non puoi mancare! So che è passato da qualche giorno, ma vent’anni vengono solo una volta nella vita”. “Ti ho detto di no, non ho voluto festeggiare, e voi non mi obbligherete a farlo”. Dall’altro capo del telefono sento uno sbuffo, cerco di calmarmi. “Ti rendi conto che non possiamo annullare la festa, vero? Per favore, ci saranno tutti i nostri amici”. “E’ appunto per questo che no voglio! L’ultima cosa di cui ho bisogno adesso, è essere festeggiata”. Non possono obbligarmi a partecipare alla festa per il mio compleanno, non voglio vederli insieme, ancora una volta. Già domani dobbiamo riprovare nel seminterrato di Maxi, e –ovviamente- saranno assieme. Vederli anche alla mia festa di compleanno, sarebbe troppo. So che devo essere forte, ma è difficile, e non so se ce la farò. “Cami, per favore… cerca di capirmi, vederli in…”. “Lo sapevo, lo sapevo” dice interrompendomi e facendo una piccola risata. “Sapevo che non volevi festeggiare per causa loro. Ma stai tranquilla, non li ho invitati”. Che? Dice sul serio? Non ha invitato sua cugina? “Nessuno dei due?”. “Nessuno dei due, giuro”. Butto fuori l’aria dai polmoni e mi passo una mano sulla faccia, sedendomi a gambe incrociate sul letto. “Te ne prego, Vilu. Abbiamo già allestito tutto: il locale, le sedie… abbiamo già gli abiti!”. “Sì… Francesca me li ha mostrati” rispondo sarcastica ripensando alla scena della mia migliore amica che entra in camera con cinque enormi buste, e mi scappa perfino una risatina. “Perfetto! Ti piace il tuo?”. “Mmmm, sssssno”. “Sì o no?”. “Non so… mi sembra un po’ troppo, per una festa”. “CHE! TROPPO? SCHERZI, VERO! NON HAI VISTO QUELLO DI…”. “Quello di?”. Dalla parte di Camilla non si sente nulla, un silenzio di tomba. Cosa sta tramando? “Di chi, Camilla?” esclamò più spaventata che preoccupata “Di… G-Gery” balbetta. Il mio cuore si ferma. “Avete invitato anche lei?”. “Adesso sta con Alex… non hai più motivo di essere arrabbiata con lei”. “Mi ha fatto molte cose brutte, in passato… credi che dovrei perdonarla da un giorno all’altro?”. “Non è da un giorno all’altro… sono passati due anni, Violetta… due anni!”. Scuoto la testa “Il tempo non dice nulla. Può venire, ma se ci sarà anche Alex”. “Certo che verrà! E’ stato uno dei primi della lista”. “D’accordo, domani da Maxi rivediamo i dettagli”. “D’accordo, buonanotte, Vilu”. “Buonanotte”. Chiudo la chiamata, e poggio il cellulare sul comodino, accanto alla foto con le mie amiche, ed apro il cassetto. Tiro fuori il diario, e lo apro. ’20 Settembre 2010. La mamma è sempre più stanca, sta tutti i giorni a letto a riposare. Qualche giorno fa sono venute la nonna ed Angie perché papà le ha chiamate ed informate di quello che sta accadendo alla mamma. A stento le ha riconosciute. Mamma per favore, non andartene’. ’28 Ottobre 2010. Ho bisogno di Leon. Non posso sopportare tutto questo da sola. La mamma sta morendo, papà è sempre più preoccupato, Roberto cerca di confortarlo ed Olga non fa altro che piangere tutto il giorno. Come farò a resistere?’. ‘1 Novembre 2010. Voglio i miei amici. Voglio tornare a Buenos Aires. Voglio Leon. Chissà cosa starà facendo in questo momento… Penserà ancora a me? Mi manca così tanto. Di certo non possiamo tornare a Buenos Aires, con le condizioni di mamma. Spero non si dimentichi di me’. Sento il telefono squillare, ma non è una chiamata,è un messaggio. Da parte di Francesca: Cambio di programma!! Domani niente prove. SI VA TUTTI AL MARE!! Mi va di andare al mare, e poi è un modo per liberarmi dai pensieri negativi, anche se loro due saranno lì. Cercherò di non pensarci. Rispondo a Fran: D’accordo!! Passami a prendere alle 9.
