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Autore: Atra    17/07/2015    5 recensioni
Vi siete mai chiesti come sarebbe andata la storia di Final Fantasy VIII se Seifer avesse avuto una sorella?
Beh, io sì e questo è il risultato:
Il sangue è un vincolo.
E dai vincoli non ci si può liberare.
E non si può nemmeno scegliere senza farsi male.
O senza subire perdite.
Cosa scelsi io? Perché scelsi?
Quando avrei potuto cambiare qualcosa, feci tutto ciò che era in mio potere?
Il sangue è un vincolo.
Lo rimane anche quando è versato.
Potrai perdonarmi adesso, Seifer?

Buona lettura e spero che vi piaccia!
Genere: Azione, Comico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Seifer Almasy, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami'
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Nota dell' "autrice" : Dimenticatevi tutto quello che sapete (o credete di sapere) su Final Fantasy VIII.

Dincht compare improvvisamente accanto a me ansimante e piegato in due con entrambe le mani sulle ginocchia.
-Gallinaccio, cosa ci fai tu qui?- domanda Seifer un po' risentito.
Nel frattempo Ifrid, il G.F. del fuoco, si avvicina minaccioso a Siren, che continua a sfiorare le corde della sua arpa con delicatezza e aria inoffensiva. Sotto i piedi della creatura del fuoco il mare ribolle ed evapora, avvolgendone le gambe di mostro in una nebbia densa e leggera.
-Gli altri?- chiedo invece io, mantenendo Leviathan pronto a intervenire.
-Squall e Selphie stanno andando alla spiaggia. Io sono tornato di corsa per aiutarvi e a quanto pare sono arrivato al momento giusto- spiega Dincht, indicando Siren con il pollice e senza reprimere un sorrisetto soddisfatto.
-E' un G.F. - spiego, alzando gli occhi al cielo - Ma non può essere elementale, perché l'unico G.F. d'acqua è il mio Leviathan-.
Dincht spalanca gli occhi, impressionato:
-Non sembra avere l'aria pericolosa- commenta ingenuamente. Seifer ridacchia e sferza l'aria con l'Hyperion:
-Mai giudicare dall'apparenza: non te lo ricordi mai quando ti guardi allo specchio?- lo stuzzica. Dincht digrigna i denti e prende fiato per dirgliene quattro ma io gli lancio un'occhiata gelida:
-Vedete di non litigare, per ora - sbotto - Anche perché Siren sta iniziando a muoversi-. Entrambi mettono da parte l'astio e riportano lo sguardo sul G.F., in tempo per vederla pizzicare le corde dell'arpa e iniziare a suonare una musica ipnotica e dolcissima, che sembra mettere a tacere i sensi e costringere ad affondare in questo mare troppo profondo. Il suono dell’arpa si mescola con il sussurro delle onde e con il ticchettio delle gocce d’acqua che ricadono sullo scoglio di Siren, come se tutta la natura stesse dando il proprio contributo alla musica.
C'è un richiamo antico in questa melodia, qualcosa che spinge il mio corpo verso il basso, che spinge le mie palpebre ad abbassarsi... qualcosa a cui opporsi diventa una sfida impossibile anche per me.
Mi sento come se fossi parte della natura di questo posto, mentre una parte di me mi sta gridando che tutto questo non è affatto naturale.
Tuttavia quest’ultima parte è debole e presto viene sconfitta. Così lascio che l’acqua risalga lentamente il mio corpo, mentre sento ancora una volta quanto arrendersi sia sbagliato e contro la mia natura.

Non so quanto tempo sono rimasta incosciente, ma improvvisamente mi rendo conto che l'acqua mi lambisce la vita e il panico mi avvolge. Scalcio violentemente per risalire in superficie: eppure mi sembra di non essermi mai mossa!
Mentre Siren continua a suonare, mi sforzo di aprire gli occhi per individuare mio fratello e Dincht. Entrambi stanno lentamente affondando in questo mare infernale: hanno gli occhi chiusi e l’aria rilassata, anche se al tempo stesso sofferente. Che si siano resi conto anche loro che qui arrendersi equivale a morire?
Comunque non basterebbe solo rimanere a galla per sopravvivere...sì, perché non siamo noi ad affondare, ma è il livello dell'acqua ad alzarsi! E, come se non bastasse, quando Dincht è caduto preda del sortilegio, Ifrid è scomparso perché l'evocazione è stata interrotta.
