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Autore: Nousa    22/07/2015    0 recensioni
Sei amici si ritrovano a condividere l'ultima estate insieme tra avventure, feste, drammi, problemi e molto altro...
E' solo una storia come le altre, ma per noi è unica nel suo genere.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO VII

 

Quando Kismet arrivò in casa trovò tutti seduti nel suo soggiorno con dei biscotti sul tavolo. Sapeva che avrebbero preteso delle risposte e non poteva negargliele seppure ricordare le facesse troppo male ancora. Quel giorno girovagò per la città per poi vedersi con Trent durante la pausa pranzo, spense il cellulare per non essere disturbata da nessuno. Non pensò che avrebbero potuto raggiungerla a casa.

“ Che piacevole sorpresa! Ma prego, accomodatevi, prendete i miei biscotti, tranquilli.” Sorrise lei ironica.

“ Kis, per piacere ci spieghi chi era il ragazza di ieri? Non ho mai visto Jam così nervoso.” Le chiese subito Dakota.

“ Oh, quanta attenzione presti a mio fratello, non è così?”

“ Kismet, conosciamo questo atteggiamento, nessuno ti vuole attaccare. Vogliamo solo capirci qualcosa.” Ember le prese una mano e la fece sedere accanto a sé.

“ Lo volete sapere subito? Insomma, non credo abbiate smesso di mangiare o dormire a causa mia, no?”

“ Pensavo quest'amicizia si basasse sulla fiducia reciproca.” Disse Azure

“ Hai ragione. Fiducia. Quindi fidatevi di me e delle mie scelte. Se decido di non dirvi qualcosa c'è un motivo.”

“ E qual è?” Dakota non avrebbe mollato.

Kismet si guardò intorno, concentrandosi su ognuno di quei visi preoccupati. Sul caminetto una piccola bambina sorridente la guardava, quasi a rinfacciarle quello che non aveva più, abbracciata a quell'uomo innamoratissimo della sua “principessa”. In realtà in casa sua nessuno stava in soggiorno date le dimensioni della casa. Infatti si stava generalmente in cucina, nella sala da pranzo o nella “tana” dei ragazzi dove si chiudevano per guardare la televisione, giocare alla play o... a fare altro. Si era dimenticata di quella foto, oppure semplicemente si era imposta di non guardare più quel punto preciso della casa. Lei e Jam avevano preso il carattere impulsivo e folle del padre, a differenza di Hakeem che era l'unico tra noi a pensare sempre lucidamente. Come la mamma, pensò con una punto di nostalgia. Si alzò e accarezzò distrattamente la figura del padre per poi rivoltarsi verso gli amici.

“ Io e Blaise ci conosciamo da molto tempo dato che le nostre famiglie sono da sempre in contatto. O almeno lo erano. Sta di fatto che come ben ricordate ogni anno partivamo per andare nella città natale di mamma dove appunto Blaise e la sua famiglia vivevano.”

“ Okay, quindi siete amici di vecchia data. Cosa è successo?” Lilac la guardò spronandola ad andare avanti.

“ I nostri genitori hanno cominciato ad avere... problemi... nello stesso periodo. Solo che mentre papà si limitava a tradire mia madre, il papà di Blaise cadeva sempre più nel circolo dell'alcol prendendosela spesso fisicamente col figlio minore. Io e Blaise proprio quell'anno ci siamo avvicinati molto, mi aveva promesso che non avrei sofferto con lui, che la nostra amicizia sarebbe stata più forte e … e voi mi conoscete. Per me la speranza è tutto, come l'aria. Senza non ce la faccio ad andare avanti. Lo ammiravo per la sua forza. Un giorno però aveva deciso di porre fine alla sua vita ed io ero con lui. Per me è stato così doloroso, non riuscivo a capire le sue ragioni, a comprenderlo. Non ci riesco nemmeno adesso. Sono egoista ed è risaputo. Ho solo pensato a tutte le bugie, alla speranza che ha ucciso in me. Alla fine sono riuscita a convincerlo a tornare indietro e spostarsi dal burrone, ma quando ha provato a toccarmi sono scappata via e non ho più voluto rivederlo. Sono passati circa due anni.”

Gli amici la guardarono rapiti ma lei si concentrò sul bracciale che aveva al polso. Glielo aveva regalato Blaise come promessa di un'amicizia eterna, ma dopo quel fatto glielo fece riavere all'interno di un pacco con altre sue cose come una vecchia maglietta di un'orribile band con B amava. Ricordò le notti in cui dormiva solo con quella maglietta e sorrise debolmente, si chiese dove fosse.

