2. ...E loro
Raffaello
infilzò un altro Kraang con i
sai sprigionando una cascata di scintille, la carcassa metallica
rovinò con un
tonfo sordo a terra. Leonardo mozzò le teste a due androidi
con un tondo della
katana, si diede la spinta saltando contro la parete e ruotò
in aria
scaraventandosi poi su un altro gruppo di robot. Donatello e
Michelangelo,
guscio contro guscio, si avvicinarono al pannello di controllo del
gasometro
schivando i raggi laser violacei dei fucili dei Kraang e misero ko
l’alieno
intento a manomettere le funzioni del pannello.
‹‹ Ragazzi, il gasometro
è pieno di metano. Cercate di ridurre al minimo
i danni, o qui saltiamo in aria! ››
informò Donnie, togliendo la polvere e le
ragnatele dai tasti rovinati e infilzando alcuni Kraang con la lama
retrattile
del suo bō.
‹‹ Non sarà facile, oggi
i Kraang se le cercano ›› replicò Raph
ansimando.
‹‹ Tu fa’ come ho detto!
››
Mikey fu il primo ad accorgersi di lei, facendo roteare i
nunchaku per
stendere altri avversari, ‹‹ Hey,
c’è qualcuno là fuori!
››
Gli altri tre si voltarono, riuscendo a scorgere un viso
fuggiasco, che
si nascose oltre la finestra subito dopo.
‹‹ Aveva una macchina fotografica!
›› esclamò Donnie sconcertato.
‹‹ Kraang, i Kraang devono fermare
l’umano con quello che le tartarughe
hanno chiamato macchina fotografica. ››
gracchiò un robot, prima di venire
infilzato da Raph, il cervello alieno sgusciò fuori dal
ventre della carcassa
con un verso stridulo.
‹‹ Non possiamo lasciarli prendere
quella persona! ›› gridò Leo,
correndo dietro alcuni androidi, fuori dall’edificio.
Frances
corse a perdifiato, la maglietta
che schioccava contro la sua pelle, la macchina fotografica che pendeva
dal
collo battendole sul petto. Voltò il viso e i capelli le
scesero sul volto,
trattenne a stento un urlo quando li vide: tre di quei robot.
Trascinavano le gambe
metalliche sul cemento, i visi inespressivi presentavano grandi occhi
violacei
ed una bocca spalancata che s’illuminava ad ogni loro parola.
Una Frances capì,
fra lo stridore metallico delle loro braccia che reggevano insoliti ed
ingombranti fucili: “Eliminare”. Una raffica di
raggi violacei la investì,
facendola gridare dall’orrore, mentre una prima lacrima di
paura le rigava il
volto. Uno di quei laser centrò la sua spalla destra,
facendola raggomitolare
su sé stessa. Mentre continuava a correre, col fiato corto e
versi strozzati,
Frances poté sentire distintamente il sangue colarle lungo
il braccio ed
impregnarle la maglia, mentre il dolore della ferita le dava alla
testa.
Avvertì un tonfo sordo e metallico che le fece scappare
nuovamente un grido, voltò
il viso per vedere una di quelle tartarughe avventarsi sul primo robot
e
troncargli di netto il busto con una spada. La ragazza
inciampò in un
dislivello del marciapiede, battendo la fronte sul cemento. Per un
momento la
sua vista divenne opaca, poi tante gocce rosse andarono a disegnare
arabeschi
scottanti nei suoi occhi, infine ci fu posto solo per un dolore sordo.
Convincere
Splinter ad aiutare la
ragazza non era stato difficile, si era occupato personalmente di
fasciarle la
ferita sulla spalla e disinfettarle quella sulla fronte.
Dopo un paio d’ore non si era ancora svegliata,
sdraiata sul divano con
la testa appoggiata al bracciolo e una coperta rimboccata appena sotto
il seno.
Il maestro le aveva cambiato la maglietta, vestendola con una sua
vecchia
camicia bianca, di quelle che usava quando era ancora umano, quando era
ancora
Hamato Yoshi. Mikey le saltellava intorno con una fetta di pizza in
mano – la
sua preferita, con acciughe e caramelle gommose – convinto di
farla rinvenire
con il suo “soave” profumo.
