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Autore: Sorella_Erba    22/01/2009    8 recensioni
Da un'amicizia nata da un incontro casuale, ad un patto. Un patto che custodisce e cela da sguardi indiscreti un'attrazione che potrebbe sconvolgere le loro vite.
[ Bradley James, Colin Morgan, Merlin cast. Bradley/Colin ]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bradley James, Colin Morgan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« L'amour est une course d'obstacles ;
au dernier, il tombe de lui-même ».

La Revue blanche, Gaston Salandri.



Paragraphe I.

Ha delle orecchie veramente buffe, fu ciò che pensò quando lo vide per la prima volta, ai casting.
Una frase che gli balenò di nuovo alla mente, in quel momento, mentre passeggiando fra la gente, imbacuccato nel suo lungo cappotto in pelle e con una sciarpa stretta ad avvolgergli la gola, Bradley si avviava per l’innevata Main Street, dopo essere uscito da un negozio all’angolo ed aver acquistato un regalo per la madre. Serpeggiando fra la folla colorata che riempiva il marciapiede, si accorse di una figura dinoccolata e familiare, a pochi metri di distanza. Stretto in una giubba, con le mani piantate nelle tasche, e ritto davanti ad una vetrina di un irish pub, c’era nientemeno che Colin Morgan, tutto intento a guardare strane tazze, decorate con eccessivi ghirigori rossi ed oro.
Bradley sorrise: fra tutti i suoi conoscenti, proprio lui, Colin, aveva dovuto incontrare.
« Ehi, Morgan! », esclamò, attirando l’attenzione dell’interessato, il quale si girò all’istante e precisamente nel punto in cui era fermo Bradley, a sventagliare la mano che teneva la busta. Bradley si accinse ad andargli incontro, con un ghigno di saluto, e notò la vaga sorpresa nello sguardo di Colin.
« Ciao », salutò Colin, grattandosi una guancia con la mano inguantata appena estratta dalla tasca. « C-che coincidenza ».
« Già », concordò Bradley. « Qual buon vento ti porta a Londra? Non sei irlandese? O sbaglio? ».
« Irlandese, irlandese », sorrise teso l’altro. « Ma ho delle piccole questioni di lavoro da risolvere qui ». Poi, distolse gli occhi da quelli di Bradley.
Bradley annuì, mordendosi una guancia. Alzò un poco la busta che stringeva nella mano. « Io mi diverto a far regali. Londra è un ottimo posto se cerchi roba eccentrica. Certe cose ti fanno sgranare gli occhi da quanto sono strambe ».
« Ho notato ».
Bradley rispose con un mugugno di affermazione.
Non conosceva molto bene Colin Morgan; l’aveva intravisto una o due volte, dopo i casting, agli studios della capitale britannica, e in quelle volte avevano al massimo scambiato un saluto veloce, per poi dirigersi in direzioni distinte. Una cosa che poteva affermare con certezza, comunque, - e che aveva capito nel giro di pochi minuti – era che Colin Morgan non era un buon compagno di chiacchiere, al suo contrario. Due differenti facce della stessa medaglia? Il copione recitava bene, e senz’altro James aveva fatto centro nella scelta dei due attori principali.
Bradley non si perse d’animo: la freddezza dimostrata da Morgan non lo scalfiva neanche di striscio. Magari – pensò bene Bradley – chiacchierare un po’ insieme lo avrebbe aiutato a sciogliersi.
« Ti va una tazza di caffè? », propose, indicando la porta all’angolo dell’irish pub.
Colin rimase interdetto davanti ad un invito tanto diretto, e Bradley si aspettava una reazione simile. Aveva già avuto a che fare con tipi così timidi e distaccati; sapeva che la gentilezza e la cortesia erano le armi giuste per sfondare l’immensa fortezza fatta di discrezione e d’impaccio.
« Così, tanto per conoscerci meglio », aggiunse con un largo sorriso, che diete la possibilità a Colin di intravedere una fila di denti perlacei ed affilati. Da predatore, gli suggerì la sua mente, quasi con crudeltà.
« Veramente », deglutì Colin, staccando gli occhi dalla bocca ridente, « dovrei fare qualche spesa. Sai, i regali… Non ne ho comprato nessuno ».
« Ah, ti ruberò solo pochi minuti », ribatté Bradley. E lo afferrò per il gomito piegato ad angolo retto. « Merlin e Arthur dovranno pur fare amicizia, giusto? Se no Camelot va a male ».
Colin rise, titubante, e non poté fare altro che seguire quella sorta di petardo ambulante.
Non appena misero piede nello stretto ingresso del pub, il calore li invase e si insediò fin sotto il loro copioso strato di indumenti, fatto di sciarpe, guantoni e giacche pesanti, che li proteggeva dal gelo di Londra. Il locale era accogliente e dava un piacevole senso di familiarità, anche se era arredato con decorazioni natalizie delle più strampalate. Bradley individuò un gigantesco e bizzarro Babbo Natale ciondolante dal soffitto, agganciato malamente alla sua slitta soltanto per le dita tozze delle mani.
