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Autore: Castiga Akirashi    18/07/2015    1 recensioni
{Rating più alto in alcuni capitoli}
Può una bestia redimersi?
Può smettere di uccidere?
Il Demone Rosso ha seminato distruzione, paura e morte per anni.
Ora è sparita.
È morta? È nell’ombra che aspetta una preda?
Nessuno lo sa…
Aurea Aralia è una studiosa Pokémon conosciuta in tutta Isshu.
Stimata e rispettata, passa il suo tempo a esplorare il mondo dei Pokémon ed a aiutare i giovani allenatori che le vengono affidati.
La sua vita cambierà, quando incontrerà una ragazza.
Ragazza o… Demone?
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
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Riunitisi dopo la breve vacanza, i quattro ragazzi fecero il punto della situazione. Castiga sorrise ed dichiarò: «Dobbiamo tornare alla Palude Mistralopoli.»
Raphael la guardò perplesso. Non era molto esperto di quella regione, ma era sicuro che avessero già passato quel posto; così, chiese: «Perché?»
«Là ci saranno i tre Pokémon o almeno così mi ha detto Cobalion.»
Cheren la fissò, non ben convinto di quel piano, e chiese: «Sicura che non sia una trappola?»
«No. Ma non credo che mi abbia mentito. Cosa ne dite?»
«Andiamo!» esclamarono gli altri; e così partirono.
Arrivarono alla Palude Mistralopoli circa due settimane dopo, facendo il percorso inverso. Erano molto lontani e quindi dovettero attraversare di nuovo mezza Isshu. Una volta a destinazione, si inoltrarono nella Palude. Belle strinse Cheren e mormorò, terrorizzata: «Mamma mia che posto spettrale! Non bastava passarci una volta, no. Dovevamo ritornare!»
Nessuno rispose al suo piagnisteo e continuarono la ricerca. All’improvviso, dalla nebbia, echeggiò il ruggito di un cucciolo e un piccolo unicorno bianco con la criniera blu e rossa apparve dinanzi a loro, scagliandosi su Raphael. Castiga fece per intervenire, ma delle barriere di acciaio, roccia e alberi circondarono Castiga, Cheren e Belle, che dovettero stare a guardare.
L’unicorno attaccò ancora, ma Raphael estrasse rapido una Pokéball e fece uscire Sewaddle che si preparò a lottare. Il corno dell’avversario divenne luminoso e tagliente, ma Raphael non si fece prendere alla sprovvista. Athena gli aveva insegnato qualche trucchetto di lotta e lui, usando le lezioni con maestria, riuscì a mettere in difficoltà il suo avversario. Ma la vittoria la ottenne solo grazie a Sewaddle che, a metà incontro, si evolse in una splendida Swadloon. Una volta sconfitto l’avversario, le barriere si dissolsero e i quattro amici si riunirono.
«Bravo, Raphael!» esclamò Castiga con un sorriso, felice che il suo ragazzo avesse vinto.
Raphael voltò le spalle all’avversario a terra per vedere come stessero gli amici e l’unicorno, rialzatosi, balzò verso la sua schiena, infuriato per aver perso. La sua voce mentale, furiosa, rimbombò per tutta la palude: “Io non sono stato sconfitto!”
“Fermo, Keldeo!”
Una voce mentale, imperiosa, bloccò l’assalto del piccolo unicorno che si inchiodò a terra, incapace di muoversi. Dalla foschia emersero fieri i tre Pokémon misteriosi: Cobalion davanti a tutti, seguito dal cervo verde e dal bisonte roccioso.
“Keldeo!” esclamò di nuovo Cobalion, rivolto all’unicorno: “Quest’umano ti ha sconfitto, accetta la lezione e ricorda: non si attacca alle spalle, per nessun motivo! È un atto vile, che copre di disonore chi lo compie.”
L’unicorno abbassò la testa ma rispose: “Se voi mi aveste insegnato la Spadamistica, ora sarei il vincitore.”
“La Spadamistica deve essere usata con onore, non per vincere facilmente.”
“Sì, ma...”
“SILENZIO!”
Il ruggito di Cobalion rimbombò per l’intera palude e Keldeo non aprì più bocca.
