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Autore: MusaTalia    19/07/2015    4 recensioni
100. Until that day [100/100]
«Non è mai stata mia intenzione rimanere tutta la vita nell'esercito. Volevo solo stare al tuo fianco. Supportarti. Proteggerti fino a quando non avresti ottenuto ciò per cui hai sempre lavorato tanto duramente. Ed ora ce l'hai. E sono così orgogliosa di te».
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'RoyAi Collection'
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087 Memories

 

087. Memories

Ricordi

"We keep this love in a photograph
We made these memories for ourselves
Where our eyes are never closing
Hearts are never broken
Times forever frozen still", Photograph, Ed Sheeran

 

Il maggiore Mustang salutò il capitano Hughes e si diresse alla sua tenda al centro dell'accampamento. Anche Maes era finito in quel maledetto buco d'inferno. Chissà se ne sarebbero usciti. Certi giorni sperava di sì, altri invece, quando il senso di colpa gli rimescolava i succhi gastrici, sperava di finire nel bel mezzo di uno scontro a fuoco e di non sopravvivere per raccontarlo.

Nonostante tutto, però, Roy aveva visto bene il suo amico. Hughes era persino riuscito a strappargli una risata, quando era arrivata la lettera della splendida donna, del "futuro meraviglioso" che lo aspettava a Central una volta conclusa la guerra. Glacier gli aveva anche mandato una foto: era una ragazza graziosa, capelli castani, occhi chiari e un delizioso sorriso che ben si sposava con l'abitino estivo azzurro polveroso che indossava. Tutto orgoglioso, Maes l'aveva baciata e strofinata sulla guancia, per poi riporla nel taschino della divisa, vicino al cuore, come un talismano.

Quando Roy si era trovato finalmente solo nella sua tenda, aveva recuperato il suo talismano. Lo custodiva nel suo orologio d'argento che gli pendeva al collo. Le due cose cui più teneva, che per lui contavano più di ogni altra cosa al mondo premevano, dandogli sicurezza, sulla  cassa  toracica: l'alchimia e Riza.

Lei aveva dodici o tredici anni - non ne era proprio sicuro - ma di certo non poteva averne di più. Aveva lo sguardo acceso, sorpreso e leggermente imbarazzato di chi si scopre carina, un fiore in boccio pronto a schiudersi. I capelli corti erano leggermente in disordine.

Roy aveva rubato quella fotografia il giorno del funerale del suo maestro. L'aveva trovata tra le carte sparse sulla scrivania e se l'era presa, prima ancora di scoprire i segreti dell'alchimia di fuoco. Il maestro gli aveva chiesto di prendersi cura di sua figlia e lui aveva miseramente fallito. Era sempre stata Riza a prendersi cura di lui, anche in quel deserto, che con il suo sorriso innocente e gli occhi dolci continuava a proteggerlo. Lui per lei non aveva mai fatto nulla.

La Riza che aveva rivisto tra le migliaia di altri soldati ad Ishbar sembrava un'estranea rispetto a quella che il Maggiore serbava gelosamente nel suo orologio.

Lui l'avrebbe desiderata tale e quale a quella dei suoi ricordi: timida, remissiva, dolce, vestita con semplicità per non dare nell'occhio. Innocente, inconsapevole di morte e devastazione, libera dal peso della colpa.

A volte pensava addirittura di essersela costruita quella Riza, di essersi costruito ricordi felici con lei durante l'addestramento, o con Maes durante l'accademia militare.

Passò il pollice sulla fotografia per togliere la polvere e la sabbia che gli restituivano un'immagine opaca e rinfilò l'orologio d'argento sotto la camicia, a contatto con la pelle; chiuse gli occhi e richiamò tutti i dettagli di un momento felice del passato, gli odori, i suoni, i colori. La perfezione per pochi attimi.

 

***

 

Scorse Riza accucciata su un piccolo avvallamento di terra.

Un ricordo colpì Roy come uno schiaffo: il giorno in cui la foto preziosa, che l'aveva protetto fino alla fine del conflitto, era stata scattata. Riza se ne stava accucciata a terra e con le mani a coppa compattava il terriccio umido della piantina di pomodori che aveva appena piantato nel giardino sul retro di casa. Avevano riso di cuore quando lei, per scostarsi la frangia dagli occhi, si era lasciata uno striscio di terra proprio sotto l'occhio.

«Non vai? Se non ti sbrighi , ti lasceranno qui». A Roy non venne in mente niente altro da dire e si sentì uno stupido per questo.

Lei non rispose, intenta com'era a compattare quella terra arida e polverosa. Chiaramente una tomba improvvisata. Se solo avesse potuto, Roy sarebbe tornato a quei giorni di pomodori e strisciate di terra sul viso.

«Era un tuo commilitone?» domandò per costringerla a girarsi.

«No. Un bambino di Ishbar. Gli avevano sparato e poi l'avevano lasciato in mezzo alla strada».

La posa era la stessa della fotografia. Riza aveva uno sbaffo sulla guancia, sotto l'occhio. Sangue. Chissà di chi.

«Andiamocene. La guerra è finita».


 



NOTE:
Ok. Sono in imbarazzante ritardo. Nessuna scusa. Però...
Però: ho finito gli esami all'università, tipo per sempre. Adesso manca "solo" la tesi. E per questo sono felice. Sono anche felice perché posso fare il rewatch di FMA, senza pesi sulla coscienza "vai a studiare sanscrito, sciagurata!" [Sì, ho studiato sanscrito. Le ragioni sono ancora ignote alla sottoscritta]. E ho comprato il character book di FMA, che in realtà non dice niente di nuovo, ma è tanto bellino e mi fa sperare in una traduzione del Chronicle.
Tornando al theme: doveva essere una cosa completamente diversa. Ma va?!?  E l'ho scritto venerdì 17, in piscina mentre Caronte flagellava tutti noi, quindi è una schifezza. Ma fa troppo caldo e il mio cervello ha raggiunto l'ispirazione in ferie. Si stanno gustando un Margarita in spiaggia, quindi... quindi teniamo questa cosa sperando in themes migliori.
Torno a sciogliermi e sudare. Sayonara!
   
 
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