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Autore: world_magic    16/07/2015    2 recensioni
Un anno dopo l'iniziazione di Quattro ed Eric, una piccola ragazza Pacifica, Elizabeth, compie una scelta inaspettata: decide di unirsi agli Intrepidi. Lasciando tutti a bocca aperta, Elizabeth si impegna al massimo per diventare una vera Intrepida conservando tuttavia la dolcezza dei Pacifici. Ma cosa succederà quando gli occhi verdi e caldi di Elizabeth incroceranno gli occhi grigi e freddi come il ghiaccio del più giovane Capofazione degli Intrepidi?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 3
Clear enough?
 
Atterro su una rete dopo un tempo che sembra eterno, anche se probabilmente erano passati solo pochi secondi. Un ragazzo, alto, moro, con gli occhi azzurri e il fisico asciutto, mi aiuta a scendere.
La sua espressione è neutra, anche i suoi occhi lasciano intendere che è un po’ scocciato, impaziente, come se stare qui, sotto questa rete, fosse l’ultimo tra i suoi desideri. Mi viene automatico pensare all’iniziazione dei Pacifici, dove gli iniziati vengono accolti con musica e canti e tutti si sorridono amichevolmente. Qui le cose sembrano essere molto diverse.
-Qual è il tuo nome? Puoi anche sceglierne uno nuovo, ma non potrai più cambiarlo. – mi chiede dopo che ho riacquistato l’equilibrio.
Sto per dire “ mi chiamo Elizabeth”, ma poi penso che potrei cambiare nome: potrei crearmi una nuova identità, con un nome che segni il mio passaggio dai Pacifici agli Intrepidi. Tuttavia, al tempo stesso, non voglio rinunciare al nome che mi ha dato la mia famiglia, all’ultima cosa che mi lega ancora all’armonia dei Pacifici.
-Sono Liz – rispondo. Un’abbreviazione del mio nome natale, mi sembra un buon compromesso tra le due alternative.
-Prima a saltare, Liz! – urla il ragazzo della rete.
Mentre tutti quelli che sono lì intorno iniziano ad applaudire, io mi apparto e lascio spazio al prossimo ragazzo o ragazza che salterà.
Il piccolo recital si ripete per altre diciannove volte: un iniziato salta, occhi-blu lo tira giù, gli chiede il nome e con uno scroscio di applausi il ragazzo viene accolto dagli altri Intrepidi. Joshua è il decimo a lasciarsi cadere dal cornicione del tetto.
Dopo che tutti, compresi Eric e gli altri Intrepidi che erano sul tetto, sono saltati, il ragazzo dagli occhi blu si para davanti a noi e dice: - Gli iniziati interni seguano Lauren, i trasfazione rimangono qua con me. –
I dodici interni se ne vanno e noi otto rimaniamo soli. – Mi chiamo Quattro e sarò il vostro istruttore, anche se di solito lavoro al centro di controllo. Ora, seguitemi. –
 