 
 
 Mi siedo sulla sabbia, mi è sempre piaciuto l’odore dalla salsedine, il rumore delle onde, mi rilassa. Sento dei passi avvicinarsi, mentre il mio cuore si blocca, e chiudo gli occhi. Si siede accanto a me senza fare il minimo rumore “Ciao” sussurra con quella sua voce. Già comincio a tremare. Mi volto lentamente “Ciao”. “Come stai?” domanda flebile, con voce spezzata. Faccio spallucce voltandomi verso il mare “Normale”. “Voglio la verità”. Cosa? Ho sentito bene? Per caso si sta preoccupando per me? Sul serio? Dopo tutto questo tempo, si preoccupa? Spero stia scherzando. “E’ la verità”. “Invece no”. “Pensala come vuoi”. Butta fuori l’aria dai polmoni, molto rumorosamente “Violetta, ti conosco… so che non stai bene”. Mi giro di scatto incrociando il verde dei suoi occhi, le lacrime che mi rigano il viso. “Pensi davvero di conoscermi? Allora sai anche il motivo del quale sto piangendo adesso”. “Sì”. “Quale?”. “Voglio che sia tu a dirmelo”. Mi siedo più comoda, senza distogliere lo sguardo da lui. “Sto piangendo, perché tu non sai quanto fa male vederti felice senza di me. Perché tu hai dimenticato cose di noi, che io ricorderò per sempre. Perché mi hanno detto che ancora mi sorridono gli occhi quando parlo di te. Perché i tuoi abbracci mi mancano da morire” faccio una pausa, senza mai distogliere lo sguardo da lui. Mamma mia, i suoi occhi! “A volte mi chiedo se anche tu, come me, ogni tanto mi pensi. Se abbassi lo sguardo a ricordare i momenti trascorsi insieme, e se magari ti scappa una lacrima, oppure una risata o un sorriso… ricordando magari quando passavamo notti intere a guardare le stelle, o quando mi sporcavo con il gelato. Ieri, a casa di Maxi, ti ho visto piangere mentre… Bel ti stava facendo ascoltare una canzone con le cuffie. Una lacrima ti stava rigando il viso, e io –da egoista- avrei voluto che quella lacrima fosse per me. Sai, ho cancellato i tuoi messaggi, ma non mi scorderò mai quello che mi scrivevi. Abbiamo messo i nostri genitori contro, anche se si conoscono da una vita e si vogliono un bene infinito. Abbiamo smesso di essere ciò che eravamo, ma non lo dimenticherò mai. Ti amo ancora. Ma non te lo so dire… perché so che ami lei. Ed hai ragione… neanche io mi sceglierei. Ho paura che ti porterò per sempre nel cuore. Ho paura che non ci sarà spazio per nessun altro. Ho paura che ogni volta che penserò all’amore, penserò a te. Lo sai la mia peggior paura qual è? Non ricordarmi più l’odore del tuo profumo. Ti ricordi quand’è morta mia madre, e mi hai chiesto se ogni tanto mi immaginavo come sarebbe stata la nostra vita da grandi? Ti ho risposto con delle frasi che davvero non so ancora da dove le ho prese… oggi ho riletto quella pagine sul mio diario, le ricordo ancora perfettamente: ‘So che un giorno andremo a vivere insieme e non mi importa se la casa sarà piccola, il nostro amore è già grande. La mattina ti guarderò dormire, finché non ti sveglierai. Poi andremo a preparare colazione insieme e i nostri baci sapranno di caffè, croissant, e amore. In settimana avremo i nostri impegni, tra il lavoro e l’università ma il weekend lo dedicheremo a noi. Magari passeremo un weekend fuori città per staccare, oppure andremo all’Ikea e prenderemo qualcosa da aggiungere a casa nostra. Tornati a casa tu