“ Perchè non ce l'hai mai raccontato?” Chiese dolcemente Ember

“ Perchè ho sentito il bisogno di tenere questi due mondi separati. Voi siete stati la mia ultima speranza e non sono ancora stata tradita. Se non avessi trovato voi al mio ritorno, pronti a riabbracciarmi come sempre, forse mi sarei buttata io stessa da quel burrone.” L'ultima frase uscì in un sussurro e Kismet non riuscì a continuare per le troppe lacrime. Ember la strinse in un abbraccio e Lilac le aggiunse presto.

“ Adesso che è qui cosa farai?” Le chiese debolmente Dakota non sapendo come affrontare l'argomento.

“ Ieri mi ha chiesto di dargli una seconda possibilità ed io ho intenzione di dargliela. E' come un fratello per me. Adesso che papà ci ha scaricati sento il bisogno di sistemare qualcosa nella mia vita.”

“ Ma hai ancora paura...” Aggiunse Dakota. La conosceva troppo bene.

“ Di essere ferita?? Certo.”

“ Pensa che quel burrone è solo un suo problema. Tu non devi averci nulla a che fare, e se o quando vorrai buttarti ti prego di farlo tra le mie braccia.” Ember le tenne il viso guardandola negli occhi per sottolineare il concetto.

“ Ti voglio un sacco di bene.” Le disse Azure e anche lei si unì all'abbraccio. Solo in quel momento si accorse dell'assenza di Jacob.

“ E' con Jamal, avevamo bisogno di una scusa per restare qui soli e lui l'ha portato a vedere la nuova auto di suo padre.” Le disse Dakota.

“ E Hakeem?”

“ Non era a casa quando siamo arrivati.” Rispose Azure.

Kismet si alzò ed andò a prendere il gelato. Aprì il frigorifero e prese la confezione che posò sul tavolo da cucina ma prima di prendere i cucchiai la sua attenzione fu catturata da una busta nascosta male sotto il cesto della frutta. La prese e notò che non vi era nessun mittente, la aprì e lesse il biglietto al suo interno.

 

Smettila di evitarmi e permettimi di avvicinarmi a voi. Non dimenticare i bei momenti, Jamal.

C.L.

 

Kismet notò che non era un biglietto, ma una foto. La girò e vide tre bambini sorridenti, due maschi ed una femmina, abbracciati ad una donna con i suoi stessi occhi ed il suo stesso sorriso. Le sembrò di vedere se stessa e ne rimase impressionata. La bambina era chiaramente lei. In qualche scatolone in soffitta c'era ancora quell'abitino a quadri, ma non capì chi fosse quella donna tanto simile a lei, anche se... La collana che indossava...

“ Vuoi aiuto?” Chiese Lilac entrando e prendendo i cucchiai. Kismet ripose velocemente la foto nella busta e sorrise all'amica raggiungendo le altre.

 

 

“ E' una bomba. Ma non me la lascia guidare.” Disse Jacob superando il cancello della villetta seguito da un divertito Jamal.

“ Se avessi un auto simile neanche io la farei guidare a qualcuno.”

“ Come non fai avvicinare nessuno a Dakota?”

Jamal guardò stupito il ragazzo e richiuse lentamente il cancello.

“ Scusa..?”

“ Ieri sera. Il ragazzo con lo stesso numero di Dakota. Quando sei venuto a prenderci e ci hai detto di aspettare... Il ragazzo non si è fatto vedere e Dakota ci è rimasta molto male. Stamattina, però... sì, è strano. L'ho incontrato al pronto soccorso, ha passato la notte lì perchè “pestato a sangue da uno sconosciuto ad una festa”.”

“ Non giudicare ciò che faccio, ragazzino. L'ho visto mentre la teneva stretta con quelle luride mani e la baciava. Era un'idiota.”

“ Jamal...”

“ Accetto certi discorsi solo da mia sorella. E non sei nella posizione di parlare dato che ti sei scopato qualcuno in questo bel gruppetto di amiche, non è vero?”

“ Non sai cosa stai dicendo.” Jacob distolse lo sguardo.

“ Jake, sono stato io ad insegnarti ad osservare bene i gesti e gli sguardi delle persone. Non te lo scordare mai.” Jam fece per superarlo ed entrare ma fu fermato da Jacob.

“ Non lo dirai, vero?”

“ Dipende da te, amico.”

Si strinsero la mano ed entrarono in silenzio sorridendo alle ragazze che cominciarono a prenderli in giro per la loro passione per le auto. Jacob non riuscì a trattenersi e la guardò. Era un donnaiolo egoista e disinibito. Ma lei era l'unica a farlo pentire della persona che era. Ringraziò di poterla avere ancora come amica, nonostante gli errori commessi. Lei ricambiò il suo sguardo e gli fece una smorfia. Quanto amava quelle ragazze, pensò.

