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Autore: Angel Rose    21/07/2015    0 recensioni
Ci troviamo agli inzi del 1990. E' un brutto periodo per Slash, vive in una situazione difficile di cui non si rende conto. La band sta facendo grandi progressi, ormai sono molto famosi e Slash rischia di rovinare tutto con i suoi casini. Decidono quindi di spedirlo in riabilitazione, ma riuscirà a farcela oppure tornerà punto e d'accapo non appena sarà tutto finito? Un incontro speciale potrebbe cambiare radicalmente la sua vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lui e Doug salirono in auto diretti ad una piattaforma di decollo privata dove li attendeva un jet privato che li avrebbe portati fino in Texas. Doug suggerì di prendere un' auto poco appariscente perché sicuramente qualche giornalista ficcanaso li avrebbe seguiti e tutti avrebbero poi scoperto dove si trovavano e ne sarebbe scaturito così un articolo di giornale da prima pagina.

Slash salì in auto in tutto silenzio, non rivolse la parola né a Doug né all'autista. E continuò così per tutto il viaggio. Stette in silenzio per tutto il viaggio in auto e anche in jet. Neanche con le hostess parlò. Era così arrabbiato. Era convinto che tutti stessero commettendo un enorme sbaglio e non avrebbe perdonato a nessuno di loro questo “ammutinamento”. Era troppo, troppo ferito e arrabbiato.

Il jet che li portò fino in Texas era estremamente lussuoso. Da fuori era un semplice aereo, ma all'interno c'erano sedili in pelle scamosciata, un piccolo bar, un bagno enorme da hotel a cinque stelle e due camere da letto matrimoniali. Sembrava di stare in paradiso per tutto il lusso che c'era, ma neanche per questo Slash decise di rompere il suo silenzio, anzi appena seduto al suo sedile decise di infilarsi le cuffie e guardare film fino a che non fossero arrivati in Texas. Non mangiò neanche. La hostess, una ragazza piuttosto giovane e bella, si avvicinò diverse volte al riccio per chiedergli se gradiva qualcosa o meno, ma lui non la degnò mai neanche di uno sguardo e non le rispose. Era talmente arrabbiato che aveva deciso di rinunciare anche alle belle ragazze oltre che a parlare.

Probabilmente quella fu una delle volte in cui parlò meno in tutta la sua vita. Non ne aveva voglia, si sentiva così ferito e tradito che le parole gli sembravano superflue. Era strano però per lui non aver voglia né di parlare né di mangiare e né di guardare una bella ragazza o provarci. Non riusciva a superare questa situazione e nel frattempo stava macchinando qualcosa nella sua testa. Pensava e ripensava a trovare un modo per evadere e tornare alla sua vita di perdizione. Voleva continuare a farsi ancora e ancora, probabilmente per sempre e stava cercando un modo per farlo. Non voleva ripulirsi anche perché sapeva perfettamente che anche se fosse rimasto in quella clinica per anni e anni, non sarebbero stati capaci di fargli cambiare idea sull'eroina. Lui voleva farsi ancora perché era ciò che gli piaceva. Oramai era l'unica sua ragione di vita. Apriva gli occhi la mattina solamente per l'eroina e li chiudeva pensando a quando si sarebbe fatto ancora e si addormentava eccitato solo all'idea di prepararsi la sua adorata miscela e spararsela in vena. Sentire quel leggero tepore in vena per lui era come la mattina di Natale per i bambini, quando non aspetti altro che scartare tutti i regali che sono sotto l'albero. L'estasi che gli procurava l'eroina era qualcosa di unico ed irripetibile per lui. Si sentiva davvero come un bambino la mattina di Natale. Quello era il pacco regalo più grande da scartare ogni giorno e non vedeva l'ora di farlo ancora e ancora. Quindi lui non avrebbe mai smesso di amare l'eroina e non avrebbe mai smesso di volersi fare, perché in effetti una volta iniziato è difficile riuscire a smettere completamente. Ne avrai sempre bisogno e quel bisogno crescerà giorno per giorno, sempre di più e sarà sempre più difficile soddisfarlo. Perciò portarlo in una clinica di disintossicazione non sarebbe servito a niente perché il suo unico pensiero sarebbe stato volersi fare in continuazione, quindi sarebbe stato tutto tempo perso.

Ad un certo punto Doug decise di interromper quel silenzio che, secondo lui, era durato fin troppo.

“Slash.” lo chiamò Doug, ma lui non rispose.

“Slash!” lo chiamò ancora.

“SLASH!” ma niente. Il riccio non volle assolutamente rispondere, non si era neanche girato.

Doug allora si alzò incazzato, si piazzò davanti a Slash e gli strappò le cuffie dalle orecchie.

“Ma che cazzo vuoi?” ringhiò Slash tra i denti. Non era certo ciò che Doug voleva che lui dicesse, però almeno parlava finalmente.