Cerco di svegliare i miei compagni per avvisarli del pericolo, ma...un momento! Non riesco a parlare! E' come se le parole mi abbiano chiuso la gola e la sensazione è simile a un lento soffocamento. Non credo nemmeno di avere un'Erba dell'Eco con me per potermi curare. Devo sperare che mio fratello o Dincht ne abbiano almeno una, altrimenti non potrò nemmeno evocare Leviathan.
Mi muovo nuotando lentamente fino a raggiungere Seifer. In questo momento l'acqua sfiora il mio torace, ma mi sforzo di rimanere calma per non perdere secondi preziosi. Allungo un braccio e scuoto mio fratello, che si sveglia di soprassalto e poi inizia ad agitarsi cercando di parlare. Scuoto la testa in silenzio per dissuaderlo dai suoi sforzi, prima di chiedergli a gesti se ha qualcosa contro il mutismo. A un suo cenno negativo alzo gli occhi al cielo e vado a svegliare anche Dincht, che annuisce vigorosamente quando gli pongo la stessa, tacita domanda.
Si fruga un po' nelle tasche e poi estrae un mucchietto di Erba dell'Eco, che mi porge. Mi affretto a masticarla, sorridendogli per ringraziarlo, per poi sentire il nodo alla gola sciogliersi. Mi volto verso Siren, immersa totalmente nella sua musica da non essersi accorta di nulla.
Comunque ora sarebbe troppo tardi per lei, perché è il momento della contromossa! Leviathan, sei pronto?
-"Ruggito oceanico"!- invoco. La testa di Siren scatta subito verso di me, mentre una smorfia sorpresa e risentita le scolpisce ancora di più il volto innocente. Le sue dita abbandonano le corde per accarezzare nervosamente la roccia sotto di lei.
Improvvisamente dal mare emerge il mio gigantesco serpente marino, sollevando onde che mi investono totalmente. Gli sfioro un fianco squamoso:
-Vai- gli sussurro. Con un poderoso colpo di coda Leviathan si avvicina allo scoglio di Siren, completamente immune alla sua musica. E poi mille altri scogli affiorano in superficie con un rombo, mentre l’acqua trema e forma onde sempre più alte che si concentrano attorno alla figura irrigidita della donna. Il mare sembra volerla proteggere, percependo il pericolo. Mentre sollevo una mano, osservando la mia pelle già raggrinzita, assisto meravigliata allo scivolare delle gocce salate dalle mie dita e poi sento l’acqua abbandonare rapidamente tutto il mio corpo per concentrarsi attorno allo scoglio di Siren. Mi ritrovo in ginocchio sull’irregolare fondale sabbioso e Seifer mi affianca subito, tendendomi una mano per aiutarmi a mettermi in piedi.
Intanto Leviathan ha avvolto con le sue spire un'enorme parete di roccia costituita da tutti gli scogli affiorati fino ad ora. Ora che è uscito dall’acqua le sue squame sono ancora più brillanti dello stesso sole e il suo corpo si tende e si rilassa a ogni respiro, mentre i suoi muscoli si contraggono e scivolano sempre di più sulla roccia.
Quando appaiono le prime crepe, una luce azzurra inizia a filtrare attraverso le fessure e il rombo dell’acqua dolce fa il resto: la parete rocciosa si sgretola e crolla su se stessa, i massi che vengono trasportati da una cascata imponente diretta verso Siren. In un attimo l’acqua dolce le è già addosso e la travolge in pieno, senza che lei abbia il tempo di tuffarsi.
Le onde si fanno sempre più alte e il livello del mare ricomincia a salire paurosamente. Io e gli altri ci guardiamo disperati, mentre cerchiamo una via di fuga osservando lo scoglio di Siren, ormai vuoto. Dincht mi fa segno di guarirlo dal mutismo e, dopo che ho lanciato un’Esna a lui e a mio fratello, evoca Ifrid:
-“Fiamme infernali”!-.
-È inutile che ti vanti tanto, gallinaccio - borbotta subito Seifer, contrariato - A che diavolo ci serve il fuoco, me lo spieghi?-.
-Sta’ zitto, Seifer - lo rimbrotto, mentre afferro subito le intenzioni di Dincht - Il gallinaccio ha avuto un’idea geniale, per una volta-.
-Cosa vuol dire per una volta?!- sbotta Dincht, nel momento stesso in cui appare Ifrid, risparmiandomi l’incombenza di rispondergli.
Il G.F. ruggisce tutta la sua rabbia contro Siren, prima di chinarsi semplicemente a sfiorare la superficie del mare, che inizia subito a evaporare a una velocità sorprendente.