metterai insieme i pezzi, come sai sempre sistemare le cose e io ti aiuterò nel mio piccolo. In casa nostra ci sarà tanta musica, tanti libri e luce. Cucineremo insieme e tu ruberai del cibo dal mio piatto, o finirai la mia parte dato che non ti sazi mai! Passeremo le domeniche pomeriggio ad organizzare i nostri viaggi, ma dopo poco finiremo abbracciati sul divano, perché comunque il posto più bello di tutti rimangono le tue braccia. Comprerò i dolci solo perché so che ti piacciono e tu mi lascerai scegliere cosa guardare alla televisione perché a me piace scegliere. E anche se alla fine non guarderemo il programma scelto da me, io non ti ringrazierò mai abbastanza di avere scelto me tra tutte le altre’. Ovviamente non ti ricorderai, perché come ti ho detto, tu hai dimenticato cose che io ricorderò per sempre. Ma non fa niente, davvero. Sto bene. Ho soltanto un piccolo nodo in pancia. Mi viene da piangere e vorrei gridare che tutto mi ferisce. Mi fa abbastanza male. Ma non è niente. Niente di che. Ma sì… sto bene. L’unico problema è non avere qualcuno da amare. Io lo so che ogni tanto mi pensi ancora. So che ogni tanto, mentre la guardi, ti torno in mente. So che ogni tanto, mentre dormi con lei abbracciato, mi sogni ancora. Lei forse ti avrà chiesto di noi, ‘che è successo?’, ‘come mai?’, ‘com’è successo?’, ‘non l’amavi?’, e tu le avrai risposto con l’aria di chi non se ne frega di niente, che non mi amavi, che per te l’amore è lei. E lei ci avrà creduto, perché non sa, non può nemmeno immaginare cos’eravamo insieme… io e te. Magari ora facciamo finta che l’altro non esista, continuando la nostra vita normalmente. Ma magari un giorno, da adulti, ci rincontreremo e con lo stesso imbarazzo di un tempo, ci saluteremo. Tu mi dirai che non hai mai smesso di fumare, che sei sposato e che hai dei bellissimi bambini. Io ti dirò che io a fumare non ho mai iniziato, che sono anch’io sposata… e felice. Ti racconterò della mia vita, che finalmente ho comprato una casa, e che il viaggio che avevamo in programma da giovani, sono riuscita a farlo. Tu mi dirai che non sono cambiata in niente, ho sempre quella faccia buffa, sempre quei vizi che tu in tutti i modi hai cercato di togliermi e che nonostante siano passati anni, continuo a trovarmi quei milioni di difetti che tu in tutti i modi cercavi di farmi capire che erano bellissimi. Capiremo, guardandoci negli occhi, che è tutto passato, e che forse senza nessun rimorso continueremo la nostra vita. Ma io, solo in quel momento, ti sussurrerò all’orecchio che a mio figlio, ho dato il tuo nome. Il nome del mio migliore amico, del ragazzo che mi ha salvata”. Ecco. Mi sono sfogata. Gli ho detto tutto. Come ho fatto? “Leon! Sei qui! Finalmente ti ho trovato!”. Appunto. Lei. Ci raggiunge correndo, e bloccandosi davanti a noi, guarda prima lui che sta guardando me, e poi me. “Scusate… non volevo interrompervi”. “Tranquilla. Stavo andando via, Francesca mia aspetta per tornare a casa. Le ho promesso che sarei tornata con lei”. Serra le labbra vedendomi alzare, poi annuisce “D’accordo, ci vediamo domani, Vilu”. “Certo, a domani” le rispondo, lanciando poi un’ultima occhiata al ragazzo ancora seduto sulla sabbia, che non si è mosso di un centimetro. Lo sorpasso, scappando poi verso le mie amiche.