‹‹ Con tutte le schifezze che ci hai
messo sopra, rischi solo di
ammazzarla definitivamente ›› lo
bloccò Raph seccato, afferrandolo per un
braccio.
‹‹ Cosa?! Questa è la
pizza più buona del mondo! ›› Mikey
cullò la fetta
vicino al volto guardando il fratello in tralice
‹‹ Non preoccuparti, piccola,
lui non capisce niente. ›› la
rassicurò, prendendo con la lingua una caramella
gommosa al limone.
‹‹ Ragazzi, se non ve ne foste
accorti, io sto cercando di
guardare Eroi Spaziali. ›› esalò Leo,
seduto a
gambe incrociate davanti al televisore.
‹‹ Quella puntata l’avrai
vista almeno trenta volte. ›› commentò
Raffaello, alzandosi dal puff azzurro e stiracchiandosi
‹‹ E’ meglio che vada a
tirare due pugni al punging-ball... ››
Donnie uscì dal laboratorio con la reflex della
ragazza in mano,
passandosi una mano sul volto, era sfinito, ma il dubbio che dentro
alla
fotocamera potessero esserci testimonianze della loro esistenza e
presenza a New
York l’aveva turbato e tenuto sveglio. C’erano,
effettivamente, e si era
premurato di cancellarle.
‹‹ Allora? ››
domandò Leo, gli occhi
allucinati fissi sullo schermo televisivo.
‹‹ Aveva scattato delle foto, le ho
cancellate per sicurezza. ››
Mikey uscì dalla cucina con un cartone della
pizza semivuoto in mano e l’aria
afflitta, ‹‹ Ragazzi, abbiamo quasi finito la
scorta di pizza... Si sveglierà
prima o poi? ››
Anche Raffaello, sul disimpegno a soppalco che portava
alle camere da
letto al secondo piano, dove era impegnato ad allenarsi con il
punging-ball
fissato al soffitto, capì che il fratellino non era triste
per la pizza, ma
bensì per la ragazza. Avvertì un moto di
tenerezza nei suoi confronti.
‹‹ Certo che si
sveglierà, Mikey ›› lo
rassicurò Donnie, poggiandogli
una mano sulla spalla ‹‹ Ora è solo un
po’ scossa e stanca, ma starà bene presto.
››
Calò un attimo di silenzio, i tre fratelli
sapevano che Mikey,
nonostante fosse il più piccolo, il più ingenuo,
non riuscisse a concentrarsi e
talvolta non s’impegnava nemmeno, era migliore di loro.
Nessuno aveva un cuore
grande quanto il suo. Il loro piccolo, imbranato fratellino.
Mugolii indistinti echeggiarono fra le pareti forti come
tuoni,
rafforzati dal silenzio pesante e greve d’ansia. Raph scese
di corsa le scale e
si sistemò accanto ai fratelli, unitisi attorno al divano in
uno scatto
repentino. Stringeva piano le palpebre, muovendo appena le labbra rosee
che si
stagliavano sulla pelle madida e diafana del viso. Alcune rughe
d’espressione
si solcarono appena mentre la ragazza aggrottava la fronte, poi battiti
di
ciglia. Repentini come un’ombra fuggiasca, o una nota breve e
solitaria. Mosse
appena le dita di una mano, stringendole sulla coperta leggera,
accarezzando le
fibre morbide che sfuggivano alla trama di cotone. Apparvero due occhi
azzurri,
slavati come diluiti dal tempo, che la luce avrebbe potuto rendere
trasparenti.
Occhi nemmeno così tanto belli, non erano sfumati e ricamati
come quelli di
April, brillanti ed entusiasti come quelli di Mikey, o intensi ed
autoritari
come quelli di Leo. Sembravano solo gocce sparute di un acquerello
dov’era
stata messa troppa acqua.
‹‹ Aaaaahhhh!
