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Autore: pucciat_    21/01/2009    4 recensioni
New Moon. Visto dallo sguardo di Edward il momento in cui gli viene detto che Bella è morta.
All’istante quelle taglienti parole attraversarono l’aria, e come lame squartarono la mia pelle, scorsero bruciando nelle mie vene vuote, sbriciolarono le mie ossa e colpirono, colpirono così forte il mio cuore che ormai, morto, aveva smesso di battere da molto, troppo tempo.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don't Kid Yourself

Don’t kid yourself




Don't kid yourself
and don't fool yourself
this love's too good last.


Me n’ero andato perché pensavo fosse la cosa più giusta da fare.
La cosa migliore per il suo bene.
E fino a qualche istante fa avevo sempre pensato fosse l’unica buona cosa che mai avevo potuto fare dopo essere entrato nella sua vita. Dopo averla distrutta, sbriciolata, annientata. Uccisa. Per sempre.
Fino a qualche istante fa avevo sempre avuto la convinzione che il mio gesto l’avesse liberata ad una nuova vita; migliore, sicuramente, senza di me. Senza il pericolo, la paura, l’angoscia di essere uccisa in qualunque istante solo perché in mia presenza.
Evidentemente non era così.
E ripensare all’accaduto mi provocava un dolore che penetrava come un coltello fin nelle ossa.

Camminavo, passo dopo passo, sforzandomi di non evocare il suo volto nella mia mente, costringendomi a non pensarci.
Camminavo, passo dopo passo, colpendo rumorosamente l’asfalto con la suola delle mie scarpe, nella debole speranza di soffocare quelle cose che sentivo agitarsi dentro di me. Sentimenti. Emozioni. Così umani.
Camminavo, passo dopo passo, quando qualcosa vibrò nella mia tasca. Ah. Il cellulare. Lo ignorai, come d’altronde facevo sempre. Chiunque fosse avrebbe perso le speranze non sentendomi rispondere. Dopo molto smise di vibrare. Dopo poco riprese a vibrare. Un’altra chiamata. Che tortura. Mi conoscono, non rispondo: perché insistere? Incuriosito, decisi di tirare fuori il cellulare dalla tasca e di scoprire chi insistesse così tanto per sentirmi. Magari avrebbe potuto essere lei .. Zittì all’istante quel pensiero, troppo doloroso da sopportare, e lo ricacciai nell’antro buio della mia testa da dove era venuto. Pensarci avrebbe fatto solo più male. Guardai chi stava chiamando e riconobbi il numero.
Rosalie.
Rosalie?
Erano passati ormai mesi, ma mai Rosalie mi aveva chiamato da quando me n’ero andato. Probabilmente ne era solo contenta. Ancora incuriosito ma perlopiù stupito, accettai la chiamata e risposi.
“Pronto”
“Guarda chi si degna di rispondere”
“Evita i commenti, Rosalie. Cosa vuoi?”
“Mmh ..” Esitò. Rosalie che esitava?
“Allora?”
“Alice mi ha detto una cosa”
“Cosa?”
“Non partirò dai convenevoli. Lei è morta”
Non riuscì nemmeno a pensare che fosse uno sciocco, crudele scherzo. Rosalie non avrebbe mai potuto ferirmi in questa maniera, neanche dominata dal suo lato più crudele e perverso. All’istante quelle taglienti parole attraversarono l’aria, e come lame squartarono la mia pelle, scorsero bruciando nelle mie vene vuote, sbriciolarono le mie ossa e colpirono, colpirono così forte il mio cuore che ormai, morto, aveva smesso di battere da molto, troppo tempo.
E riuscì quasi a sentirne il rumore agghiacciante, il suono di qualcosa dentro di me che si spezzava. Ma spezzandosi aveva lasciato uscire un liquido freddo, ghiacciato come la neve, che circolò nelle mie vene e riempì il mio corpo come fosse sangue. Sangue che bruciava terribilmente. Riuscì a raggiungere il cervello, impedendogli di pensare all’accaduto, ed impedendomi di riuscire a decidere di fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di sfuggire a quel freddo. E dopo arrivò il dolore. Il mio cuore, ormai freddo e congelato da quel liquido, si mosse contorcendosi in una morsa, stringendomi il petto ed impedendomi di respirare. Tanto non cambiava. Potevo anche non respirare. Potevo anche morire.
Ed ecco, un lampo veloce luccicante ed abbagliante come una saetta percorse il mio corpo, colpendomi nel vivo la testa.
Morire.
Potevo fare solo questo.
Solo questo per liberarmi con la forza da quel dolore insopportabile. Da quel dolore talmente forte, talmente malato ...
Dopo averla incontrata, non ho più potuto immaginare la mia esistenza senza di lei, ma solo da qualche mese ho dovuto provarla. Costretto da me stesso, dalla malignità del mio essere. Solo da qualche mese ho dovuto vivere immerso in una realtà che torturava senza pietà ogni minuto che passa, quando per ogni secondo di questo mesi ho dovuto chiedermi se avessi fatto la cosa giusta, e ho dovuto convincermi che lei avrebbe vissuto meglio senza di me. Senza il suo inferno personale al quale aggrapparsi e bruciarsi le mani.
Ma solo ora avevo realizzato l’enorme errore che avevo fatto.
L’enorme voragine che avevo aperto nel suo cuore, specchio della mia.
L’enorme dolore che le avevo causato ..
L’enorme errore di averla uccisa! Di aver ucciso la mia Bella, unico ragionevole motivo della mia esistenza senz’anima, esistenza dannata, eternamente dannata. Eternamente. Ecco qual’ era il problema. Io non avrei mai vissuto eternamente, intrappolato in questo corpo tanto divino quanto assassino. Assassino.

Ed ora sono pronto. Spogliato di tutta l’umanità che ero riuscito a succhiarle, ora mi ritrovo nudo davanti alle mie colpe, che stanno bruciando sotto il sole cocente di Volterra. Stanno cantando per me, cantano e mi chiamano, con la voce più soave del mondo, una melodia irresistibile, che mi ricorda terribilmente la sua.
“Edward! Edward!”
Oh, che voce melodiosa. Paradisiaca. L’inferno è così bello?
“Edward! Non farlo!”
Non fare cosa? Cosa non devo fare, bella voce? È così tremendamente, così dolorosamente uguale alla sua. Così bella che non oso muovermi, non oso mostrarmi al caos di una splendente giornata umana, per non rischiare di perderla.
L’inferno è così bello?
E mi volto, decido di voltarmi. E la vedo. Oh, che apparizione. Paradisiaca, come la sua bella voce. E mi chiama, urla il mio nome, che suona ancora più dolcemente quando esce dalle sua soffici labbra, spinto dal fiato caldo, e corre verso di me, mi tende le braccia, si affanna per raggiungermi.
E capisco.
È lei.
È veramente lei.
Sì, l’inferno è così dannatamente bello.
  
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