 
 
  E pensare che quando si è piccoli si è così vivaci. Niente timidezza, solo un’allegria che sprigioni giorno e notte. Vuoi fare amicizia con ogni bambino che incontri, e dopo due secondi diventa il tuo migliore amico, anche se sai poco e niente su di lui. Quando si è bambini è tutto più facile, pensi solo a divertirti con gli amichetti e tutti i problemi che ti perseguitano durante l’adolescenza non esistono. Ognuno di noi vorrebbe tornare piccolo, quando cadevi e ti sbucciavi un ginocchio, o quando giocavi in riva al mare con paletta e secchiello. Ma purtroppo, il tempo non si può mandare indietro, altrimenti la vita sarebbe troppo facile; giusto? La vita va affrontata, bella o brutta che sia. Devi rimboccati le maniche e fare tutto da sola. La vita non è una passeggiata, Principessa. E’ ora di togliersi la corona ed indossare l’armatura. Bisogna essere forti… da soli. La via alberata dove è casa mia, sembra che mi stia soffocando. Alberi a destra ed a sinistra. Ho chiesto a Francesca di lasciami all’inizio della strada, avevo voglia di camminare un po’, e di restare un po’ sola… che novità! Mentre incrocio le braccia al petto, poco distante da me, dietro le mie spalle, sento un rumore famigliare, fin troppo famigliare. Il rombo della moto si fa sempre più vicino. Una parte di me, vorrebbe che fosse lui, l’altra no. Cerco di far finta di niente, sperando che sia solo un ragazzo sconosciuto, o un uomo che passa lì per caso. Ma no, ora la moto è di fianco a me, e non ho il coraggio di voltarmi. “Ehi, Vilu!” esclama un ragazzo. Non è lui. No, non è la sua voce. Voltandomi di scatto, riconosco gli occhi azzurri e i capelli color oro. Automaticamente –non so come e in che modo- un sorriso si fa largo sulle mie labbra. “Josh!” esclamo. Cosa fa lui qui? Mi fermo, ed anche lui spegne il motore della moto, girando la chiave e scende. Mi saluta con un abbraccio, chiedendomi come va. “Tutto normale, per quanto siano diversi i nostri significati di ‘normale’”. Fa una leggera risata, appoggiandosi alla moto. “Come mai da queste parti?” domando. “Oh, bhè. Avevo bisogno di alcuni pezzi di ricambio, e visto che passavo di qui ho pensato di fare un salto. Ma per fortuna mi sono risparmiato l’umiliazione di suonare al campanello di casa tua”. Sorprendentemente rido. Una vera risata. “Dove sei stata?”. “Siamo andati al mare”. Si acciglia “Siamo?”. “Sì, bhè vedi… io, Fran, Cami, Maxi… e… gli altri” rispondo abbassando la testa. Già… gli altri. Lo vedo serrare le labbra ed annuire leggermente. “In effetti… puzzi un po’ di pesce!” scherza, e parte un’altra risata da parte di entrambi. “Oh, grazie! E’ un onore!”. Ancora risate. “Senti. Ti andrebbe di andare a fare un giro? Più tardi intendo… visto che devi farti una doccia ed io devo finire di lavorare”. Sul mio viso appare un’espressione come a dire ‘Non possiamo fare un’altra volta?’. “Dai, Vilu. E’ giusto per fare qualcosa. Un paio d’ore, per passare un po’ di tempo insieme. E’ da tanto che non usciamo”. Già, in effetti è vero. “E poi non credo che tu abbia di meglio da fare” continua sorridendo, facendomi ridere. Forse è una buona idea. Così mi distraggo un po’. In effetti, non ho voglia di restare chiusa dentro casa. “Va bene” mi arrendo infine sorridendo. “Perfetto. Allora passo verso le 8.30, d’accordo?”. “Sì, ok”. Mi sorride risalendo in moto “A più tardi”. Gli sorrido ed alzo la mano come per salutarlo, ma è già ripartito. Forse non è stata una cattiva idea. Potrei divertirmi, anzi… di sicuro mi divertirò.