›› strillò la ragazza, sbracciando e
scalciando, ingarbugliando
le gambe nella coperta e serrando le palpebre.
I quattro si chiesero come potesse un essere umano avere
una voce tanto
acuta, mente si tappavano le orecchie. Le urla s’interruppero
quasi subito,
scemando in gemiti di dolore mentre la ragazza stringeva le mani
attorno alla
spalla ferita, le labbra arricciate. Leonardo colse
l’occasione per
avvicinarsi, ma quella sussultò e gli diede un calcio in
faccia, facendolo
barcollare all’indietro.
‹‹ Allora, ››
sbraitò Raph ‹‹ vuoi chiudere quel
forno?!››
La ragazza si bloccò per un attimo, e lo
guardò indispettita,
assottigliando gli occhi e inarcando le sopracciglia.
‹‹ Senti, mi sono
svegliata con quattro tartarughe giganti davanti, in una casa non mia e
con un
taglio sulla spalla, ho tutto il diritto di urlare!
››
Quello rimase basito, sgranando gli occhi.
‹‹ Uhhh, ti ha spento
›› lo prese in giro Michelangelo, beccandosi un
pugno in testa dal fratello.
La ragazza si coprì il volto con le mani,
inspirando e mormorando
istericamente di calmarsi, ‹‹ Pariamo con le
priorità... ›› sussurrò,
alzando
poi di scatto il viso ‹‹
Dov’è la mia macchina fotografica?!
››
Donnie gliela porse tenendo a debita distanza, forse
temeva potesse
morderlo ‹‹ E’ qui, è qui.
Calmati. ››
Quella gliela strappò via dalle mani e la
strinse al petto, ‹‹ Chi siete
voi? ›› soffiò con un filo di voce,
come rassicurata dalla presenza dell’oggetto.
Mikey le si parò davanti con un largo sorrido,
facendola arretrare di
scatto ‹‹ Io sono Michelangelo, per gli amici
Mikey. Loro sono Leo, Donnie e
Raph. Siamo fratelli, ma il più bello sono io!
››
La ragazza fece scorrere gli occhi tremanti sui volti
delle tartarughe.
Mikey... Occhi di un azzurro miracoloso e liquido, la pelle di un verde
tenue
tendente al menta, il colore dei germogli. Una benda arancione sul viso
pingue
da infante. Leo... Aria sicura e responsabile, occhi indaco. Era il
secondo più
alto dei quattro e dai suoi lineamenti si traeva una
sincerità disarmante, ed
un amore sconfinato. Indossava una benda blu. Donnie... Alto e dalla
corporatura scarna. Sorrise, e la ragazza poté notare un
margine fra gl’incisivi
superiori; gli occhi erano dalla linea allungata e di un marrone dai
riflessi
ramati. La sua benda era viola. Raph... sul piastrone aveva una
spaccatura a
forma di saetta che fece sorridere la ragazza, che la
paragonò alla cicatrice
di Harry Potter. Sotto la benda cremisi spiccavano occhi di un verde
fulgido e
palpitante. Teneva le labbra serrate e le braccia incrociate sul petto.
‹‹ Michelangelo Buonarroti, Leonardo
da Vinci, Donato di Niccolò di
Betto Bardi e Raffaello Sanzio? ››
mormorò lei come arricciò un angolo della
bocca ‹‹ Ho preso il massimo dei voti in quella
verifica. Mi chiamo Frances. ››
‹‹ Lieto che tu conosca
l’origine dei nomi dei miei figli. Io sono Splinter.
››
Frances sgranò gli occhi ed inspirò
profondamente con la bocca aperta,
voltando a scatti il volto dall’altra parte,
‹‹ Cazzo ›› si
lasciò sfuggire.
Splinter. Era. Un. Enorme. Topo.
Angolo
Autrice
Ben ritrovati!
Allora, come vi sembra
come secondo capitolo? Spero che piaccia, e spero abbiate gradito le
descrizioni delle quattro tartarughe. Questo
cap è più lungo del primo, era ora. Quindi,
ringrazio
chi abbia deciso di leggere e vi auguro buon proseguimento di giornata.