In breve ci ritroviamo avvolti dal vapore acqueo, freddo e bianco, che posa tante minuscole goccioline sui vestiti, sui capelli e fra le ciglia.
Dincht richiama Ifrid, mentre Leviathan si immerge semplicemente nelle profondità del mare, prima che evapori del tutto, e in breve lo sento di nuovo collegarsi a me. Nessuna traccia di Siren.
-Idea geniale, dicevi? - ridacchia Seifer, fregandosi le mani per togliersi l’acqua dai guanti in pelle - Che differenza fa affogare o soffocare all’interno di una nuvola?-.
Nel momento stesso in cui Seifer ha finito di fare il suo solito commento, il mare e il cielo sotto e sopra di noi cominciano a tremare leggermente e poi si dissolvono, mentre le travi metalliche e le lamiere della torre di trasmissione si ridisegnano attorno a noi.
Ci ritroviamo dietro a un’enorme cassa che non avevo notato prima, abbastanza vicina al montacarichi. Spero vivamente che il tempo non abbia continuato a scorrere mentre eravamo via...anche se ciò non spiegherebbe il motivo per cui Dincht sia riuscito a raggiungerci.
Nel frattempo una nuova presenza condivisa dalle menti di tutti e tre ci fa capire che Siren ha capitolato ed ha deciso di unirsi a noi. Non c’è tempo per discutere su chi possa controllarla: ci lanciamo uno sguardo e facciamo per metterci in piedi, quando una voce molto vicina mi coglie di sorpresa e mi immobilizza, costringendo anche i miei compagni a imitarmi:
-Datti una mossa: lei sarà qui a momenti e non abbiamo ancora capito se la cosa si può fare o no!-.
Lei? Chi deve venire? E che cosa vogliono combinare quassù, ancora?
Mi stringo ancora di più contro la cassa metallica, incuriosita da questo ennesimo mistero. Intanto si sente un rantolo, seguito quasi immediatamente dal rumore di passi leggeri:
-Maledizione, maggiore Biggs! - impreca la stessa voce di prima - E’ ancora vivo, Jeff. Aiutami a metterlo sull’ascensore: devo portarlo subito giù-.
Mi mordo le labbra per soffocare un’imprecazione: credevo di averlo ucciso! La mia freccia gli ha centrato il cuore! Dannazione, avrei dovuto accertarmene! Forse ero troppo incazzata per poter mirare bene...avrei dovuto accoltellarlo.
Improvvisamente Seifer mi afferra il polso con forza e mi accorgo solo ora di aver iniziato a tormentarmi le unghie per la frustrazione. Faccio un respiro profondo e scuoto lentamente la testa, appoggiando le mani contro il metallo freddo e irregolare sotto di me.
-Certo che qui c’è stata una vera e propria carneficina - commenta quella che deve essere la voce di Jeff - Ripetimi un po’ cosa ti ha detto Wedge...-.
Ma CHE DIAVOLO! Com’è che anche l’altro è sfuggito alla morte? Maledizione, adesso sì che siamo nei guai. Ed è tutta colpa mia.
Reprimo il bisogno di urlare e graffiarmi da sola, mentre appoggio una guancia sulla cassa: sono la solita idiota orgogliosa. Avrei dovuto concentrarmi sulla battaglia piuttosto che sul mio senso dell’onore.
Mio fratello mi sfiora il naso con un sorrisetto e scuote piano la testa: ha ragione, questo non è il momento più adatto per pensare a come prendermi a calci da sola.
-Credo stesse delirando. Ha detto che erano in cinque, tutti attorno ai diciotto anni, armati- risponde l’altro in questo momento, mentre i suoi piedi giungono sul montacarichi, a un soffio da noi.
-A me ha riferito che erano solo un ragazzo e una ragazza- osserva Jeff, prima di appoggiare a terra delicatamente il corpo del maggiore. L’altro sbuffa:
-Te l’avevo detto che stava delirando. Come possono dei ragazzini aver fatto fuori più di un centinaio di soldati?- si chiede scettico, prima di sollevare la leva dell’ascensore, che inizia a scendere senza fare rumore.
Il soldato Jeff torna ad armeggiare con la torre di trasmissione mugugnando su quanto sia impossibile completare il lavoro in tempo.
Ma in tempo per cosa?
Seifer mi dà un colpetto alla spalla e indica con la testa il soldato, che ora ci dà le spalle. Annuisco lentamente e poi mi giro a comunicare a Dincht che è ora di passare all’azione.
