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Autore: Ledy Leggy    21/07/2015    1 recensioni
"Non è che posso aiutarvi? Cioè adoro lavorare all'FBI, ma sono più in stile criminale." Si intromise Neal.
"Lo faresti davvero?" Chiese Elsa sedendosi accanto a lui.
"Perché no?" Chiese lui con un sorriso.
"Ad esempio perché ti ho preso in ostaggio e rapito." Osservò Elsa sorridendo a sua volta.
"Con una pistola scarica: hai tutto il mio rispetto."
Genere: Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mozzie-Dante Haversham, Neal Caffrey, Nuovo Personaggio, Peter Burke
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 6

Identikit

 





 

 

Un paio di giorni dopo Neal ricevette una sua chiamata. Rispose tranquillamente mentre era in ufficio, dato che non riconosceva il numero.

"Avrei bisogno di un aiuto." Disse la voce di Elsa in un bisbiglio non appena rispose.

"Che stai facendo?" Chiese preoccupato, mentre Peter si avvicinava alla sua scrivania.

"Non è che potresti chiamare il tuo collega che custodisce le prove della periferia di New York e distrarlo un attimo?" Chiese Elsa sempre sottovoce. "Dovrebbe girarsi dall'altra parte."

"In che edificio sei?" Chiese Neal cercando in rete i numeri di telefono.

"Non nel tuo tranquillo. Sono più a Nord." Sussurrò ancora Elsa.

Per l'esattezza in quel momento era aggrappata ad uno scaffale senza toccare terra e cercava di non farsi vedere dall'uomo alla sorveglianza.

"Mi basta qualche secondo. Ho già preso tutto, devo solo uscire."

Neal salutò con un cenno Peter che gli passava davanti e prese con disinvoltura il telefono dell'ufficio per chiamare la sorveglianza delle prove.

"Dice che non trovano una scatola di banconote false." Mimò a Peter che lo guardava incuriosito.

Peter annuì e andò a parlare con Jones.

"Salve, sono il consulente Neal Caffrey. Sto cercando delle banconote false... di qualche giorno fa. Le avete lì?" Chiese restando in linea con Elsa sul cellulare.

"Perfetto. Grazie." Sentì sussurrare e poi riattaccare.

"Ah, d'accordo nessun problema." Rispose all'uomo che rispondeva negativamente. Poi riagganciò anche con lui.

"Tutto a posto." Disse a Peter che gli si stava avvicinando.

"Mh." Peter lo guardò con sospetto e Neal sorrise. "Dovresti scrivere il rapporto sull'altra mattina, nel magazzino." Disse poi mettendogli sulla scrivania un plico con dei fogli. "E poi faremo quell'identikit di Elsa." Aggiunse, senza aspettare una risposta si diresse verso il suo ufficio.

Neal iniziò a compilare il rapporto, poi arrivato a metà decise di fare una pausa e ne approfittò per chiamare Elsa.

"Grazie per l'aiuto." Fu la prima cosa che gli disse non appena rispose.

"Figurati. Ha ripreso gli occhiali da sole?" Chiese curioso.

"Sì, i miei piccoli tesori. Fra circa mezz'ora vi arriverà la notizia del furto." Rispose Elsa.

"Le telecamere?"

"Evitate tutte con cura."

"Senti, sto scrivendo il rapporto dell'altra mattina e Peter mi ha chiesto di fare il tuo identikit." Iniziò Neal.

Elsa sospirò, poi Neal la sentì dire qualche parola, probabilmente a Margot o a Ed.

"Allora fallo." Disse infine.

"Sicura?" Chiese lui.

"Sì, tanto avevo intenzione di darmi alla macchia per un po', di prendermi una pausa." Rispose Elsa. "E poi non voglio metterti nei guai."

"D'accordo." Neal fece un mezzo sorriso. Non voleva rovinare del tutto il suo rapporto con Peter a causa di un identikit. Sapeva che dopo il rapimento di Elisabeth era un miracolo se gli rivolgeva ancora la parola.

"Piuttosto, sei sicuro che il tuo telefono sia sicuro?" Chiese Elsa interrompendo i suoi pensieri. "Non vorrei che rintracciassero il segnale fino a casa mia..."

"Mozzie l'ha controllato ieri, era pulito." Rispose Neal.

"Okay, allora siamo a posto. Grazie per avermi chiamata." Salutò Elsa.

"Ci vediamo." Rispose Neal riattaccando. Rientrò in ufficio al ventunesimo piano e trovò Peter che lo aspettava.

"Che c'è?" Chiese sedendosi alla sua scrivania e riaprendo il rapporto dove l'aveva lasciato.