“Dovrai imparare a sfruttare bene la Spadasolenne e poi potrai imparare la Spadamistica.” concluse il Pokémon cobalto, chiudendo il discorso. Poi si voltò, imitato dagli altri due, e guardò gli umani lì presenti, alquanto scioccati da quella discussione. Con un sorriso, si rivolse ad Athena: “Finalmente ci rivediamo.”
«Ciao, Cobalion.» salutò la ragazza, guardandolo negli occhi
“So a cosa pensi. Ti avevo detto che venendo qui, avreste avuto i nostri dati a disposizione. Ma solo a una condizione…”
«Cioè?»
“Una lotta in quadruplo. Se ci batterete tutti e quattro, con gli stessi Pokémon che avete usato nel nostro primo scontro, avrete quello che volete.”
«E se perdiamo?»
“Tu, Athena, detta Castiga, resterai con noi per l’eternità.”
Solo l’occhiataccia della ragazza fermò Raphael da saltare addosso al Pokémon dalla rabbia. Sincera, commentò: «Non riesco a capire il senso di questa condizione.»
“Voi vi reputate grandi amici.” dichiarò il Pokémon, squadrando gli altri tre con sufficienza: “Vedremo se è così. Loro dovranno battersi al meglio se vogliono salvarti, umana.”
Contro ogni ipotesi, la ragazza scoppiò a ridere. La guardarono tutti sbigottiti e lei, controllandosi, fissò con occhi di ghiaccio e di sfida il Pokémon. Gli amici la guardarono un po’ spaventati, Raphael a parte, e così anche i Pokémon. Estraendo la Pokéball di Hoshi, lei disse solo: «Ne riparliamo a fine scontro, Cobalion.»
Era determinata a vincere. Ma non per la sua libertà. Di quello non le importava nulla. Ma le parole del Pokèmon avevano risvegliato in lei quel suo lato che odiava essere comandato.
Odiava che qualcuno disponesse a proprio piacimento della sua vita.
Odiava che le dessero ultimatum con quel tono di superiorità.
“Giovanni.” pensò in preda alla collera: “Lo stesso dannato tono di Giovanni.”
La ragazza sfogò tutto il suo rancore nella lotta. Già dall’inizio i tre Pokémon erano in netto vantaggio su Belle, Cheren e Raphael, ma Castiga e Hoshi diedero parecchio filo da torcere a Cobalion. Per premunirsi dal ruggito ipnotizzante del Pokémon, Castiga aveva messo a Hoshi i tappi nelle orecchie e le diceva cosa fare a gesti. E il trucco funzionava molto bene. Cobalion, infatti, sprovvisto della sua arma vincente, dovette fare i salti mortali per evitare la sconfitta. Con un sogghigno disse: “Ti batti davvero molto bene, umana. Astuta, rapida e letale. Ma i tuoi amici sono in difficoltà. Tu potresti vincere, ma loro?”
«Non trarre conclusioni affrettate.» rispose soltanto lei.
Castiga girò appena lo sguardo. Emboar, Serperior e Swadloon erano distrutti, sull’orlo di KO, compreso Keldeo, mentre il bisonte e il cervo sembravano appena affaticati.
Castiga guardò Hoshi: le aveva fatto fare il Nitrocarica parecchie volte, aumentando la velocità della zebra in modo esponenziale, ma le aveva detto di muoversi lentamente, per non far vedere il cambiamento.
“È giunto il momento…” pensò e ordinò: «Vai Hoshi! Nitrocarica alla massima potenza sul Pokémon verde! Sprizzalampo su Keldeo! Nitrocarica sul bisonte e ancora Nitrocarica su Cobalion! Alla massima velocità!»
La Zebstrika fu rapida come un lampo; colpì i quattro Pokèmon con una velocità estrema, atterrandone tre, senza che nessuno se ne rendesse conto. Rimase in piedi solo il bisonte che però, stordito dalla Nitrocarica, non riuscì a schivare il Fendifoglia di Serperior, potenziato dall’Erbaiuto, che lo mandò KO.