Puntello le mani per alzarmi, quando una fitta atroce alla testa mi fa ricadere violentemente a terra. Il gemito delle lastre di metallo sotto di me mette in allarme Jeff, che si volta per individuare la fonte del rumore.
Mio fratello e Dincht si abbassano rapidamente e si accucciano vicino a me, mentre il dolore si fa sempre più forte. Mi prendo la testa fra le mani e chiudo gli occhi, rifiutando la vista del sole e l'aiuto silenzioso di Seifer.
Rialzo a fatica le palpebre quando sento il suono del montacarichi che si arresta, portando con sé il soldato di prima e una donna.
L'aria inizia a pizzicare e sfrigolare sulla mia pelle, mentre una sgradevole sensazione di aghi conficcati nella pelle mi fa inspirare di colpo.
Lo sento: sembra fuoco nei polmoni, quando invece è un freddo che ha immobilizzato l'aria e il tempo. Mille schegge di ghiaccio mi bersagliano il cervello e mi scorrono nel sangue, dandomi la consapevolezza di essere più viva che mai, ma al tempo stesso di essere sul labile confine con la morte.
Mi mordo le labbra quando sento il primo gemito di dolore solleticarmi la lingua e riesco a inginocchiarmi sul metallo irregolare e ora più freddo che mai, per cercare un ossigeno che i miei polmoni accolgono come veleno.
La donna è di una bellezza letale: lo intuisco anche solo osservando la sua figura di spalle. La sua presenza stride contro questo sfondo di lamiere metalliche e uniformi da burattino, tanto che entrambe si piegano: le prime sotto il suo peso fisico, le seconde sotto il suo peso autoritario.
Un’aura fredda e terribilmente viva tremola attorno a lei, accarezzandole la pelle e stendendo i suoi tentacoli avidi ad incontrare un'aria fattasi ormai densa e completamente irrespirabile...almeno per me.
Boccheggio, chinando la testa e sfiorando il metallo sotto di me: piuttosto preferirei che questa struttura cedesse e tutti noi cadessimo in mare. Darei qualunque cosa per sentire l'aria muoversi ancora sul corpo e per scrollarmi di dosso queste dita invisibili che mi percorrono viscide la mente e la pelle...
Un fruscio. Il vestito della donna sfiora le sue gambe di statua mentre cammina, i piedi nascosti che danno la sensazione che lei stia fluttuando in aria con grazia. Le sue dita ad artiglio si sollevano l'una dopo l'altra ad accarezzare l'aria pigramente, mentre Jeff si abbassa meccanicamente ancora di più, nemmeno sfiorato dai suoi occhi che sembrano polarizzare l'aria.
Un altro fruscio dell’aria contro le unghie della donna, a sibilare un ordine che stimola l’obbedienza cieca.
Jeff si affretta a rialzare la testa e precipitarsi verso il suo lavoro incompiuto, schiarendosi la voce per parlare:
-Io...io spero che abbia fatto un buon viaggio, signora- balbetta, torcendosi nervosamente le mani.
Mentre un’altra fitta alla testa mi fa ansimare, la donna scrolla il capo ornato di veli bianchi in un tintinnio di perle e in uno strofinio di stoffe l’una sull’altra; l’aria si immobilizza, mentre tutti noi tratteniamo involontariamente il respiro.
-Magnifico, soldato - quando la sua voce roca e magnetica si solleva in questo presente statico, il mio dolore interrompe il suo flusso continuo e apatico, iniziando a pulsare sempre più forte - Viaggiare fra le dimensioni non è affatto stancante come un umano potrebbe pensare-.
La sua voce tradisce un sorriso che non sembra essere di pura tenerezza. Fra queste parole aleggia una superiorità che va oltre la natura e il potere.
Jeff annuisce vigorosamente, non osando nemmeno contraddire la donna, e inizia a spiegare:
-Il progetto che lei ci ha chiesto è alquanto arduo e complicato, ma saremo in grado di metterlo in pratica molto presto...purtroppo oggi abbiamo avuto alcune complicazio...-.
La mano guantata della donna si solleva improvvisamente, sferzando l’aria con un fischio:
-Siamo soli, qui?- domanda, schioccando poi la lingua in una risposta automatica e negativa.
Uno strano vento sembra fare eco al suo respiro, accarezzandomi i capelli e il collo. Un brivido di puro terrore mi scivola lungo la schiena, mentre mio fratello accanto a me spalanca gli occhi e la mascella di Dincht si contrae.