"Andiamo adesso a fare l'identikit. Vieni nel mio ufficio e inizia a disegnare." Gli disse Peter.

Neal seguì gli ordini e iniziò a disegnare la faccia di Elsa.

Pian piano notava le somiglianze con Danielle, al momento trattenuta in carcere, e anche quelle con se stesso. Notò la somiglianza nella forma del viso e nella forma degli occhi, mentre il colore sia della carnagione che dei capelli era uguale a Danielle.

Finì il rapido schizzo, 'dimenticandosi' per caso di qualche dettaglio, sicuro che tanto Peter non se ne sarebbe accorto.

A disegno concluso Peter gli sorrise.

"Sai, lo apprezzo." Disse prendendo in mano il disegno e guardandolo con soddisfazione.

"Promettimi una cosa." Disse Neal, anche lui osservando il disegno con una punta di tristezza. "Se un giorno la prenderai, non essere troppo duro con lei." Detto questo, senza aspettare una risposta, Neal uscì dall'ufficio e si sedette alla scrivania, tornando a compilare il suo rapporto.

Peter nel suo ufficio sorrise, scoprendo quel lato preoccupato per gli altri che Neal tendeva sempre a nascondere.

 

Qualche giorno dopo Neal aveva la convocazione in cui avrebbero deciso se commutargli la pena.

Aveva capito che Kramer non aveva buone intenzioni, ma non capiva che cosa voleva ottenere. Cioè sarebbe rimasto con la cavigliera, ma non gli cambiava molto finché restava con Peter. Sperava solo di poter viaggiare e girare per New York senza preoccuparsi per il raggio limite della cavigliera. La sua vita sarebbe stata davvero sua a quel punto.

Mentre passeggiava per le strade di New York sentì squillare il telefono.

"Pronto." Rispose senza nemmeno guardare lo schermo.

"Ciao. Sono Elsa. Sono un po' di fretta, sai un inseguimento di affari, ma Margot mi ha detto di dirti che ha indagato e che Kramer ti vuole portare a Washington. Il che non mi dice niente. Mi puoi spiegare?" Disse Elsa col fiatone mentre correva dietro a qualcuno.

"Kramer è dei crimini d'arte, non vuole che mi revochino la condanna per portarmi a Washington evidentemente." Spiegò Neal.

Dall'altro capo del telefono arrivarono dei tonfi strani, poi calò il silenzio.

"Non può portarti a Washington!" Protestò Elsa dopo poco.

"Invece pare di sì. Avevo chiesto a Margot di fare qualche ricerca." Rispose Neal.

"Mozzie non poteva?" Chiese Elsa stupita.

"Non andiamo molto d'accordo ultimamente." Disse solo Neal.

"Ah. Vedrai che si risolverà tutto." Sì capiva chiaramente che Elsa non sapeva cosa dire.

"Non lo so. Lui vuole partire, ma io voglio restare. E ora sono nei guai, devo riportare il quadro di Raffaello che ho rubato sette anni fa a Sara prima delle sei." Sbottò Neal.

Elsa guardò l'orologio. Le tre e mezza.

"Ce la puoi fare. Se hai bisogno di aiuto sappi che puoi contare su di me." Disse solo.

"Lo so." Rispose solo Neal.

"Poi richiamami e fammi sapere come è andata." Disse Elsa riattaccando.

In quel momento Neal arrivò alla funivia per andare a casa di Ellen e chiamò Peter, sapendo che stava uscendo dal suo raggio. Sarebbero state tre ore faticose.

Alle sei e cinque Neal stava uscendo dalla compagnia di assicurazioni per cui lavorava Sara con un sorriso sulle labbra. Era riuscito a consegnare il dipinto a Sara in tempo e era abbastanza sicuro di ottenere la commutazione della pena.

Sapeva che Peter adesso avrebbe dovuto parlare a suo favore e era abbastanza sicuro che lo avrebbe fatto.

In ogni caso, prima che iniziasse voleva parlargli e ringraziarlo.

Mentre si avviava verso l'edificio, chiamò Elsa.

"Ciao. Consegnato il dipinto?" Chiese subito lei.

"Sì, per un pelo."

"Aspetta ti vedo!" Lo interruppe lei.

Con uno strombettio di clacson attirò la sua attenzione e lo fece salire in macchina.

"A proposito, avevi detto che ti prendevi una pausa, perché oggi pomeriggio inseguivi qualcuno?" Chiese Neal allacciandosi la cintura.

"Sai com'è, un imprevisto... ma raccontami del quadro." Chiese poi.

Mentre Elsa lo accompagnava all'edificio dell'udienza Neal raccontò a grandi linee la storia del quadro dall'inizio alla fine.