Castiga si avvicinò a Cobalion, minacciosa, mentre lui tentava di alzarsi. Si abbassò avvicinando la testa e gli sussurrò: «Non azzardarti mai più a darmi ultimatum o ordini. Se fossi stato un umano saresti morto, ricordatelo.»
Poi si risollevò e se ne andò. Raphael cercò di fermarla ed esclamò: «Ehi, dove vai?»
«Via di qui di sicuro. Quello che mi serve ce l’ho già.» rispose lei, con la voce ancora velata di quella rabbia che dominava a stento. Gli amici capirono di non insistere e presero i dati degli altri Pokémon.
Il Cervo verde era Virizion, il Pokémon Prateria, di tipo Erba/Lotta: “Pokémon che ha sfidato gli uomini per proteggere i propri compagni. Si racconta di lui nelle leggende. Inoltre le corna della testa sono lame affilate. Muovendosi come un turbine, scuote e falcia fulmineo i nemici.”
Il bisonte si chiamava Terrakion, il Pokémon Caverna, di tipo Roccia/Lotta: “Ha lottato contro gli esseri umani per proteggere i Pokémon scacciati dalle loro dimore a causa delle guerre. Inoltre quando carica, ha una forza tale da sfondare un'enorme muraglia. Si racconta di lui nelle leggende.”
Infine Keldeo, il Pokémon Puledro, di tipo Acqua/Lotta: “Spara acqua dagli zoccoli, poi si muove scivolando sulla superficie liquida che ha formato. Lotta usando abilmente gli arti. Inoltre scorrazza per il mondo muovendosi sulla superficie dei mari o dei fiumi. Appare nei lidi più ameni.”
Cobalion però, si alzò a fatica e seguì Castiga, zoppicando. Lei, nel frattempo, si era allontanata e guardava una pozza di acqua torbida.
“Quest’acqua… è come il mio cuore. Nero che cerca un modo per pulirsi ed essere migliore.”
Persa nei suoi pensieri, sentì dei passi e, con la coda dell’occhio, vide Cobalion avvicinarsi. Secca, più di quanto avrebbe in realtà voluto, chiese: «Cosa vuoi ancora?»
“Ti chiedo scusa se ho risvegliato in te brutti ricordi. Se ti può interessare, posso rivelarti il perché della mia condizione.”
La ragazza, incuriosita, si girò e guardò il Pokémon. Lui proseguì, notando il suo interessamento: “So quanto soffre la tua anima umana. Un Pokémon vecchio come me lo sente a pelle. Volevo che venissi con noi, per cercare di purificare il tuo spirito. Tu provi piacere nell’uccidere e nel provocare sofferenza altrui, me lo hai detto tu stessa, ma sei in grado di dominarti, pur soffrendo. Speravo che restare un po’ con noi potesse cambiare la tua indole omicida. Nulla in più… ma ora ho capito. Tu vuoi essere libera, pur nella tua sofferenza, e per questo mio grave errore di valutazione, ti porgo le mie più umili scuse.”
Cobalion la guardò, pentito sinceramente, e abbassò il capo. Quelle parole, dette con sincerità, stupirono molto la ragazza che si calmò quasi all’istante. Pensava che i tre Pokémon volessero ancora imprigionarla come aveva fatto Giovanni e quel pensiero l’aveva mandata in bestia. Ora invece, si diede della stupida, per aver pensato una cosa del genere.
“Solo gli umani sono così crudeli.” concluse con amarezza nella sua mente. Poi, sorridendo, disse: «Non sta bene per un Pokémon millenario come te, chinare il capo davanti a una banale umana.»
Il Pokémon alzò lo sguardo e lei, avvicinatasi, gli accarezzo la testa, dicendo: «Perdonami anche tu. Avevo frainteso le tue parole. La mia anima nera non può essere corretta. Posso solo tenere a bada l’oscurità del mio cuore con la sola forza di volontà. È l’unica carta che ho e voglio giocarla al meglio. Voglio però chiederti una cosa. Un piacere per l’esattezza.»
“Tutto quello che vuoi.”
«Promettimi di proteggerlo.»
Lui, capendo l'allusione, annuì e rispose: “Hai la mia parola.”
Lei gli sorrise: «Grazie amico.»
  
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