-Certamente, o Strega- balbettano in coro Jeff e l’altro soldato.
Strega? Lei è LA STREGA? Qui?
Maledizione, certo che è lei. Chi altri potrebbe emanare un potere simile?
Mi afferro le mani per dominare il tremito che mi sta invadendo, mentre Dincht china il viso e chiude gli occhi, stringendo le labbra fino a farle diventare bianche.
La Strega è a pochi metri da noi, di spalle ma con l’odore del sospetto già radicato nelle narici. Aspetta solo un respiro in più, un battito in più delle palpebre, il rumore indiscreto di un pensiero, il battito affannoso di un cuore in più.
La Strega è immobile, ma sembra già pronta a colpire, come un serpente a sonagli a un soffio dalla preda.
E poi...Seifer si irrigidisce accanto a me, stringendo il pugno fino a quando nelle nocche non passa più sangue. Sta tremando e fra i suoi occhi socchiusi vedo tutto lo sforzo di una lotta in corso, mentre le prime gocce di sudore gli imperlano la fronte. Di riflesso sento anche nella mia mente qualcosa di estraneo, che lenisce il dolore che ho provato fino ad ora, sostituendolo con una gelida carezza che non ha nulla di buono. Mi piego su me stessa per combattere contro di essa, in silenzio e senza avere la possibilità di pensare a mente lucida. Non so nemmeno se ho più me stessa.
Dincht si abbassa accanto a me e mi prende per le spalle, domandandomi qualcosa che non comprendo o non sento. Inizia a scrollarmi, mentre il gelo mi scuote i muscoli e i nervi, tendendo al massimo la mia pelle.
Il tocco di Dincht è l’unica cosa che mi lega alla realtà quando tutto il resto mi sta scivolando via dalle dita. Il suo tocco è l’unica cosa a cui posso aggrapparmi per non perdermi in una strada sconosciuta.
Mi concentro sulle sue dita e inizio a respingere qualsiasi forma di magia quella donna stia usando, sforzandomi di non ansimare ma respirando profondamente.
Il freddo del metallo sotto i palmi delle mie mani...un altro sprazzo di realtà.
La voce di Dincht che mi sussurra nell'orecchio: “Combatti”...un altro braccio a cui aggrapparmi.
Il sapore di ruggine sulla punta della lingua...devo recuperare tutti i sensi.
L’odore dolciastro di un sortilegio in corso...ci sono quasi.
La luce dell’ultimo sole che si riflette sul pomo dell’elsa dell’Hyperion di Seifer...
Torno alla realtà nel momento stesso in cui anche Seifer solleva lo sguardo stanco. Per una frazione di secondo nei suoi occhi sembra nuotare una sfumatura dorata, ma dopo che lui ha battuto le ciglia un paio di volte ritorna il solito ghiaccio, anche se leggermente crepato e consumato dalla lotta contro Hyne solo sa cosa.
Dincht mi chiede se sto bene, sollevando solo le sopracciglia. Annuisco e lo ringrazio sollevando appena un angolo della bocca, mentre Seifer rimane con sguardo assente a mordersi l’interno della guancia. Gli appoggio una mano sulla spalla per domandargli come si sente e lui fa un solo cenno con la testa, mentre la Strega davanti a noi si muove per la prima volta dopo quelli che sembrano secoli.
-Avete ragione, non c’è nessuno - conviene semplicemente e la sua voce sabbiosa riprende a graffiare i muri e le pareti del mio cervello - Dicevamo del progetto: prendetevi tutto il tempo che volete, nei limiti concessi, ma voglio che la macchina funzioni come si deve. Viaggiare nel tempo non è uno scherzo; ricordatevelo quando uno di voi dovrà testarla-.
Un fruscio, poi il rumore del vento che vortica su se stesso. Spiando dal nostro nascondiglio vediamo la Strega scomparire in un portale apparso all’improvviso sulla trave da cui avevo tirato poco fa...o millenni fa, dato che il tempo sembra essersi dilatato mostruosamente. O fermato, dipende dai punti di vista.
I due soldati assistono alla sua uscita di scena atterriti. Quando il portale si dissolve, Jeff si asciuga la fronte con un fazzoletto:
-Quella donna è un incubo - ansima, strizzando il panno zuppo di sudore - Mi chiedo chi sarà lo sventurato che dovrà provare la macchina del tempo- prosegue, infilandosi le mani in tasca per nascondere il tremito. L’altro fa un verso dubbioso, poi l’ombra di un sorriso anticipa la sua risposta:
-Vorrei tanto saperlo anche io, caro Jeff-.