Kismet fissò il fratello quando entrò e cercò di capire se le stesse nascondendo qualcosa, quella sera stessa, quando tutti se ne andarono stanchi per il troppo gelato e Jamal e Hakeem la salutarono per andare a lavoro lei andò nel vecchio salotto al secondo piano, quello che usava sempre sua madre per leggere o per prendere il caffè. Si avvicinò al piccolo mobile accanto la sedia a dondolo e prese i vecchi album fotografici di famiglia, li sfogliò tutti, uno ad uno e non trovò una sola foto di quella donna. Rimise tutto a posto e scese in cucina per riprendere la foto ma non la trovò.

“ Cosa mi nascondi, fratello?” Chiese a se stessa

“ Hai provato a chiederglielo?”

Kismet quasi non cadde per la paura quando Blaise entrò dalla porta della cucina ridendo divertito dalla reazione della ragazza.

“ Sei impazzito? Intrufolarti in questo modo...”

“ Lo sai che odio entrare dalla porta principale.”

“ Terribile vizio.”

“ Quale dei tuoi fratelli ti nasconde qualcosa?” Chiese Blaise sedendosi e prendendo una mela.

“ Jamal. B, ricordi una donna a cui assomiglio tanto?”

Blaise la guardò confuso.

“ Che domanda è?”

“ Ho trovato una foto. C'era una donna molto simile a me che abbracciava me ed i ragazzi. Jamal me la sta nascondendo ed io...”

“ Sei troppo curiosa per lasciar correre. Non saprei. Tu e Jamal vi assomigliate un po' ma nessuna donna ha i tuoi lineamenti, nemmeno tua madre. Per non parlare delle tue zie. Sono delle streghe barbute.”

“ Non essere cattivo, sono le mie prozie, è normale che siano così... poco attraenti.”

“ Poco attraenti? Sono più giovani di tua nonna eppure hanno già perso tutti i denti. Una volta tua zia Milly mi ha abbracciato ed ho avuto gli incubi per mesi.” Blaise rabbrividì al ricordo.

“ Sei senza cuore. Ti adorano! A me non hanno mai fatto la torta al cocco.” Kismet si imbronciò sedendosi di fronte al ragazzo.

“ Non penso sia così positivo, sai. Il bracciale ti sta molto bene.”

Kismet guardò il polso e si sentì felice di riavere il suo gioiello. Anche se non si sentiva ancora pronta a fidarsi come una volta. Ed il suo sguardo glielo fece capire.

“ Hai cenato?” Le chiese per cambiare argomento

“ Ho mangiato un'infinità di gelato. E tu?” Kismet guardò l'ora e notò che era abbastanza tardi.

“ Non ancora.” Le sorrise e lei alzò gli occhi al cielo.

“ Frittata di patate?”

“ Frittata di patate.”

Il loro piatto preferito, mangiato a qualsiasi ora del giorno ed in ogni condizione climatica.

“ Le tue amiche sono molto belle.”

“ Lo so. Ma anche Jacob lo è. Ed è mio amico.”

“ E' decente. Ma per essere belli si deve essere come me.”

“ Essere palestrato non ti rende bello.” Rispose lei tagliando le patate e scaldando l'olio.

“ No, infatti. Ma essere palestrato, moro, con gli occhi azzurri, simpatico ed intelligente sì.”

“ Hai dimenticato di citare la modestia.”

“ Ieri ci ha provato con una mia amica che lo ha rifiutato. E' stato un brutto colpo, ma digli di tenersi alla larga da lei.”

“ Chi è?”

“ Una ragazza che sarebbe meglio non conoscere mai. Bella quanto perfida. Lo ha rifiutato per attirarlo ancora di più.”

“ La conosci così bene?” Gli chiese voltandosi.

“ Può essere. Ricordi quella vecchia maglietta che adoravi?” Le chiese per distrarla. Le propose di riprenderla e lei accettò sorridendo e raccontandogli storie stupide dei suoi amici. Non potè far altro che ammirarla mentre cucinava e rideva per le sue stesse storie, sapeva che ancora non gli aveva ridato il cuore, ma gli aveva aperto un piccolo spiraglio. Quando gli mise davanti le posate abbassandosi verso di lui sentì l'inconfondibile profumo di pesca che la caratterizzava e chiuse gli occhi perdendosi nei ricordi.

Kismet notò il gesto e si avvicinò mentre lui le cingeva la vita e affondava il viso nell'incavo del suo collo.

Lo abbracciò e si sentì in pace col mondo.

Si sentì parte del mondo.

  
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