« Wow », mormorò Bradley, osservando curioso l’enorme ornamento. « Nemmeno mia nonna ».
Colin sbuffò in una flebile risata, incrociando lo sguardo di Bradley; insieme, si diressero al bancone, dove una paffuta signora dal viso gentile impacchettava dei regali per i clienti che attendevano a lato.
« Tu caffè? », fece Bradley a Colin, con un gomito poggiato al bancone. « A me va una cioccolata ».
« Il caffè va benissimo, grazie ». Colin si guardò intorno, ticchettando con dita nervose sul legno. Bradley non poté far altro che corrugare la fronte e stringere le labbra contro i denti, di fronte a quell’eccessivo imbarazzo.
« Colin, potresti occupare il tavolo vicino alla finestra? ».
« Certo », annuì Colin, e si allontanò così speditamente da far pensare a Bradley di non voler fare altro, di non desiderare che allontanarsi un istante da una situazione un po’ scomoda.
Bradley lo guardò, gli angoli della bocca piegati velatamente all’insù, sedersi e poggiare i gomiti sul tavolo, con compostezza. Il sorriso gli si allargò maggiormente quando i suoi occhi caddero di nuovo sulle orecchie di Colin, a sventola ed ancora arrossate per il freddo; a volte, forse senza nemmeno farci caso, Colin sfregava la sinistra con la manica della giacca.
« Desideri qualcosa, bel giovanotto? ».
La voce di quella che doveva essere la proprietaria gli fece voltare subito la testa in sua direzione, incontrando un sorrisetto bonario, che ricambiò con piacere.
« Un caffè e una cioccolata ».
Mentre Bradley ordinava ed attendeva l’arrivo delle bevande, con leggera allegria e disinvoltura, Colin – dal canto suo – pensava alla situazione in cui s’era cacciato e nella sua mente non poteva che riderne amaramente, credendola parecchio bizzarra.
Londra era una metropoli, una città dannatamente grande, con milioni di persone che vi abitavano e che giornalmente percorrevano le sue strade, intasandole di traffico. E chi aveva casualmente incontrato, in una delle centinaia, affollate, vie di Londra?
Si morse il labbro inferiore e sospirò, gli occhi che scrutavano il vetro terso della finestra, la cui cornice era ornata da sottili filamenti rossi, attaccati ai lati.
Non era un granché piacevole starsene seduto lì, a quello stretto tavolo di mogano, ad attendere un caffè offertogli da una persona che conosceva a malapena, di vista, non fosse per il saluto quasi obbligato che scambiavano agli studios. Di Bradley James conosceva unicamente la carriera; tra teatro, telefilm e cinema, stava riuscendo a farsi largo nella strada che conduceva alla fama. Era un buon attore, per quel che aveva appreso per sentito dire; magari avrebbero lavorato bene insieme. Magari.
Eppure, non riusciva a sbloccarsi facilmente.
Pochi minuti di conversazione con lui l’avevano ridotto alla sillabazione. Bradley sembrava un tipo socievole, amichevole e cordiale. Il suo opposto, quasi. Prima di riuscire ad aprirsi, Colin aveva bisogno di basi solide.
« Et voilà! ».
Un tazza di caffè nero si materializzò fra i suoi gomiti. Colin ne annusò il leggero vapore, avvicinandola a sé. « Grazie », esordì, per poi nascondere in parte il viso dietro il bordo.
« Figurati », sorrise Bradley. Si sedette ed accostò la sua tazza di cioccolata fumante; ne aspirò il profumo, ad occhi socchiusi e con un ghigno sornione sulla bocca. « Oh sì… ci vuole, ci vuole proprio con questo gelo ». Portò il bordo della tazza alla bocca schiusa.
Colin quasi sputò il sorso di caffè caldo che aveva sorseggiato con apprensione, per evitare di scottarsi. Cosa che evidentemente non era passata per la testa a Bradley, il quale esplose in un mugugno acuto, gli occhi lucidi di lacrime, per poi sfogarsi in un’imprecazione incomprensibile. Fortuna che ebbe la cura di dirla a voce bassa. Colin inghiottì il caffè e si protese verso Bradley. « Tutto bene? ».
Bradley teneva le palpebre serrate; scosse la testa due volte soltanto, velocemente, ed inghiottì a stento il sorso di cioccolata. « No », pigolò.
La risata che eruppe dalla gola di Colin fu spontanea e del tutto sincera: vedere un ragazzone di ben ventiquattro anni scottarsi la lingua con della cioccolata calda avrebbe fatto ridere chiunque, dopotutto, persino la persona più seria del mondo.
« Ridi delle mie sventure? Vorrei vederti al mio posto, con la lingua ridotta in cenere da una dannata cioccolata ».
« Non ci spererei », sorrise Colin, guardandolo da sopra la sua tazza, « so essere prudente, io ».