Aspetto che il montacarichi scenda, portando con sé Jeff e l'altro soldato, per poi scattare in piedi in fretta. Seifer mi segue, lanciando un'occhiata a Dincht, che sembra ipnotizzato dal punto in cui la Strega è sparita.
Mi chino davanti a lui e gli schiocco le dita davanti:
-Pronto, gallinaccio? - lo chiamo - Se non ti dai una mossa perdiamo la nave-.
Lui si alza in piedi, senza notare il fatto che io l'abbia appena chiamato con il suo soprannome preferito, e inizia a balbettare:
-Che...che cosa ci faceva qui la Strega?-. Seifer fa un grosso sospiro ma rimane stranamente in silenzio, mentre io mi concentro per ascoltare il ronzio del montacarichi che sta risalendo:
-Il punto è: che diavolo vuole fare ora - osservo poi - Questa roba qui - accenno al groviglio di cavi elettrici e parti metalliche che una volta doveva essere il pannello di controllo della torre - deve essere modificata in qualcos'altro, una...-
-Una macchina del tempo- completa Seifer con voce grave e distaccata, mentre contempla il mare, ora calmo e quasi piatto.
-Perché diamine vorrà andare nel passato? - si interroga Dincht, battendo impaziente un piede a terra - Che palle: odio non capire!-.
-Beh, ecco spiegato il perché sei sempre di cattivo umore- ridacchia Seifer, godendo della reazione del gallinaccio, che inizia a masticare tutti gli insulti di questo mondo. Quando arriva a quelli pesanti, decido di darci un taglio e indico l'ascensore appena risalito:
-Diamoci una svegliata e torniamo alla spiaggia. Mancheranno sicuramente pochi minuti e quindi dovremo correre- intervengo salendo sul montacarichi, imitata dagli altri.
Ovviamente Seifer trasforma anche questo in una sfida, esclamando subito fuori dalla torre:
-L'ultimo che arriva è un Grendell con il cervello di Wedge!-. Dincht stringe i pugni e scatta in avanti:
-Sembra la tua descrizione, Seifer. Prevedi già che ti farò mangiare la polvere?- ridacchia, superando mio fratello e lanciando urla di sfida...prima che io superi entrambi, facendogli l'occhiolino:
-Continuate pure a sottovalutare la presenza di una donna...- sospiro, accelerando. Ah, nella corsa non mi batte nessuno: sono una scheggia.
Mentre entriamo in città notiamo che il numero di soldati galbadiani è aumentato, il che non è un buon segno. Non avranno per caso preso Dollet?
Quando arrivo in piazza le mie preoccupazioni sono fugate dal primo rintocco delle sette.
-Maledizione! Di qua, ragazzi!- impreca Seifer, indicandoci una scorciatoia. Corriamo sempre più a perdifiato fra le vie strette e aggrovigliate di Dollet, con Seifer in testa e Dincht a dietro di me.
-Svoltata quella strada siamo alla spiaggia!- ci avvisa in questo momento. Sollevo lo sguardo dai miei piedi e dai ciottoli che scorrono sotto di me e mi preparo a vedere le navi schierate, con una probabile ramanzina della Trepe, di Shu o del Belhelmelhel.
Invece non vedo un bel niente, tranne la fresca scia bianca dell'ultima nave che si allontana, mentre l'ultimo rintocco dell'orologio dissolve una speranza che cade dal filo a cui era appesa.
Non ci hanno aspettato.
Ci hanno lasciati qui.




Ta-daaaaan (Selphie, allontanati dalla mia tastiera!) !
Alla fine a questi tre sconsiderati è successo: sono rimasti a piedi! E ora come tornano al Garden a sentirsi la ramanzina di Cid? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
E come se non bastasse, adesso arriva la Strega che trama già da subito con Galbadia...loschi affari che riguardano addirittura il viaggio fisico nel tempo!
E chissà cosa è successo quando la Strega si è accorta di loro tre nascosti a spiare...ma dite che se sarà davvero accorta?
Avviso: nella raccolta "Fragments of Almasy's Memories" trovate il ricordo di Atra riguardante il suo scontro con Leviathan, che in questo capitolo abbiamo visto in azione per dare un po' di tregua ai nostri eroi (?!) stanchi dopo un'estenuante battaglia contro i soldati!
Ci vediamo al prossimo capitolo!
   
 
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