"In effetti quel quadro ha portato abbastanza sfortuna, quando l'ho rubato mi hanno catturato; poi non ho potuto rivenderlo e adesso tutta questa storia..." Concluse Neal.

"Sfortuna?" Sorrise Elsa. "Sfortunata sono io, che ho i entrambi i genitori con gli occhi azzurri e io invece li ho marroni per un qualche sfigato gene recessivo. Quel quadro è una maledizione."

Neal scoppiò a ridere mentre Elsa parcheggiava la macchina nel primo posto libero, poi scese e la salutò con un cenno.

Elsa lo lasciò all'angolo prima e aspettò un po' prima di andarsene. Era curiosa di sapere come sarebbe andata, ma sapeva di non poter restare troppo a lungo.

Lo vide camminare allegramente per la strada, girare l'angolo e guardare in cima alla scala con soddisfazione. Quasi con fiducia.

Poi lentamente la felicità svanì.

Guardava in su, adesso era accigliato.

Poi all'improvviso sparì.

Elsa scese dall'auto velocemente. Aveva riconosciuto il trucco, era uno di quelli che usava anche lei quando voleva sparire e non farsi seguire.

Corse per la strada, cercando il posto in cui poteva essersi rintanato.

Lo trovò in un vicolo un paio di strade più avanti, immobile come una statua, a riflettere.

"Andiamo." Disse tirandolo per un braccio. "Non ti stanno ancora cercando."

Lo trascinò fino alla macchina e lo fece sedere al posto passeggeri.

"Devo passare da casa mia." Furono le prime parole che disse appena Elsa si buttò nel traffico di New York.

Elsa guidò fino a casa sua e parcheggiò lì davanti.

Salì con lui fino al suo appartamento, ammirando ancora una volta la vista dalla terrazza, ma restando sull'uscio della porta, come se stavolta fosse di troppo in quell'ambiente.

Lo vide prendere una borsa da dietro un quadro è controllarne il contenuto.

Dopo pochi secondi era di nuovo sulla porta, pronto a uscire.

Risalirono in macchina ancora una volta e Elsa lo portò ancora a casa sua.

"Che ci fa qui?" Chiese Edward stupito vedendolo.

"Edward, Margot! Se uno di voi osa lamentarsi della presenza di Neal può uscire direttamente." Elsa usò il tono che non ammetteva repliche, lo stesso che aveva usato anni prima, subito prima di buttare Ed in acqua nonostante non sapesse nuotare.

I due si zittirono all'istante.

Elsa fece sedere Neal sulla poltrona e lo osservò riflettere. Era stanco e sulla sua faccia si leggeva un tentativo di autoconvincimento.

"Posso aiutarti?" Chiese Elsa sedendosi davanti a lui.

"Mi ero ripromesso che stavolta non sarei scappato." Sussurrò Neal passandosi una mano tra i capelli.

"Perché avevi trovato una famiglia? Peter, Elisabeth, June..." Chiese Elsa.

"Sì, e perché mi sembrava la volta buona per cambiare davvero, per non essere un truffatore. Ma forse è il mio destino."

"Secondo me, se il destino lo vuole, prima o poi tornerai a New York. E solo perché parti non vuol dire che abbandonerai la tua famiglia. E ti do solo un consiglio: se devi partire fallo con almeno un amico. Lo dico per esperienza personale. Se non ci fossero Margot e Ed io non sarei qui da un pezzo. Forse mi avrebbero presa, forse mi sarei costituita... gli amici ci servono a dare il massimo in ogni cosa." Elsa gli si sedette accanto e lo abbracciò. "Parti. Ma qualsiasi cosa ti serva ricordati che hai degli amici."

Si alzò un attimo e andò nella stanza accanto. Tornò un minuto dopo con un telefono in mano.

"Chiamami. Questo telefono è pulito." Glielo mise nel borsone che aveva preso a casa sua.

"Grazie di tutto Elsa." Disse poi Neal. "Se ti serve aiuto chiamami anche te."

"Lo farò." Promise Elsa. Poi uscirono di casa e senza dire un'altra parola Elsa guidò fino all'aeroporto.

Non restò a guardarlo mentre saliva sull'aereo, odiava gli addii. Ripartì in macchina, fiduciosa che un giorno si sarebbero rivisti.

Notò di sfuggita Mozzie che si avviava verso l'aereo dietro a Neal e sorrise.

Quei due insieme erano capaci di qualsiasi cosa.





Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti!!
Ecco qui anche il sesto capitolo.
Non so quando potrò aggiornare di nuovo, le mie vacanze sono sempre più improvvisate, quindi... Scusatemi!
Spero che la storia vi stia piacendo e spero di sentirvi in tanti.
Buone vacanze a tutti!
A presto
Ledy

  
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