« Ma ero assetato, ed avevo pure bisogno di riscaldarmi. È normale partire a razzo ».
« Anche sapendo che è bollente? ».
Bradley allontanò con un mano la tazza di cioccolata, lo sguardo indignato. « Be’, sì ».
Colin scosse la testa con un’altra risata. Bradley, a dispetto dell’aspetto da duro, era un tipo simpatico, sì. E di buona compagnia.
« Vedo che ti sei ambientato », articolò Bradley, la voce leggermente impastata, forse a causa della lingua scottata e un po’ indolenzita. « Dio, ma come parlo… ».
L’indice di Colin percorse l’orlo della tazza di caffè, che aveva appena posato sul tavolo. Annuì, sollevando lo sguardo. « Non sei male ».
« Grazie, nemmeno tu, alla fin fine ». Bradley ghignò in sua direzione ed incrociò le braccia, appoggiando la guancia sul dorso di una mano. « Sai, con tutta sincerità, ti credevo un po’… mh, moscio? Nah, non è il termine esatto… Scusami, scusami », mugugnò, aggrottando la fronte e riflettendo.
Colin ridacchiò. « Sembro sulle mie, sì; magari un po’ posato. È colpa del mio aspetto e della prima impressione ».
« Ognuno è fatto a modo suo ». Bradley riavvicinò la tazza di cioccolata. « Io sono sfacciato, ad esempio. Senza vergogna, ahimé! ».
Colin adocchiò i suoi tentativi di familiarizzare col cioccolato. « Tenti di nuovo? ».
Bradley soffiava sulla tazza e ne agitava col cucchiaino il contenuto. « Forse s’è raffreddata ».
« Vacci piano ».
« Concordo. La mia lingua potrebbe staccarsi ».
Colin vide sparire parte del viso di Bradley dietro la tazza. Si morse il labbro superiore con aria pensierosa; lavorare con lui non sarebbe stato affatto male.
« M’è andata bene, visto? », disse contento il biondo. « Oh, finalmente! ».
Trascorsero buona parte del pomeriggio chiusi al caldo in quell’irish pub, fra le pesanti decorazioni rosse, bianche ed oro, sotto lo sguardo indiscreto della padrona e con sottofondi musicali natalizi. Chiacchierarono del più e del meno, discorrendo su svariati argomenti e scoprendo uno sempre più sulla vita dell’altro. Per quanto Colin si fosse mostrato inizialmente introverso e schivo, non poté nulla contro il chiacchiericcio insistente di Bradley; un vero e proprio antidoto contro la timidezza. Alle volte, si accorse Colin, Bradley sentiva come il bisogno di toccare la persona con cui conversava, sfiorandogli un braccio o una mano; e poi rideva, rideva tanto, gettando la testa all’indietro e mostrando il collo candido.
« Freddo », esclamò Bradley con un sospiro tremule, dopo essersi chiuso la porta del locale alle spalle. Ficcò i pugni chiusi dentro le tasche del suo cappotto, la testa piantata fra le spalle ed il mento nascosto dalla sciarpa.
Il sole era sceso oltre le alte case del centro di Londra ed il chiarore pomeridiano stava quasi spegnendosi; per le strade correvano meno viandanti rispetto a qualche ora prima.
« Mi dispiace, Colin », si scusò il ragazzo, indirizzando con una lieve punta di dispiacere le iridi chiare su Colin.
« Ma no ». Colin alzò la zip fino a chiudersi del tutto il giubbotto. « Ho passato un ottimo pomeriggio, sul serio ».
« Vale anche per me », sorrise a trentadue denti Bradley. Gli diede una poderosa pacca sulla spalla, che gli fece perdere per un momento l’equilibrio.
« E grazie per il caffè, sono in debito ».
« Che dici, Merlin ». Bradley sciorinò leggermente una mano, come a voler scacciare un insetto molesto. « La prossima volta offrirai tu e mi pagherai una buona tazza di tè. Ho chiuso con le cioccolate ». Risero entrambi, un’ultima volta.
« A presto, orecchie buffe. E buon Natale », sussurrò Bradley, sfiorandogli con due dita un orecchio, gli occhi fissi in quelli dell’altro. Colin trasalì.
Trascorsero pochi secondi, prima che Bradley gli desse le spalle e si allontanasse per la via; a Colin parvero minuti, forse ore. Gli occhi di Bradley avevano un che di ipnotico: costringevano a fissare lo sguardo dentro di loro, alla ricerca di qualcosa. Un qualcosa che Colin, davvero, non aveva la capacità di spiegarsi. Fatto stava che quando Bradley se ne andò, con la mano levata in un saluto, a malapena riuscì a sollevare la propria per ricambiare. Non rispose al suo augurio, non ne fu capace. Aveva la gola arida.
Colin prese la direzione opposta, attraversando la vetrina in cui il biondo lo aveva avvicinato, e lambì il punto in cui Bradley gli aveva toccato l’orecchio.
   
 
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