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Autore: space_oddity    22/01/2009    2 recensioni
Una trilogia di one-shot crude e di vita vissuta.Protagoniste tre ragazze:Daphne,Hailey e Jolanda.
Genere: Drammatico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa è la terza e ultima one-shot.La ragazza di questo capitolo si chiama Jolanda.



'TIL THE RAIN FALLS



"I sogni sono la coperta con cui ci ripariamo nella notte fredda e infinita di un amore che non è mai esistito"

E' seduta al computer,che suona a tutto volume "Last night" dei The Strokes.Dovrebbe concentrarsi,deve finire di scrivere la ricerca,ma è distratta.E' facile distrarsi,dopotutto.Quella ricerca non le interessa.Minimamente.E neanche la scuola,se è per questo.Non c'è molto che la interessi in realtà.La musica,ecco.Sorride,pensando che non sta perdendosi neanche una parola della canzone in effetti.
Lei è la ragazza che non fa nessuno sport,che non suona nessuno strumento musicale,che non va mai alle feste e che a scuola,sui moduli dei sondaggi sugli adolescenti,alla domanda:"Interessi extrascolastici?" scrive:"Niente.".
In realtà non è vero nemmeno che non va alle feste.Lei va a delle feste,se così possono essere definite.Se trovarsi a casa di un amico,con più imbucati che invitati ufficiali,e passare la serata fra eroina,crack e erba,può essere definito così.Ha perso il conto delle volte in cui si è risvegliata in un letto non suo,con uno sconosciuto,e,saltellando fra corpi sfatti,ammassati per terra e chiazze di vomito,si è ripromessa di non cadere più in quella trappola scintillante di nome droga,da cui usciva sempre devastata e disgustata,dagli altri ma soprattutto da sè stessa.Ma non è pentita delle sue esperienze in fondo.E' così che ha conosciuto Daniel.
Daniel.
Il suo grande amore a senso unico.
Non è che lui non la amasse.Il problema era che non glielo dimostrava in nessun modo.Non si DAVA PENA di dimostrarglielo.
Per molti mesi lei ha vissuto solo delle rare attenzioni che lui le concedeva.Era sempre ai suoi comodi.
Poi,un giorno,semplicemente,capì che era stanca.Stanca di essere data per scontata.Stanca di essere sempre l'ultima scelta.Stanca di aspettarlo per ore per poi sentirsi dire:"..Oh già,me n'ero scordato..comunque non era niente di importante,no?".
E così iniziò ad essere lei quella che non telefonava mai,quella che si faceva vedere poco,quella indifferente.
E Daniel,finalmente,smise di indossare la maschera dell'uomo forte che non era.Lui era fragile.La paura di perderla l'aveva smascherato.Si può dire che la loro vera storia,quindi,iniziò ben dopo otto mesi che erano fidanzati.
E si può dire che la loro storia non sia mai effettivamente finita.
Ricorda ancora quel giorno.Era dicembre.Strano.Non ricorda la data precisa.Non ricorda nemmeno se fosse un sabato o un mercoledì.. Però il dolore se lo ricorda.
Si ricorda la paura.L'impotenza che provava,abbracciata al suo corpo senza vita,le lacrime che le scendevano incessantemente sul viso mentre urlava disperatamente il suo nome.L'attesa dell'ambulanza.L'angoscia nella sala d'attesa dell'ospedale.
E poi le parole del medico,un uomo calvo e tarchiato:"Mi dispiace,non ce l'ha fatta.".