“Fran! per favore, aiutami!” grido alla mia amica tenendo il cellulare tra l’orecchio e la spalla. “Che vuoi che ti dica, Vilu? Metti quello che ti senti di indossare”. “Ah! Ah! Ah! Sei di grande aiuto, Fran!”. Prendo una maglietta a maniche corte bianca con dei ghirigori disegnati con dei brillantini. Incredibile! Non so che indossare! Ho l’armadio pieno di vestiti, e non so cosa indossare. Ieri faceva freddo, oggi c’erano 27° all’ombra! “Scusa, Vilu. Ma sto tenendo d’occhio Raphael. Mia zia e mio zio sono usciti con i miei genitori, e mi hanno chiesto di tenerlo. NO! FERMO! POSA QUEL COLTELLO! A-D-E-S-S-O!!”. Wow, quando si mette ad urlare è peggio di Ludmilla quando si rompe un’unghia. “D’accordo. Chiamo Cami allora. E… ehm… buona fortuna” le dico allontanando il telefono dall’orecchio. Le sue urla mi stanno rompendo i timpani. “Grazie, me ne servirà molta. Buona uscita, domani mi racconti tutto”. “D’accordo. Ciao, Fran”. “Ciao, Vilu. No, Raphael! Non toccare i miei trucchi!!”. Accidenti, è una peste quel bambino. Lancio il cellulare sul letto, ormai ricoperto dai miei vestiti. Non so se farà caldo o freddo. Improvvisamente sento bussare alla porta. “Se sei papà non entrare che sono nuda! Se sei Olga ti consiglio di non entrare per il bene del tuo cuore!” grido da dentro l’armadio. Non sento arrivare nessuna risposta, al contrario, la porta si apre e prendendo il primo indumento che trovo, mi copro. “ANGIE!” grido correndo ad abbracciare mia zia. “Chiudi la porta” le ordino una volta aver sciolto l’abbraccio ed essere tornata davanti all’armadio, ormai quasi del tutto vuoto. “Come mai a quest’ora?” le chiedo. “Tuo padre mi ha chiamata e ci ha invitati a cena…” esita un momento con un sorrisetto sulle labbra “…tutti e tre” finisce. Mi acciglio voltandomi dalla sua parte “In che senso? C’è anche il fratello di Pablo?”. La zia scuote la testa, sempre con quel sorrisetto. Cosa nasconde? “Non capisco, chi sarebbe il ter…” mi blocco non appena la vedo massaggiarsi leggermente la pancia. Oh. Santissimo. Cielo. No. Non è possibile! Oh mio Dio! Apro la bocca, il cuore batte forte e sgrano gli occhi, saltandole letteralmente al collo. “ODDIO! SEI INCINTA!” grido una volta che mi ha allontanata dicendomi che stava soffocando. “OH! COME?”. “Bhè, Vilu. Sei grande, dovresti sapere queste cose” dice scoppiando poi in una risata. Prendo dei calzoncini e glieli tiro. “Scema! Intendevo dire che è una sorpresa! Sono davvero felice, ve lo meritate”. La abbraccio nuovamente, e ringraziandomi mi aiuta a scegliere quello da indossare. Alla fine ho optato per un paio di jeans lunghi ed una canottiera, ovviamente portandomi dietro un giacchetto. “Ma dimmi un po’…” inizia ripiegando una felpa e riponendola nell’armadio. “…tu e Josh… da quant’è che vi frequentate?” domanda porgendomi dei calzini. Li prendo, per poi tirarglieli “Non ci frequentiamo! Siamo solo buoni amici, e visto che –stranamente- non ho voglia di rimanere in casa, e mi ha invitato ad uscire, ho accettato. Niente di più” le rispondo infilando i calzini e di seguito le Converse nere. “Mmm”. Sul suo viso appare un’espressione come per dire ‘Facciamo che ci credo’. “Dico davvero. Per me è solo un amico, e poi lo sai… io