“È mezz'ora che ti chiamo!” gli disse Doug.

“Se non ti ho risposto un cazzo di motivo ci sarà quindi dammi le cuffie e non mi rompere i coglioni!” gli urlò il riccio alzandosi e riprendendosi le cuffie.

“Slash, te le spacco quelle fottutissime cuffie! Dammi retta, Cristo!” disse Doug un po' scocciato.

“Dimmi che cazzo vuoi e poi togliti dai coglioni!!” sibilò Slash tra i denti.

“Ti volevo semplicemente dire di mangiare qualcosa, di andare in bagno a darti una sistemata perché siamo quasi arrivati.” disse il manager abbassando lo sguardo davanti allo sguardo furente di rabbia del riccio.

“E tu per 'sta stronzata rompi tanto i coglioni?!” lo guardò storto il riccio “Lo so perfettamente che siamo quasi arrivati, ma se non ho mosso il culo da questo sedile un cazzo di fottutissimo motivo ci sarà!!! ORA TOGLITI DAI COGLIONI E SMETTILA DI RIVOLDERMI LA PAROLA!!!” detto questo piombò nuovamente il silenzio. Slash era ancora più incazzato di prima. Quel coglione di Doug gli aveva rotto i coglioni solo per dirgli che erano quasi arrivati. Che idiota! Ma che cazzo voleva da lui, non era già abbastanza che lo stesse portando in una clinica contro la sua volontà?!

Il viaggio non durò ancora molto. Atterrarono nel giro di una mezz'ora nel bel mezzo del nulla in Texas. Intorno a loro c'erano distese e distese di campi coltivati e non. Certo, era sicuramente un bello spettacolo, ma Slash, in quel momento avrebbe preferito di gran lunga la vista della finestra di camera sua. Saul Hudson abbandonato nel nulla del nulla per riabilitarsi. Era una cosa a cui stentava a credere perfino lui!

Come avevano potuto? Era la domanda che continuava a girare nella testa del riccio. Come avevano potuto tradirlo così? Proprio non capiva.

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...' queste frasi continuavano a ripetersi nella sua testa. 'Vaffanculo' pensò il riccio. Avrebbe voluto avere a disposizione una bella bottiglia di Jack Daniel's a portata di mano in modo da potersela scolare per non pensare più a quegli stronzi dei suoi amici.

Dopo un po' che stavano aspettando a quell'areoporto abbandonato nel nulla del Texas, un suv nero con vetri oscurato era arrivato per portarli a destinazione.

Doug e Slash entrarono in auto e sedettero nei sedili posteriori.

“Mi raccomando mettetevi comodi.” li avvertì l'autista che era venuto a prenderli “Ci vorranno circa un paio d'ore per arrivare. È un po' lontano.” aggiunse.

Slash sbuffò. Non voleva stare un altro paio d'ore seduto su un cazzo di sedile. Non ce la faceva più, allora decise saggiamente di mettersi a dormire per tutto il viaggio.

 

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

Le frasi si ripetevano all'infinito nella sua mente e non riusciva a scacciarle. Si girava e si rigirava, ma non volevano uscire dalla sua testa. Vedeva la faccia di Axl, poi quella di Duff... erano facce deluse. Deluse da lui. Deluse per colpa sua. Perché era diventato così? Perché lo aveva fatto? Lo sapeva che la band doveva stare al primo posto però lui non se ne era fregato proprio. Perché?

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...'

Alla fine Slash si svegliò di soprassalto tutto sudato. Che incubo.

“Slash, tutto ok?” gli chiese Doug preoccupato. Il riccio non stava capendo più niente. Vedeva tutto sfocato, si sentiva debole. Iniziava ad avere dei forti crampi allo stomaco. Non aveva mangiato niente, con tutto il caldo che faceva gli si era abbassata la pressione, ma non aveva fame. Stava male. Forse gli avevano dato qualcosa per stordirlo e farlo stare male. Poi ad un certo punto capì.

Erano passate più di 24 ore dall'ultima volta che si era fatto. Stava iniziando ad andare in crisi di astinenza. Di lì a poco avrebbe iniziato ad avere anche i conati di vomito. Beh, c'era il lato positivo però. Stava andando in una clinica dove si sarebbero presi cura di lui.

Iniziava ad avere le stesse allucinazioni di prima. Vedeva Axl, Duff, sua mamma, Steven, Izzy e risentiva quelle parole nella sua testa. 'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...' 'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...' 'Ti vogliamo bene, Slash.' 'Lo facciamo per il tuo bene!' 'Se non ti rimetti in sesto sei fuori...' . Stava peggiorando in fretta. Non era più cosciente e svenne sul sedile posteriore del suv nero che lo stava portando alla clinica.

  
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