Dopo averci mostrato la residenza degli Intrepidi, Quattro ci ha portato nel dormitorio – che abbiamo scoperto essere in comune per uomini e donne, con sommo disappunto della maggior parte di noi – e ci ha dato cinque minuti per cambiarci e gettare i nostri vecchi vestiti nell’inceneritore. Vedere i miei vestiti da Pacifica bruciare è più dura di quanto pensassi, ma credo che sia un gesto simbolico necessario per prendere le distanze dalle usanze e dalle abitudini della mia vecchia fazione. È ora di iniziare una nuova vita.
Entriamo in mensa accompagnati da Quattro e noto che gli iniziati interni sono già seduti ai vari tavoli e stanno chiacchierando amichevolmente tra loro. Mi avrebbe ricordato molto una cena tra Pacifici, se non fosse stato per un piccolo particolare: mentre nella mia vecchia fazione si parla a bassa voce, educatamente, lasciando a tutti la possibilità di esprimere il proprio pensiero, qui tutti parlano – o meglio, urlano - contemporaneamente, interrompendosi più volte a vicenda.
Sentendomi un pesce fuor d’acqua in mezzo a questo baccano, vado verso il bancone con la cena, prendo un vassoio e ci metto sopra le prime cose che mi capitano alla mano: un pezzo di pane, un hamburger e un po’ delle verdure che riesco a trovare. Non sono cucinate bene come quelle che prepara mia madre, ma mi devo accontentare.  Quando mi volto verso Joshua, lo vedo impacciato quanto me, così lo aspetto e andiamo a sederci insieme all’unico tavolo dove ci sono ancora posti liberi.
-Certo che qua hanno l’imbarazzo della scelta, eh? Non ho mai visto così tanto cibo insieme! – chiede Joshua squadrando l’hamburger che aveva preso come se fosse qualcosa di alieno.
-A quanto pare, ma stai tranquillo, sono quasi certa che quell’hamburger non ti farà del male. – dico sorridendo, quando vedo che lo sta allontanando come se ne fosse terrorizzato.
-Non ne ho mai mangiato uno, non so che sapore abbia. – si giustifica.
- Prova a mangiarne un pezzettino e se non ti piace lo lasci lì – rispondo risoluta. Sono convinta che chiunque altro gli avrebbe detto di mangiare e stare zitto, ma io non ero “chiunque altro”. Capisco quanto si senta spaesato in questa nuova fazione così diversa dalla precedente: è quello che sentivo anch’io. Perciò che male c’è a dimostrarsi gentile?
Sorrido, poi mi guardo intorno per osservare la mensa: se voglio diventare un’Intrepida a tutti gli effetti, devo imparare a comportarmi come loro. Tuttavia, quello che scorgo in mezzo alla folla mi gela il sangue nelle vene. Sento che Joshua mi sta parlando, ma il mio cervello non registra più quello che mi dice. È bastato un secondo per disconnettermi dal mondo che mi circonda: in mezzo alla calca ho scorto quelle spalle, quella schiena, quei capelli, quel profilo che ha tormentato i miei incubi per anni e che ogni tanto torna a farlo. Non può essere lui. Ho saputo che ha cambiato fazione sei anni fa, ma non può aver scelto la mia stessa fazione.
Sento che mi manca l’aria, non riesco a respirare. Sono come paralizzata.
Devo uscire da qui.
-Scusami, Joshua. Non mi sento bene, devo andare a prendere una boccata d’aria. – dico e, senza aspettare una risposta, mi alzo da tavola ed esco dalla mensa.
Mi accerto che lui non mi stia seguendo e inizio a camminare a caso per la residenza, in cerca di un posto nascosto. Arrivo allo Strapiombo e penso di fermarmi lì, ma quando sento il vociare delle persone nella mensa capisco che non sono molto lontana, così continuo a camminare.  Trovo delle scale e scendo di un paio di piani. Arrivo su un pianerottolo spoglio, buio, dalle pareti grigie: l’unica cosa che vedo è una porta socchiusa da cui esce un piccolo raggio della luce. Quattro non ci ha mostrato questa zona, ma decido comunque di entrare, curiosa di sapere cosa c’è dentro.
La stanza è semibuia, illuminata solo da una lampadina che pende dal centro del soffitto; sulla parete a sinistra sono posti una decina di bersagli, mentre a destra scorgo due tavoli su cui poggiano delle armi: su uno ci sono delle pistole e quelli che sembrano dei caricatori, sull’altro sono disposti in fila almeno una ventina di coltelli. Deve essere il poligono.
Mi avvicino al tavolo delle pistole: ero sempre stata curiosa di vederne una, ma ovviamente tra i Pacifici era proibito possederne. La parte di me che è stata plasmata dagli ideali dei Pacifici prova repulsione alla sola vista di un’arma, ma c’è un’altra parte di me che è curiosa di sentire che emozione si prova brandendo uno strumento potenzialmente mortale. Sto per impugnare una delle pistole scariche in mano quando una voce profonda e minacciosa mi fa saltare dalla paura.
-Che ci fai qua? Nessuno ti ha dato il permesso di entrare! –
Mi volto solo per vedere Eric, freddo e ostile, uscire da un angolo buio della stanza. Da quanto è lì? Non l’ho visto entrando.
-Sono arrivata qui per sbaglio, stavo solo cercando … - sto per dire “un posto dove nascondermi”, ma mi blocco appena in tempo. Non sarebbe molto appropriato ammettere davanti a uno dei Capofazione che sto scappando dal passato per paura. Mi caccerebbe seduta stante.
-Sì? – mi incita a continuare inarcando un sopracciglio.
-Avevo bisogno di prendere un po’ d’aria, sono uscita dalla mensa ma poi mi sono persa. – non è completamente una bugia. Ho solo omesso un piccolo dettaglio.
-Ma davvero? Ti sei persa? – dice con tono ironico. – Come mai ho l’impressione che tu stia mentendo spudoratamente? –
Il suo tono mi fa saltare i nervi, che erano già stati messi duramente alla prova in mensa quando avevo visto il mio peggiore incubo. Non sopporto chi tratta le persone in così malo modo, chi si considera superiore agli altri e usa il suo potere per ribadire la sua superiorità. Le buone maniere e la gentilezza dei Pacifici scompaiono immediatamente dal mio cervello: non riesco a frenare la lingua e gli rispondo a tono.
-Beh, se non mi credi è un tuo problema. Io mi sono persa, e ora vorrei tornare in mensa. Se hai voglia di dirmi dov’è, tanto meglio, altrimenti farò da sola. –
Mi volto verso la porta e sto per andarmene, quando sento una mano afferrarmi il braccio e strattonarmi con forza. Eric mi tira verso di sé con una tale forza che mi trovo praticamente spalmata su di lui: i suoi occhi si inchiodano nei miei e sembra volermi incenerire con lo sguardo.
-Stammi bene a sentire: non so come funzionano le cose al di là della recinzione, ma qui sono io quello che comanda. Nessuno si deve permettere di rivolgersi a me con questo tono. – stringe ancora di più il mio braccio e mi lascerei sfuggire un gemito di dolore se non fossi troppo orgogliosa per mostrarmi debole e vulnerabile.  –Sono stato abbastanza chiaro? –
Non rispondo. Per me Eric incarna lo stereotipo dell’Intrepido tutto muscoli e niente cervello, perciò non mi prendo neanche la briga di pensare a una risposta sarcastica: mi libero dalla sua presa, mi volto ed esco dalla stanza. Risalgo le scale che mi hanno portato fino al poligono e vado verso il dormitorio, sperando di non avere altri incontri indesiderati.
 


Spazio autrice
Salve a tutti! Come promesso ecco il nuovo capitolo! Spero davvero che vi piaccia. Ho riletto e riscritto il capitolo non so quante volte, spero di averlo scritto bene!
Ringrazio emmEmme per i suoi consigli! Spero di averli seguiti bene!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia, quelli che la leggeranno e quelli che la recensiranno!
Il prossimo capitolo dovrebbe essere pronto per venerdì prossimo.
A presto!
  
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