amo solo lui”. Sorride dolcemente prendendomi le mani “Amore mio, ascoltami. Lo so che per te è stato importante, e forse lo è tutt’ora, ma vedi… la vita non è fatta per restare in casa tutto il giorno, tutti i giorni; o per restare a deprimersi ed a piangersi addosso. So perfettamente che per te è stato molto, molto importante. Insieme avete condiviso gli anni più belli di tutta la vita, e sono sicura che nessuno dei due se ne dimenticherà mai…”. “Lui lo ha già fatto” dico interrompendola. Scuote la testa ancora sorridendo. “Invece no, Vilu. Tu sei stata una delle persone più importanti della sua vita, e non ti dimenticherà mai”. “Hai detto bene… sono stata”. Butta fuori l’aria dai polmoni “Ascolta, magari ora non vi parlate, non vi guardate in faccia, e magari potreste continuare così per anni. Ma sono sicura che se un giorno vi rincontrerete per strada scoppierete entrambi a piangere per tutto quello che avete passato”.
 
ANGOLO AUTRICE:
Ebbene sì… eccomi di nuovo qui. Scusate per la lunghezza di questo capitolo, ma c’erano alcune cose NECESSARIE da inserire qui, se volete d’ora in poi li farò più corti. Allora cominciamo… Inizialmente troviamo un ricordo swuanfwejopeuibfwqpfi *---* di Violetta. Che ne pensate? *faccia pervertita di WhatsApp*. Poi troviamo Violetta e Francesca che discutono su Leon, poi sulle prove delle band, su Leon, su Leon… insomma capito. Nel terzo blocco troviamo all’inizio Violetta che discute con Camilla per la sua festa, poi che legge alcune pagine del suo vecchio diario. Come ho detto nella precedente Nota Autore/Angolo Autrice, man mano che andiamo avanti con i capitoli, ci sarà Violetta che continuerà a leggere il diario, così da capire come siamo arrivati a questo punto. Quarto blocco: Troviamo i Leonetta *----------* (COME SI FALA FACCINA CHE SBAVAAAAA??!??!?!?!?!?). Nel quinto ed ultimo blocco, ci sono Violetta e Josh, quest’ultimo la invita ad uscire, dopo qualche esitazione da parte della ragazza, alla fine cede. Dopo troviamo Vilu che mette in disordine il suo armadio *alza la mano*  come faccio sempre io quando devo uscire, e poi entra ANGIE!!! E’ INCINTA! E CHI SE LO ASPETTAVA!!!!!!!! COME HO GIA’ DETTO E SPERO DI NON DOVERLO RIPETERE PIU’, la storia ‘Io&Te, per sempre’ la sto scrivendo, ma gli dedicherò più tempo quando ne avrò. Durante l’estate non posso assolutamente quindi vi prego di non mandarmi più messaggi per chiedere della storia. Ovviamente mi fa piacere che vi piaccia e che ne siate così appassionati, ma davvero, in questo periodo non ho proprio tempo, forse quando ricomincerà la scuola, ma siccome devo ricominciare la palestra a Settembre (3 volte a settimana) non so se riuscirò a scrivere entrambe le storie, quindi per il momento quella è sospesa. CAPITO LULU’!!!??? HAHAHAHAHAH. Poi vorrei ringraziarvi tutti, dal primo all’ultimo. Sono rimasta sbalordita dall’enorme numero di visite del primo capitolo (+900 in 7 giorni) e delle 18 recensioni! Wow! Grazie mille, sono davvero contenta che vi piaccia così tanto la mia storia! Beeeeeeene. Devo andare. Fatemi sapere cosa ne pensate lasciando una recensione. Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta
  
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