Non ce l'ha fatta.
L'infermiera chiese:"Causa del decesso?".
"Overdose.".
"Ora del decesso?".
Non ce l'ha fatta.
"Due e trentacinque del mattino."
"Ha scritto tutto?".
Non ce l'ha fatta.
"Sì.Un altro di questi tossici..Quando impareranno?"
"Mai.Si sono bruciati già tutti i neuroni con le pasticche.".
"Già!In fondo è meglio così.Non era vita quella.".
Le loro risate ipocrite,indifferenti.
Il dolore acuto che esplode nella testa.
La rabbia impotente.
Le urla contro il dottore e la sua infermiera.
La corsa disperata verso l'appartamento di Daniel.
E poi il silenzio assordante della sua assenza.Il letto sfatto dove fino a poco fa stavano dormendo.Il bagno.Un barattolo vuoto di antidolorifici.Cinque siringhe per terra.Sporche ancora del suo sangue.
E una sola domanda.
Perchè?
Perchè l'hai fatto Daniel?
Perchè?
In salotto un cd che suona ancora,ripetutamente,la stessa traccia.
"..We all have something that digs at us, at least we dig,each other.. So when weakness turns my ego up, I know you’ll count on the me from yesterday.."*
L'ultima canzone che lui ha ascoltato.
Si ricorda la frenesia con cui inziò a staccare tutti i poster e le foto dalle pareti,rompendosi le unghie,stracciandoli,rovesciando i mobili,buttando nel cestino tutte quelle siringhe,tutte quelle pastiglie,con una sola frase nella testa.
"Non era vita quella.".
La stessa frase che ancora la tormenta.
Non ha mai saputo dire come fosse soppravvissuta a quella notte.
Vagando per le strade,senza una meta,lottando contro la tentazione di buttarsi da qualunque superficie fosse abbastanza alta per permetterle di morire,senza che ci fosse la possibilità di salvarsi.
Ma ha sempre saputo che quello era solo un rinvio.
E' questo il motivo per cui adesso si ritrova a camminare per la città,tremando per il freddo e non solo.
Sono passati tre anni e le sembra ancora ieri.Forse perchè in questi anni non ha vissuto un solo minuto della sua vita.Lei è già morta.E' morta in quella notte di dicembre.Quando,sdraiata sui cocci e i frammenti di carta,singhiozzando disperatamente fino a sentire male al petto,col respiro mozzato,ascoltando ancora quella canzone,ha capito che lui non c'era più.
Quando muore una persona e ve lo dicono,voi lo sapete.Subito.Ma quando CAPITE che è morta ,quando lo realizzate davvero..è difficile stabilirlo.Ad alcuni capita quando stanno apparecchiando la tavola e mettono un piatto in più..e poi si rendono conto che quel piatto non serve.Non più.Ad altri ancora,quando succede loro una cosa divertente,prendono il telefono per raccontarla a qualcuno..e poi si rendono conto che non risponderà nessuno.
Lei l'ha capito su quel pavimento.A lei,come ad altre persone ancora,non è successo nulla per farglielo capire.Semplicemente qualcosa dentro di lei è morto,si è spezzato per sempre.
Ora del decesso?Quattro e venti del mattino.
Aspira profondamente il fumo della sigaretta e lo lascia uscire dalla bocca in piccole volute bianche.
Lord Byron scrisse:"Il ricordo della gioia non è più gioia.Il ricordo del dolore è ancora dolore.".
Quanto è vero.Byron è un figo.Lui sapeva davvero di che stava parlando.
Sono tre anni che ricorda e tre anni che soffre.Ricorda tutto.E quella canzone è il suo tormento.
"..If I turn into another, that dig me up from under what,is covering, the better part of me.."**
Mentre sale le scale esterne,quelle anti-incendio,di un grande palazzo di cemento,le viene in mente un'altra citazione."Meglio aver amato e aver perso che non aver mai amato.".
Oscar Wilde.Che coglione.E sì che ne ha dette di cose giuste.Ma questa è proprio una cazzata.
Si sente che lui,invece,non sa niente di quello che dice.Non è MEGLIO aver amato e aver perso.E' la tortura peggiore che un essere umano possa subire.
E quando finisce di salire le scale e si ritrova sul tetto,le torna in mente un'altra frase,che non ha niente di nobile e non è di un poeta,ma di un' infermiera stronza.
"Non era vita quella.".
Un altro ricordo ad aumentare la sua agonia.Neanche per lei era stata vita.Fino a Daniel,almeno.Poi lui era diventato la sua ragione di vita.E per la prima volta,da quando era nata,l'aveva fatta sentire viva.
Si odiava per non essere stata una ragione sufficiente per lui.Lei non era vita per lui.
Lei non era amore per lui.
Sono le due e ventisette.
Si avvicina al cornicione traballante,i piedi che inciampano fra le travi di legno abbandonate.
"..Sing this song, remind me that we’ll always have,each other when everything else is gone.."***
Guarda giù.Non si vedono la strada piena di rifiuti,i marciapiedi affollati di prostitute e ragazzini che spacciano.
Vede solo un'enorme,meravigliosa girandola di luci e colori,un disegno confuso dalla nebbia leggera.E se alza lo sguardo,nulla.Il cielo blu,di un blu profondo,con qualche rara stella che fatica a farsi vedere.
L'aria fredda e umida sul viso.
Respira profondamente.
Due e trenta.
A questo punto dovrebbe pensare a una bella cosa prima di andarsene.
Ma non riesce a pensare a niente.Guarda sotto di sè,la città ai suoi piedi,che dorme silenziosa,che si prepara a una notte di bagordi o forse,chissà..
Due e trentadue.E' quasi ora.
Infila le mani nella tasca della giacca e guarda ancora il cielo.E' quella l'ultima cosa che vuole vedere.Gira la schiena al vuoto.Sale con i piedi sul cornicione,la testa ancora rivolta all'infinito.
Due e trentacinque.
E,finalmente,finisce.Si lascia cadere,tremante,fra le luci.E un momento prima di cadere sente ancora come in un'eco,quella canzone.Sorride,pensando che è effettivamente la cosa più bella che abbia mai ascoltato.E poi,nulla.
La troveranno,più tardi,un corpo riverso sul cemento.La troveranno con ancora negli occhi l'ombra dell'ultimo sorriso.Con un'unica macchia di sangue che si allarga sulla nuca,confondendosi con il rosso dei suoi capelli.Ma non ora.La notte è appena cominciata.E lei ormai,non c'è più.



Traduzioni:
*..Noi tutti abbiamo qualcosa che scava dentro di noi,
alla fine scaviamo l'uno dentro l'altro,
quindi quando le mie debolezze scoprono il mio ego,
so che conterai su di me da ieri..

**..Se mi trasformassi in un'altra persona
scaverei nel profondo di me stesso
sotto a cosa sta coprendo la parte migliore di me..

***..Cantare questa canzone,
mi ricorda che avremo sempre qualcun altro,
quando tutto il resto sarà andato.."
La canzone è Dig degli Incubus



Avevo dimenticato:Ovviamente ringrazio tutti quelli che hanno letto questa storia,o quello,nel caso sia un unico lettore che l'ha riguardata 50 volte:),spero che sia piaciuta a qualcuno e..basta,grazie a tutti quelli che hanno letto!

  
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